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Autore: Nenredhel    08/04/2013    2 recensioni
Siete pronti a fidarvi abbastanza di me per rivivere la più grande saga fantasy mai raccontata... in versione Winchester (spero, per lo meno)? Bene, andiamo allora!
La spada di Colt è ancora in frantumi e le forze di Mordor, seppure per il momento sconfitte, non perderanno tempo prima di riorganizzarsi ed attaccare ancora. E’ tempo di agire, trovare alleati e sottrarre Minas Tirith alle grinfie di Crowley! Come? Beh, prima di tutto recuperando un fratello a lungo perduto…
[Parte della serie "Middle Earth 'verse"]
Genere: Angst, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Adam, Bobby, Dean Winchester, Jo
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
- Questa storia fa parte della serie 'Middle Earth'
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Hobas im Tyss1 (Un Rifugio tra gli Alberi)

 

Dean fece scivolare dal capo il cappuccio grigio del suo mantello, per poi passare una mano fra i propri corti capelli, accesi di riflessi biondo scuro dal sole intenso del primo pomeriggio. Una lieve brezza attraversò lo strato di pelle conciata della sua casacca, portando un sollievo tiepido alla sua pelle accaldata, insieme ad una ventata di profumi strani ed inebrianti alle sue narici. Il paesaggio era tanto cambiato intorno a loro, che era come se improvvisamente non si trovassero più neppure nella Terra di Mezzo, come se ogni singola foglia, di quel mondo fatto di radi alberi dai fusti contorti e di fitte pianticelle costellate di bacche e spine, mandasse un suo personalissimo profumo, in una sinfonia che sembrava fatta per stordire l’olfatto. Il sole brillava in mille lame di luce, stagliandosi in arabeschi di colore ed ombre sul terreno irregolare e coperto di arbusti, facendo brillare come diamanti le poche gocce di rugiada incastonate fra le tenere venature delle foglie più verdi. I rumori del bosco erano placidi: parlavano di una tranquilla mattina di prima estate dove il male non era ancora arrivato a guastare il sapore fragrante della vita. Sembrava quasi che la guerra, la sofferenza, la morte fossero state solo un orribile incubo, perché come poteva il sole brillare così caldo in questo angolo di mondo, quando a poche leghe di distanza le madri ancora piangevano i propri figli, imbrattati del rosso della battaglia e soffocati dal bianco pallore della morte? Come poteva l’aria profumare di speranza e vita ancora da scoprire, quando nel cuore di questo ramingo non c’era altro che il vuoto assordante di un addio soffocato nel dolore?

“Che posto è mai questo, Bobby?” chiese infine Dean, mentre al suo orecchio iniziava a giungere l’eco lontana d’acqua zampillante.

Accanto a lui, al medesimo passo, cavalcava Jo, il mantello già ripudiato dalle spalle se ne stava arrotolato ed annodato alla sella, mentre i lunghi capelli biondi le ricadevano sulle spalle coperte solo da una bianca camicia di lino, troppo ampia per la sua figura minuta. Pochi passi più avanti, dondolante sulla sua cavalcatura d’argento, se ne stava bofonchiando Bobby, con il grande cappello grigio a punta calcato in testa nonostante le calde temperature. Lo Stregone sbuffò, come annoiato o perfino infastidito da quella domanda.

“Siamo in Ithilien, Dean. Dovresti imparare a conoscere i confini del regno che ti ha dato i natali” rispose lasciando che il tono della sua voce oscillasse fra quello di un burbero rimprovero e di una sarcastica ammonizione “Questo è il giardino di Gondor, la sua terra più bella, selvaggia ed incontaminata, riesce a mantenere il suo splendore nonostante la vicinanza ai veleni di Mordor” e il cavallo di Bobby rallentò leggermente il passo ad un suo cenno delle redini.

“E’ qui che troveremo Adam?” domandò allora Jo, spiccia, sebbene neppure lei riuscisse davvero a rimanere immune allo splendore di quello strano luogo. Conosceva di fama la terra d’Ithilien ma, prima di posare gli occhi sui suoi fiori e le sue frondose piante dai mille profumi diversi, non aveva mai osato sperare che un simile paradiso potesse esistere accanto alle pendici dei monti più funesti della Terra di Mezzo.

Bobby si voltò velocemente verso di lei, osservandola per un lungo momento da sotto l’ampia tesa del suo strano cappello, quindi tornò a guardare il sentiero davanti a sé, e prese con decisione a destra.

“Sì” rispose infine “Ma non nominate più il suo nome” li redarguì subito dopo, spostando gli occhi chiari prima su Jo, e poi sull’espressione interrogativa di Dean “Ma soprattutto, non provate nemmeno a toccare le vostre armi, nemmeno se foste minacciati. Tenete le mani in vista e fate ciò che vi viene detto di fare”

“Pensavo che stessimo cercando mio fratello, perché mai dovremmo essere attaccati?” lo interrogò allora Dean, che alle parole di Bobby non aveva potuto frenare l’irrefrenabile impulso a portare le dita a sfiorare l’elsa della propria spada.

“Ho detto che è tuo fratello, sì, ma come tu non sapevi della tua esistenza, allo stesso modo egli ignora la tua” replicò semplicemente lo stregone, come fosse la cosa più ovvia del mondo, ma prima che l’espressione infastidita sul volto del ramingo potesse tramutarsi in domanda, aggiunse “Smetti di fare domande sciocche, Dean, e inizia ad usare la testa… se proprio non vuoi fidarti di un vecchio amico! Separarvi, nascondervi e non parlare a nessuno della vostra esistenza era l’unico modo per essere sicuro che almeno uno di voi potesse sopravvivere alle infide astuzie di Crowley!”

Le parole morirono nella gola di Dean veloci come vi erano sorte, e mentre distoglieva gli occhi verdi da quelli dello stregone, si limitò a scostare distrattamente una lunga foglia d’olivo che era scivolata pigramente sul suo viso, fu allora che i suoi muscoli si tesero d’improvviso, mentre tendeva le orecchie nei rumori sommessi del bosco.

“Non avremmo dovuto separarci da Sam, le sue orecchie a punta sarebbero molto utili ora…” il suo stomaco non potè fare a meno di contrarsi dolorosamente mentre pronunciava il nome di Sam, e ricordava lo sguardo gelido che gli aveva rivolto Balthazar quando era andato a salutarli prima della partenza. Intanto, la mano del ramingo scivolò automaticamente verso l’impugnatura della spada, ma quelle grosse e callose di Bobby lo fermarono immediatamente.

“Ho detto niente armi” sibilò senza mezzi termini, quindi si drizzò sulla sella, arrestò il passo del proprio destriero e rimase pazientemente ad aspettare, facendo vagare occhi apparentemente pigri ma attenti sulla vegetazione intorno a sé. Sembrava estremamente calmo, e il suo quieto attendere tranquillizzò almeno un poco i nervi tesi di Dean, ma fu lo sguardo fiducioso e il silenzioso gesto d’intesa di Jo a rilassare del tutto i suoi muscoli. Quella ragazza aveva il potere di farlo sentire bene. Qualcuno li osservava tra gli alberi, ne era certo come del sole che gli scaldava la nuca, eppure non si sentiva particolarmente minacciato da quella presenza.

“Chi va là?” eruppe finalmente una voce tra gli alberi.

“Bobby il Grigio mi chiamano. E questi sono Dean e Jo, i miei compagni di viaggio. Veniamo a chiedere aiuto e asilo a coloro che hanno trovato rifugio tra gli alberi d’Ithilien.” Parlò la voce roca ma tranquilla dello stregone “E ora sarà il caso che anche tu ci mostri il tuo volto, sentinella tra gli alberi” aggiunse quindi, quando i secondi di silenzio accumulati uno sull’altro furono divenuti troppi.

In quel preciso momento, le fronde di un albero poco avanti a loro si scossero come se uno stormo interno si stesse alzando in volo, e piombò a terra un ragazzino che non poteva avere più di dodici o tredici anni.

“Vi porterò da Adam, ma dovete darmi le vostre spade” annunciò la stessa voce squillante che li aveva apostrofati poco prima dal fitto verde della vegetazione “e non fate scherzi, o i miei amici vi riempiranno di frecce seduta stante!” aggiunse, con un tono minaccioso che voleva apparire più adulto di quanto non riuscisse.

“Qual è il tuo nome, sentinella?” domandò Bobby, sganciando dalla propria sella il fodero della spada per tenderlo al ragazzino, prima di smontare.

“Ben, signor Grigio… e sono un soldato di Adam!” annunciò con fierezza e il petto gonfio d’orgoglio, prima di strappargli la lunga spada di mano con un gesto non troppo gentile e farla quasi cadere a terra una volta che tutto il suo peso si fu riversato sulle sue giovani mani inesperte.

 

~~~

 

Il viaggio procedette molto più lentamente ,dal momento che dovettero scendere di sella e condurre i cavalli a mano per poter seguire il bambino, che si rifiutava di montare con alcuno di loro – sebbene avesse di buon grado accettato che una della cavalcature portasse tutte le armi per lui. La situazione non migliorò quando finalmente incontrarono i famigerati compagni di Ben, che senza troppi complimenti legarono loro le mani e li bendarono, prima di condurli al loro nascondiglio.

Era ormai scesa la notte quando i tre compagni si ritrovarono finalmente liberi - si fa per dire – ma bloccati in un ambiente chiuso e scuro. La roccia irregolare e umida suggeriva che si trovassero all’interno di una cavità del terreno, forse una vera e propria caverna, mentre si poteva udire distintamente, non molto lontano, il rumore di acqua corrente.

Seduto con la schiena contro la parete irregolare della loro ‘stanza’, Dean si guardava attentamente intorno, cercando di capire dove fossero e come avrebbero dovuto comportarsi quando finalmente qualcuno li avrebbe degnati di attenzione: questi uomini sembravano trattarli come prigionieri, eppure Bobby aveva detto che avrebbero trovato alleati in questo strano angolo di mondo. I suoi occhi si spostarono sullo stregone, che sedeva poco distante, il mantello grigio avvolto sulla grossa figura e il cappello a punta calato sugli occhi chiusi, come stesse dormendo. Fu in quel momento che la sua attenzione venne attirata da una baluginare d’argento nell’oscurità: senza pensare, Dean si alzò per avvicinarsi a quell’angolo di caverna dove aveva visto la luce brillare. Solo quando il suo piede finì totalmente dentro una piccola pozza d’acqua, il ramingo si accorse di quello che era successo, ed alzò d’istinto gli occhi verso l’alto: nel soffitto della grotta che li ospitava si apriva un buco piccolo e irto di sassi appuntiti, che tuttavia permetteva ad un po’ di luce lunare di penetrare la roccia fino a dare a quel luogo la strana luminescenza lattiginosa che permetteva di distinguere almeno le sagome degli oggetti intorno a lui.

Era stato sciocco a non accorgersi subito di quella luce, ma prima ancora che la sua mente potesse iniziare a pensare a come avrebbero potuto utilizzare quel piccolo spioncino sul mondo per fuggire, i suoi occhi vennero catturati dalla luce della luna, e dalle stelle che brillavano intorno ad essa. L’acqua scorreva sulla roccia non molto lontano da quella ristretta finestra e Dean si accorse di poter vedere nell’aria le minuscole gocce sollevate dal prorompente gettarsi di una cascata nel laghetto sottostante. Gli sembrava di poter distinguere la luce della luna riflettersi in ogni singola goccia, e per un attimo gli parve che ogni goccia fosse come un ricordo, il riflesso labile di un ricordo rintanato in fondo al cuore, il ricordo di un luogo e un tempo incantati e protetti dalla notte, in cui aveva visto un principe degli elfi donare il suo cuore e tutto se stesso ad un uomo mortale, mentre la sua pelle rifletteva come argento la luce lunare.

Dean chiuse le palpebre e davanti allo schermo nero delle sue palpebre si parò lo sguardo di ghiaccio di Balthazar: quegli occhi continuavano a sibilargli che era colpa sua, che non sarebbe mai e poi mai stato perdonato per questo assassinio e che adesso la sua vita avrebbe avuto valore solo se avesse fatto sì che quella morte non fosse stata invano.

“Dean” lo chiamò una voce titubante da un punto nel buio alla sua sinistra, e per un secondo la sua vista accecata dalla luce della luna non poté distinguere niente, poi i lunghi capelli biondi di Jo si delinearono chiaramente contro l’oscurità “Perché continui a tormentarti? Cosa ti fa così male?” domandò la ragazza, e adesso il ramingo poteva vedere la sua espressione preoccupata e corrucciata al tempo stesso.

“Ma cosa dici? Io non mi tormento. Queste sono cose da fanciulle” replicò il ramingo abbozzando un sorriso spaccone, ma lo sguardo di biasimo della giovane principessa troncarono subito le sue parole, e quando la mano della ragazza si alzò ad asciugare silenziosamente la lacrima che si era fatta strada fra la sua barba incolta, anche il sorriso evaporò come l’acqua della cascata che continuava a nascondere le loro parole.

Dean aprì la bocca per parlare di nuovo, ma in quel momento incrociò gli occhi chiari e improvvisamente attenti di Bobby, quindi una voce irruppe nella quiete della grotta.

“Voi! Venite con me!”

 

~~~

 

Seguirono la guardia per corridoi tortuosi che somigliavano più a cunicoli, passando per sale illuminate da molte torce e che portavano le tracce di antichi abitanti, fino a raggiungere un punto in cui l’intrico di caverne si apriva a strapiombo sulla cascata e sul lago sottostante. Un ragazzo dai corti capelli biondi dava loro le spalle, chinato su una serie infinita di carte e rotoli vari, disposti su un grande tavolo che non era molto più una lunga asse poggiata su due cavalletti.

“Ecco i prigionieri, Adam. Li ha trovati Ben mentre si inoltravano nei boschi. Dicono di essere venuti per parlare con te” disse l’uomo dai capelli castano chiaro che li aveva scortati fino a lì, richiamando così l’attenzione del ragazzo biondo.

“Grazie Christian” rispose il ragazzo, voltandosi per fronteggiare i tre compagni ancora con le mani legate.

Dean fissò finalmente gli occhi in quelli azzurro chiaro di suo fratello: osservò attentamente i suoi lineamenti affilati, la pelle bianca, i capelli chiarissimi. Era un ragazzo, nulla più che un ragazzo. Non c’erano cicatrici sul suo volto ben sbarbato, e il suo sguardo color del cielo, per quanto potesse apparire severo in quel momento, non mostrava certo le profondità di chi aveva visto il mondo e le sue crudeltà. Portava una casacca di cuoio che aveva visto fin troppe battaglie e che era nettamente troppo grande per lui, ma che sfoggiava sul petto il disegno argentato dell’albero di Gondor: lo stemma della casa reale di Minas Tirith. Per un secondo, Dean si chiese se in fondo questo ragazzo non sapesse chi era in realtà, a dispetto di quanto avesse detto Bobby, ma poi si rese conto che probabilmente aveva solamente rubato quella casacca a qualche guardia della cittadella, nulla più. Il ramingo osservò per qualche lungo secondo anche le sue braccia sottili e le mani magre, fin troppo delicate per essere quelle di un combattente, poi distolse lo sguardo, abbassandolo sui propri stivali. Come avrebbe potuto, questo ragazzino, aiutarli? Cosa pensava di fare giocando al ribelle in questo strano giardino? Dean sentiva una rabbia ribollente crescere dentro di sé, e senza neppure accorgersene, strinse a pugno le mani ancora legate dietro la schiena.

“Allora, volevate parlarmi? Per quale motivo?” domandò Adam, dopo aver poggiato la schiena al suo tavolo improvvisato e aver incrociato le braccia al petto, nascondendo così parte dell’albero bianco.

“Sappiamo che combatti per liberare Minas Tirith dal suo tiranno. Siamo qui per darti una mano” rispose Bobby, prendendo come sempre su di sé l’onere di parlamentare.

“Dammi prima i vostri nomi, viandante, e poi spiegami come voi tre potreste aiutarmi” replicò il ragazzo, gettando un’occhiata dietro di sé, ad un piccolo pezzo di pergamena dove erano scribacchiate velocemente alcune parole.

Dean ebbe la netta impressione che Adam conoscesse già i loro nomi, e d’altronde, Bobby stesso li aveva comunicati al bambino, ed erano quindi certamente giunti all’orecchio del ragazzo di fronte a loro, quindi per quale motivo fare ancora questa richiesta? Nel modo fisso e attento in cui Adam osservava lo stregone, senza degnare della minima attenzione lui o Jo, il ramingo ebbe l’impressione che stesse cercando di fugare qualche dubbio, o forse di confermare una qualche teoria.

“Il mio nome è Bobby, e questi sono Dean e Jo, i miei compagni di viaggio. Mi hanno accompagnato fino a qui perché credo che possiamo aiutarci a vicenda nel comune scopo di togliere il sovrintendente Crowley dal trono di Gondor” spiegò allora lo stregone, soppesando le parole e centellinandole come fossero state d’oro. Bobby non era certo uno sprovveduto, aveva capito che qualcosa girava per la testa di Adam e stava prendendo tempo, cercando di indurlo a scoprirsi per primo, eppure Dean non capiva, non riusciva a capire per quale motivo Bobby non gli rivelasse la verità.

“Bobby… Dean… e Jo” ripeté Adam senza scomporsi, e per la prima volta fece scorrere lo sguardo anche sui due compagni dello stregone, soppesandoli lentamente e con grande attenzione “Questi nomi non significano niente, Bobby” aggiunse irritato, spostandosi finalmente dalla sua posizione per girare intorno al tavolo ingombro di carte ed andare a recuperare qualcosa alle sue spalle. Quando tornò a fronteggiare i tre compagni, nella mano destra stringeva il bastone di Bobby “Adesso vuoi dirmi chi siete veramente? Cosa ci fanno uno stregone, un ramingo e una donna di Rohan nell’Ithilien?” domandò di nuovo, facendo un passo avanti e puntando contro lo stregone il suo stesso bastone.

“Vengono a portarti l’aiuto degli Elfi nella presa di Minas Tirith” si sbilanciò finalmente Bobby, e la sua voce solitamente roca e burbera risuonò forte e piena per la stanza, riempiendola della sua autorità. Tutti gli occhi degli uomini presenti furono istantaneamente attirati sulla figura dello stregone, che si ergeva al centro come una statua, improvvisamente molto più imponente di quanto fosse in realtà.

“Gli Elfi?” domandò d’impulso Adam, titubante e stupito, mostrando d’un tratto il ragazzo che era in realtà.

“Allontana i tuoi uomini, Adam, e parleremo liberamente. Le parole che devo dirti non devono essere udite da orecchie indiscrete” lo ammonì allora Bobby, e per un secondo non contò più chi avesse le mani legate e chi invece fosse armato e libero: tutti sapevano chi deteneva l’autorità in quella stanza.

“Mi fido ciecamente di ogni uomo qui presente, ma farò come dici stregone. Tuttavia, non lascerò che le tue mani vengano liberate e che tu possa tornare a stringere il tuo bastone, poiché ho visto cosa può fare il potere di un Istari” replicò Adam, prendendo Bobby alla sprovvista, mentre cercava di riconquistare il potere che era formalmente suo in quei luoghi, quindi voltò lo sguardo su Jo e aggiunse “Uno dei miei uomini porterà con sé la ragazza, per maggiore sicurezza”

Dean si irrigidì immediatamente, e d’istinto fece un passo di lato, ponendosi parzialmente di fronte all’amica.

“Non lo permetterai veramente?!” sbottò, quando il silenzio sceso sulla stanza gli confermò che Bobby non aveva intenzione di sollevare obiezioni.

“Se non capiterà nulla a me, non le verrà fatto alcun male” rispose Adam con ovvietà, mentre uno degli uomini che era rimasto al limitare della grande stanza si avvicinava a Jo per prenderla per un braccio. Dean si voltò di nuovo, fulminando con lo sguardo l’uomo che sostenne i suoi occhi senza battere ciglio, sfidandolo ad attaccarlo.

“Non le verrà fatto alcun male, Dean” il ramingò tornò velocemente a fissare gli occhi su Bobby e strinse di nuovo i pugni, sbuffando dalle narici come un cavallo nervoso, ma rimase immobile.

“Christian. Johnny. Mark. Moishe. Lasciateci.” Ordinò perentorio, e per quanto i suoi uomini non sembrassero del tutto convinti, lasciarono la stanza, seguendo quello che scortava Jo.

“E adesso dimmi, stregone, perché gli Elfi dovrebbero lasciare i loro nascondigli nella foresta per venire ad aiutare noi uomini del sud?”domandò Adam non appena furono rimasti soli, puntando i propri occhi chiarissimi in quelli simili dell’Istari, poi un’esitazione si insinuò nella sua voce e il suo sguardo si abbassò a soppesare il bastone che ancora stringeva tra le dita.

“Per lottare per la libertà della Terra di Mezzo. L’Ombra sta crescendo tra le fiamme di Mordor, ha già colpito Rohan e non esiterà ad attaccare ancora, finché tutti i popoli liberi non saranno sotto il suo oscuro dominio. Gli Elfi sono qui per impedire tutto questo” replicò Bobby senza scomporsi, spiegando la situazione con la sua voce burbera gravata da una nota di preoccupazione “Ma nemmeno un esercito di Elfi può sperare di prendere Minas Tirith da solo” aggiunse quindi, mentre i suoi occhi azzurri cercavano insistentemente quelli sfuggenti del ragazzo.

“Non ci credo. Credo che l’ombra ci ricoprirà tutti, ma non credo che agli Elfi importi qualcosa di questo. Le loro navi d’argento li aspettano per portarli via, da secoli ormai fuggono dalla Terra di Mezzo, perché ora dovrebbero occuparsene?” domandò allora, il giovane ribelle con rabbia malcelata, alzando finalmente lo sguardo dal bastone.

“In nome di un’antica alleanza, rinverdita da un nuovo amico. Un uomo cresciuto tra gli Elfi in attesa di andare incontro al proprio destino brandendo la spada di Colt” lo stregone scandì lentamente le sue ultime parole, mentre un vago sorriso gli incurvò le labbra coperte di barba quando vide la sorpresa comparire sul volto di Adam, e i suoi occhi saettare all’istante verso Dean.

“Questo ramingo non può essere…” balbettò sconvolto, senza sapere bene neppure lui cosa stesse dicendo.

“Il legittimo erede al trono di Gondor, venuto a riprendere ciò che era suo” concluse per lui Bobby, voltandosi a sua volta in direzione del ramingo.

Dean sentì la propria schiena irrigidirsi e qualcosa, dentro di sé, indurirsi mostruosamente. Ora che era lì, a due passi da Gondor, a un soffio dalla battaglia che avrebbe probabilmente deciso il destino della Terra di Mezzo, oltre che il suo, Dean sapeva con certezza che non voleva quel destino, ma soprattutto non voleva quel trono. Il ramingo portò una mano sul sacchetto che conteneva i frammenti della spada di Colt e ne sentì immediatamente sotto le dita la lunga impugnatura: avrebbe combattuto, se questo era il suo destino, avrebbe liberato Minas Tirith e avrebbe ucciso Crowley perché questo era ciò che era venuto a fare, e alla fine, avrebbe brandito quel moncherino davanti a Lilith in persona, perché nessun altro avrebbe osato farlo, e perché non avrebbe permesso che altra morte gravasse sulle sue spalle. Ma mentre guardava negli occhi il fratello che non aveva saputo di avere, il fratello che ancora non sapeva di essere il figlio di un Re, si chiese se le sue giovani spalle avrebbero potuto reggere il peso di quel destino e di quel trono.

“Già, un erede che viene a reclamare un trono occupato da uno stregone, brandendo una spada rotta” commentò infine il ramingo, impregnando le proprie parole di un’amara ironia, mentre lanciava uno sguardo di sfida allo stregone che lo sostenne senza battere ciglio ma corrugando la fronte in un’espressione di rimprovero.

“La spada di Colt…” ripeté Adam, mentre si avvicinava sovrappensiero a Dean, quindi in un lampo, spalancò gli occhi osservando il suo volto sporco e il duro sguardo verde, quindi aggiunse “Mio Re” mentre si inchinava di fronte a lui.

Dean sobbalzò all’improvviso moto di sudditanza di chi fino ad un secondo prima sembrava deciso a mantenere il suo ruolo di capo a tutti i costi, quindi fece per chinarsi a sua volta per sollevarlo da terra, ma si rese conto che le sue mani erano ancora legate dietro la schiena.

“Non ti inchinare, Adam. Non ho alcun diritto di chiederti di chinare la testa di fronte a me, quindi non lo fare. Tu…” ma in quell’istante Bobby lo colpì al fianco con un gomito, tanto forte da togliergli il fiato per un secondo, e Dean fece appena in tempo a vedere i suoi occhi chiari fulminarlo, prima che sul suo viso tornasse un’espressione impassibile.

“Voi siete il legittimo Re di Gondor ed è quindi mio dovere inchinarmi di fronte a voi” replicò Adam, un ginocchio ancora poggiato a terra, poi, quando si rese a sua volta conto dei legami che ancora costringevano i polsi dei due compagni, si affrettò a liberarli.

Mentre Adam lavorava alle corde, Dean aprì di nuovo la bocca per replicare, ma allo sguardo severo di Bobby, cambio le sue parole mentre già stavano per uscire dalle sue labbra. Avrebbe voluto parlare, dirgli tutto, e sentiva una gran rabbia al pensare che anche suo fratello dovesse essere preda di segreti e menzogne, ma aveva imparato a fidarsi a sufficienza dello stregone per fare come diceva.

“Tu sei diventato il protettore di questo regno molto prima che io comparissi qui, o che perfino sapessi quale fosse il mio ruolo. Per questo dovrei essere io a inchinarmi di fronte a te” concluse la sua frase Dean, mentre si massaggiava i polsi.

“Andrò dunque a richiamare i miei uomini per dir loro che il Re è tornato!” esclamò Adam, non appena ebbe sciolto anche i legami di Bobby, ma lo stregone lo afferrò all’istante, bloccandolo dov’era.

“Non fare sciocchezze. Non puoi sapere chi sia veramente fedele e chi sia invece sotto l’influsso di Crowley. Dobbiamo mantenere segreto il ritorno del Re finché non saremo sotto le mura di Minas Tirith, solo allora potrai gridare la verità ai tuoi uomini, e dare loro la forza per fare ciò che andrà fatto” lo ammonì Bobby, lasciando il suo braccio quando vide che aveva, non solo la sua attenzione, ma la sua comprensione.

“Eppure non capisco: avete la spada di Colt e un esercito di Elfi, perché venite in Ithilien a chiedere il mio aiuto?” domandò allora Adam, tornando a posizionarsi di fronte a loro e rivolgendo la propria domanda a Bobby, sebbene i suoi occhi continuassero a saettare in direzione di Dean, come volesse guardarlo ma non osasse farlo.

“Neppure il più potente fra gli eserciti della Terra di Mezzo può sperare di espugnare le sette cinta murarie di Minas Tirith senza un lungo assedio e molte perdite umane. Noi non abbiamo né il tempo, né le risorse, né gli uomini per sostenere questa guerra.” Spiegò immediatamente lo stregone, avvicinandosi al tavolo dove erano disposte le varie carte che Adam stava studiando prima che lo interrompessero. “Abbiamo bisogno di strappare Gondor al Nemico, prima che l’esercito Nero ci piombi addosso e ci chiuda in una morsa senza scampo” Bobby poggiò una delle grosse mani sul punto della mappa ove era segnata la scura catena montuosa di Mordor, quindi sollevò lo sguardo su Adam “Solo tu puoi permetterci di avere successo in questa impresa”

 


1 Tyss (pronuncia “Tüss”) è una parola Sindarin che indica alberi a bassa crescita, si riferisce alla vegetazione tipica dell’Ithilien, molto simile a quella della macchia mediterranea, cioè prevalentemente costituita di alberi bassi e arbusti.

   
 
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