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Autore: Keros_    08/04/2013    6 recensioni
[Future!Seblaine]
Blaine, dopo anni di matrimonio con Sebastian e aver messo su una famiglia, decide di divorziare dal marito a causa di un tradimento subito da quest'ultimo. Così va a vivere con suo fratello Cooper e la sua compagna Elizabeth, facendo fare ai bambini avanti e in dietro da una casa all'altra; ma affrontare un divorzio non è mai così facile come si pensa, sopratutto se si provano ancora dei sentimenti profondi verso colui che dovrebbe diventare l'ex.
Abbiamo: Cooper che è stufo d'avere il fratello in giro per casa, Elizabeth che non ne può più di ascoltare i suoi monologhi depressi, Grant che è furioso con entrambi i genitori, Juliette che vuole la felicità dei due uomini, Sebastian che decide di riconquistare Blaine, Tony innamorato di Sebastian, John che vorrebbe creare una relazione con Blaine e quest'ultimo che vorrebbe continuare ad andare avanti con il divorzio.
Ma lo sappiamo tutti, ottenere ciò che si vuole non è mai così facile.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5




I giorni successivi non furono semplici né per Sebastian né per Blaine, un po’ per il litigio avvenuto al ristorante, un po’ perché erano andati al ristorante, per tutto ciò che era successo e ciò che non era successo.

Sebastian non faceva altro che leccarsi involontariamente le labbra, sperando ancora di sentire il sapore di quelle di Blaine e cercava di stare il più lontano possibile da qualsiasi cosa rischiasse di fargli rompere la promessa che aveva fatto a se stesso.

Ma quello che stava peggio dei due era il moro, proprio come Sebastian aveva programmato. Lui non affrontava quella situazione come il quasi ex-marito, ma in modo molto differente. Già dalla mattina successiva aveva capito di essere nei guai fino al collo, visto che si era alzato con la voglia di tastare il corpo ancora dormiente di Sebastian disteso accanto a lui, e quella era una fase che aveva superato da tempo, come non potersi accoccolare e intrecciare le gambe con quelle sue durante la notte.

Le cose poi erano andate peggiorando durante il giorno, quando tutti gli iniziarono a chiedere come fosse andata la cena, per quale motivo avesse sbattuto violentemente la porta alle due di notte e soprattutto quando gli chiedevano cose avesse fatto fino a quell’ora se era scappato via dal locale che erano appena passate le nove.

Così iniziò a ricordare tutte le piccole cose che lui piaceva credere d’aver dimenticato e le abitudini che non erano più abitudini.

Non sapeva nemmeno se essere arrabbiato o meno, una lotta silenziosa si abbatteva dentro di lui. Sebastian non aveva nessun diritto di rovinargli la serata, né tanto meno di essere geloso; si era comportato pure da maleducato con John e avevano fatto una scenata stile film romantico all’interno del ristorante. Blaine non era furioso a riguardo, di più. Ma c’era anche da dire che da una parte non faceva altro che sentirsi contento per tutto quello, perché Sebastian era geloso e, anche se non avrebbe dovuto pensarlo, lo trovava adorabile.

Poi c’era la confusione ad aggiungersi a tutto il resto. Non sapeva che fare e le parole di Sebastian gli martellavano nel cervello.

Ti rivoglio.”

Diamine se lo voleva anche lui, e come aveva detto l’ ex, non solo a livello sessuale.

Ma poi nella sua mente iniziava un susseguirsi di varie scene dei loro litigi, di Sebastian a letto con un altro, le rose abbandonate a terra; e allora ritornava ad essere arrabbiato e triste allo stesso tempo.







“Blaif, ha fiamafo tuo fiffio. Defe andafe a caffio.”

“Cosa?” Chiese Blaine entrando nel salone, guardando inorridito il fratello stravaccato sul divano con un pacco di biscotti sullo stomaco.

Quest’ultimo ingoiò rumorosamente, facendo preoccupare un po’ il fratello. Era sicuro che ne aveva almeno quattro in bocca, ma non disse nulla e rimase immobile, in attesa.

“Ha chiamato Grant, deve andare a calcio.” Cooper alzò di poco la testa, poi con uno sguardo confuso domandò: “Che c’è?”

“Cooper potevi dirmelo prima, sono appena tornato a casa, se me lo dicevi passavo a prenderlo direttamente!” Protestò Blaine, passandosi una mano a massaggiarsi le tempie.

“Stavo vedendo un programma divertentissimo su degli chef dove uno urlava in faccia agli altri per la qualsiasi cosa.”

“MasterChef?”

“Sì, quello! Non è fantastico? Il biondo è il mio preferito.”

“Anche il mio,” ammise Blaine prima di cambiare discorso. “A che ora ha l’allenamento?”

“Chi?” Cooper lo guardò confuso.

“GRANT!”

“Ah...” Il più grande si grattò la nuca, cercando di ricordare ciò che gli aveva detto il nipote, “ non lo ricordo, ma ha detto qualcosa riguardo a qualcuno con la febbre e uno a lavoro. Non so a chi si riferisse.”

Possibile che era così smemorato? Blaine ripensò a quella volta in cui era uscito con il pigiama perché si era dimenticato di non essersi vestito e decise che sì, nonostante gli anni aveva la memoria di un pesciolino rosso. Decise di non arrabbiarsi perché infondo sapeva che non l’aveva fatto di proposito e la sua mente si spostò su un’altra frase che aveva detto il fratello “qualcuno con la febbre.”

Decise di non chiedere a chi si riferisse e prese il cellulare dalla tasca per chiamare il figlio. Digitò il numero e portò l’apparecchio all’orecchio.

“Pronto?”

“Grant, sono papà.”

“Lo so che sei papà, perché lo dici? Vabbé, fa niente. Dove sei? Ho gli allenamenti tra poco e non voglio arrivare in ritardo, quindi sbrigati visto che non c’è nemmeno Sebastian, così non assisto a nessuna delle vostre solite litigate. Non che mi importi qualcosa, per intenderci. Ma si può sapere per quale motivo papà è così e tu pure? No, non m’importa. Muoviti a venire.”

Blaine alzò gli occhi al cielo sentendo tutto quel flusso di parole, poi capendo di poter finalmente rispondere disse:“Non avevi ricominciato a chiamare Sebastian papà?”

“Si, ma oggi non mi va, tanto mica si offende. Ma tornando a me, dov’è sei?”

“Sono appena tornato a casa, il tempo della strada e arrivo. Ma chi c’è lì con te?”

“Juliette, ma è a letto con la febbre. La babysitter oggi non poteva venire.”

“Juliette ha la febbre? Ce l’ha alta? Sto arrivando e perché Sebastian non c’è? Possibile che deve essere sempre lui. Come gli è venuta? L’ha fatta camminare scalza, sì deve essere così. Ma perché non mi ascolta-“

“Si, pà davvero molto interessante, ma non m’importa niente di ciò che stai dicendo Comunque qualcuno deve restare con lei, adesso sta dormendo, ma prima farfugliava qualcosa in dormiveglia.”

Ok, ok. Sto arrivando. Tu stalle accanto e misurale la febbre.”

“Si, si, come dici tu. Ciao.”

Blaine guardò con occhi glaciale in cellulare da cui l’unico rumore che usciva era un orrendo ‘tututu’, visto che ormai Grant aveva riattaccato. Sì, assomigliava proprio a Sebastian anche caratterialmente e Blaine si ritrovò a sbuffare.

“Cooper, poi accompagnare Grant agli allenamenti mentre io sto con Juliette che ha la febbre?”  Chiese con gentilezza, facendo lo sguardo dolce per convincere il fratello.

“Ok, ma poi prendi un Taxi per il ritorno o ti fai accompagnare da Sebastian.” Rispose lui, alzandosi dal divano e abbandonando i biscotti sul divano, fingendo che non esistessero.

“Dov’è la mia macchina?” Chiese distrattamente Blaine, indossando il giubbotto.

“Elizabeth... penso.” Disse Cooper, superandolo e dirigendosi verso la porta. Blaine decise di non indugiare oltre, la febbre della figlia era più importante. 







“…Ciao, papà.”

“Grant, mi stai ascoltando?”

“Sì, sì.” Rispose quest’ultimo afferrando il borsone e aprendo la porta.

“Dico allo zio che poi lo chiami.”

“E di comprare l’antibiotico.” Gli ricordò Blaine, visto che il ragazzo sembrava esserselo scordato mentre stava già per scappare via.

“Ok, ho capito. Sei arrivato da soltanto due minuti e mi stai già assillando. Vado, ciao.”

“Ciao,” salutò la porta di casa ormai chiusa. Restò fermo in quel punto per qualche minuto, intrecciando le braccia al petto e stringendosi nelle spalle, non sapendo bene dove far cadere lo sguardo.

Da quando avevano deciso di vivere in case separate -più precisamente Blaine aveva deciso-, aveva messo piede in quell’appartamento si e no tre o quattro volte e tutte per estrema necessità e ancora, a distanza di mesi, non riusciva a camminare per i corridoi o per le stanze tranquillamente e senza aver paura di trovarsi faccia a faccia con i ricordi.

Blaine aveva sempre amato le foto, gli piacevano e ne scattava delle nuove ad ogni occasione; fortunatamente a Sebastian non andavano a genio di più tanto, così non gli permise di tappezzare ogni centimetro di muro con qualche loro immagine strampalata, magari di quelle famigliari o in vacanza.

Per casa, quindi, non erano molte le cornici sparse qua e là per i vani, ma Sebastian non le aveva comunque tolte, nemmeno quelle con le foto in cui erano in costume da bagno in una delle tante spiagge francesi, del loro matrimonio, in luna di miele o appena fidanzati.  Da una parte non gli dispiaceva, ma dall’altra sì, perché gli faceva male.

Gli faceva male ricordare di loro.

Si fece forza e prendendo un respiro profondo percorse il corridoio per dirigersi in camera da letto dove dormiva la figlia. Entrò deciso a non pensare, addolcendosi soltanto alla vista di Juliette accucciata sotto le coperte che guardava i cartoni animati in dormiveglia.

“Papy, vedi Rapunzel con me?” Chiese la bimba, guardandolo con aria speranzosa. Lui fece di sì con la testa e si avvicinò a lei, sedendosi al suo fianco sopra le coperte. “No, papà! Metti il pigiama di papà e stai sotto a letto con me?”

Blaine non sapeva che rispondere, così la guardò insistentemente per un attimo.

“Dai, papà! Ho la febbre, non dici sempre che i bimbi malati vanno sempre accontentati?”

No, non era stato lui a dirglielo, ma Sebastian in uno dei tanti pomeriggi passati a casa quando i figli avevano il morbillo e volevano a tutti i costi le patatine fritte e il gelato. Da quel momento, quando stavano male, Grant e Juliette venivano sempre accontentati su qualsiasi cosa e i genitori si ripetevano che per qualche giorno potevano pure godere di quel privilegio.

“Ok,” rispose alzandosi e dirigendosi verso l’armadio. Fece scorrere l’anta scorrevole ed istintivamente aprì uno dei tanti cassetti che prima utilizzava per metterci i vestiti, trovandolo vuoto; così ne aprì un altro e un altro ancora, fino ad esaurire tutti quelli riservati a lui. “Juliette, mi dispiace. Ma non ho né vestiti né pigiami qui.”

“Indossane uno di papà, tanto non si arrabbia.” Controbatté lei, non facendo molto caso a ciò che stava dicendo per via della febbre e dalla tv che guardava con interesse.

“Tesoro, non credo sia il caso..”

“E dai papà! Ho la febbre alta, mi devi accontentare!” Le ricordò Juliette, battendo un pugno sul piumone. Con quel comportamento la febbre gliel’avrebbe fatta venire a lui. Poi, rendendosi conto di essere stata troppo diretta e autoritaria, farfuglio: “Perrrrfavoooore” con tanto di testa piegata da un lato.

“Ok, va bene.” Cedette in fine, sorridendo contro la sua volontà. Chiuse l’armadio e si stava dirigendo verso il comò dove Sebastian teneva i pigiami quando la voce della figlia lo fermò.

“No, papi! Metti questo qui,” Juliette si alzò di poco, iniziando a frugare sotto al cuscino per uscirne da sotto una maglia e dei pantaloni blu scuro.

“Juliette, è usato.” Gli fece notare lui, facendo gli ultimi passi per arrivare accanto al letto, “non si mettono le cose già indossate da altri, è poco igienico.”

“Ma tu mettevi sempre la maglietta del pigiama di papà e lui pure!” Rispose lei con cocciutaggine, facendo un gesto convesso con la mano, per ribadire l’ovvietà di quelle parole.

“Juliette, è diverso. E’ poco igienico.” Tagliò secco lui.

“E dai! Ti prego! Ti prego, ti prego, ti prego. Dai, sono malata,daaaaaaiiii.  Poi non ti chiedo più niente. Solo per questa volta.”

“E va bene.” Cedette in fine, prendendo i vestiti che gli stava porgendo la figlia.

Si tose la maglietta e i pantaloni, per poi indossare il pigiama del quasi ex-marito e in quel momento capì il motivo per cui Juliette avesse insistito tanto: adesso aveva addosso sia il suo profumo che quello di Sebastian, come la mattina appena svegliati quando stavano insieme o la sera tardi, quando accompagnavano la figlia a letto dopo aver passato l’intera serata accoccolati sul divano a guardare un film.

Quell’odore era mancato anche a lui, non poteva darle le colpa perché gli aveva chiesto d’indossare quel pigiama.

Si infilò sotto le coperte, venendo colpito in pieno volto dal profumo pungente della colonia di Sebastian. Cercò di non pensarci e si distese comodamente sul materasso, supino, sentendo la figlia accoccolarsi contro il suo torace con la testa rivolta alla televisione.

Blaine la sentì annusarlo, ma non disse niente, lasciò soltanto che un sorriso gli delineasse le labbra. 






“Papà Blaine?” Lo chiamò quasi un ora dopo Juliette, portandolo alla realtà al cartone animato.

“Si, Juliette?” Chiese a sua volta, scostandosi un po’ da lei per guardarla meglio.

“Tu vuoi bene a papà?”


“C-certo che voglio bene a papà.” Rispose balbettando, confuso da quella domanda.

“Allora,” iniziò la piccola, giocherellando con la stoffa della maglia di Blaine, “perché siete ancora litigati?”

“Perché a volte il volersi bene non basta, ci vuole anche la fiducia, il rispetto e il comportarsi bene nei confronti della persona amata.”

“Ma tu lo ami ancora quindi,” farfugliò la piccola, concatenando gli occhi con quelli del padre, “tornerete insieme di sicuro.”

“E tutta questa convinzione da dove esce, signorinella?” scherzò Blaine, tracciando il nasino della bimba con l’indice, ridacchiando leggermente.

“Perché anche papà ti ama tanto. Quando dormo con lui la notte, a volte farfuglia il tuo nome e altre volte parole che non capisco,” Juliette fece una pausa, aggrottando le sopracciglia. “però poi dice anche tanti Ti amo e io ridacchio sempre perché sembra così stupido.” La bambina terminò ridendo leggermente, ma la mente di Blaine pensava a tutt’altro.

“Sei sicura che dica il mio nome?”

“Humm-humm,” mugugnò come risposta, prima di chiudere gli occhi e addormentarsi sotto lo sguardo sgranato del padre.

Quest’ultimo le toccò delicatamente la fronte, notando quanto fosse bollente. Lentamente sgusciò via dalla sua presa, per alzarsi in piedi e dirigersi in bagno per inumidire una benda da poggiarle sulla fronte per far abbassare la temperatura. Frugò un qua e là nei mobilucci e quando ne ebbe trovata una, la mise sotto il lavandino, la strizzò forte e poi si diresse di nuovo in camera da letto.

Poggiò la stoffa sulla fronte calda della piccola e si distese al suo fianco, stringendola a sé. 





Blaine venne svegliato dal rumore della porta di casa che veniva aperta e una valigetta abbandonata a terra. Si alzò a sedere, cercando di fare mente locale su dove si trovasse e sul perché la televisione fosse ancora accesa, il cartone animato che stava vedendo con la figlia ormai finito da un pezzo. Si sfregò gli occhi col palmo della mano e ancora mezzo addormentato, lanciò uno sguardo a Juliette che dormiva beatamente accanto a lui.

“Grant, dove sei?” La voce preoccupata di Sebastian arrivò dritta alle sue orecchie, come una pallottola, non sapendo se il motivo fosse perché stava urlando o perché era ancora arrabbiato con lui. Molto probabilmente la seconda.

“Juliette sta bene?”

Blaine sgusciò fuori dal letto e, senza nemmeno mettersi le ciabatte, uscì dalla stanza, rischiando più volte di cadere a causa dei pantaloni troppo lunghi per le sue gambe. Silenziosamente scese al piano di sotto, cercando di fare meno rumore per non svegliare la piccola.

Shhh, Sebastian. Sta zitto.” Lo rimproverò a voce moderata, arrivando all’ingresso. “Juliette sta dormendo.”

Sebastian per poco non si strozzò con la cravatta nera che stava cercando di allentare, lo squadrò da capo a piedi, in silenzio, e Blaine lo vide trattenere a stento un ghigno prima di tornare di nuovo serio. “Che ci fai qui?”

“Grant aveva gli allenamenti e Juliette stava male,” alzò le spalle, “quindi eccomi qui.”

“Come sta?” Chiese il più alto, passandosi una mano tra i capelli mentre si dirigeva in cucina.

“Niente di grave, ho chiamato il pediatra e le ha prescritto un antibiotico, riposo e cartoni animati.”

“E un infermiere sexy a prendersi cura di lei.”

“Sebastian.” Lo ammonì subito, sapendo dove sicuramente sarebbe andata a parare la situazione. Si sedette al tavolo della cucina, guardando l’altro frugare tra la dispensa. Era strano tutto quello, sembrava come essere tornati indietro di qualche mese e non poteva far altro che peggiorare la situazione.  

“Non ho detto niente di male,” lo corresse quest’ultimo, aprendo il frigo e uscendone un involucro con dentro di plastica. “Juliette mangia?”

“No, sta dormendo.”

“E tu?”

Blaine lo guardò per un attimo, spiazzato da quella domanda. “No, non ho fame.” Rispose dopo qualche secondo.

“Cena con me.” Lo invitò Sebastian, con lo stesso tono del appuntamento con John.

“Non ho fame.” Chiuse il discorso Blaine e l’altro non rispose, limitandosi ad accendere i fornelli e a mettere una padella sopra il fuoco.

Nella stanza cadde un silenzio molto teso ed imbarazzato, che nessuno dei due voleva spezzare sapendo le conseguenze a cui avrebbero portato: un litigio o un qualcosa con cui nessuno dei due successivamente sarebbe stato in grado di gestire. E tutto quello sembrava strano.

Tra loro non c’erano mai stati silenzi di quel genere, tranne quando uno dei due faceva qualcosa di davvero stupido, ma che poi si risolveva con delle battute a tavola, un bacio rubato guardando la televisione e una serata a letto; perché a letto o si risolvevano le situazioni o uno dei due dormiva sul divano e fortunatamente nessuno dei due aveva avuto l’occasione di costatare se fosse così comodo come gli avevano assicurato al momento dell’acquisto.

“Come torni da Cooper?” Chiese ad un tratto Sebastian, prendendo la tovaglia da tavola da un cassetto per distenderla sulla superficie piana del mobile.

“La mia macchina è misteriosamente scomparsa, quindi dovrei prendere un taxi,” rispose il moro, restando sul vago.

“Che significa dovrei? E che fine ha fatto la tua macchina?”

“E’ questo il punto: non ne ho idea e Cooper cambia discorso al riguardo, spero non l’abbiano distrutta completamente.” Blaine fece una pausa, passandosi la mano tra i riccioli, “E’ strano da chiedertelo ma.. Juliette ha la febbre alta, ti dispiace se stasera resto qui?”

“No,” rispose subito Sebastian, così rapidamente e deciso che il moro ne rimase quasi scoccato. “Non mi dispiace, puoi restare qui tutto il tempo che vuoi. Ti direi di prendere qualche mio capo d’abbigliamento, ma vedo che hai già fatto da solo.” Continuò, alludendo agli indumenti che portava addosso.

“Juliette ha insistito per farmi indossare il tuo pigiama, non ti da fastidio, vero?”

“Potresti fare qualunque cosa e niente mi darebbe fastidio.” Rispose Sebastian, scendendo la carne dal fuoco, dando le spalle a Blaine, che s’infastidì a quella risposta.

“E allora-“

“Tranne vederti uscire con riccioli d’oro.” Lo interruppe subito, mettendo ben le cose in chiaro e dirigendosi verso il tavolo per lascarci sopra il piatto. “Quello non lo accetto.”

“Non credevo di doverti dare chiedere il permesso o avere la tua approvazione! Sono adulto e vaccinato, posso fare tutto quello che voglio e-“

“Sono tuo marito.”

“Quasi ex-marito.”

Quasi, esatto.” Lo corresse Sebastian, puntandogli un dito contro, poggiando una mano sul tavolo e spostando il peso da una gamba.

“Questo non c’entra! Hai perso quel titolo nel momento in cui sei stato a letto con un altro.” Controbatté il moro, alzandosi in piedi con così tanta foga da far quasi cadere a terra la sedia.

“Ah, è così che la pensi?” Sebastian fece qualche passo verso di lui, inarcando le sopracciglia.

“E’ esattamente così che penso.” Blaine, istintivamente, fece un passo in avanti, gli occhi incatenati con quelli verdi dell’altro.

“Allora perché non ti fai venire a prendere da lui e ti fai accompagnare a casa?” Chiese in tono di sfida quest’ultimo, sorridendo beffardo.

“Perché sei tu il padre dei miei figli!”

“Oppure non lo hai più richiamato?” Lo canzonò Sebastian, sorprendendolo.

“Io. Io…” Blaine boccheggiò in vano qualcosa, non sapendo cosa dire. Il giorno seguente lo aveva chiamato per scusarsi, ma gli aveva detto che doveva risolvere ancora della questioni con Sebastian e John lo aveva salutato con affetto, ripetendogli che a lui avrebbe comunque fatto piace uscire un’altra volta con lui se ne avesse avuto voglia. “Non importa! Non sono affari tuoi, gli ho chiesto scusa, al contrario tuo.”

“Ma non gli hai detto di uscire.”

“Non sono cose che ti riguardano.” Disse Blaine, sviando lo sguardo e facendo qualche passo indietro.

“E invece sì, se il motivo sono io.” Continuò imperterrito Sebastian, facendo ancora qualche passo in avanti.

“Il motivo non sei tu!” Smentì spudoratamente il moro, cercando di non perdere la pazienza.

“E io sono etero!” Sbottò l’altro, allontanandosi e passandosi una mano tra i capelli folti, mordicchiandosi il labbro inferiore per non dire altro.

“Buonanotte Sebastian!” Tagliò la conversazione Blaine, uscendo dalla cucina, diretto in camera da letto.

“Dove stai andando?” Domandò allarmato Sebastian, seguendolo fino alla porta della cucina, irritato da quel comportamento.

“A dormire con mia figlia.” Rispose il moro, salendo le scale poco delicatamente e battendo i piedi.

“No, dormo io con lei.” Controbatté l’altro, spegnendo la luce della cucina e seguendolo.

“No, io.”

“Io dormo nei mio letto.” Sebastian lo raggiunse, cercando di superarlo per arrivare primo alla camera da letto.

Nostro letto. Ho tutto il diritto di dormire lì”

L’hai perso quando ho deciso d’andare a letto con un altro.” Sebastian gli fece il verso, per prenderlo in giro per tutte le volte che glielo diceva e Blaine si bloccò sulle scale, immobile.

Si girò lentamente verso di lui, occupando tutta la scala. Piantò i suoi occhi su quelli verdi dell’altro, assottigliandosi così tanto da fargli diventare due fessure.

Non lo aveva detto davvero.

Lo fissò per un lungo momento, poi fece scivolare lo sguardo lungo tutto il corpo e il viso di Sebastian. Non sembrava nemmeno preoccupato o dispiaciuto per ciò che aveva detto, impassibile.

“…buonanotte,” Decretò infine, si girò dall’altra parte e salì gli ultimi scalini a due a due. Si diresse in camera da letto e colpì forte la porta per chiuderla, che se non fosse stata fermata da Sebastian, avrebbe fatto un rumore assordante.

“Io dormo qui.” Disse quest’ultimo, entrando a sua volta nella stanza a privandosi della camicia per poi gettarla in giro senza nemmeno farci troppo caso.

“Fa come vuoi,” lo liquidò il moro, mettendosi accanto a letto per poi intrufolarsi sotto le coperte.

“Appunto.” Sebastian indossò il pigiama e si infilò sotto le coperte, su in fianco per ritrovarsi faccia a faccia con Blaine.

Juliette si mosse di poco, disturbata da tutto quell’improvviso movimento sul materasso. Entrambi gli adulti trattennero il fiato e si scambiarono uno sguardo eloquente. Istintivamente Blaine si avvicinò alla figlia, sentendo quest’ultima accoccolarsi ancora di più a lui; invece Sebastian si sistemò meglio sul suo lato del letto, piegando il braccio per poi poggiarci le testa sopra, tenendo sott’occhio la bimba e il moro.

Blaine cercò di farsi scivolare via di sotto tutto il nervosismo che aveva accumulato litigando con l’altro, e chiuse gli occhi, coprendo meglio se stesso e la figlia. Cercò anche di distrarsi dall’odore e il calore di Sebastian che era poco distante da lui, se si fosse mosso un po’ sarebbe riuscito a toccarlo. Restò fino ad addormentarsi, sentendo l’altro fare lo stesso. 






Faceva caldo. Troppo caldo per i suoi gusti, e no, non era la febbre. Per non parlare che era tutto troppo stretto, e si sentiva schiacciata.

Juliette sollevò lentamente le palpebre, per poi sfregarsi gli occhi con la manina. Aspettò qualche minuto per abituarsi al buio della stanza prima di alzare la testa e quello che vide gli piacque.

E molto.

Era premuta contro il corpo addormentato dei papà, questo perché durante la notte si erano avvicinati.

Sorrise tra sé e sé, scostò le coperte per guardare meglio il motivo per cui poteva muoversi a malapena. Le gambe dei suoi papà erano intrecciate tra loro, Blaine aveva una mano sul braccio di Sebastian, mentre quest’ultimo gli cingeva un fianco.

Però c’era troppo caldo e i due uomini sembravano infastiditi dal sentire quel cambiamento di temperatura, tanto che si strinsero appena un po’ di più, rischiando di schiacciarla seriamente; così decise di scendere dal letto e di andare a dormire in camera sua, nel suo letto freddo.

Deliziosamente freddo.

Guardò prima un papà e poi l’altro, frenandosi dal ridacchiare nel vedere le loro facce completamente rilassate e con gli angoli della bocca rivolti verso l’alto in un piccolo sorrisetto soddisfatto, poi piano piano di mise a sedere cercando di non dare fastidio. E adesso come faceva a scendere?

Senza fare troppo rumore e con tutta la delicatezza possibile, sgusciò verso la testata del letto, dove i due corpi dei genitori erano un po’ più distanti. Fece pressione sui cuscini di entrambi, mettendosi a sedere e poi successivamente in piedi, controllando sempre i visi dei papà. Mise una gamba dietro la testa di Blaine e rimase immobile per qualche secondo, sentendo Sebastian grugnire. Dopo aver capito che era un falso allarme, scavalcò il moro e cercando di far meno rumore e non muovere troppo il letto, si mise a gattoni, tirando le coperte per coprire gli adulti. Dopo di ché scese dal letto e silenziosamente uscì dalla camera per poi trotterellare verso camera sua.

Chissà, forse senza lei di mezzo, i papà si sarebbero stretti ancora di più.






E quindi, Juliette è proprio un brutto personaggio vero? *^* 
Questo è uno dei miei capitoli preferiti, insieme al possimo. Perché si, il fluff non può mica finire qui :3 

Niente, vado via dicendo che spero di aggiornare sempre verso lunedì\martedì, ma ho finito i capitoli betati e quindi sono so quanto ci metterà Ninni a correggere. :)
 
Niente, vado via dicendo che siccome siamo il male di EFP, Posterò qualcosa per Sunday che non fa mai male. 
 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, quanto è piaciuto a me scriverlo :3 
 
Bacioni,
 
   
 
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