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Autore: aletdd    08/04/2013    1 recensioni
Questa storia si ispira alla trama originale di The Elder Scroll: Skyrim e parla di una ragazza dai tratti nordici poichè il padre è un nord, ma che vive a Solitude con la madre imperiale. Ella è l'unica Sangue di Drago attuale ed è l'unica che puo' salvare Skyrim dalla minaccia di Alduin (il perfido drago), solo che non è a conoscenza del suo potere anche se ha capito che c'è qualcosa di strano in lei come la sua strana cicatrice sulla parte sinistra del petto (dove si trova il cuore) causata da un drago quando era piccola (si capirà perché). Parte all'insegna di un'avventura che ruota tutta intorno ad uno strano amuleto venduto da uno strano giovane che le rivelerà i segreti della sua natura di Sangue di Drago. I due ragazzi diventeranno amici e poi... vedrete! Ps: Ho modificato un po' la storia a mio piacimento ma le fazioni sono quelle di Skyrim, le riconoscerete, e anche alcuni nomi.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Adelle!» ... 
«Adelle alzati!»
Iniziai ad aprire gli occhi al suono stridente di quella voce, era la solita mattina domenicale e mia madre mi urlava dalla stanza accanto cercando di farmi svegliare, impresa impossibile.
Presi coraggio e aprì definitivamente gli occhi, sedendomi. Il mio sbadiglio faceva concorrenza al barrito di qualunque elefante esistente.
Ogni domenica mattina nel nostro paese, il Comandante Tullius, colui che comandava la legione imperiale, era solito organizzare una cerimonia a palazzo per parlare dei problemi che si erano verificati in settimana.
Odiavo quella cerimonia. Spesso, venivano condannati davanti a tutto il paese degli innocenti, essi venivano umiliati, picchiati e infine imprigionati.
Non consideravo questo comportamento "giustizia", bensì una cerimonia inutile e spietata.
Mia madre mi costringeva ad andarci, e come se non bastasse mi consigliava, anzi, obbligava ad indossare degli abiti pomposi cuciti dalla sarta del negozio di vestiti più famoso di Solitude "Vesti Radiose", che io detestavo.
«Adelle! Finalmente! Sono dieci minuti che ti chiamo! Sbrigati sei in ritardo, ti prego di vestirti e lavarti immediatamente, è scortese presentarsi in ritardo.»
«Mamma. Cosa importa quel che indosso? Sicuramente i condannati non staranno a guardare il mio ridicolo vestito, penseranno sicuramente alla prigionia che li aspetta no? E se io
dovessi essere imprigionata, l'ultima cosa che vorrei vedere sarebbero persone vestite in quel modo.»
«Smettila di parlare in questo modo assurdo! E vestiti! Non voglio sentire ragioni.»
Ovviamente, come sempre, mia madre non mi considerava. Tutto ciò che le dicevo era solo un rumore fastidioso, probabilmente preferiva il ronzio delle mosche.
A parte la delusione di non essere ascoltata, iniziai controvoglia a vestirmi, presi dal mio armadio di legno il mio vestito preferito, ignorando il vestito nuovo compratomi da mia madre.
Era lungo, sopra le caviglie, era di un color ghiaccio tendente al grigio, le maniche corte a palloncino bianche, e il corpetto di cuoio. Indossai le mie solite scarpe di cuoio cucite a mano e presi il mio mantello abbinato alle scarpe,
quando andavo in giro per il paese ero solita indossare un cappuccio, non ero una ragazza molto vanitosa. Riempita la mia bisaccia con qualche oro e una boccina d'acqua, infilai l'arco nella tasca apposita dietro alla schiena, e presi
l'oggetto di cui andavo più fiera... la mia Frangialba. A quei tempi, era una spada rarissima e inoltre la mia in particolare aveva un valore aggiunto, mi era stata regalata da mio padre.
Corsi giù per le scale, avevo fretta, questa volta non sarei andata alla solita cerimonia domenicale, sarei partita per luoghi lontani... in cerca di me stessa e in cerca di lui, l'uomo che mi aveva cresciuta e che per un motivo ignoto era sparito.
Mi recai in cucina dove mia madre mi aspettava impaziente.
«Avanti Adelle prendi questo pane e marmellata e andiamo!» Disse velocemente, mentre sistemava la sua bisaccia.
Fu allora che le diedi la notizia peggiore che potesse immaginare quella mattina.
«Mamma... oggi non verrò alla cerimonia.»
Deglutì, era sempre difficile dirle qualcosa, era difficile ferirla.
«Cosa vorresti dire?! Dove dovresti recarti?!»
Presi coraggio... e alla fine le uniche parole che riuscì a pronunciare furono.
«Vado a scoprire chi sono».
La sua faccia impietrì in uno sguardo che metteva i brividi, i suoi occhi spalancati quanto la bocca e le parole che le si erano bloccate in gola.
«... I-io... non capisco...» 
E invece capiva perfettamente. In tutti quegli anni avevo disperatamente cercato una risposta a chi fossi in realtà, al perché quando camminavo per strada le persone mi guardavano in modo strano e bisbigliavano tra loro,
al perché mio padre se n'era andato dopo il mio quinto compleanno. Ero stanca di guardare il mio riflesso e di vedere una persona che nemmeno io conoscevo, avevo sete di sapere.
Rimasi in silenzio, con una sguardo che parlava da solo: "Mamma so che per una volta mi hai compresa."
Il mio istinto di figlia mi consigliò di abbracciarla e io seguii quell'impulso. Mi avvicinai a lei piano e porsi le mie braccia verso di lei, cercando di abbracciarla, ma lei si girò con uno scatto, dirigendosi verso la porta di ingresso.
«Muoviti Adelle, mi hai già fatta perdere abbastanza tempo.»
Disse freddamente, tirando su con il naso e asciugandosi di nascosto le lacrime con la manica del suo abito ampio ed elegante, era sempre stata una donna orgogliosa, ma questa volta l'avevo realmente ferita.
«Mamma non puoi dirmi una cosa simile! Per te sono solo e sempre una perdita di tempo? Ti sto dicendo che sono stanca di rimanere chiusa in questo villaggio e di svegliarmi ogni giorno non sapendo chi io sia veramente. E poi... mio padre, non so dove sia finito e perché sia andato via così. Non puoi negarmi la verità.
«Io non ti ho mai negato nulla Adelle, ti ho dato tutto ciò che potevo, perfino l'anima, e ora mi ripaghi in questo modo? Volendotene andare?»
«Non è questo lo sai è...»
«Non accetto le tue ragioni. Non di punto in bianco...»
«Tu non sai quanto io stia soffrendo e ora che sono abbastanza grande da poter capire, sento di dover andare! E se non vuoi accettare le mie scelte, non mi importa... farò tutto da sola non ho bisogno di nessuno...» Dissi, scoppiando in lacrime.
«Perfetto... se non hai bisogno di nessuno allora buona fortuna Adelle... significa che tutto quel che ho fatto in questi anni non è stato abbastanza, evidentemente ho fallito.» Concluse, uscendo e sbattendo la porta dietro di se.
Sentii una fitta nel petto e fu difficile accettare una situazione tanto dolorosa.
Abbassai la testa fermandomi per qualche minuto a pensare e a riflettere su quale strada volevo prendere quella mattina. La mia mente era buia, vuota, i pensieri affollati, ero confusa.
Dove sarei andata? Come avrei iniziato a cercare indizi su chi sono in realtà? ... Dove si trovava mio padre?
Domande, continue domande, senza una risposta certa.
In uno stato di totale confusione mentale, scrissi una lettera a mia madre e la lasciai sul tavolo, dopo di che varcai la soglia della casa che tanto odiavo ma che era pur sempre il luogo dove trascorrevo più tempo o meglio dove mi rintanavo, dove mi nascondevo, dalla verità.
Presi una boccata d'aria fresca, era ciò di cui avevo bisogno, adoravo stare a contatto con la natura e la mia abitazione non distava molto dalla foresta. Sentì l'odore meraviglioso del pane appena sfornato e il fruscio del vento tra gli alberi.
Era indubbiamente il mio rumore preferito. Continuai a camminare dirigendomi verso il cancello di uscita di Solitude, i bambini giocavano e correvano tra le mie gambe e le persone continuavano a guardarmi con gli stessi occhi di sempre,
gli occhi di chi detesta qualcosa ma ha troppa paura per affrontarla. Ad un tratto vidi un banco interessante, non era il solito banchetto che vendeva materiali per la forgiatura o carne fresca. Era un banco che vendeva gioielli e gingilli di vario genere.
Mi avvicinai incuriosita dalla brillantezza di quegli oggetti, era vero che non ero una ragazza vanitosa ma ero pur sempre una ragazza e quelle piccole gemme mi affascinavano.
Come venditore c'era un ragazzo, molto giovane e molto bello. Non era un cittadino del mio paese, non l'avevo mai visto prima. Aveva uno sguardo soddisfatto di chi è molto bravo nel suo mestiere, sapeva
probabilmente che una bancarella del genere avrebbe attirato decine di ragazze e molti piu' ori. Sentendomi parte della massa, continuai comunque a guardare quegli oggetti bellissimi.
Tra tutti i gioielli i miei preferiti erano sempre stati gli amuleti, in particolare uno di essi aveva attirato la mia attenzione. Era un amuleto in bronzo, con un drago intagliato e al centro una pietra azzurra.
Aveva un'aria misteriosa, come se racchiudesse arcani segreti, e anche se mi sembrava strano al momento, emanava una strana aura. Non so per quale strana ragione, ma quell'amuleto chiamava me.
Scusate ho deciso di unire i primi due capitoli per il fatto che erano molto brevi...!!! Grazie del commento :-)
  
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