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Autore: patronustrip    08/04/2013    9 recensioni
cit. Era tutto quello che aveva sempre desiderato.
Una giornata perfetta.
Ogni persona che amava era lì con lei, e innumerevoli bisbigli degli invitati, entrare a poco a poco e prendere posto, rendevano l’atmosfera sempre più viva e l’adrenalina correva nel suo corpo svelta e un po’ subdola. Pure quel tremore alle mani era piacevole, a suo modo.
Era tutto perfetto. C’erano tutti, come aveva sempre sognato. Tutti.

Tranne ciò che desiderava sopra qualunque altro.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Kurt Hummel, Quinn Fabray, Rachel Berry, Santana Lopez | Coppie: Finn/Rachel, Quinn/Rachel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi.
Mi lamentavo (con nessuno, parlo da sola) del fatto di non riuscire mai a trovare un argomento per una one-shot Faberry, visto che sto lavorando attualmente ad un sacco di long fiction. Ho scritto molte one-shot, o comunque storie brevi, per il fandom Harmony, e mi dispiaceva non riuscire a trovare ispirazioni per il Faberry, niente che si collegasse ad un PWP.
Ebbene, ieri ho visto questo set e mi si è accesa la lampadina. L’ho scritta tutta ieri notte, e l’ho corretta giusto oggi.
Spero vi piaccia, niente di originalissimo, ma ne sono contenta.

Enjoy, and leave me a comment :)


Strano

Era tutto perfetto.
I fiori erano incantevoli, calle, azalee e orchidee. Rachel non aveva saputo scegliere, li aveva voluti tutti.
E la navata. Oh la navata, era magnifica, quei veli bianchi intorno, le panche di legno di ciliegio, scure, penetranti. Rachel adorava quel posto. L’aveva amato nel momento in cui l’aveva visto.
Un convento riportato a nuovo solo da pochi anni, il cui vecchio refettorio sembrava essere nato solo per quel giorno. Le finestre illuminavano tutto, il sole sembrava etereo e cadeva su ogni cosa rendendola un sogno ad occhi aperti.
Quei muri chiari e freschi, antichi, il soffitto decorato di travi restaurate, e il pavimento in marmo, che incorniciato nella lunga pennellata rossa, il tappeto, dall’ingresso all’altare, era semplicemente stupefacente.
Era tutto quello che aveva sempre desiderato.
Una giornata perfetta.
Ogni persona che amava era lì con lei, e innumerevoli bisbigli degli invitati, entrare a poco a poco e prendere posto, rendevano l’atmosfera sempre più viva e l’adrenalina correva nel suo corpo svelta e un po’ subdola. Pure quel tremore alle mani era piacevole, a suo modo.
Era tutto perfetto. C’erano tutti, come aveva sempre sognato. Tutti.
Tranne Quinn.
«Non posso crederci!» Esclamò agitata, fendendo l’aria con vestito ingombrante, scandendo ogni tacco sul pavimento.
«Questa scena credo di averla già vista.» Commentò Kurt con un sorrisetto.
«Non è divertente!» Gli puntò il dito contro, e afferrò di nuovo il cellulare dal tavolo, fra residui di fiori e trucchi.
Quinn le aveva appena risposto:
Siamo all’altezza dell’Indian Lake Park, ma la strada è completamente bloccata.
Le venne da urlare. Poteva urlare? Gli invitati si sarebbero preoccupati nel sentire un urlo di disperazione poco prima della cerimonia?
«Almeno stavolta ha preso un taxi.» Commentò Santana, porgendosi allo specchio, risistemandosi il rossetto.
«Beh, stando alle news un camion di fieno si è ribaltato non poco lontano da dove si trova Quinn adesso. Se riescono a superarlo ce la potrebbe fare.» Disse Kurt, scorrendo le notizie dal suo cellulare.
Rachel si portò le mani in faccia. «Ma perché? Perché? Perché proprio a me?»
«Possiamo sempre cominciare senza di lei, non è quello che ti ha scritto dieci minuti fa?» Suggerì Santana.
Rachel alzò lo sguardo ma Brittany rispose al suo posto «Ma Rachel non può sposarsi senza Quinn. È la sua damigella d’onore, porta sfortuna!»
Santana alzò un sopracciglio «Anche noi siamo damigelle, Britt.»
«Sì ma Quinn è la damigella d’onore e la migliore amica di Rachel. È doppia sfortuna!»
Santana sospirò «Beh, allora non ci resta che aspettare. Forse riesce ad arrivare con solo mezz’ora di ritardo, basterà dirlo agli invitati.»
Rachel si sedette sulla sedia sospirando profondamente. «Non possiamo. Il ministro ha altre due celebrazioni oggi pomeriggio.»
Santana disse qualcosa in spagnolo, e non sembrò qualcosa di carino, visto il modo in cui si gettò sul divanetto, accanto Brittany.
Rachel alzò gli occhi verso Kurt, implorandolo, come se potesse trovare una soluzione, o inventarsi qualcosa per non rovinare il suo giorno perfetto.
«Cosa?» Chiese lui, infatti, preso in contropiede dal suo broncio. «Rachel, sei tu a dover decidere.»
«Lo so ma-».
Qualcuno bussò alla porta proprio in quel momento.
«Rachel?» Era Finn.
«Ehi, ehi!» Kurt si gettò sulla porta richiudendola prima che potesse spalancarsi del tutto. «Non puoi vederla prima della cerimonia!»
Rachel sentì il sospirò frustrato di Finn e si alzò dalla sedia, avvicinandosi all’ingresso. «Posso almeno parlarle?»
«Sono qui, Finn.» Rispose poggiando la mano sul legno.
«Rachel, mancano cinque minuti, e suppongo che Quinn non sia ancora arrivata.»
Rachel chiuse gli occhi e sospirò «No …».
Finn fece un attimo di silenzio. «Sei sicura che sta bene, vero?»
Rachel annuì, anche se lui non poteva vederla. «Sì, è in un taxi. C’è stato un incidente sulla 117.»
«Beh, che hai intenzione di fare? Lo sai che non possiamo tardare, il ministro mi ha chiesto un secondo fa dove fossi.»
«Non lo so, Finn. Quinn è la mia damigella d’onore e-».
«Non puoi chiedere a Kurt o Santana di prendere il suo posto?»
Rachel sbatté le palpebre, non ci aveva neanche pensato. «Io …» Sospirò «Non possiamo aspettare altri cinque minuti per sapere almeno se-».
«All’altezza in cui si trova ora non ce la farà mai ad essere qui in cinque minuti, Rachel.» Considerò Santana, scrollando le spalle.
«Perché? Dov’è?» Domandò Finn, attutito dalla porta.
«Ehm, era … era all’altezza del cimitero di Salem …». Rispose nervosamente.
Santana e Kurt corrugarono la fronte fissandola straniti.
«Oh … ok, non è molto lontano … chiedo al ministro se può attendere un altro po’.»
«Grazie …» Mormorò mortificata. Sentì i suoi passi allontanarsi e gettò fuori l’aria, chiudendo gli occhi.
«Rachel, non so se ne sei a conoscenza o meno ma cominciare un matrimonio con una bugia non è il migliore modo di sempre.»
«Kurt ha ragione, Berry. Che diavolo t’è passato per la testa? Il cimitero di Salem è a dieci minuti da Lima, mentre il lago si trova a trenta.»
Rachel evitò di rispondere e tornò al tavolo. Prese il telefono e notò la presenza di due nuovi messaggi.
Non riusciamo a muoverci di un metro. Se riuscissimo ad arrivare vicino a Waynesfield potremmo tagliare da lì, ma è un caos.
Rachel sospirò al secondo messaggio.
Mi dispiace così tanto, Rachel.
Rachel sentì le lacrime agli occhi. Tirò su col naso e si sedette, fissando oltre la finestra.
«Cosa dice?» Domandò Kurt, avvicinandosi.
«Non ce la farà mai.» Mormorò arresa e frustrata. Giocò col telefono fra le mani e rilesse i messaggi.
Scorse con il dito a quelli di un’ora prima.
Il volo è stato un disastro. E non per il bambino dietro di me, che aveva scambiato il mio sedile per un pallone, quanto per il mio vicino, che ha russato come un treno per tutto il tempo. Se fossi stata con me l’avresti denunciato per inquinamento acustico :P
Rachel sorrise tristemente.
Sono riuscita a cambiarmi senza distruggere il vestito nella toilette dell’aeroporto. Devo dire che questo giallo canarino attira DECISAMENTE l’attenzione. Me l’hai fatto apposta, dì la verità.
Stavolta una vera ma lieve risata le scappò dalle labbra.
Ok, non chiedermi come ho fatto ma sono riuscita a trovare un tassista disposto a portarmi a Lima, contenta?

Se mi avessi lasciato affittare un auto in questo momento non dovrei subirmi della discutibile musica indiana. Grazie mille, Rachel!

La giornata è meravigliosa, sembra che qualcuno lì sopra sappia che giorno è oggi :)

Intendo che nessuno, nemmeno Dio in persona si permetterebbe di deludere Rachel Berry. LOL

Mi dispiace tantissimo non poter essere lì ad aiutarti col vestito :(

Santana si sta comportando bene, vero? VERO?

Non dirle quando ti chiedo queste cose, mi ha appena mandato un messaggio impronunciabile.

Finito col vestito?

Scommetto che sarai bellissima.
Non vedo l’ora di vederti :)

Continuo a dire che la corona di fiori sulla testa sarebbe stato un tocco di classe, ma se a Finn non piace … pazienza.

Sarà così strano vederti percorrere quella navata, Rach.


Intendo, niente più we sole donne, niente più viaggi last minute, niente più Rachel & Quinn alla Thelma e Louise.

ok, brutto esempio thelma e louise ma hai capito


Sono certa sarai radiosa, e felice. Come hai sempre voluto :)

Abbiamo trovato traffico, spero non sia niente di serio

Rach c’è un problema, da quello che ho capito c’è stato un incidente e-

La voce di Brittany la riportò alla realtà bruscamente.
«Non pensate anche voi che sia strano?» Rachel non fu l’unica a aggrottare la fronte, perplessa. «Sì, insomma … la prima volta è stata Quinn ad avere un incidente, adesso ce ne è stato un altro. Sembra che l’universo voglia dirti qualcosa, Rachel.»
«Sì, di non invitare Quinn ai tuoi matrimoni.» Commentò con una risata Santana.
Rachel la ignorò.
Kurt fece un sorrisetto «La teoria di Brittany non fa una piega, però.» Incitando uno sbuffo da parte di Rachel.
Un altro bussare alla porta li fece sobbalzare.
«Rachel?»
Sorrise quando il viso di suo padre Leroy spuntò dall’anta. «Papà.»
Lui si chiuse la porta alle spalle e si diresse verso di lei «Sei bellissima, amore mio.» Le accarezzò la testa e Rachel chiuse gli occhi. «C’è Finn che sta scalpitando lì fuori, anche tuo padre se per questo.» Rachel distolse lo sguardo. «Finn mi ha detto che Quinn è bloccata nel traffico.»
Rachel annuì «Sì.»
«Ma … sta bene, vero?» Domandò preoccupato.
Rachel sorrise «Sì, papà. Sta bene, è in taxi.»
Lui sembrò tranquillizzarsi «Oh, meglio così.» Si guardò intorno e poi si mise in ginocchio davanti a lei. «E tu? Tu stai bene?» Sussurrò, prendendole la mano.
Rachel deglutì e poi annuì lentamente «Vorrei che Quinn fosse qui.»
Lui sembrò capire senza dire altro e sospirò «Il ministro si lamenta, dice che siamo già in ritardo e che lui non può attendere più di quindici minuti.» Rachel sentì il magone salire e distolse lo sguardo. «Ma farò in modo di avere questi quindici minuti, okay?» Le mormorò con un grande sorriso.
Rachel sorrise e lo abbracciò così grata. «Grazie papà.»
«Qualunque cosa per te, bambina mia.» La lasciò andare e si diresse verso la porta «Vado a calmare un po’ gli animi.» Le fece l’occhiolino prima di uscire e la porta fu di nuovo chiusa.
Prese il telefono e digitò velocemente:
Abbiamo ancora quindici minuti, dove sei?
Si morse il labbro in ansia, ma la risposta arrivò veloce e diretta.
Sono fuori dall’auto, come tutti, stiamo cercando di capire come è messa la situazione. Ma non sembra buona.
Non credo riuscirò ad essere lì in quindici minuti Rachel :(
Rachel sentì di nuovo le lacrime agli occhi, ma proprio mentre stava per digitare l’ennesimo sms Quinn rispose di nuovo.
Cominciate senza di me, arriverò quando posso. Altro non posso fare.
Stava quasi per gettare un urlo.
Perché un momento perfetto, un giorno perfetto, un posto perfetto non significavano niente senza di lei. Forse l’unica cosa che voleva, che avrebbe chiesto, sarebbe stata solo Quinn.
La porta si spalancò con un botto facendola sobbalzare e lanciare un urletto. Finn entrò a passi veloci dirigendosi verso di lei.
«Finn che cosa stai-» Kurt provò a fermarlo ma lui scosse la mano, dicendogli che si era rotto di stupide superstizioni.
«Vuoi davvero aspettare altri quindici minuti?» Domandò fermandosi di fronte a lei, sembrava nervoso.
«Finn …».
«A quest’ora sarebbe già arrivata! Non possiamo rovinare il nostro giorno perché lei non si presenta!»
«Lei è la mia damigella d’onore Finn! La mia migliore amica, cosa avresti fatto se fosse stato Noah a-».
«Avrei chiesto a Mike o a Artie! Dannazione Rachel! Mi sembra di rivivere un incubo!»
«Non sei tu quello la cui damigella d’onore non sarà presente al suo matrimonio!» Si alzò dalla sedia fronteggiandolo.
«Rachel, stai davvero mettendo Quinn di nuovo davanti la nostra felicità? Le stai di nuovo permettendo di rovinare il nostro matrimonio?»
«Ehi! Ti ricordo che la prima volta Quinn ha rischiato di rimanerci secca, montagna ambulante.» Santana si alzò dal divanetto puntandogli il dito contro.
«Ok, ok … credo che la situazione qui si stia scaldando troppo.» Leroy si fece avanti «Cerchiamo di calmarci, tutti quanti. Oggi dovrebbe essere un giorno felice.»
«Dovrebbe.» Disse Finn fissando Rachel. «Dovrebbe, ma no, Quinn non c’è e crolla il mondo! Sempre!»
«Finn …».
«È sempre così.» Continuò lui, esausto «Ma d’ora in poi non sarà più così, Rachel. Perché da oggi io sarò tuo marito, e dovrai trattarmi come la tua priorità!»
Rachel aggrottò la fronte «Tu sei la mia priorità, Finn. È te che sto sposando oggi, è a te che ho detto di sì!» Fece per avvicinarsi e lui scosse la testa.
«Davvero? Perché a me sembra che questo sia il vostro matrimonio, anziché il nostro.»
Rachel lo fissò sconvolta. «Come puoi anche solo pensarlo?»
Lui sospirò e si passò una mano sul volto. «Scusa.» Mormorò, stringendole le spalle. «Sono solo nervoso, quest’attesa mi uccide.» Rachel annuì appena. «È che mi sembra di rivivere un brutto ricordo.»
«Anche a me.» Mormorò Rachel, lievemente.
Lui le sorrise «Ehi.» Rachel alzò gli occhi. «Sei stupenda, sei tutto quello che ho sempre desiderato. Lo sai, vero?» Lei sospirò e annuì. «Non vedo l’ora di condividere la mia vita con te, di poter dire: questa è mia moglie.» Rachel abbozzò un sorriso, incrociando appena gli occhi di Kurt nel frattempo. La scrutava così intensamente. «Ma ti prego, Rachel, non lasciare che tutto vada a monte di nuovo.» Le afferrò le spalle con gentilezza costringendola a guardarlo negli occhi «Lo so che Quinn è importante per te, che è la tua migliore amica. Ma questo è il nostro giorno, e si vive una volta sola.» Rachel sospirò e annuì di nuovo. «Ti amo. E sarò lì ad aspettarti all’altare fra cinque minuti. Ok?»
Rachel strinse le labbra, e poi le morse. Annuì. «Ok …».
Finn sorrise e le baciò la fronte. «Ok.» Sussurrò.
Lo guardò allontanarsi, ed evitò accuratamente gli occhi dei suoi genitori, e quello di chiunque altro fosse nella stanza.
La sua mente era vuota e piena, e vagava a ritmi incessanti.
«Noi andiamo, Rachel.» Disse Brittany, seguendo Santana oltre la porta. Lei annuì automaticamente, e si voltò verso lo specchio. I suoi occhi tornarono a mettere a fuoco.
Il suo vestito, bianco, perfetto come avrebbe dovuto essere il resto di quel giorno. Il velo tenue e le spalle scoperte.
Il collo. Il suo collo. Lo sfiorò con le mani e ricordò così vivamente il momento in cui Quinn, Brittany e Kurt l’avevano accompagnata a scegliere il vestito.
Ricordò che ad ogni prova, i suoi occhi cadevano inesorabilmente su quelli di Quinn, perché la sua approvazione era parte della sua scelta. Non avrebbe mai preso un vestito che Quinn odiasse, neanche fosse stato il suo preferito in assoluto.
Strinse le dita attorno al collo delicatamente e il ricordo arrivò come chiamato.

«Qualcuno può aiutarmi per piacere?» Domandò aprendo appena l’anta del camerino. Non si sorprese quando fu il volto di Quinn a sbucare dalla porta.
«Che succede?»
«Sono rimasta incastrata. Non capisco come infilarlo.» Spiegò imbarazzata, cercando l’uscita da quella matassa bianca.
Quinn rise e sospirò «Sei così imbranata.»
«Io non sono imbranata!»
«Stai davvero discutendo mentre sembri una gigantesca meringa con un paio di gambe?»
Rachel sbuffò, mentre seguiva le mani di Quinn, che delicatamente tiravano il tessuto attorno la sua testa.
«Credo che ti scaricherò e chiederò a Santana di farmi da damigella d’onore.» Borbottò, piccata.
In quel momento Quinn riuscì a tirare giù il vestito, e a farla respirare. Rachel sentiva i capelli un tumulto scombinato.
Il sopracciglio infame di Quinn la fissava inarcato e saccente. «Santana.
Davvero?» Commentò sarcastica. Rachel mise il broncio mentre lei l’aiutava a girarsi e le sollevava la zip sulle spalle, sistemando i vari veli intorno. Una volta fatto, Rachel si guardò allo specchio.
«Che ne dici?»
Quinn osservò la sua immagine riflessa oltre la sua spalla e fece una smorfia. «Mh.» Mugugnò.
Rachel alzò gli occhi al cielo. «Quinn, dovrai darmi più di un “mh” se vuoi aiutarmi in questa cosa.»
Quinn sospirò «Ok, d’accordo.» Rachel sentì le sue mani accarezzarle i capelli, e raccogliergli ordinatamente in una piccola crocchia improvvisata, tenuta su dalla sua mano destra.
«Allora?» Mormorò fissandola dallo specchio, sentiva i suoi occhi scrutare le sue spalle e i dettagli della gonna.
«Non mi piace.»
Rachel si morse il labbro «Perché?»
«Non risalta le tue spalle, né il tuo collo.» Rachel aggrottò le sopracciglia e si voltò, perplessa. Quinn fece spallucce «Hai un collo stupendo, Rachel, e delle bellissime, bellissime spalle. Secondo me dovresti risaltarle.» Sorrise «Se farai così, nessuno riuscirà a toglierti gli occhi di dosso.»
Rachel tornò a guardare lo specchio. «Ma anche questo è scollato.»
Quinn annuì «Lo è, ma qui …» Tirò appena la piccola spallina spessa e decorata di raso «Qui copre una delle parti più belle.» Quinn tirò giù la spallina e Rachel sussultò quando sentì la sua mano accarezzarle la clavicola. «Secondo me devi metterle in risalto.» Le sue dita le sfiorarono collo, appena. «In fondo vi sposate a giugno, credimi, me ne sarai grata quando il sole picchierà sulla tua testa a mezzogiorno.» Scherzò, con un sorriso.
Rachel sorrise a sua volta «Ok, come desidera.» Quinn rise. Rachel allungò le braccia per afferrare la zip sulla schiena, e Quinn l’aiutò a tirarla giù, lasciando andare i suoi capelli. «Allora andiamo, cerchiamone uno che esalti la mia innata bellezza.» Alzò il mento, e Quinn scosse la testa.
Ma con un sorriso.

«Rachel?»
Rachel tornò alla realtà, per l’ennesima volta quella mattina.
Kurt la stava scrutando, nel suo impeccabile vestito grigio. Era stupendo, un vero damerino, Rachel sorrise appena a quel pensiero. «Posso parlarti?» Le domandò, serio come mai l’aveva visto.
Rachel si guardò intorno, non era rimasto nessun’altro nella camera, ma la porta era ancora aperta.
Lei annuì «Certo …».
Kurt si voltò andando a chiudere l’anta e tornò da lei, incrociando le braccia. Il silenzio le sembrò fittissimo «Ti rendi conto che sta succedendo di nuovo?»
Rachel sbatté le palpebre «I-intendi-».
«Quinn.» Finì per lei, avvicinandosi di un paio di passi. «Sta accadendo esattamente quello che era successo dieci anni fa. Meno una tragedia, è ovvio. E meno male.» Rachel lo fissò stranita e incerta, non capendo dove volesse andare a parare. Kurt infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e schioccò le labbra. «Sei proprio sicura di quello che stai facendo?»
Rachel aggrottò la fronte «Che intendi?» Uscì come un sibilo, appena udibile.
Gli occhi chiari di Kurt perforarono i suoi «Sei proprio sicura che tutto questo, sia quello che realmente vuoi? Perché dal modo in cui hai reagito alle ultime dichiarazioni di Finn, mi sembrava tutt’altro.»
Rachel sospirò, stanca «Certo, Kurt. È solo che non è lo stesso senza Quinn.»
«Lo so, tesoro, ma il fato è un vero stronzo e non possiamo farci niente.»
Rachel sospirò di nuovo. Avrebbe tanto voluto passare una mano sugli occhi, se solo non avesse avuto tutto quel trucco indosso. «Non è giusto.» Mormorò. «Oggi era tutto perfetto. I fiori, il tempo, il mio vestito. Tutti voi.» Deglutì «Ma è come se niente lo fosse se manca l’unica persona che rende tutto perfetto.»
Kurt inarcò un sopracciglio e fece un altro passo avanti. «Quinn è la persona che rende tutto perfetto?»
Rachel tirò su col naso e annuì, triste. «Sì. Per me era così importante che lei fosse lì con me, su quell’altare, era così importante che fosse una delle prime persone a vedermi prima di camminare per la navata. Era così importante saperla al mio fianco quando avrei pronunciato il mio “sì”.»
«Perché?»
Rachel sbuffò, quasi infastidita che Kurt non capisse. «Quinn è … in questi anni, fin dal college, Quinn è diventata una parte essenziale delle mie giornate. E immaginarmi una vita senza di lei … mi terrorizza.»
«Perché dici questo?» Chiese lui, confuso.
Rachel sospirò. «L’hai sentito Finn. Dopo quello che mi ha detto ho ancora più paura che dopo questo matrimonio le cose cambieranno così tanto, che di quello che ero prima, di quello che eravamo prima sparirà tutto.»
«Intendi tu e Finn?»
Rachel posò leggermente un mano sugli occhi e scosse la testa «No. Quinn e io.» Tolse la mano dal viso e vide Kurt continuare a osservarla. «Perché mi guardi così?» Mormorò, a disagio.
«Ti ricordi cosa è successo dieci anni fa, al municipio?»
Rachel sbuffò una risata amara «E come dimenticarlo.»
«Io avevo cercato di dissuaderti, in qualunque modo conoscessi. E francamente ero venuto solo perché ti volevo bene, perché avrei volentieri preferito stare a casa a guardare l’ultima puntata di SOS-Tata, che vederti sprecare la tua vita così.» Rachel abbassò lo sguardo. «Perciò, forse, il fatto che non mi importasse granché di quello che stava succedendo mi ha permesso di vedere la realtà.»
«Che intendi?»
«Che l’unica cosa di cui ti importava era Quinn.»
«Puoi biasimarmi?» Chiese.
Kurt scosse la testa «No, certo che no. Lo vedevano anche i ciechi che essere amica di Quinn Fabray era il desidero proibito di Rachel Berry fino dal primo liceo.» Rachel trovò la forza di ridere lievemente. «Però era strano.» Kurt si avvicinò ancora «Rachel, ci hai rotto le scatole non quel matrimonio, e con quanto vi amaste tu e Finn. Per non parlare di tutti quelle canzoni stramielose che- ok, d’accordo non è questo il punto.» Si corresse, riprendendosi. «Quello che sto cercando di dirti è che-».
La porta si aprì di scatto, e per la terza volta sobbalzarono. Hiram fece capolino «Rachel! Andiamo!»
Rachel incrociò lo sguardo di Kurt ma prima che potesse muoversi lui le afferrò le braccia, parlando più in fretta «Quello che sto cercando di dirti, Rachel, è che avevi Finn, lì, per te, pronto a diventare tuo marito. Una cosa che avevi sognato tantissime volte e che sembrava essere il tuo sogno più grande dopo Broadway e … ed eri pronta a mandare tutto all’aria per Quinn.»
«Rachel!» Suo padre la chiamò ancora in un sussurro concitato, e il viso di Rachel saettò dalla porta agli occhi di Kurt.
«Finn era lì, e tu l’hai ignorato più e più volte per Quinn. Perché l’unica cosa di cui ti importava era lei, in quel momento.»
«Kurt io … non ti seguo.»
Lui sospirò «Se Finn è davvero l’amore della tua vita, come mai, per la seconda volta, sei qui a rovinare tutto, per Quinn
Rachel lasciò una risatina nervosa «Quello che dici non ha senso.»
Lui la lasciò andare «Ok, d’accordo. Magari non è come la penso, ma di sicuro qualcosa c’è, Rachel. Qualcosa non va. Perché se Finn non è la tua priorità adesso, oggi, il giorno del vostro matrimonio, per la seconda volta … forse dovresti farti qualche domanda.»
Kurt si allontanò lanciandole un ultimo sguardo e uscì dalla stanza. Suo padre le si avvicinò.
«Rachel, stanno aspettando tutti te.»
Rachel fissò un punto vuoto.
La sua immagine riflessa nello specchio, i trucchi sul tavolo ancora sparpagliati insieme ai petali di fiori. Il bouquet, in attesa solo della sua mano.
Il sole oltre le finestre, e quel chiacchiericcio contenuto che ora, a porta aperta, riusciva a sentire ancora una volta.
Fu come premere un tasto.
Le sembrò che la stanza cominciasse a girare. E che il vestito fosse improvvisamente troppo stretto.
Poggiò la mano al tavolo e prese un profondo respiro, ma uscì solo strozzato, inutile. Come strizzare una spugna asciutta.
Percepì le mani di suo padre attorno i polsi. «Rachel, amore mio, stai bene?»
Rachel incrociò i suoi occhi oltre le lenti, e deglutì.

Quinn corse fra la ghiaia mentre le ruote del taxi sfrigolavano sopra i sassi e ripartivano dietro di lei.
Rischiò di storcersi una caviglia almeno tre volte, tacchi alti e pavimento accidentato non andavano molto d’accordo. Non si preoccupò della valigia, la lasciò lì, ad attendere vicino il cancello.
Era in ritardo, era terribile, ma almeno non avrebbe perso l’intera cerimonia. Forse.
Si odiava. Odiava se stessa e odiava il suo lavoro.
Odiava il suo caporedattore per non averle permesso di saltare la conferenza con i giapponesi, e odiava ancora di più non aver avuto le palle di mandarlo a quel paese.
Era il matrimonio di Rachel, dannazione. Era il giorno che aveva aspettato da dieci anni, e aveva chiesto a lei di farle da damigella d’onore.
E per quanto Quinn si fosse ripromessa che tutto fosse perfetto, l’aveva delusa nell’unica cosa che doveva fare per certo. Partecipare alla cerimonia.
Ma era ancora in tempo per il sì, forse.
Forse era ancora in tempo per torturare il suo cuore nel vedere Rachel concedersi completamente a Finn, stavolta per davvero.
«Dove diavolo …?» Sibilò, col fiatone, quando non vide nessuna entrata.
Aveva sbagliato lato del convento. Fantastico.
Eppure era certa che fosse da quel- ah, lasciamo perdere.
Trovò finalmente il cemento sotto i piedi, e tolse i tacchi, saltellando. Corse a piedi scalzi fino a che non intravide finalmente l’ingresso, decorato con l’arco di fiori che aveva ordinato mesi prima.
Sospirò grata alla frescura che trovò all’interno, in netto contrasto con il forno in cui aveva dovuto sedere per l’ora precedente, e al calore del sole che picchiava maligno.
Indossò velocemente le scarpe, e percorse il corridoio. Almeno questa strada la ricordava bene.
Il portone era aperto, e per un attimo ebbe il terrore che tutto fosse già finito, ma Rachel o qualcuno le avrebbe scritto di certo, dicendole di dirigersi direttamente al ricevimento. No?
Dovette afferrare la maniglia della porta per fermarsi, di corsa come si era lanciata, e sperò per un attimo di essere ancora presentabile.
Si portò un ciuffo scappato all’acconciatura dietro l’orecchio, e quando finalmente, certa di essere almeno decente, si decise a sorpassare l’anta del portone, si rese conto di quanto silenzio vi fosse.
Quello che trovò la lasciò a bocca aperta.
L’enorme sala era vuota, completamente. Tranne per una massa, bianca e piccola, ai piedi dei gradini dell’altare.
Quinn aggrottò la fronte, sconvolta «Rachel?»
La sua voce rimbombò per i marmi intorno, echeggiò più e più volte e da quella palla di velo bianco una testa avvolta in un’acconciatura scura, si alzò.
Anche da quella distanza, riuscì a vedere i solchi neri del trucco, sbavati dal pianto.
«Rachel!» Corse per la navata, ogni tacco a rimbombare intorno come la sua voce. Una sottolineatura del silenzio e di quel vuoto davvero non necessaria.
Cadde, letteralmente, accanto a lei sui gradini e la prima cosa che si aspettò fu un abbraccio, stretto, disperato. Come tante e tante volte era successo ogni volta che lei e Finn avevano litigato.
Ma non accadde.
Fu strano, le mancò qualcosa, ma si compose e le strinse una mano. «Rachel … ti prego dimmi che non è successo quello che penso.»
Rachel tirò su col naso, e passò la mano libera sulle guance tentando di ripulirsi, ma servì solo a peggiorare la situazione «E che cosa pensi?»
Quinn sbatté le palpebre. «Finn … se l’è data a gambe?»
Rachel lasciò una risata amara e scosse la testa «No. Sarebbe stato tutto più semplice …» Tirò di nuovo su col naso e tentò di asciugarlo con il polso, disgustata dalla sua stessa azione.
Quinn prese un fazzoletto dalla borsa e glielo porse «Grazie …» Mormorò Rachel, e poi si soffiò il naso, rumorosamente.
Se non fosse stata una situazione assurda, Quinn probabilmente avrebbe riso.
«Rachel … sono confusa. Cos’è successo? Dove sono tutti?»
Rachel deglutì pesantemente. «A casa.» Quinn spalancò gli occhi. Le iridi così scure e lucide di Rachel incontrarono le sue. «Ho annullato il matrimonio.» Gli occhi di Quinn, se possibile, divennero ancora più grandi. «E ho lasciato Finn.» Le sue palpebre cominciarono a fare male, a quel punto.
«Cosa?» Non lo urlò, alzò appena la voce, ma servì a farlo risuonare per la sala e i corridoi esterni. «Rachel … cosa? Perché?»
Rachel si asciugò di nuovo il naso e poi evitò di guardarla negli occhi. «A quanto pare non era quello che volevo.» Deglutì «Non era una mia priorità
Quinn si sentì come se fosse entrata in una dimensione parallela. Era quasi certa che un mostro a sei teste sarebbe sbucato dalla porta pronta a divorarle. «Rachel, ma che significa? Avevi detto di sì a Finn dieci anni fa! Era più di un anno che programmavamo questo giorno!»
Rachel annuì con un sorrisetto amaro. «Già. Divertente, non è vero?»
La donna con cui stava parlando non era Rachel, non poteva esserlo. «Non è tutto uno strano scherzo, vero? Una punizione per essere arrivata in ritardo.» Rachel la guardò confusa «Non è che adesso Santana esce fuori dal retro e mi fa qualche scherzetto, mentre in realtà sono tutti al ricevimento?»
Rachel tirò di nuovo su col naso «Vorresti che fosse così?»
Quinn ci pensò, davvero. Sebbene non avesse bisogno di rimuginarci poi tanto.
No. Non voleva che fosse così, non voleva tornare in un mondo dove Rachel e Finn erano sposati, e dove lei stava per essere messa completamente da parte.
Non rispose. Perché non era giusto. E vederla così sofferente le spezzava comunque il cuore.
«Mi dispiace non essere stata qui con te quando avevi bisogno di me.» Mormorò avvicinandosi e avvolgendole le spalle con un braccio.
Le baciò la tempia e inspirò il profumo così intenso e familiare.
Rachel non disse nulla, e Quinn si preoccupò che non fosse un silenzio benevolo. Si allontanò appena e scrutò il suo volto segnato dalle lacrime e dal trucco, quegli occhi evitavano i suoi.
«Sei arrabbiata con me, non è vero?»
Rachel lo guardò finalmente, e si strinse nelle spalle. «Non lo so.»
«Mi dispiace così tanto, Rachel.» Mormorò, con un groppo in gola.
«Non so se sono arrabbiata con te, Quinn. O se ti sono grata. E non so neanche se dovrei dirti quello che sto per dirti.» Quinn aggrottò la fronte e si allontanò, preoccupata. «È proprio perché tu non c’eri che ho annullato il matrimonio.» La voce roca e stanca di Rachel le arrivò alle orecchie, mentre quel viso estenuato era rivolto a lei, sincero e fragile come non ricordava da anni.
Quinn non seppe cosa dire. «Cosa … cosa intendi? Perché avresti annullato le nozze perché io non c’ero?»
«Me lo chiedo anche io.»
Quinn si sentì cadere in una botola, confusa e senza qualcosa da afferrare per trovare il senso di tutto quello che stava accadendo. «Che- che significa? Non lo sai neanche tu?»
«Non lo so. Non so se lo so, e non so se non lo so.» Sospirò, continuando a osservarla «È tutto così confuso.»
«Rachel io … non avrei mai pensato che … se avessi saputo che arrivare in ritardo avrebbe potuto scatenare un-».
«Non è colpa tua.»
Quinn non riusciva davvero a seguire il discorso «E allora …» Chiuse gli occhi e sospirò «Non capisco davvero, Rachel.»
Rachel prese un profondo respiro e finalmente ricambiò la stretta che Quinn aveva dato tutto quel tempo alla sua mano. Fu come ricominciare a respirare. Un solo tocco di Rachel, e la vita era ritrovata.
«È stato Kurt a parlarmi. A dirmi certe cose, a chiedermi di pensare alle mie priorità. E sai … aveva ragione.» Deglutì. «Come fai a sposare qualcuno, se non è la tua prima priorità?» Tirò su col naso e si voltò verso Quinn «Se tutto quello a cui riesci a pensare è la tua migliore amica, assente. Se è il tuo pensiero persino quando il tuo fidanzato, il tuo futuro marito, l’uomo con cui hai deciso di passare il resto dei tuoi giorni, si confida a te, esprimendo tutto il suo amore.» Strinse la sua mano «E l’unica cosa che riesci a pensare è “dove sarà Quinn? Riuscirà ad arrivare in tempo? Non posso farlo senza di lei.”»
Quinn sentì il petto stringere forte, e poi quasi esplodere. «Non riesco a capire, Rachel.» Sussurrò.
Gli occhi d Rachel tornarono lucidi, e la sua voce piccola e strozzata «Neanche io, Quinn.» Tirò su col naso. «Ma tutto questo deve avere un senso. Deve averlo. O altrimenti io non so più cosa pensare.» Quinn sussultò quando Rachel poggiò la fronte sulla spalla, piangendo e stringendo la sua mano con forza.
Tremava e singhiozzava. E tutto quello che Quinn poté fare fu accarezzarle la testa, e delicatamente slacciarle il velo e posarlo sul pavimento.
Le baciò la fronte. «Andrà tutto bene, Rachel.»
«Perché non riesco a fare a meno di crederti? Dovrei urlare, dovrei dirti che non è vero, che non andrà niente bene. Ma sono qui con te e non riesco a fare a meno di crederti.»
Quinn percepì il cuore battere furiosamente nel petto, e sperò tanto che Rachel non lo sentisse.
O forse no.
«Per il mio charme naturale?» Scherzò, tentando di alleggerire la tensione.
Rachel rise appena ma le strinse la mano e la rimproverò subito dopo «Smettila di fare la scema.» Singhiozzò. «Ero in quella stanza, in attesa di sposarmi e il mondo mi è caduto addosso quando ho capito che non avresti potuto essere qui in tempo.»
«Mi dispiace.»
Ma Rachel non sembrò ascoltarla. «Avrei dovuto essere distratta, arrabbiata, infastidita. Ma avrei dovuto essere in grado di percorrere quella navata, anche senza di te.» Scosse la testa sul collo di Quinn «Invece non credevo di farcela, non potevo farlo se tu non eri con me.» Quinn si sentì come se un piccolo gremlin che con i dentini affilati, lentamente divorasse parti vitali del suo corpo. Era quella la sensazione. Il senso di colpa. «Ed è tutto così assurdo. È tutto così strano. Perché quando ti ho sentito chiamarmi poco fa, quando sei entrata da quella porta, mi sono sentita così felice, Quinn.» Il suo tono era quasi disperato, e le sue unghie ormai stringevano sul palmo di Quinn, lasciando solchi rossi. «Ero così felice di vederti. E non dovrei sentirmi così. Non con te.  O forse avrei dovuto provare lo stesso con Finn oggi, ma non è stato così. Perché ogni volta che sentivo la sua voce, o vedevo il suo viso mi ricordava che non c’era più tempo per te. Non c’era più tempo per aspettarti. E io non volevo fare nient’altro se non aspettarti, Quinn.»
Non c’era modo che il cuore di Quinn rallentasse ormai. La sua vista era sfocata, fissa in un punto vuoto in qualche panca delle prime file. Tutto ciò che era, erano parole di Rachel, e il suo calore addosso. Non c’era nient’altro.
«Dovrei essere disperata dall’aver capito che non amo Finn. Non come credevo.» Rachel singhiozzò e Quinn la strinse più forte. «Invece tutto quello che riesco a pensare è a te e al fatto che non voglio che mi lasci andare, e a cosa diavolo significa tutto questo.»
Quinn deglutì e chiuse gli occhi.
«Che cosa significa, Quinn?»
Non voleva rispondere. Rispondere significava sporgersi, rischiare di cadere da un ponte troppo alto per sopravvivere. Non voleva rispondere, non con quello che la sua mente stava premendo di dire.
«Quinn?» Rachel pianse quasi il suo nome, implorandole di dire qualcosa. Si allontanò appena, ma la sua testa rimase sempre poggiata alla spalla nuda di Quinn.
Quinn si voltò aprendo gli occhi, e quel volto intenso, a ricordarle che non poteva mentire, le fece stringere la gola.
Deglutì di nuovo. Le mancava l’aria.
«Io non so cosa significa per te, Rachel …» Deglutì ancora. «Ma so cosa significa per me
Rachel continuò a guardarla, in attesa di una parola, un gesto. Qualcosa.
Come un uomo chiede a Dio un segno, in quel momento Quinn sentiva tutto il peso delle sue aspettative. L’essere la risposta che cercava, un indizio per trovare la propria.
Quinn non sapeva se poteva sostenere tale pressione.
«Rachel …» La sua voce non era la sua. Era secca, piccola, soffocata. E i suoi occhi faticavano a stare aperti. «Hai mai desiderato qualcosa così ardentemente, da non riuscire neanche a respirare?» Tremò.
Sapeva che Rachel capiva, lei, la donna più passionale che avesse mai conosciuto. Ma in quel momento sembrò come una bambina, quello sguardo perso, arrovellarsi per una risposta.
Ma non c’era nessuna risposta.
Quinn si chinò, e la strinse a sé avvicinandola quanto poteva a quel momento che aveva aspettato da tutta una vita.
Assaporare l’acqua dopo giorni di stento, così si sentiva. Graziata.
Rachel sussultò e strinse la sua mano, ma le sue spalle si rasserenarono e le sue dita smisero di pungere il palmo di Quinn così presto.
Non c’era niente se non un contatto. Nient’altro. Un bacio. Come il più piccolo degli esseri umani può conoscerlo.
Solo un contatto.
Finì in un sospiro e Quinn si prese un attimo prima di aprire gli occhi e affrontare la realtà, come crudele era sempre stata.
Ma quando lo fece, trovò palpebre ancora chiuse, e un bocca socchiusa respirare lentamente.
Quegli occhi scuri furono di nuovo al mondo e la lacerarono, forse di sorpresa nel trovarli ancora una volta lì per lei.
«Non ha senso.» Sussurrò Rachel.
E Quinn si sentì cadere, di nuovo. «Lo so. Non c’è niente che ne abbia.» Deglutì. «L’unica cosa che so è che non riesco a respirare quando ti sto accanto.» Scivolò dalla sua lingua come acqua, un respiro naturale.
Le sopracciglia di Rachel si aggrottarono appena, confuse, forse dispiaciute «Mi dispiace …».
Quinn rise lievemente «No. È strano Rachel … perché per quanto faccia male è la sensazione più bella che abbia mai provato nella mia vita.»
Era ancora poggiata alla sua spalla, ma i suoi singhiozzi e il suo respiro si erano calmati. Tenui e pacati. «Perché fa male?»
Una lacrima cadde, e si odiò per questo. «L’amore fa male.» Deglutì. «Non ti ricordi? Me l’hai detto tu qualche anno fa …».
Gli occhi di Rachel guizzavano fra i suoi, in una sorta di estasi e fascino. Quinn chiuse gli occhi, in un sospiro tremulo quando la sua mano le lasciò il palmo e si posò sulla sua guancia ormai umida.
Calda e morbida. Rassicurante.
«Io non voglio che ti faccia male.»
Non aprì gli occhi, perché non poté. Perché quelle labbra erano di nuovo sulle sue lente ma non più semplici.
Rachel spinse appena e Quinn cedette.
Pochi piccoli baci e la sua bocca si schiuse. Il suoi sospiro mozzato echeggiò intorno, in quell’enorme spazio che le stava accogliendo come due piccoli fiori isolati, in un grande prato verde.
Era così che si sentiva, spaesata come un piccolo fiore nel nulla, che aveva come unico appoggio l’altro, unico punto di riferimento nella sua vita.
Rachel sospirò a sua volta fra le sue labbra e Quinn pianse.
«Fa male?» Domandò Rachel, accarezzandole, graffiandole, stringendole la nuca.
Quinn scosse la testa «No … non fa più male. Non fa più male.» Rachel ingoiò il suono strozzato di pianto, di gioia, e lo sostituì con un bacio più lento, ma più profondo.
Quinn sentì i brividi attraversarle il corpo e, se non si sbagliava, forse continuare persino sulla pelle di Rachel.
«Sono così felice che tu non sia arrivata in tempo, oggi.» Sorrise Rachel sulla sua bocca, e Quinn si accorse che anche lei stava piangendo.
«Perché piangi?» Domandò, incapace di allontanarsi per più di pochi millimetri, quel calore sul suo viso era tutto ciò di cui aveva bisogno. Poteva respirare con l’aria dei suoi polmoni, e vivere dei suoi occhi aperti sui suoi.
Rachel sorrise e tirò su col naso. «Perché adesso non mi lascerai più andare. Vero?»
Quinn si sentì strana a quella risposta. Fragile e potente allo stesso tempo.
Strana.
Chiuse gli occhi e poggiò la fronte su quella di Rachel. «Non credo di averti mai lasciato andare, Rachel.»
Fecero silenzio. La mano di Rachel sul suo viso, i loro respiri in sincrono, petto contro petto, così strette l’una all’altra. E continuarono a guardarsi negli occhi.
Rachel poggiò la fronte sulla sua e sospirò.
Quinn spalancò gli occhi quando sentì un piccolo ruggito rompere la loro quiete. Rachel arrossì e nascose il viso nel suo collo. «Era il tuo stomaco quello?» Domandò Quinn, ridendo.
«Non ho mangiato niente stamattina, non ridere.» Borbottò sulla sua spalla, e Quinn sospirò.
«E perché non hai mangiato niente?»
Rachel ricomparve alla sua vista «Era il mio matrimonio Quinn, nessuna sposa fa colazione, né pranzo, né cena, il giorno del suo matrimonio.»
Quinn inarcò un sopracciglio «L’hai presa piuttosto bene, devo dire.»
Rachel sorrise e inarcò un sopracciglio, mimandola «Non te l’avevo detto? Se mi dici che tutto andrà bene, io non posso fare a meno di crederti.»
Quinn sospirò e posò la punta del naso sulla sua «Va già tutto bene.»
Rachel sorrise, e le sembrò il sorriso più bello dell’universo. Saltellò appena. «Adesso portami a pranzo.»
Quinn sbatté le palpebre. «Conciata così?» La indicò, i veli e le decorazioni scomposte e disordinate.
«Ho voglia di patatine fritte, e un panino al tofu e peperoni saltati.»
Quinn spalancò gli occhi. «Non c’è nessun ristorante a Lima che abbia il tofu, lo sai.»
Rachel ammiccò. «Questo significa che dovrai cucinare per me.»
Quinn ci mise un secondo ad assimilare la richiesta. Sbatté le palpebre un paio di volte e poi sorrise «Mi stai chiedendo di corteggiarti, Rachel?»
Rachel allungò le braccia sulle sue spalle, circondandola, e le dette un bacio sulle labbra. «Tu non hai bisogno di corteggiarmi, Quinn.»
Quinn non riuscì ad evitare il sorrisetto sornione che le increspò il viso. Sospirò e mormorò. «Fallo di nuovo.»
Si stupì, ma neanche così tanto, quando Rachel comprese subito a cosa si riferisse, e le lasciasse di nuovo un bacio sulle labbra, indugiando qualche secondo in più.
Quinn sospirò profondamente, in pace. Gli occhi di Rachel sorridevano ed erano come pieni di qualcosa di nuovo e strano.
«Ci toccherà chiamare un taxi.» Sussurrò.
«Qualunque cosa. Basta che mi porti a casa, Quinn.»
Quinn annuì e la baciò di nuovo. Fece per alzarsi ma si fermò quando un’idea la colse improvvisamente. Si morse le labbra, e si tolse le scarpe.
Rachel la fissò stranita quando gliele porse, insieme la borsetta, chiedendole «Me le terresti per favore?»
Sebbene confusa, seppur forse un po’ curiosa di vedere cosa sarebbe accaduto, Rachel fece come le aveva chiesto. Quinn sorrise e le infilò una mano sotto la gonna in cerca delle sue gambe. Rachel sobbalzò quando le trovò, afferrandola sotto le ginocchia e per la vita, sollevandola.
«Quinn!» Esclamò, e sentire il suo nome rimbombare fra le pareti vuote fu un toccasana. Rachel si aggrappò alle sue spalle, lasciando le scarpe e la borsa sul ventre.
Quinn rise e la trasportò in braccio per tutta la navata. «Scusa, era una cosa che volevo fare da una vita.»
Rachel la guardò perplessa «Portarmi in braccio lungo la navata di un matrimonio fallito?»
Quinn si strinse nelle spalle «Non era proprio il genere di scenario che avevo immaginato, ma può andare bene.»
Rachel inarcò un sopracciglio, curiosa. La sua voce cadde di un tono. «E che genere di scenario avevi immaginato?»
Quinn si schiarì la gola. «Forse è un po’ presto per parlare di questo.»
Rachel le sorrise, probabilmente avendo inteso molto più di quanto volesse dare a vedere. E la baciò.

Non ci potresti mai credere neanche se venisse narrato come le leggende di eroi mitici e dei.
Questo pensava Quinn quel giorno, dalla mattina, appena sveglia. Semmai, chi aveva mai chiuso occhio?
Non ci si poteva credere.
Era una vecchia stazione.
Una vecchia stazione.
E stava proprio lì, a Norwalk. Quasi a metà strada fra New York e New Haven.
Così mielosamente romantico, aveva detto Santana, persino Kurt.
Non le si poteva dare torto del resto.
Ma era una stazione.
Una stazione.

Era una stazione.
Sembrava che qualcuno l’avesse costruita apposta per loro. E poi resa così affascinante. Le vecchie vetrate antiche, il tetto chiaro, i pali in metallo, e quell’eco così aggraziato che sapeva di tutte le vite che erano passate da lì, secoli prima.
Ma una stazione, per loro era come il corpo umano per l’artista, come il suono per il musicista.
Era tutto.
Rappresentava i primi anni, le fondamenta sui cui avevano costruito insieme quella cosa strana, che ancora facevano fatica a capire. Non solo loro, ma tutti.
Ma funzionava. Aveva funzionato per tutti quegli anni, e funzionò ancora meglio da quel ventisei giugno di due anni prima. Quando Rachel si lasciò dietro qualcosa che non aveva mai voluto.
Tempo di scegliere le priorità.
E la sua priorità assoluta stava lì, adesso. A forse dieci metri da lei, e la guardava come se fosse la cosa più bella del mondo.
Come faceva sempre e aveva sempre fatto.
E Rachel non poteva non ricambiare, perché Quinn era davvero la cosa più bella che le fosse mai capitata.
Dei centocinquanta invitati, ne erano rimasti solo venti. I migliori, diceva Quinn.
Suo padre Hiram tirò su col naso e le dette un bacio sulla guancia, gli occhi lucidi. E lo stesso fece Leroy.
Rachel sporse le braccia per entrambi, ma loro scossero la testa. Leroy sorrise e le indicò l’altare.
«Dai, vai. Sappiamo che vuoi farlo.»
Rachel sentì il sorriso quasi crescerle dal petto, li baciò entrambi, e sollevò la gonna corta e decisamente meno vistosa del suo prim- beh, del suo secondo vestito, e corse per la navata più veloce che poté. Quinn spalancò gli occhi, ma la prese fra le braccia, fra le poche risate di quei venti, i migliori.
«Ah!» Le ammonì il ministro, quando Rachel si sporse per baciarla. «Io non ho ancora dato il permesso.» Sorrise.
Rachel si scambiò uno sguardo con Quinn, e seppe che, sotto quel sorrisetto, stava pensando la stessa cosa.
Non l’avevano detto a nessuno. Gli unici a saperlo erano Santana e Kurt.
Quella notte era stata così strana. Come avvolta da un alone bizzarro, come il resto della loro relazione.
Ricordava vivamente ogni attimo, ogni sensazione. Ma soprattutto quella forza che le aveva impedito di stare lontana da Quinn, e apparentemente viceversa, per l’intera notte.
Il ministro iniziò a ripetere la sua celebrazione, ma gli occhi di Rachel non lasciarono mai quelli di Quinn. Sentì le sue mani stringerle i palmi e sorrise, sapendo adesso con certezza che ogni suo ricordo stava girando, come un film, anche nella testa di Quinn.
Rachel non avrebbe mai potuto mai descrivere le notti passate con Quinn. Il calore, i profumi e i sudori.
I suoi baci. Ebbe un brivido per tutta la schiena al ricordo. Il sopracciglio di Quinn si mosse appena. L’aveva notato e stava sorridendo.
Rachel scostò gli occhi per un attimo, sentendosi arrossire.
Forse non era proprio consono in quel momento.
Ma era inevitabile.
Perché come si era detto, quella notte era stata forse la più strana. Forse più della loro prima, in cui era assurdo sentirsi come se quel corpo l’avesse sempre conosciuto, e l’avesse sempre posseduta.
“Ti amo” mimò con le labbra Quinn mentre il ministro continuava, così distante sebbene così vicino.
Rachel sorrise, un lento sorriso caldo e dritto dal cuore.
Ricordava la sensazione della pelle di Quinn sulle labbra. E l’orgoglio nel contare ogni singolo segno scuro che era riuscita a lasciare.
Si morse le labbra e il sorriso di Quinn si fece più largo. Dio, sapeva tutto quello che le stava passando per la mente in quel momento.
E quegli occhi promettevano così tanto, e chiedevano solo di attendere poche altre ore, prima della notte prossima.
Era stato tutto così fremente, caotico e dannatamente intenso. Non esistevano più lenzuola né cuscini, e quando si era svegliata la mattina dopo, aveva trovato il mare bianco e a pois tutt’intorno, sul pavimento.
Aveva sorriso, e poi era tornata a dormire sul petto nudo di Quinn. Che la stringeva così forte.
Perché gliel’aveva promesso, non l’avrebbe mai più lasciata andare.
E non l’aveva mai fatto.
Perciò era stato caotico, ma così chiaro. Quella strana notte di quello strano giorno.
Ed era successo stranamente, ovviamente. Si erano guardate negli occhi e avevano capito quello strano sentimento che aveva stranamente spinto nei loro cuori per tutti quegli strani anni passati.
La strana voglia di non lasciarsi mai andare. Passare la vita per sempre insieme.
Rachel dovette trattenere una risata al ricordo di come né Kurt, né Santana erano stati molto contenti di essere svegliati alle otto di un lunedì mattina, di un’estate calda e in piena vacanza.
Ricordava la nota esatta che aveva preso la voce di Santana quando avevano suonato al suo citofono. Ma l’avevano fatto, perché erano una famiglia.
Presentarsi al municipio alle otto e trenta. Guardarsi negli occhi e recitare promesse scritte su un tovagliolo in pochi minuti.
Era stato tutto così perfetto.
E nessuno lo sapeva, che da quella mattina di un anno prima lei e Quinn si appartenevano più di quanto già non fosse.
Rachel perciò, non aveva bisogno di ascoltare nulla di ciò che il ministro stava predicando. Le bastava solo pronunciare un «Sì, lo voglio.»
E ricevere un «Sì, lo voglio.» In risposta per la seconda volta nella sua vita.
«Adesso puoi- mh, sì … baciare la sposa.» Sospirò il ministro, quando Rachel saltò addosso Quinn, prima ancora che potesse finire.
«Ti amo, Quinn.» Si morse il labbro strofinando il naso col suo, facendola ridere. «E adesso mi porti in braccio.»
Gli occhi di Quinn brillarono, e non se lo fece ripetere due volte. Tolse velocemente i tacchi e l’afferrò per le gambe, sollevandola, proprio come quel ventisei giugno di due anni prima, e tante e tante altre volte ancora.
«Ci sono dei bambini qui, datevi un contegno!» Urlò Santana.
Rachel si allontanò dalle labbra di Quinn, e osservò Santana coprire gli occhi di Marie, mentre Brittany prendeva in braccio la bambina e le diceva di salutare.
Rachel ricambiò il ciao timido di quella manina.
Quinn scoppiò a ridere e corse in fondo la navata. Rachel urlò aggrappandosi alle sue spalle, mentre una pioggia di riso pioveva sulle loro teste.
Non si era mai sentita così libera.
Era tutto così … strano.

Oh, if you tell a lie
You know that I'll forgive you
Though you say our love is just a game
And when you hear my name
You'll say I'm from a strange world
But is it so strange to be in love with you
Is it so strange

«Adesso dimmi, che questa canzone non è stata scritta apposta per noi.»
Rachel sorrise «Shh. Stai rovinando il nostro primo ballo.» Mormorò, Quinn alzò appena gli occhi al cielo divertita, e strinse ancora di più le mani attorno i fianchi di Rachel, affondando il viso sul suo collo. Rachel le cantò in un sussurro, dritto all’orecchio.

That I love you more than all the world
Is it so strange
I have no eyes for any other girl

No, il primo no, perché il loro vero primo ballo da sposate era stato un anno prima, quel sabato, al Red Road, sulla sessantaquattresima. I’m believer dei The Monkees.
Sospirò al ricordo e le baciò sotto l’orecchio, in quel puntò che aveva torturato per notti e notti. Rachel mugolò.
«Ci sono dei bambini ho detto!» L’urlo di Santana squarciò il locale e gli invitati scoppiarono a ridere.
Quinn si allontanò appena da Rachel e le sussurrò «Vedi? Questo è rovinare il nostro primo ballo.»
Rachel rise e la baciò.

Oh won't you take me back
And say that you still love me
To waste a love like ours would be a sin
Let us kiss again
Let me hold you near
And take me from this strange world

That I'm living in

«Rachel?»
«Mh?»
«Non pensi dovremmo dire anche agli altri del vero matrimonio?»
Rachel ridacchiò. «Dici? Non credi che sia una cosa un po’ … strana?»




La canzone alla fine è Is It So Strange di Elvis Presley.
Quando Finn parla sgrammaticato, non è un errore mio, è voluto.
I luoghi menzionati esistono davvero, le strade, il cimitero, le città. (Tranne il convento, e la stazione abbandonata). Thanks to my bestfriend Google Maps.
Alla prossima :)
  
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