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Autore: _ayachan_    30/10/2007    4 recensioni
Naruto e Sakura: il giardino dell’Eden; i fratelli Uchiha: il serpente e la mela… Il peccato originale: il tradimento.
"Tutto ciò che credevo sicuro, si sgretolerà tra le mie mani...
Il mio passato, il mio presente, e il mio futuro...
Chi sono io?
Naruto o Kyuubi?"

[Pairing: cambieranno in corso d'opera, anche drasticamente! Threesome, in ogni caso. Molte]
Genere: Romantico, Drammatico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'eroe della profezia' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Naruto-11


Capitolo undicesimo

La seconda morte del rin’negan








Oggi...

...è il giorno.



Mille e mille gocce d’acqua, frammenti cristallizzati di un cielo nascosto...
Pioggia.
Lacrime.
Il cielo piange.
Ma non è un male.
Se il cielo piange, nasconde le lacrime degli uomini.
Se il cielo piange, anche tu puoi farlo.
Non che lui ne avesse bisogno.
Fermo sul tetto di un palazzo, sotto la pioggia scrosciante, Pain dell’Akatsuki puntava gli occhi marchiati dal rin’negan sul villaggio della Pioggia, nella sua parte più a sud.
E, straordinariamente, sorrideva.
Un sorriso freddo, quasi difficoltoso... più una smorfia che altro.
Ma dentro di sé era tranquillo.
Tranquillo e soddisfatto.
Sciocco, sciocco Itachi...”


«Di lì non c’è niente» sbuffò Naruto, liquidando con un cenno una stradina sudicia. «Ci sono già stato l’altra volta»
Ma, com’era ovvio, Sai non lo ascoltò nemmeno; entrò nel vicolo, lo perlustrò per qualche minuto, e alla fine ne uscì con un nulla di fatto.
«Visto?» puntualizzò Naruto in tono sostenuto.
«Abbiamo altri impegni?» ribatté il moro. «No. E allora facciamo le cose per bene»
Il biondo sbuffò.
Sicuramente in quel momento Sasuke era a mille miglia da lì, dannazione!
E lui doveva perdere tempo nell’unica parte di villaggio in cui non succedeva niente!
Pur senza saperlo, in effetti aveva un po’ di ragione: in quello stesso momento, nei sotterranei del palazzo del capovillaggio, Kakashi e Shino venivano portati in una stanzetta piastrellata di bianco, privi di sensi; ma di fatto non succedeva altro. E soprattutto si sbagliava sulla posizione di Sasuke.
«Mancano solo poche altre strade» disse Sai guardandosi attorno. «Abbiamo quasi finito, stai tranquillo. E poi andremo a riferire a Kakashi»
Naruto strinse i pugni.
Riferire, riferire, sempre riferire e basta! Ma cosa?
Nessuna novità.
Che frustrazione!
Con la fronte corrugata, alzò il viso al cielo grigio, lasciando che le gocce di pioggia scivolassero sulla sua pelle.
Sasuke... dove sei?” si chiese.
In quegli anni se lo era domandato troppe, troppe volte...
Sai riprese a camminare, con il cappuccio bianco ben calato sugli occhi. Naruto lo seguì, cupo, lungo l’ampia strada che stavano percorrendo.
Erano dalle parti del quartier generale dell’Akatsuki, se non sbagliava. In fondo, a destra, c’era il vicolo che portava all’ingresso del palazzo. Deserto.
Lì non c’era più nessuno, era innegabile.
Alzò lo sguardo oltre gli edifici grigi che costeggiavano la strada, fino a quello più alto che spiccava sugli altri. Riconobbe le colonne, e l’antro in cui si era fermato con Pak... e poi una figura umana.
Si fermò di colpo.
«Cosa c’è?» chiese Sai, imitandolo.
Naruto si distrasse per un secondo... e l’attimo dopo non c’era più nessuno.
«...Mi era sembrato di vedere qualcuno» mormorò, perplesso. «Ma forse mi sono sbagliato...»
«Dove?»
«Là, nel palazzo dell’Akatsuki»
Sai si accigliò impercettibilmente.
«Controlliamo... non si sa mai» decise.
«Tanto dobbiamo farlo comunque, no?» mugugnò Naruto.
Percorsero rapidamente il tratto di strada che li separava dal palazzo, si infilarono nel vicolo che nascondeva il suo ingresso, e raggiunsero la porta arrugginita nella penombra. Con cautela la aprirono, sentendola cigolare leggermente, e di nuovo Naruto si trovò nella stanza buia che aveva visitato la prima volta con Pak. Sai estrasse la torcia e l’accese. C’erano solo loro.
«Ci sono altri due piani» gli fece notare Naruto, avviandosi verso la scala.
La salì a passo pesante, certo di non trovare nessuno nell’edificio, e raggiunse il secondo livello senza che la torcia di Sai illuminasse l’ambiente.
«Muoviti!» lo chiamò, girandosi indietro.
E sentì un soffio d’aria sul collo.
Un brivido.
Qualcosa di... inspiegabilmente noto.
Lento, mentre la luce risaliva i gradini e gli lambiva i piedi, si voltò...
Pavimento grigio.
Polvere.
Impronte, sue e di Pak...
...e poi...
...sandali neri.
Le falde di un mantello color della notte.
Nuvole scarlatte.
Sai raggiunse il secondo piano, e la torcia si alzò a illuminare il volto regolare di un uomo dai capelli color carota.
I suoi occhi erano cerchi concentrici.
Naruto corrugò la fronte, imitato da Sai.
E questo chi è?” si chiesero contemporaneamente.
«Che nostalgia...» mormorò Pain dell’Akatsuki, soffermandosi su Naruto. «E’ passato così tanto tempo...»
Naruto scambiò un’occhiata sconcertata con Sai.
E nello stesso tempo gli parve di udire un brontolio all’altezza dello stomaco, un ringhio sommesso che poteva essere una minaccia o fusa di piacere...
«Tu sei Tobi?» chiese Sai, guardingo.
«No» fu la risposta. «Il mio nome, al momento... è Pain»
I ninja della Foglia scattarono in posizione di difesa, improvvisamente all’erta.
«Pain è morto!» esclamò Naruto, mentre il suo cuore accelerava i battiti.
«Non direi» ribatté l’altro distrattamente, e poi posò gli occhi su Sai. «Tu... non servi» mormorò.
L’attimo dopo il ninja della Foglia si trovò a volare contro il muro, con una violenza inaudita.
Nell’intonaco si aprirono crepe profonde, e frammenti di tintura grigia si staccarono dal soffitto per sgretolarsi a terra. Il moro scivolò sul pavimento, senza fiato, e ai suoi occhi doloranti sembrò che la stanza ondeggiasse.
«Sai!» esclamò Naruto facendo per raggiungerlo, ma fu afferrato per il braccio prima che potesse muoversi, e subito dopo sentì una mano premere sulla sua faccia, le dita affondare dolorosamente nella fronte.
«Ridammi ciò che è mio» sibilò Pain, e lui provò un istante di puro panico.
Era come quando aveva affrontato Zabuza, anni prima.
La gelida sensazione di non poter fare nulla... di essere morti prima di perdere una coscienza.
Ma Naruto era un ninja.
Non uno sciocco ragazzino.
Aveva reagito allora, e lo avrebbe fatto anche in quel momento, anzi, lo avrebbe fatto meglio.
Piegò la schiena all’indietro, liberandosi della stretta sul suo viso, e sferrò un calcio allo stomaco dell’avversario, mandandolo a urtare la parete alle sue spalle.
Questo non lo posso sconfiggere così” sfrecciò nella sua mente.
Jiraya era tornato dalla Pioggia in fin di vita, dopo averlo affrontato, e Naruto da solo poteva dire di essere al suo livello, forse... ma non ne era neppure sicuro. Aveva bisogno d’aiuto.
Addentò il pollice, sporcandosi le labbra di sangue, e mentre Pain si raddrizzava tenendosi lo stomaco lui posizionò le mani per la tecnica del Richiamo.
Sai se ne accorse appena in tempo e, barcollante, si lanciò verso i gradini che portavano al piano superiore. Raggiunse il terrazzo appena in tempo, un attimo prima che le scale venissero demolite in una nube di fumo. Le pareti del palazzo si sgretolarono, collassando all’esterno dell’edificio, e le colonne cedettero sotto il peso dei frammenti troppo grandi. Sai dovette saltare fino al tetto di un altro caseggiato, rischiando di mancare la presa, e aggrapparsi al cornicione umido di pioggia per non cadere di sotto, mentre alle sue spalle anche il terrazzo scompariva in una nube di intonaco e polvere, crollando sulla strada sottostante.
Si issò faticosamente al sicuro, e passò una mano sul rivolo di sangue che scorreva dalla sua tempia, misto all’acqua. Solo allora si guardò alle spalle.
Ciò che vide fu Gamabunta, il re dei rospi, troneggiare là dove fino a un attimo prima era stato un palazzo grigio.
Ansimò, lasciandosi cadere seduto, e cercò di riprendere fiato.
Ecco, era andata.
Ora lui non avrebbe più potuto intervenire.

Il crollo dell’ex quartiere generale dell’Akatsuki fece tremare l’intero villaggio della Pioggia.
Da est, ovest, e anche da nord tutti gli sguardi si volsero, impauriti, alla nube di fumo che sfidando la pioggia si sforzava di annebbiare l’aria.
Kiba e Hinata la videro.
Sakura e Kurenai la videro.
Itachi la vide.
Gli insetti, nelle profonde umidità della terra, correvano impazziti alla ricerca di uno Shino che giaceva privo di sensi.
E tutti, come un sol uomo, capirono che era là che dovevano dirigersi.
Anche il Serpente, il più vicino, la vide.
Ma il suo leader, Sasuke Uchiha, chiese a uno dei membri di informarlo sulla posizione di una precisa persona.
E quando quel membro disse che non si trovava là, lui decise che non si sarebbe fatto coinvolgere...
...Come se la sua decisione avesse avuto importanza.

«Mi aspettavo qualcosa di diverso» commentò Pain, illeso, dalla cima di un alto palo della luce. «Qualcosa dotato di... code»
«Non mi serve la volpe» ribatté Naruto, in piedi tra gli occhi di Gamabunta. «Posso batterti da solo!»
Per la seconda volta in quella giornata, Pain sorrise.
«Quel rospo...» mormorò. «Mi riporta davvero indietro nel tempo»
«Che diavolo stai blaterando?!» sbottò Naruto irritato.
Lui non sapeva chi era Pain, non lo aveva mai visto! Perché continuava a parlare come se si conoscessero?
«In effetti, le cose erano leggermente diverse...» rettificò il rosso. «Ma i personaggi principali ci sono tutti. Oh, a onor del vero... uno c’è solo per metà»
«Stai zitto! Capo! Dobbiamo catturarlo!»
Gamabunta restò fermo.
«Capo?» lo richiamò Naruto.
Il rospo assottigliò gli occhi tondi.
Quel chakra... gli sembrava di conoscerlo.
Chi era l’uomo che gli stava davanti?
«Capo!» esclamò Naruto. «Allora!»
«Mh... Sta’ zitto» bofonchiò, sfilando la spada dal fodero. «Questo è peggio della reliquia della Sabbia. Ma te li trovi tutti tu?»
«Non è il momento!» gli fece notare Naruto, risentito.
«Va bene, va bene...» grugnì il rospo, passandosi la lingua sulle labbra. «Allora tieniti stretto»
Balzò, incrinando un tratto di asfalto al di sotto delle macerie, e l’intero villaggio lo vide svettare al di sopra degli edifici, animale gigantesco e armato troppo agile per la sua mole.
Pain non si mosse fino all’ultimo istante, quando con un balzo leggero saltò sulla lama che avrebbe dovuto tranciarlo a metà. Naruto colse il momento per scagliare una pioggia di shuriken contro di lui, ma il rosso fece ondeggiare il mantello, e quelli tintinnando deviarono la loro corsa.
Ma con cosa è fatto?” si chiese il biondo indispettito, mentre Pain saltava dalla spada al braccio di Gamabunta.
Naruto si moltiplicò, e gli mandò contro almeno otto copie. Le vide scomparire una dopo l’altra, in un istante, falciate come ragazzini inesperti. Bunta fece un brusco giro su sé stesso, rischiando di far perdere l’equilibrio a Naruto, ma riuscì a scrollarsi di dosso l’avversario.
«Mettici un po’ più di impegno!» gridò al compagno.
«Ci sto provando!» ribatté lui irritato.
Ma senza il chakra della volpe le cose erano molto più difficili, maledizione!
Lo aveva usato troppe volte, ormai si era abituato a contare su di lei...
Mentre pensava queste cose, sentì una risata bassa risuonare nelle sue orecchie.
Credi davvero che io sia qui per te?” mormorò una voce roca. “Quale presunzione... degna di uno stupido del tuo stampo
Naruto strinse i denti.
Io sono più forte di te!” gridò dentro di sé. “Tu non mi servi!”
Ma la volpe, beffarda, si chiuse in un silenzio colmo d’aspettativa.
«Maledizione!» imprecò Naruto, irritato.
Nessuno, nessuno si fidava di lui, alla fine!
Cosa diavolo doveva fare per convincere tutti delle proprie capacità?
Cosa diavolo doveva
diventare?
Guardò Pain, che fermo sul tetto di un edificio lo fissava a sua volta.
E poi guardò Sai, accasciato su un altro tetto che cercava sommariamente di tamponare le proprie ferite. Incrociò i suoi occhi scuri. Intercettò il suo ‘sì’ appena accennato.
Io ho fiducia in te”, diceva quello sguardo.
Sai aveva il rotolo nero di Jiraya.
Ma non voleva tirarlo fuori.
Lui credeva in Naruto, dal giorno lontano in cui aveva riconosciuto suo fratello in lui... Era davvero convinto che lui avrebbe realizzato ciò per cui era nato: essere Hokage; proteggere tutti; essere felice.
I loro occhi si incontrarono per un istante, forse meno... ma fu sufficiente.
L’animo umano muta con il minimo alito di vento.
E anche Naruto, all’improvviso, seppe che poteva farcela... senza scomodare la volpe. Con le sue capacità.
Lui e solo lui.
«E va bene...» ringhiò piano, congiungendo le mani al di sotto del mento. «Ha inizio la serie delle arti magiche di Naruto Uzumaki! Ultima versione!»

Il Caso.
O Fato, Fortuna, Sorte che dir si voglia.
Sfiga, magari.
Beh, quella maledetta cosa, governa le sorti del mondo.
E’ innegabile.
Possiamo credere che tutto sia predestinato, che Dio abbia un suo Disegno, che l’universo abbia una fine e uno scopo... ma se così fosse l’architetto primordiale doveva essere una persona necessariamente disturbata. *
Perché il più delle volte le cose che succedono sono al di là di ogni logica, previsione e comprensione.
Come quell’incontro.
Improvviso, e semplicemente assurdo; lui non voleva avere niente a che fare con l’esplosione del palazzo dell’Akatsuki, lei ci si stava dirigendo a tutta velocità.
E inspiegabilmente si erano imbattuti l’uno nell’altra. Per la seconda volta.
Mentre Naruto cercava Sasuke da giorni senza mai riuscire a incrociarlo, Sakura era incappata in lui di nuovo.
Quando i loro sguardi si incrociarono, erano ormai in vista l’uno dell’altro, e Sakura dovette fermare bruscamente la sua corsa, imitata da Kurenai.
Ed eccoli di nuovo lì, faccia a faccia. Dopo neanche due giorni.
Sasuke scoccò un’occhiataccia a Karin.
«E’ esattamente questo il genere di seccature che tu dovresti evitarci» le fece notare, e gli occhiali di lei si appannarono leggermente.
«B-Beh, io...!» balbettò risentita, pensando come fino a un secondo prima fosse immersa in un piacevole pensiero che comprendeva il leader del Serpente bagnato e senza vestiti.
«Hm?» fece Suigetsu con una smorfia di disappunto. «Non c’è il ragazzo»
Sakura esitò per un lungo istante.
Correre da Naruto.
Era questo che stava facendo.
Ma catturare Sasuke... era la sua missione.
E le sue gambe... si rifiutavano di muoversi. I suoi occhi di staccarsi da quelli dell’Uchiha. Il suo cuore di rallentare.
Sasuke.
Sasuke!
Quella poteva benissimo essere l’ultima volta che lo avevano a portata di mano, non doveva lasciarsi sfuggire l’occasione! Per sé, e anche per Naruto.
Scambiò un’occhiata veloce con Kurenai, e vide che era già pronta ad attaccare.
Già. Lei non doveva scegliere tra la missione e Naruto...
Basta così!” si impose. “Devo smettere di pensarci, prima dobbiamo riportare Sasuke a Konoha!”
Kurenai partì per prima, scagliando una selva di shuriken sul Serpente, ma tutti li evitarono facilmente; le persone che percorrevano la strada dietro di loro, ferme a osservare stupite la nube di polvere che si sollevava dal palazzo dell’Akatsuki, all’improvviso ebbero qualcosa di più interessante a portata di mano.
Si scatenò il panico.
Grida, urla, gente che correva da ogni parte.
Sasuke cercò di sfruttare la confusione per dileguarsi, ma prima che potesse farlo Sakura fece crollare con un pugno l’edificio che costeggiava il vicolo che stava per imboccare.
«Non questa volta!» gridò, correndo verso di lui.
La fronte liscia dell’Uchiha si increspò impercettibilmente, persa in calcoli che ruotavano tutti attorno a Itachi: quanto tempo avrebbe perso lì? Quanta strada avrebbe potuto fare suo fratello?
Doveva liberarsi di Sakura in fretta.
Senza che nessuno dei presenti se ne accorgesse, una nuova esplosione scosse Konoha.
Sasuke estrasse la spada, senza pensarci. Sakura gli fu addosso, con il pugno levato, e lui sollevò la lama pronto a ferirla; fu allora che la vide gettare qualcosa contro di lui, e saltò indietro per evitarlo.
L’asfalto andò in frantumi, di nuovo, cedendo alla forza inumana dell’allieva di Tsunade. La polvere urticante che già aveva usato contro Itachi restò sospesa nell’aria per un istante, prima di essere dispersa dalla pioggia, ma nel frattempo aveva già avuto inizio un altro assalto.
Non gli avrebbe lasciato il tempo di reagire o di fuggire, lo avrebbe catturato ad ogni costo!
Senza che nessuno se ne accorgesse, la pioggia smise di cadere...
Kurenai, per contro, doveva occuparsi contemporaneamente di Karin, Juugo e Suigetsu.
Già ansante dopo solo pochi minuti di scontro, si vide attaccare su due lati diversi. Schivò un fendente, un pugno; ruotò su sé stessa e scagliò un kunai verso i suoi avversari, che lo deviarono come niente.
«Maledizione!» imprecò tra i denti.
Erano forti, maledettamente forti... e forse lei iniziava ad essere troppo vecchia.
Si abbassò un attimo prima che la spada di Suigetsu le tranciasse la testa, lasciando sul campo di battaglia una ciocca di capelli, e intrecciò rapida le dita.
Tecnica illusoria: prigione di specchi!”
I tre membri del Serpente si trovarono all’improvviso in un limbo silenzioso, avvolto nella nebbia.
Suigetsu si guardò attorno, non particolarmente inquieto, e vide la propria immagine riflessa in uno specchio a un braccio di distanza. Un attimo dopo non fu più il suo riflesso, ma una Kurenai nitida e armata. E il kunai non rimase al di là del vetro, ma schizzò fuori e lo colpì di striscio a un braccio.
Lui ghignò, snudando i denti aguzzi.
«Stiamo scherzando?» chiese, e con un pugno di dimensioni anomale frantumò lo specchio. «Questi sono giochetti in confronto a quello che fa Sasuke»
La nebbia si dissolse velocemente, e le cose tornarono ad assumere contorni netti e grigi.
Kurenai strinse i denti.
Maledettamente forti era un eufemismo, con loro; si era esercitata per mesi, anzi anni con quella tecnica! Pensava che solo un possessore di sharingan o byakugan avrebbe potuto resistervi, e invece quei tre l’avevano liquidata come un gioco da ragazzi.
Come faccio?” si chiese, facendo lavorare febbrilmente il cervello. “Con cosa posso fermarli?”
Per sua fortuna non dovette pensarci a lungo.
Perché in quell’istante un’altra esplosione dilaniò la parte sud del villaggio, un’esplosione più potente di entrambe le precedenti.
E questa volta non ci fu bisogno di Karin per dire che quello era il chakra di un Uchiha... e di Naruto.
Sasuke gettò un’occhiata a Karin, e lei scagliò uno spillone verso Kurenai, mandandolo a conficcarsi tra collo e spalla. La kunoichi, con un’esclamazione soffocata, portò una mano alla ferita e crollò in ginocchio. Era stata colpita un’arteria, e il sangue sgorgava sui vestiti in fretta, troppo in fretta secondo l’occhio allenato di Sakura.
Di nuovo, il suo sguardo incrociò quello dell’Uchiha per un frammento di secondo... e lui, ancora una volta, fuggì.
Lei sentì un pezzo di cuore andarsene con lui, quel pezzo più fiducioso, e positivo, e coraggioso... Per un terribile istante si sentì svuotata e inerme.
Poi le sue gambe si mossero automaticamente verso Kurenai, e la sua mente si snebbiò da sola.
Non è finita. So dove sta andando... Non è finita!”

Decine e decine di copie, forse un centinaio, distribuite lungo ogni superficie nell’arco di cinquanta metri.
Naruto da ogni parte. Occhi celesti in quantità tale da creare un cielo inesistente. Una distesa di grano maturo.
Pain non sembrava molto impressionato.
«Io sto solo aspettando che tu evochi la volpe» disse atono.
«Non succederà» ribatté Naruto. «Ti catturerò prima che tu te ne accorga!»
L’avversario non rispose nemmeno.
Naruto sollevò un braccio verso il cielo, più determinato che mai, e lo calò bruscamente.
«Andate!» ordinò.
Le sue copie si mossero simultaneamente, come l’onda di un maremoto, e conversero verso il palazzo su cui Pain era ritto. Si avventarono su di lui, lo sommersero, lo coprirono di calci e pugni, uno dopo l’altro, uno più dell’altro; lo scagliarono verso il cielo e di nuovo a terra, creando una lunga crepa nell’intonaco della copertura... e a quel punto non meno di dieci Rasengan gli piombarono addosso.
L’ultimo piano dell’edificio cedette, sprofondando su quello precedente. I muri tremarono, franarono, e i vetri andarono in frantumi con uno scroscio assordante.
Un tuono rombò cupo in lontananza, unendosi al rumore della pioggia, e l’improvviso silenzio risuonò nelle orecchie di Naruto come un grido.
«No... non ci siamo...» borbottò Bunta, cupo.
E anche Naruto si accigliò quando vide Pain in cima a un frammento di cemento, illeso. Una leggera macchia di sangue gli sporcava le labbra, e il suo mantello era impolverato, ma per il resto era in perfetta salute.
«Ho provato a darti fiducia» disse, e la sua voce risuonò sinistra, rimbalzando di palazzo in palazzo. «Ma senza volpe non vali davvero nulla...»
Qualcosa scattò dentro Naruto.
Forse la risata bassa e roca che gorgogliò nel suo stomaco non aiutò...
...Ma certo è che per un istante, un infinitesimo di secondo... desiderò lanciarsi a corpo morto sull’avversario, e coprirlo irrazionalmente di pugni fino a spappolargli la faccia.
Durò meno di un battito di ciglia... e poi passò.
Perché?
Cos’era quella sensazione?
E soprattutto... veniva da lui o...?
No.
No, non poteva essere.
Non voleva, non doveva nemmeno pensarci!
«Dannazione!» imprecò, lasciando scomparire la gran parte delle copie.
«Cosa vuoi fare?» gli chiese Bunta allarmato.
Due ultime copie lo raggiunsero sulla sua testa, già pronte, e lui stese una mano davanti a sé.
Il chakra prese a vorticare sul palmo, di un azzurro abbagliante. La pioggia deviò il suo corso, schizzando tutt’attorno, ma lui non distolse lo sguardo.
«No, ragazzo!» esclamò Bunta. «Non devi usare quella tecnica, sai cosa succede ogni volta...!»
«Stai zitto!» rispose tra i denti. «Non mi resta altro!»
Sapeva che il suo braccio andava in pezzi quando usava il rasenshuriken. Lo sapeva fin troppo bene, lo sentiva ogni volta... ogni, singolo, osso... che andava in pezzi...
...Ma era la sua arma più forte.
La tecnica con cui aveva superato il quarto Hokage.
Il suo orgoglio.
E l’avrebbe usata, con o senza il consenso del rospo.
Lame di vento acutissime andarono a prendere la forma di uno shuriken, attorno alla sfera di chakra abbagliante.
Naruto sentì il dolore dilagare lungo il braccio, sottile ma capillare; gli parve di udire il rumore dei vasi del chakra che si spezzavano, ma sapeva che non era nulla se confrontato con ciò che sentiva chi subiva quella tecnica.
Pain, dalla sua posizione, corrugò appena la fronte.
Cos’è quello?” si chiese. “Assomiglia al rasengan... ma è infinitamente più potente e pericoloso”
Per la prima volta, la calma indifferenza che lo circondava si stemperò in una moderata curiosità. Non si trattava di ansia, questo no, ma non era più tranquillo come prima.
Finché lo evito, va tutto bene” disse dentro di sé, adocchiando Naruto e le due copie sulla testa di Gamabunta.
Non sembrava difficile.
Poi si sentì afferrare per le spalle.
Ebbe a malapena il tempo di vedere una terza copia con la coda dell’occhio, di chiedersi vagamente da quanto tempo fosse lì... che si accorse che l’originale era davanti a lui, rasenshuriken alla mano.
Lo prese in pieno.
Il rosso capo dell’Akatsuki inarcò le sopracciglia in un istante di muta sorpresa... e poi cadde... giù dal palazzo, lungo tutti i sette piani che lo componevano. Una sfera immensa si allargò attorno a lui, una sfera in cui l’aria vorticava e sferzava, tagliente come rasoi, e raggiunse il suolo disintegrando l’asfalto come fragile creta, pur senza superare la cima dei palazzi che la circondavano.
Il villaggio della Pioggia tremò di nuovo.
Pain non gridò.
Non emise neanche un fiato.
Semplicemente il suo corpo rimase sospeso, torturato e lacerato per un tempo lunghissimo; e alla fine, come un fagotto di stracci, ricadde al suolo.
Naruto, ansante, cadde in ginocchio sul cornicione dell’edificio, mentre le altre due copie svanivano in uno sbuffo di polvere.
Le gocce di pioggia che scivolavano su di lui erano un tocco piacevole per il braccio, quel braccio pulsante che stringeva nella speranza di ignorare... Poi Sai lo raggiunse.
«Tutto bene?» chiese, nonostante a sua volta fosse ferito.
«...Sì» mormorò Naruto, gli occhi fissi sul corpo distante, molti piani più sotto.
Con il rasenshuriken uccideva.
Sempre.
Per questo non lo aveva mai usato su Sasuke... Per questo aveva giurato che non lo avrebbe mai fatto.
Ma... senza il rasenshuriken, senza la volpe, senza uccidere... sarebbe stato abbastanza forte per salvarlo?
Tutti gli strumenti che aveva a disposizione si erano rivelati fallaci e dannosi, alla fine.
...Cosa gli restava ora...?
E’ fondamentale che tu riesca a controllare la volpe, Naruto” gli aveva detto Jiraya.“Se non vuoi diventare il suo strumento, devi farla tua. Devi governarla, devi sottometterla... Devi farla diventare il tuo strumento”
Ma Kyuubi era solo un cataclisma, non poteva, non doveva controllarla...
...E allora...
Perché, perché Jiraya aveva insistito tanto...?
«Credo che il braccio sia rotto» mormorò Sai studiando per sommi capi le condizioni di Naruto. «Qui ci vuole Sakura... e comunque è una brutta situazione, se resta fuori uso»
«Sto bene» ribatté lui allontanandolo. «Guarirò presto»
«Stupido ragazzino!» ruggì Gamabunta, furioso. «Perché mi evochi se poi non hai alcuna intenzione di ascoltarmi?! Sei rimasto il dodicenne che eri la prima volta che ti ho incontrato! Non pensi alle conseguenze! Ti getti verso il pericolo senza riflettere, sei...»
«Mi dispiace, capo»
«...assolutamente privo di controllo!» Bunta si bloccò di colpo. «Cosa hai detto?» aggiunse dopo un attimo di sconcerto.
«Mi dispiace, capo» ripeté Naruto, rialzandosi. «Ma... grazie per l’aiuto»
Altro che scuse.
Quello era un congedo in piena regola.
Come osa, questo moccioso...?” si chiese il re dei rospi, sentendo l’indignazione montare dalle zampe all’ultimo porro sulla fronte.
Gracidò, oltraggiato, e scomparve in un rumoroso sbuffo di polvere.
Nella fretta di andarsene, dimenticò di parlare dello strano chakra che aveva sentito provenire da Pain... e negli attimi seguenti alla sua scomparsa, né Naruto né Sai si preoccuparono di gettare un’occhiata al corpo del capo dell’Akatsuki.
Se lo avessero guardato, lo avrebbero visto perdere lo sguardo nel cielo grigio... e poi sorridere.
A metà tra un ghigno e il sollievo.
E come una settimana prima, quando la pioggia aveva cessato di cadere... quando Jiraya si era allontanato dal cadavere di un allievo, maledicendo il sole che non nascondeva le sue lacrime... ancora una volta le gocce smisero di cadere dal cielo.
E le palpebre si abbassarono su un rin’negan tanto falso quanto simile all’originale.
Pain dell’Akatsuki era morto.
Una settimana prima ma anche in quel momento.
Nagato del villaggio della Pioggia era morto.
Anni, e anni prima, in un tempo di guerre che aveva ucciso la sua infanzia...
E il suo corpo, quella pallida imitazione di corpo... scomparve.
In una nuvoletta di polvere subito cancellata dalla pioggia.

...A chilometri di distanza, nel paese del Fuoco, una testa si sollevò bruscamente.
«Oh... questo non me l’aspettavo» mormorò una voce.
«Mh? Hai detto qualcosa?» sbottò un’altra, più roca e irritata. «Chiudi quella bocca, siamo vicini al villaggio della Foglia»
Una mano adornata di anelli si sollevò fin sotto un mento nascosto da una maschera.
«Non ho più tempo da perdere qui» disse Tobi, in un tono diametralmente opposto a quello che utilizzava di solito.
«Hn? E questo che diavolo vuol...?» iniziò Kamaro, scaldandosi, ma prima che potesse tendere a mano e afferrare il compagno per il bavero, quello scomparve in uno sbuffo di fumo.
Tra le sue dita ancora tese rimase solo l’aria.
In compenso uno stormo di uccelli si sollevò verso il cielo terso, urlando il suo richiamo.
E dalle mura della Foglia, Ibiki Morino e Asuma Sarutobi, in quel momento di guardia, se ne accorsero.







* Essendo che la sottoscritta può considerarsi la creatrice, e dunque Dio, di questo mondo fittizio che è la fan... sì. Garantisco che la mente dell’architetto primordiale (ovvero la mia) è disturbata.










Nel prossimo capitolo:


Avanti... lo sai perchésussurrò suadente la voce della volpe.Tu sai chi è. Lo hai sempre saputo.
Io te l’ho sempre suggerito













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Spazio autore

Se Dio vuole, riuscirò di rado a connettermi...
Mi è saltata la rete che piratavo (inconsapevolmente) a casa,
e quindi d'ora in poi dovrò usare quella pubblica!
Dovrei riuscire lo stesso ad aggiornare con una certa regolarità, comunque, quindi non vi preoccupate troppo! XD
A proposito... PIGRI CHE NON SIETE ALTRO!
Perché c'è un numero di letture così disgustosamente alto (che mi fa infinitamente piacere)
e un numero di commenti così disgustosamente basso?
Tsk tsk...
E dire che io mi impegno tanto... T_T

Informazione di servizio: nella mia pagina personale troverete sempre il titolo del capitolo successivo all'ultimo pubblicato!

Aya
  
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