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Autore: Milla Chan    09/04/2013    1 recensioni
Sa tante cose, Norvegia, più di cento anni non sono pochi, ma le uniche relazioni che ha sono quelle con i suoi fratelli e vorrebbe conoscere molto, molto di più riguardo all’affetto e ai gesti che ne conseguono. I baci sono uno di quelli. Non ha ben presente quanto o cosa significhi un bacio, comunque. Non esattamente. Nessuno di loro lo sa, in realtà.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Danimarca, Norvegia, Svezia/Berwald Oxenstierna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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“Norge! Ho visto una cosa stranissima!”
“Dove?”
“Al villaggio!”

Danimarca gli corre incontro e Norvegia scende dal muretto, preoccupato da tanta agitazione.
 
Si sente afferrare per le braccia e l’altro ragazzino lo guarda con il respiro affannato, aprendosi in un sorriso dolcissimo.

“Nor, sai che cosa fanno gli umani quando si vogliono tanto bene? Ma proprio tanto?”

Norvegia si concentra e lo scruta con un velo di curiosità.
Non sa molto degli umani, Dan e Sverige ne sanno molto di più, perché passano più tempo con gli abitanti e non sono diffidenti come lui.
Non è da tanto che ha smesso di vivere nei boschi, il villaggio gli sembra bello ma le persone lì sono molto più alte di loro e li hanno vestiti in modo strano. I pantaloni sono un po’ scomodi, anche se deve ammettere che sono belli caldi e la veste bianca era diventata troppo corta per tutti.

“No.”
“Si fa una cosa e si chiama bacio!”
“Anche tu e Sve mi date i baci.”
“Ma questi sono speciali! Devi aprire le labbra!”

Norvegia strabuzza gli occhi per un attimo, sostituendo subito la sua espressione attonita con una più perplessa.

“Non inventarti cose stupide.”
“Non mi invento proprio niente!” esclama con un sorriso entusiasta, stringendogli le mani e sbilanciandosi in avanti, tanto da appoggiare il naso contro il suo. “Ti prego, proviamo, dev’essere bellissimo!”

Nor incrocia gli occhi in modo buffo per guardarlo e soppesa la proposta, sospettoso.
“... E cosa cambia dagli altri baci?”
“Te l’ho detto, apri le labbra. E poi è da grandi! Più si è grandi più è grande l’amore, no? Mi sembra corretto darci un bacio da grandi!”

Il norvegese sembra improvvisamente interessato e inclina la testa, assottigliando gli occhi.
Ha solo un’idea approssimativa di cosa voglia dire amare, ma sicuramente è qualcosa di estremamente buono.
 
“Devo solo aprire la bocca?”

Vede gli occhi di Dan brillare.

“Al resto ci penso io!”

“Va bene.”

Norvegia si mette con le mani dietro la schiena e sporge il viso in avanti, chiudendo gli occhi e aspettando con la faccia tranquilla, i lineamenti dolci.

Dan lo guarda incantato e sente il cuore salirgli in gola, tanto lo trova carino.
Esita un attimo, le braccia che non sanno proprio dove mettersi e la testa che si inclina come un gufo, buffo oltre l’inverosimile, ma decide di chiudere gli occhi e buttarsi, appoggiando la bocca contro la sua.
Norvegia si agita un po’ quanto sente le labbra schiudersi e strizza gli occhi quando l’altro prova a baciarlo, terribilmente impacciato.

“Mh.”
 
Si allontana quasi subito e serra le labbra, le sopracciglia corrugate e un rossore velato sulle guance.

“Ma... è viscido.
 mugola, sfregandosi debolmente la bocca con la manica. “Non mi avevi detto che mi toccavi la lingua, che schifo.”
 
Danimarca sembra agitato e non riesce a star fermo, muovendosi ansiosamente sul posto.
 
“Ma i grandi che si amano lo fanno!
 ribadisce nuovamente il concetto, sorridendogli a denti stretti mentre sbatte gli occhi e tenta di essere convincente.
Nor lo fissa incerto, ma perlomeno smette di fregarsi la bocca. “Sicuro che si faccia così? Chi te l’ha detto?”
“L’ho visto io, ma una signora mi ha trascinato via per l’orecchio sul più bello...”
“Perché?”
“Stavo guardando dentro una finestra! Mi ha detto anche che sono maleducato, ma io non stavo facendo proprio niente di male.”
“Insomma...

“Comunque forse è questione di abitudine, al villaggio quella coppia sembrava davvero divertirsi!”
“Non mi è sembrato poi così bello.

“Beh, probabilmente c’è bisogno di far pratica...
“No, non credo che tu sia capace.” taglia corto il più piccolo, incrociando le braccia al petto. Guarda per terra e assume un’espressione pensierosa che Danimarca non coglie, perso com’è tra le sue idee.
Forse dovrebbero farlo ancora?
 
“Riproviamoci, altrimenti non impariamo!” strepita il danese, tutto convinto, con il tipico sorriso che Nor trova bellissimo ma esagerato.

“... Questa volta però stai fermo, faccio io.” borbotta in risposta, rabbuiandosi e avvicinandosi piano.
“Sì!” sorride, mentre l’altro ragazzino inclina la testa, prima da una parte e poi dall’altra, cercando di capire cosa fare, magari imitarlo.
Danimarca fa fatica a stare serio e scoppia a ridere non appena sente le labbra contro le sue.
Si piega in due, appoggiandosi con la testa alla sua spalla e stringendolo forte.
La sua risata viene dal cuore, riempie le orecchie e si impossessa malamente di tutti i pensieri del norvegese. Sente il viso andare a fuoco.
Si imbroncia e si libera dall’abbraccio, si gira indietro, tornando a sedersi sul muretto con lo sguardo truce.
 
“No, no, scusami, non ti fermo più!” esclama il danese, cercando di ricomporsi e trattenersi, seguendolo, tirandolo per le maniche per farlo scendere.

“No, se non stai serio non ti... Bacio? Sicuro? Si chiama bacio anche se è diverso?”
“Sì, è un bacio! Un bacio vero!”
“Ecco, allora non ti bacio più se fai l’idiota.”
 
Danimarca gli mostra un’espressione supplicante e lui si sente un po’ in colpa, dietro alla sua faccia dura.
 
“Magari... Forse un’altra volta.” mormora infatti, incrociando gli occhi blu, dolci e buoni come il pane.
“Ora però devo fare una cosa.” continua serio, scivolando giù dal muretto.
 
Dan si affretta ad abbracciarlo stretto e lasciarlo andare sembra una sofferenza.

“Guarda che me ne ricordo, eh!” grida quasi, vedendolo camminare svelto per la strada.
“Anche io.”
“Promesso?”
“Promesso.” risponde con una punta di imbarazzo, girandosi a guardarlo prima di tornare a dirigersi verso il villaggio.
Avrebbe voluto dirgli il prima possibile, tanto gli aveva fatto vibrare il cuore.
 
Quando arriva tra le casette, sa già dove cercare.
Vede Svezia seduto su uno sgabello, concentrato a intagliare il pezzo di legno che tiene in mano, seguendo le indicazioni del signore con i capelli grigi che gli sta accanto.
Rimane a guardarlo e aspetta pazientemente che si accorga di lui.
 
L’uomo anziano alza la testa e Norvegia indietreggia di un passo, guardingo. Si trattiene dallo scappare solo perché il signore gli sorride e fa notare a Sverige la sua presenza.
 
Il ragazzo gli accenna un sorriso timido e appoggia legno e coltellino per terra.
 
“Vuoi parlare?” gli mormora Norvegia, le mani strette e gli occhi profondi.

Lo svedese lo segue e si ritrovano in un angolo incolto dietro una casa. Nor appoggia una mano sul fianco e con l’altra segue i solchi del legno della palizzata.
“Ho imparato una nuova cosa.” dice, vago e soddisfatto.
Sve si siede per terra e appoggia le spalle al legno, guardandolo incuriosito.
“Cosa?”
L’altro smette di passare l’indice attorno a un nodo del legno e gli si accovaccia davanti, facendo scricchiolare qualche rametto sotto gli stivaletti di pelliccia.

“Sai cosa fanno le persone che si vogliono tanto bene?”

Svezia scuote appena la testa dopo averci pensato per qualche momento. Forse in realtà ha qualche idea, ma preferisce che sia lui a dirglielo.
È curioso, gli piace imparare cose nuove. Norge gli insegna tanto -forse perché è più grande? Non di tanto, però, vero?- ed è divertente.

“Si baciano.” afferma con un gesto solenne del capo, come se la sapesse lunga sull’argomento.
“Ma anche noi, no?”
“No.” lo corregge mellifluo, alzando un indice “I grandi lo fanno in modo diverso. Ma forse, Sverige, non dovrei dirtelo. Sai, sei più piccolo...

Svezia freme e scuote la testa, gli occhi attenti.
“Com’è?”
Nor appoggia le mani per terra. Lo guarda un attimo e prende un bel respiro prima di sporgersi a posare la bocca sulla sua, sopprimendo la voce che gli dice di fermarsi perché si vergogna troppo.
Lo sente sobbalzare quando dischiude le labbra e prova a baciarlo. Forse non lo sta facendo nel modo giusto, ma gli sembra abbastanza simile a quello di Dan, quindi se sbaglia può dare la colpa a lui.

Sa tante cose, Norvegia, più di cento anni non sono pochi, ma le uniche relazioni che ha sono quelle con i suoi fratelli e vorrebbe conoscere molto, molto di più riguardo all’affetto e ai gesti che ne conseguono. I baci sono uno di quelli. Non ha ben presente quanto o cosa significhi un bacio, comunque. Non esattamente. Nessuno di loro lo sa, in realtà.
È più di un abbraccio, probabilmente. Quasi sicuramente, anzi. O forse dipende.

Si allontana e vede Svezia con il colorito più rosso che abbia mai visto, l’espressione di chi vorrebbe sparire dalla faccia della terra.
 
“Le persone che si vogliono tanto bene lo fanno.” lo anticipa, quasi per giustificarsi, prima che possa dire qualcosa.
“... Credo.” aggiunge quasi subito, sottovoce, inginocchiandosi e pulendosi le mani sui pantaloni.
 
 Svezia si sfiora le labbra con il dorso delle dita e cerca di non incrociare il suo sguardo.
“Che si vogliono tanto bene, eh?”
“Esattamente.” risponde con un sospiro, mentre continua a guardarlo con i suoi occhi assenti.

“È un po’ strano.”

Norvegia si alza in piedi, togliendo le sterpaglie dalle ginocchia.

“Lo credo anche io.” dice semplicemente, allungando una mano e aiutandolo ad alzarsi con un piccolo sforzo. “Forse è meglio se torni dal signore con i capelli grigi, sembra davvero bravo ad intagliare il legno.”
Lo svedese annuisce e gli tiene stretta la mano, incapace di salutarlo come si deve. Si avvicina e lo guarda dal basso, alzando con una difficoltà enorme l’altro braccio per mettergli a posto quei capelli splendidi.
Prova a sorridergli mentre lo fa e scivola via senza una parola.
Norvegia gli lascia le dita a poco a poco, l’espressione immutata anche quando volta l’angolo e sparisce dietro la casa.
Nel petto qualcosa continua ad essere enormemente felice, quasi più di quanto possa sopportare.
 
Svezia corre a ringraziare il signore con i capelli grigi e dopo un breve giro tra le case si precipita fuori dal villaggio, guardando a destra e a sinistra con il fiato corto.
Scende una collinetta e rischia di scivolare sulla terra umida, ma si salva aggrappandosi al tronco di un albero.
Sente una voce canticchiare allegra e si concentra per seguirla. Cammina appoggiando le dita sulle cortecce nodose. In realtà nessun albero ha un colore uguale all’altro, ma chi non lo sa si perde con una facilità che lo fa quasi sorridere.
Capisce perché Norvegia abbia fatto fatica a staccarsi dalla foresta. Gli piace come il sole filtra nel sottobosco, come tutto è vivo senza essere frenetico e sembra un’enorme casa, con mille posti in cui accucciarsi, stare bene, anche se spesso fa incredibilmente freddo.

Raggiungere la voce non è affatto facile.
 
“Non era Nor quello che si arrampicava sugli alberi?” mormora, guardando verso l’alto e vedendo la gamba di Danimarca ciondolare paciosa da un ramo, il ragazzino che si è messo a fischiettare con la schiena appoggiata al tronco.
 
“È parecchio divertente!”
“Perché non sei al villaggio?”
“Ci sono già stato abbastanza, oggi! Da qui posso guardare più lontano. E se arrivasse qualcuno per mare? Da qui non si vede, ma da quello là in fondo sicuramente. Io voglio andare via e vedere posti nuovi, dev’essere bellissimo!”
Svezia sospira, appoggia le mani all’albero e tiene il naso all’insù.
“Vieni giù, Dan.”
 
Scivola in basso e si tiene con le braccia ad un ramo, lasciandosi penzolare per qualche attimo prima di lasciarsi andare e atterra, sorridente come sempre mentre si raddrizza e si stiracchia per bene.

Esibizionista.
 
“Per cosa mi hai cercato? Non puoi starmi lontano, vero?”
 
Sente l’irritazione per quel tono smaliziato e Svezia è quasi tentato di tornare indietro, continuare a lavorare il legno.
Non si sforza di essere comprensivo, però, perché la presunzione del ragazzino gli sembra normale e quasi carina, dopotutto.
Muove un passo verso di lui e nonostante il broncio gli schiocca un bacio sulle labbra, girandosi immediatamente e affrettandosi a sparire da qualche parte tra gli alberi a passo deciso.
Non che non gli piaccia dare baci, a patto che si parli dei suoi due fratelli. Svezia ha davvero bisogno dell’affetto, forse più degli altri due. Solamente, ha un problema di comunicazione dovuto all’imbarazzo.
Danimarca sospira, inaspettatamente paziente, e gli corre dietro, più forte che può per raggiungerlo il più velocemente possibile.
Lo ferma sbucando da dietro un albero. Lo guarda inchiodare, con gli occhi chiari spalancati e le guance rosse.

“E quello per cos’era?” gli chiede con un sorriso sghembo e il cuore che scoppia per la corsa frenetica.
“Niente.”
Dan lo scruta.
“Norge ti ha detto qualcosa sui baci, eh?”
 
Lo svedese borbotta qualcosa di incomprensibile.
Allora Nor l’ha saputo da lui, dei baci? Ma non è che Danimarca se lo è inventato? Non gli sembra poi tanto utile e, in effetti, sa un po’ di bugia...
Quando alza lo sguardo, vede un sorriso splendido e cerca di non abbassare ancora gli occhi.
“Un po’ di coraggio, Sverige!” esclama il più grande mentre si sporge in avanti con un gesto secco che lo fa trasalire. “Ci vogliamo tutti bene, vero?”
 
Il ragazzino annuisce ed è felice di vedere che il fratello lo aiuta a far incontrare le labbra, aprirle in un bacio confuso, proprio come quelli precedenti, dove l’unica cosa che si distingue con chiarezza è la sensazione di essere l’infinito separato in tre corpi troppo piccoli.
A Danimarca viene da ridere e si ripromette che darà centinaia di baci, d’ora in poi. Almeno finché non capirà davvero quanto valgono. E forse anche dopo.

 
“Spiegami perché ridi sempre.” mormora una voce annoiata che entrambi riconoscono.
Si staccano e Sve si ritrova a stringere la mano del fratello più grande mentre Nor scosta un cespuglio e cammina verso di loro senza la minima fretta.

“Mi fate il solletico con le labbra!” rivela il danese con una risata, passandosi la manica sulla bocca.
 
“Sei davvero stupido. Non spaventarmi Sverige.”

“Sei geloso di lui?” chiede il danese con un’intonazione divertita, allungando una mano verso Nor per invitarlo a raggiungerli il prima possibile.

“Di tutti e due.” sibila, con un tono talmente basso da essere appena comprensibile.

Norvegia si sente importante quando nota che tutti e due lo guardano come se fosse qualcosa di splendido. Gli piace sentirsi così, gli piace non dover trattenere la sua espressione compiaciuta.
Prova a non lasciarsi catturare dalla tenerezza che vede brillare nel profondo dei loro occhi, ma si lascia stringere in un abbraccio che in realtà non ha chiesto. Gli va bene così.
Chiude gli occhi e sospira, sentendo un paio di mani sulla schiena, ognuna appartenente a una persona diversa. Le uniche due che possono toccarlo.

Si chiede all’improvviso perché al villaggio giri l’idea che l’amore sia tra due persone.
È vero, lui ha già ammesso che di amore non sa molto, ma davvero fa fatica a capire.

Cosa c’è di male in un amore più grande? Non lo vede diverso, non lo vede così enorme da non poter essere concepito. Dev’essere pur giustificato da qualcosa, no?
Non sa se l’amore si giustifica. Forse si autogiustifica, o forse non ha colpe in partenza, perché da quanto è riuscito a capire è l’inizio di tutto.

Forse al villaggio non capiscono. È un problema degli umani. Forse è troppo difficile, non è immaginabile, il concetto non può essere trasformato in qualcosa di concreto, è illogico?
Anche loro sono illogici, perché non sono davvero fratelli, non sono davvero ragazzini, non sono davvero umani. Se sono pezzi di terra concreti, perché non possono essere anche Amore concreto?
 
Danimarca è stupido ed esagitato, è tracotante, esagerato e a volte anche arrogante. Svezia si imbarazza troppo facilmente, è di poche parole, non si intromette in questioni che non lo interessano direttamente.
Norvegia vede tutti i loro difetti e si è scoperto ad amarli, perché entrambi i fratelli sanno sopportare la sua apatia, la sua puntigliosità, la vanità e le facce statiche, la sua tendenza a chiudersi in sé stesso e a non rispondere, se non in modo superbo o orgoglioso. Sembrano apprezzarlo tanto quanto lui apprezza loro.
Sono tutti e tre pieni di difetti e a tratti insopportabili, ma insieme si annullano.

Amore ora sono loro, Norvegia ha deciso così. Gli piace. Li ama, con tutta la genuinità, la complicatezza dei suoi pensieri e la serietà più grande che si ritrova scolpita tutti i giorni sul viso. Dà la colpa a l’empatia che sente e sa che vuole scoprire cose nuove, con loro, vuole vedere tutto il possibile, insieme, non vuole lasciarli per niente al mondo, perché si sentirebbe perso, si sentirebbe vuoto e difettoso, banalmente incompleto. È convinto che niente sia più incantevole di loro.
 
Anche Svezia lo pensa, intensamente, tanto da farsi venire i crampi alla pancia al solo pensiero di essere separato da loro.
Danimarca, invece, lo grida ogni giorno.
 
Sente il bisogno di provare un sentimento per sentirsi esistente e il corpo di un tredicenne gli sta stretto.
Se quel gesto significa davvero così tanto come Dan ha detto, allora Norvegia si giura che imparerà a baciare come baciano i grandi e darà loro i baci più belli, l’amore più grande.
 
Sente le loro labbra sulle guance e si sente sollevato dall’idea di essere uniti da un unico bacio, mentre appoggia piano le dita tra i loro capelli per non lasciarli andare via, un obbligo muto che loro apprezzano in silenzio.
 
Lui custodirà tutto come un tesoro, non perché non trovi fretta nel dirgli quanto siano importanti, ma soprattutto perché non riesce a fare altrimenti. È uno sforzo emotivo troppo grande e sa che gli farebbe male. Anche solo pensarlo lo mette in soggezione.
Se baciarli è un modo per esprimersi e per esprimere quanto bene vuole, come ha detto Danimarca, allora probabilmente è una bella scoperta.

Non importa se ci vorranno secoli per sentirlo finalmente forte e chiaro o se sarà raro come l’oro, l’Amore rimarrà lì per loro, senza eccezioni. Amore sono loro.
Se ci sono loro, c’è Amore sempre.
   
 
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