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Autore: mxm_november rain    10/04/2013    1 recensioni
È tardi, davvero tardi. Saranno le due, il cielo è rosso, corrotto da una moltitudine di lampioni accecanti. Non vi è l’ombra di una stella. Ma io le ricordo ancora bene: luci delicate, sparse a generose manciate nella volta celeste. Capitava, ogni tanto, e con attesa ricorrenza, che esse non fossero oscurate dalle nuvole plumbee dell’Inghilterra, e allora risplendevano come gemme. Vi erano notti in cui gli occhi mi si velavano di calde lacrime, senza un’apparente motivo, cosicché arrossivo subito di vergogna. E, affianco a me, nell’erba tenera, c’era sempre una testolina bionda che si agitava per scrutarmi, e la sua risata cristallina di affettuoso scherno. Qualche volta l’eco di quel riso mi giunge ancora, proveniente da chissà che luogo, quale tempo; ma è comunque troppo flebile per prestarvi ascolto.
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Matt, Mello
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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“Perché non ti togli dal cazzo, eh, Matt?? Perché non te ne vai e non mi lasci solo per una buona volta?”                                                                                                                                                                      
Non rispondo. Sorrido soltanto, un sorriso sincero, come sempre. Perché a volte mi fai ridere, Mello; ma non è questo il caso.                                                                                                                                                                 
Mi guardi con disprezzo, sincero anche quello, devo dire.                                                                                             
“Non c’è niente da fare. Sei proprio un’idiota.” E poi esci, sbattendo la porta; tornerai a notte fonda, e io sorriderò nuovamente nel buio, non potendo contenere la gioia, non riuscendo a placare il battito del mio cuore; ma fingerò di dormire, ed ascolterò i tuoi passi e i tuoi respiri. 
Hai ragione, Mel. Sono proprio un idiota.  
                                                           

                                                 
Pensieri sconnessi di veglia notturna                                                                                                                                            


Ho sempre avuto paura del buio. Non ricordo se ho mai smesso: lo temevo da piccolo; ed ora nulla è cambiato. Quando si dice fare progressi.                                                                                                                          
Oggi è notte, oggi ho paura; paura di sprofondare nell’incanto delle tenebre, di non riemergere mai più da quel silenzio inesorabile. Un silenzio che non si può smettere di ascoltare.                                                                     
Solo il tuo respiro. Il tuo respiro è pacato, e sotto una luna pallida e tagliente è vita pura e cristallina.                                    
Ci siamo solo noi, immersi in questo schifo, viscida melma, l’abbiamo ingoiata tutta, alla fine, senza fiatare. Non era poi così male, in fondo, o, almeno, era più facile continuare a mandare giù piuttosto che alzarsi e togliersi, una volta per tutte, dalle palle. Voglio sempre scappare sai? Non credere che abbia smesso di pensarci. È che sono troppo pigro, ormai, non ho più la forza per niente. E poi tu non te ne vai, e io non posso. Semplicemente non riesco a lasciarti. Ma in realtà il pensiero è un tantino più egoistico, credo; non me ne stupirei, ormai siamo corrotti entrambi. Forse è che per poter salvare te devo salvare prima me stesso. Sono troppo stanco anche per quello, l’inerzia è un grave morbo che infetta l’animo e rende indifferente a tutto, si finisce per avere tedio della vita stessa.                                                                                                  
Così andiamo entrambi alla deriva, ed è un perdersi a suo modo dolce. Un autoanullamento bianco .                                                                                                                                                                                  
 Ho sonno, e più dormo, più mi sento senza forze. Eppure questa notte sono sveglio, e anche la notte scorsa lo ero, e, per il momento, non vi è rimedio per curare questa insolita insonnia. E allora rimango così, perso nella penombra, oscillando impercettibilmente; i miei sospiri mi cullano, e avanti, e indietro.                                                                                                          
Sognare. Quello lo faccio ancora, non mi sono mai stufato. Sarebbe l’ora , non è vero?  Si, farsi ancora più male, togliersi anche la forza di immaginare un futuro, chissà, magari migliore. E nel più felice dei casi, un futuro migliore con te. Sei bravo, Mello, davvero bravo. Chissà come riesci a viverci qui. Insegnami ad essere un fottuto bastardo, per favore.                                                                                                                                   
È respirare, la cosa più faticosa. Bruciano i polmoni, e i respiri sono così tanti, lunghi… Davvero esasperante. Cosa darei per arrivare al pacchetto di sigarette abbandonato in mezzo alla stanza, senza dovermi obbligatoriamente alzare; potrei vendermi l’anima anche solo per questo; ma meglio non agitarsi troppo, tanto nessuno ti porterà quel pacchetto, Matt. Dovrai prendertelo da solo, più tardi, come sempre. Ma ora no, ti conviene stare fermo e non svegliarlo.                                                                                                         
Respiro ancora, pesantemente; e la gola pizzica. Mi sento sempre un idiota quando lo faccio, e poi, continuo: prendo rinnovata aria sporca che scorre come fuoco; boccheggio e il mio petto si alza e si abbassa, in una ormai debole lotta per la sopravvivenza.                                                                                             
Eppure mi ero ripromesso che quel sospiro sarebbe stato l’ultimo. Quindi corrode scendendo, ormai conservo solo il pallido ricordo di qualcosa di sano, pulito. Ma brucia sempre, in fitte puntuali e strazianti, un po’ come la vita.                                                                                                                                                                             
  È tardi, davvero tardi. Saranno le due, il cielo è rosso, corrotto da una moltitudine di lampioni accecanti. Non  vi è l’ombra di una stella. Ma io le ricordo ancora bene: luci delicate, sparse a generose manciate nella volta celeste. Capitava, ogni tanto, e con attesa ricorrenza, che esse non fossero oscurate dalle nuvole plumbee dell’Inghilterra, e allora risplendevano come gemme. Vi erano notti in cui gli occhi mi si velavano di calde lacrime, senza un’apparente motivo, cosicché arrossivo subito di vergogna. E, affianco a me, nell’erba tenera, c’era sempre una testolina bionda che si agitava per scrutarmi, e la sua risata cristallina di affettuoso scherno. Qualche volta l’eco di quel riso mi giunge ancora, proveniente da chissà che luogo, quale tempo; ma è comunque troppo flebile per prestarvi ascolto.                                                                                                                                                           
Rammento soltanto miriadi di lucciole avvolte in un blu denso e vischioso, e… si, due bambini, sdraiati vicini,in un prato profumato, circondato da abeti maestosi.  L’aria era davvero buona in quei giorni, non faceva male respirare. Forse se solo scorgessi una misera luce nel cielo, solo per potermi illudere, forse avrei la forza di cambiare qualcosa. Potrei almeno esprimere un desiderio, incrociare le dita e crogiolarmi per un po’ in quella insensata speranza di chi, nonostante tutto, crede ancora nelle favole.                                          
Ma non ci sono stelle stanotte per noi.                                                                                                                                                                                                          
Ti guardo.                                                                                                                                                                                      
Eccoti: dormi, un sonno leggero e attento, ma devi permettertelo poiché domani dovrai essere in forze per un'altra giornata, devi poter sopravvivere, almeno tu, sempre e comunque. Per fare altri passi verso ciò che definisci il tuo sogno. Peccato che non condividiamo gli stessi desideri, è davvero triste. Io non faccio parte del tuo piano. Tu invece sei il mio sogno. Lo sei sempre stato, fin da quando eri solo un marmocchio dispettoso. Che cosa languida da dirsi; ma è vero, così tristemente ed inesorabilmente vero, e la realtà mi fa vomitare, poiché resta così amara da accettare, con la dovuta disinvoltura.                                                                                                                          
Osservo il tuo viso. Sembri un angelo, te lo hanno mai detto? Cazzo, quanto sei bello.  Ma che cosa ti guardo ancora a fare?  Ti conosco a memoria, eppure … la pelle diafana è candida neve, capelli come il grano d’estate, ora disordinati sul cuscino.  Vorrei passarci la mano adesso, nonostante l’abbia fatto, mille e più volte.  E il bello è che mi sono fottuto da solo, e tu sei un opportunista, e allora mi hai preso con te. Ma, sul serio, Mello, dimmi. Se mai dovessi intralciare i tuoi piani, in un moto di coraggio recondito, per salvarci, per salvarti; tu mi uccideresti, non è vero? Non aspetteresti un attimo a farlo.                                                                     
Sei l’unica cosa sulla quale posso posare gli occhi ora, come un fiore delicato, sbucato chissà come dall’arido asfalto;  a tutto il resto non ci bado, non ne vedo il motivo. Viviamo in un buco,e i muri si stanno sgretolando, somigliano a pelle malata;  ma tu hai la fastidiosa abitudine di ignorare il livello di sfacelo, così lo faccio anche io. Perché in fondo mi basta osservarti attentamente, e tutto il resto sparisce. Ma quelle labbra … le sfioro con le dita. Piano, fai piano Matt. Il tuo respiro è calmo e mi solletica la pelle. Un fiato dolce, di cui il sapore mi viene riconducibile oramai solo alla cioccolata. Respira, Mello, così. Perché a me fa davvero male anche questo.                                                                                                                                                      
Apri gli occhi di scatto. Sussulto, ma non ho il tempo di chiedermi se in quell’istante ho avuto davvero paura di te. Mi travolgi con una forza sorprendente, sbattendomi sul materasso sudicio. Le tue labbra si schiantano sulle mie e la tua lingua si insinua nella mia bocca con prepotenza, strappandomi attenzioni.                  
Mi era venuto un pò di sonno, ma non fa nulla. Tanto è impossibile dirti di no. Davvero, è semplice: non si può. Sei così schifosamente viziato, con quel tuo modo di fare da puttanella. Che sia deformazione professionale? O magari un talento innato. Però ti va comunque bene, perché è impossibile non provare ad accontentarti.                                                                                                                                                                       
Risalgo con le dita la curva della tua schiena e immergo finalmente le mani tra le tue ciocche, e, per un momento, posso ancora sentire sui polpastrelli i lunghi steli di grano maturo, e l’affanno della corsa, in quel pomeriggio caldo d’estate. Indugio un secondo, quasi a volermi fermare, è una terribile malinconia quella che adesso mi annebbia la vista. O chissà, magari sono solo lacrime; nulla di nuovo, in fondo. Non le verserò, non per te.                                                                                                                                                                      
Ma neppure il lusso di piangere mi è consentito, non ora, perché tu vuoi di più, e non posso dire che questo ritmo non mi soddisfi. Così ti bacio il collo, rapido, per recuperare quegli attimi così preziosi;  poi faccio passare la mia lingua sul tuo petto, scendendo così, fino al tuo bacino. Rabbrividisci. Il sapore della tua pelle, lo sento chiaramente, mi ubriaca, come una boccata d’aria fresca, dopo secoli di apnea. Mi ricorda ancora qualcosa, ennesimo frammento di vita sgualcito e felice, ma si tratta di una memoria così lieve e lontana…è ormai vietato ricordare.                                                                                                                                       
Cerco nuovamente le tue labbra sottili e mescoliamo ancora respiri umidi. Però fa male, è incredibile. Anche questo fa davvero male. Amarti in attimi brevi e violenti. Amarti.                                                                                                                                                                          
Perché ti amo, lo so. E tu ripeti a me le stesse parole, ormai prive di ogni significato, ma, per quanto ti conosca bene, su questo ancora mi è impossibile crederti. Mai fidarsi di Mello, prima regola; le altre nozioni si imparano con il tempo e , quasi sempre, tutte a proprie spese.                                                                                                                                                                            
E poi questo arrotolarsi ovunque lo definisci amore. Già, amore; può darsi, ma ormai ci si presenta ogni notte come qualcosa di così abitudinariamente sporco, è un legame fatto di sola prostituzione. Ogni giorno si ripete, identico, le scene sono sempre le stesse. E quelle le tue battute, non dimenticartele, Matt, non provarti neanche ad improvvisare. Dobbiamo fare sesso, e spesso, ferirci con le unghie. È così che va recitato. Certo, su questo non posso che essere d’accordo. Ci siamo scavati la fossa. E anche se godi, si godi. Ma sei felice? Ecco. Che domanda interessante. Mello, sei felice? Mi respiri forte nell’orecchio, non posso chiedertelo. Ma sarebbe giusto invece, finalmente qualcosa di fottutamente corretto, eppure ti lascio continuare e non ti pongo la domanda, così ferisco un pò me, ma anche un pò te.                                                                 
Il tuo cuore batte forte, posso sentirlo. Spero che almeno uno di quei battiti sia solo per Matt, e, se me lo donerai, lo conserverò, giuro, per sempre. Come il dono più prezioso.                                                                                                     
Ti sei fermato ora. Ansimi forte, infuocato, ma sei immobile. Cosa ti prende? Non stai seguendo il copione. Poi alzi la mano. Una carezza, il tuo palmo passa fresco sulla mia guancia bollente, le tue dita affusolate lo seguono.  Ecco, ora si che ho smesso di respirare, trattengo il fiato, chiudo gli occhi. Potrei morire. Magari è la volta buona. Ma la tua mano … dovrebbe essere semplice impressione, ma non era forse un gesto diverso e a suo modo, non racchiudeva qualcosa di puro, qualcosa di straordinariamente bello? E magari vi è una speranza, nonostante tutto. Comunque mi piace crederlo.                                                                                        
È già finito, hai ripreso a baciarmi con foga, dopo aver ritagliato come se niente fosse quell’ angolo di dolcezza. Solo per noi, un posto solo per noi. Come quel prato, come quel cielo stellato che condividevo con una creatura del bosco. Selvatica, profumava di rugiada e di pino. Forse sono stato troppo incauto, ho creduto che fosse diventata mia e, senza che ci potessi fare nulla, un giorno mi è scappata.                                                    
Mi ha sempre meravigliato la profonda bellezza di tutto ciò che è indomabile; e comunque sono certo che si era girato, quel giorno, a guardare indietro, come per scrutare la via di un impossibile rimpianto.                             
Ti volterai a guardarmi, eh, Mel? Quando arriverà quel giorno che ormai aspettiamo con muta consapevolezza, potrò sentire il tuo sguardo su di me, per l’ultima volta?                                                                                                                                                                                       
Ho ripreso pure i miei sospiri, sempre più affannosi, ti stringo forte. Non lasciarmi, non ancora. Non ce la farei da solo. Ma chi di noi due ha davvero più bisogno dell’altro? In fondo non lo sappiamo. Siamo mai stati realmente separati, per poterlo dire? E allora condividi con me anche questo ultimo dolore che mi fa marcire il cuore, non pensare solo a te stesso, non farlo con me, Mello.                                                                         
È vero, si tratta di un tormento straziante, d’altronde almeno una cosa l’ho imparata: è questo il peso del cuore; ma, se lo portiamo in due forse, sarà più semplice no?                                                                                    
 Semplice come respirare, poiché è impossibile smettere di farlo, neanche se si vuole, oh, e lo si vuole davvero, disperatamente.                                                                                                                                                                                  
Tu sei un pò come fare un respiro roco, e poi un altro.                                                                                                     
Brucia da morire, ma non puoi farne a meno.
 
 
 
 
 
 
 
 
Mello lo guardò allontanarsi, guardò quella sua testa rossa e ripensò che la situazione era del tutto simile a quando lo aveva visto giungere alla Wammy, piccolo e sporco, con il viso tumefatto. La differenza sostanziale era che ora Matt andava via per sempre, mentre un tempo veniva per restare, ancora così a lungo. Ma non avrebbe rimpianto il passato, poiché la sua vita era obbiettivamente breve, e tuttavia la maggior parte di quei giorni erano stati spesi con Matt, e questo bastava a renderla un’ esistenza meravigliosa. Eppure c’era davvero qualcosa di simile al loro primo giorno di vita condivisa, come l’ultimo anello che si ricollega al primo e chiude il cerchio. Così continuò a fissarlo con una punta di perfidia, come a voler prolungare ad insaputa dell’altro il momento dell’addio, l’ennesimo dispetto, per farla breve – era proprio incorreggibile- e, nonostante il tempo incalzasse, guardava ancora una volta quei capelli rossi come il sole al tramonto, fili di sole rosso per capelli. Adesso poteva vederlo chiaramente: in un giorno piovoso, un bimbo biondo alla finestra osserva. Lui guarda il cielo, le montagne, cerca di bucare l’orizzonte, invano. Poi all’improvviso qualcosa di nuovo cattura la sua attenzione: proprio lì, sotto la sua finestrella, un altro bambino, nella pioggia; è fradicio, e sembra così insignificante, così piccolo rispetto a quel mondo sul quale cammina, incerto, eppure Mello non può smettere di guardarlo. Inaspettatamente Il viso gli si apre in un sorriso del tutto privo di senso, come se il nuovo arrivato fosse qualcuno aspettato così a lungo, e finalmente giunto.
Mello esce come una furia dalla stanza e si precipita giù dalle scale.                                                                            


Matt dal canto suo continuava a camminare, perso in chissà quali pensieri e, davanti a se, vedeva una strada senza uscita, ma lì lo portava il suo destino e quindi lui, fedelmente, lo inseguiva.                                     
Sentiva solo un forte peso al cuore, qualcosa di insopportabile e, allo stesso tempo, da dover accettare repentinamente, ma era quasi come un ultimo, inutile fremito di ribellione repressa, proprio quella che, nella sua vita, gli era sempre mancata. Sarebbe stato proprio un bel finale se ora si fosse fermato e avesse deciso di andare in una direzione opposta a quella, ma la sua non era una fiaba e, di certo, non conservava un lieto fine, e, a pensarci, neppure un buon inizio.                                                                                   
Tuttavia Matt era felice; non rimpiangeva quasi nulla, e al di la delle sue aspettative il suo era stato un vivere intenso, forse, troppo intenso; anche  se.. Ecco, se proprio doveva trovare qualcosa su cui lamentarsi era quella: avrebbe voluto che Mello gli regalasse l’ultimo sorriso, così sarebbe morto soddisfatto; quella biondina nevrotica glielo doveva, in fondo lo mandava praticamente sul patibolo.                                                                                                                                                                   Borbottò sommessamente, senza reale avversione, quando, all’improvviso, percepì qualcosa di strano. Una buffa seppur fastidiosa sensazione, come se qualcuno gli stesse fissando le spalle, e, per giunta, con sfacciata insistenza. Il cuore gli si fermò per un istante a pensare alla remota possibilità che Mello lo stesse ancora guardando. “Impossibile”, si disse. Ma c’era di più. Poteva essere che stesse anche sorridendo? Si voltò di scatto, come se qualcuno avesse gridato forte il suo nome; eppure Mello era sparito. Sgattaiolato via, con la solita grazia sorprendente,e senza lasciare tracce indiscrete, come se non fosse mai esistito. Ecco: figura più patetica non poteva esistere: voltarsi indietro e scoprire che lui ti ha già abbandonato. Eppure non pensava veramente a quello Matt, infatti la sua risata spezzata e roca disturbò per un attimo la quiete che si crea la mattina presto, agli albori del giorno. In fondo il sole era appena sorto, e si preannunciava pure una bella giornata, di cui lui però non avrebbe visto venire la notte, semplicemente. Meglio così, a lui piaceva il caldo abbraccio del sole, il placido pomeriggio così ancora ricco di promesse.                                                                                                                                           
“Grazie” mormorò. Un grazie privo di senso, grazie un po’ per tutto, un po’ per niente.                                
 Si avviò, aveva un’importante lavoro da fare e, questa volta, non poteva permettersi nessun errore. Sbuffò. Sarebbe stata davvero una grande scocciatura.                                                                                               
E solo l’ombra di un sorriso lo seguì, così lieve e leggiadra, che nessuno se ne accorse.
 



                                                                                                                                                                                                               
  
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