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Autore: Mini GD    10/04/2013    4 recensioni
“Chi è?”
“Il suo nome è Raul Cooper. Inglese, 32 anni.”
“Chi l’ha trovato?”
“La sua vicina. Era preoccupata perché non l’aveva visto per giorni”
“Causa della morte?”
“E’ ancora sconosciuta. Forse è morto dissanguato”
“Bene. Mettiamoci al lavoro”
Genere: Mistero, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: G-Dragon, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Restò per qualche minuto a fissare la lista di nomi femminili, che gli era stata portata da Baker, erano tutte  donne che avevano minacciato la vittima. Tutte sulla trentina, la più giovane arrivava ai 27 anni; molto facoltose, provenienti da famiglie agiate e con grandi conti in banca, da spendere e investire.
Si contavano 18 nomi, tra cui le prime cinque avevano giurato vendetta, dopo le varie umiliazioni subite, arrivando ad offenderlo pubblicamente. Offese che, secondo gli amici che frequentava, non l’avevano preoccupato o minimamente sfiorato.
“Possibile che abbiamo a che fare con due persone diverse?” domandò Baker, leggendo i diversi fogli contenenti le dichiarazioni lasciate dai suoi “cosiddetti” vicini e dai suoi amici e compagni di gioco.
I primi descrivevano un uomo simpatico, educato e sempre dedito alla famiglia, con i suo impegni lavorativi che lo portavano a fare spesso dei viaggi all’estero. Gli altri, invece, avevano dipinto la figura di un uomo che passava le giornate a divertirsi, godendosi appieno l’eredita dei genitori.
“Sono i piaceri e i lussi del successo immeritato” comunicò il suo pensiero Miller, continuando a cercare riferimenti a un’altra vita occulta di Raul. Guardò il suo amico grattarsi la nuca, posando i fogli sulla scrivania del detective Kwon, aspettando un segnale per entrare in azione, pronto ad andare a investigare e a interrogare i sospettati. A vederlo, si poteva scambiare per un tipo cattivo, forte e aggressivo ma possedeva un animo buono e affettuoso, soprattutto con i bambini.
“Simpatica la somiglianza con la sua abitazione, non trovi Kevin?” domandò la profiler, alzandosi e avviandosi a raggiungere il suo amico, che fissava gli schermi colorati pieni di codici.
“In che senso?” sorrise beffardo, staccando le mani dalla tastiera; lui, a differenza del collega John, era più chiuso e riservato, legato ai pochi amici e familiari che aveva.
“Dall’esterno ti dava l’impressione di essere un tipo solare, magari anche molto legato alla famiglia. Poi, entri in casa e… trovi le ragnatele” ridacchiò, osservando anche lei le varie foto, che erano state trovate sul pc portatile della vittima.
“Apri questa foto” gli ordinò con tono tranquillo, indicando con un dito la piccola miniatura. Una volta aperta, si poteva ammirare la bellezza di una foto digitale, che faceva notare tutti i particolari e i difetti di una casa, che non era quella del luogo del delitto. Nel centro della foto, Raul Cooper affiancato da una donna e da un uomo, rispettivamente sulla sua destra e sulla sua sinistra. Sprizzavano gioia da tutti i pori, con sorrisi che collegavano un orecchio all’altro, vestiti a festa.
“Quella è sua sorella, Kate Cooper, la più piccola della famiglia. L’altro è il fratello minore, Stefan Cooper” sentenziò il detective Kwon, chiarendo ogni eventuale dubbio “Stanno arrivando, vorranno sapere cos’ è successo al loro fratello maggiore, non vieni?” aggiunse, buttando la gomma in un fazzoletto, prima di gettarla definitivamente nel cestino.
 
“Mio fratello maggiore era una persona adorabile, sempre affettuoso e protettivo nei miei confronti” riuscì a dire, con la voce rotta dal pianto, la sorella Kate.  Stefan le stringeva la mano, per infonderle coraggio, nascondendo la sua tristezza dietro a una maschera, per rincuorare la sua amata sorella.
“Lei era a conoscenza di tutte le donne che sono stare raggirate per soldi?” domandò il detective, lasciando da parte i convenevoli  e trascurando, quello che per lui era un teatrino, preparato dalla signorina che lo stava mettendo in atto. Era abituato a sentire sempre piagnistei e con il tempo sentiva la necessità di non affezionarsi, perché la maggior parte delle volte erano finte per l’eredità.
“Mio fratello era una delle persone più gentili che io abbia mai conosciuto! Tutte infamie quelle che sente, non deve assolutamente crederci!” rispose Stefan, guardando negli occhi i due che erano seduti opposti a loro, stringendo sua sorella, come a difenderla da ciò che sentiva.
“Quindi anche lei sa ciò che dicono sul suo conto. Sa per caso chi era tanto in collera con lui da ucciderlo?” cercò di sembrare più dolce Parker, lanciando uno sguardo al suo collega, che cercava di capirci qualcosa in quel caso, che vedeva la vittima divisa in due. Da una parte il dolce e intoccabile signor Cooper e dall’altra, il giocatore d’azzardo Raul, che usava i cuori delle donne al posto delle fish.
“Nessuno! Lo vuole capire o no?!” si alterò ulteriormente, staccandosi dalla sorella e alzandosi per andare via da quella stanza. Il tavolino di legno tremò per la forza con la quale la porta era stata sbattuta, lasciando nell’aria una sensazione strana, di tensione e nervosismo. Il detective prese un grosso respiro, per poi prendere un’altra gomma da masticare, anche se trovava poco corretto nei confronti di chi era interrogato masticare la chewingum; lo faceva di rado, ma ne aveva bisogno, per tenere la calma, che se ne stava andando dalla stessa porta che era stata chiusa con violenza.
“Vi prego di perdonare mio fratello, da quando i nostri genitori sono morti, si era affezionato ancora di più a Raul. Voleva molto bene alla figura di lui che si era costruito, non riesce ad accettare che anche lui aveva qualche difetto. Erano legati dal sangue, capite?” si asciugò le lacrime da sola, usando un fazzolettino con dei ricami particolari. Dal suo volto traspariva tristezza, ma riusciva a mantenere un tono pacato.
“Perché legame di sangue?” domandò istintivamente Kwon, cercando di nascondere il suo masticare, intrattenendo le sue mani nel sistemare le carte e le foto che avevano raccolto del caso.
“Io non sono effettivamente figlia dei Cooper. Mi hanno adottata perché la mia vera madre non poteva mantenermi e loro desideravano tanto una femminuccia da coccolare. Così mi ha detto sempre il mio papà” sorrise, guardando il fazzoletto, ripassando con le mani il ricamo complesso; era un sorriso amaro, di quelli che nascono spontanei nel ricordare una frase di una persona che ti manca.
“Lei per caso sa se qualcuno poteva…” “Si, credo la sua ex fidanzata, Evelyn Wood. E’ sempre stata un tipetto aggressivo e aveva giurato sull’anima del nonno, di vendicarsi nel peggiore dei modi su mio fratello.” Interruppe la domanda che le stava ponendo la profiler, fornendo successivamente anche l’indirizzo dove trovare la donna. Si congedò, promettendo di essere sempre a disposizioni per le indagini, sperando di aiutare a far arrestare l’omicida di Raul.
 
“Evelyn Wood, figlia del famoso azionista Wood Fred. Che tipo questa qui! Arrestata e rilasciata per aver scatenato diverse risse in città” se la rise Miller, leggendo ciò che la polizia aveva raccolto sul conto della donna, indicata come sospettata, da Kate Cooper.
“Poche storie, la voglio qui entro un’ora!” proferì Kwon, uscendo dal  distretto per andare a comprare le sue tanto adorate gomme. “Kimberly, vieni con me?” aggiunse sulla soglia della porta, portando tutti a stupirsi perché aveva pronunciato il nome della signorina Parker, senza appellativi o toni provocatori; non era strano il fatto che andassero insieme al bar, di solito era per continuare a parlare del caso, bevendo una buona tazza di caffè.
“Certo” annuì, prendendo la sua borsa nera e raggiungendo il suo capo. Non l’aveva mai visto come amico, anche se erano soliti parlarsi di cose private, arrivando a darsi consigli sulla sfera familiare, ma secondo lei, degli amici si dicono almeno una volta ti voglio bene; loro due, invece, non erano mai propensi a farlo, erano sempre in continua tensione e sfida. Sapeva molte cose sul conto del detective, come ad esempio la sua fuga dalla Corea per trovare una libertà nell’America, libertà che aveva trovato nel lavorare per trovare chi minava la tranquillità della città, che l’aveva ospitato.
  
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