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Autore: emme30    11/04/2013    5 recensioni
Tanti Auguri a Ilaria ♥
“Sherlock!” lo chiamò dal pian terreno, le mani cariche di borse pesanti. “Sherlock! Mi vieni a dare una mano?”
Dal piano di sopra non arrivò alcuna risposta. Nemmeno un “No, non ho voglia,” o il suono del suo violino, che era un sinonimo di “Figuriamoci se devo abbassarmi tanto a scendere le scale per portare la spesa in casa.”
John salì le scale bofonchiando insulti per il compagno e ripromettendosi di fargliela pagare in un modo nell'altro appena lo avrebbe visto sdraiato sul divano.
“Sherlock! Porca miseria potevi anche venire ad aiutarmi a portare-”
John si interruppe nel momento in cui si accorse che non c'era nessuno nel salotto, era completamente vuoto. Alzò le sopracciglia, sorpreso e confuso, per poi dare un'occhiata in cucina, anch'essa deserta. Non c'era neppure nulla sul fuoco, o nel microonde, e gli esperimenti di Sherlock erano tutti nel frigo, al posto della roba da mangiare.
John posò le borse della spesa sul pavimento e salì ulteriormente le scale per vedere se Sherlock fosse in camera, ma dovette constatare dopo poco che il 221b di Baker Street era misteriosamente deserto.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedicata al mio Sherlock,

alla mia metà migliore

e all'amore della mia vita

 

 

It's dangerous when I'm not with you

 

 

John odiava andare a fare la spesa. Odiava pensare di dover girare da solo per il supermercato poco lontano da casa, odiava dover confrontare i mille prodotti che aveva davanti agli occhi e scegliere tra quello che costava meno o quello di qualità, ma soprattutto odiava la cassa automatica.

Era un uomo adulto e non aveva problemi ad ammettere di non essere assolutamente capace a utilizzare quello stupido aggeggio che faceva sempre un rumore fastidioso e non gli prendeva la carta di credito o attirava l'attenzione dell'intero supermercato su di lui.

Poi quando la luce si accendeva e faceva uno stridio insopportabilmente acuto, diventava matto. A confronto, Sherlock che sparava nel muro alle tre del mattino era una ninnananna piacevole.

Ma, per quanto odiasse con tutto il cuore quell'attività, era costretto a farla almeno una volta la settimana, visto che se il frigo non lo riempiva lui di roba commestibile, il suo compagno utilizzava ogni centimetro quadro per i suoi esperimenti trafugati dall'obitorio del St. Bart. E non era poi così piacevole aprire il frigo la mattina appena sveglio e trovarsi una tazza piena di bulbi oculari esattamente accanto alla bottiglia del latte. A tutto c'era pure un limite.

Quel giorno fare la spesa fu ancora più inquietante del solito, visto che con il carrellino a mano riuscì a scontrare una grossa esposizione di piselli in scatola in offerta e fece finire buona parte delle lattine sul pavimento. Inoltre, dopo quello spettacolo assolutamente non programmato, la cassa automatica si bloccò almeno tre volte, la commessa si offrì pure di mettergli a posto la spesa nei sacchetti, perchè a quanto pareva, ogni volta che si spostava faceva danno.

Nel tragitto per andare a casa riuscì addirittura a rompere una maniglia del sacchetto e un paio di arance ribelli rotolarono lungo Baker Street per poi finire sotto le ruote di un taxi. Diamine, le aveva pure pagate un sacco di soldi.

Aprì a fatica il pesante portone, sollevato di essere finalmente a casa.
Sherlock!” lo chiamò dal pian terreno, le mani cariche di borse pesanti. “Sherlock! Mi vieni a dare una mano?”

Dal piano di sopra non arrivò alcuna risposta. Nemmeno un “No, non ho voglia,” o il suono del suo violino, che era un sinonimo di “Figuriamoci se devo abbassarmi tanto a scendere le scale per portare la spesa in casa.

John salì le scale bofonchiando insulti per il compagno e ripromettendosi di fargliela pagare in un modo nell'altro appena lo avrebbe visto sdraiato sul divano.

Sherlock! Porca miseria potevi anche venire ad aiutarmi a portare-”
John si interruppe nel momento in cui si accorse che non c'era nessuno nel salotto, era completamente vuoto. Alzò le sopracciglia, sorpreso e confuso, per poi dare un'occhiata in cucina, anch'essa deserta. Non c'era neppure nulla sul fuoco, o nel microonde, e gli esperimenti di Sherlock erano tutti nel frigo, al posto della roba da mangiare.

John posò le borse della spesa sul pavimento e salì ulteriormente le scale per vedere se Sherlock fosse in camera, ma dovette constatare dopo poco che il 221b di Baker Street era misteriosamente deserto.
Misteriosamente, perchè prima di uscire John aveva espressamente chiesto a Sherlock se fosse rimasto a casa, e la risposta era stata affermativa, più che affermativa.

Qualcosa non quadrava. John scese le scale quasi a disagio, per poi prendere il cellulare e mandare un sms al suo compagno. Gli faceva ancora strano pensarlo in quel modo e doversi preoccupare per lui non più come faceva un amico. Era stata una cosa graduale, così lenta e inarrestabile che non si era neanche accorto di essere diventati una coppia fino a quando non si erano baciati la prima volta, circa un mese prima. Da lì le cose erano andate avanti molto lentamente, con tutta la calma del mondo, visto che non avevano nessuno che corresse loro dietro.
Ed era stato semplicissimo, perchè erano sempre loro due, ma adesso John poteva intrecciare le dita con quelle di Sherlock quando erano a casa la sera seduti sul divano a leggere o guardare la televisione. Poteva allungarsi e baciarlo sulle labbra, e accoglieva sempre di buon grado il modo in cui Sherlock si stiracchiasse su di lui come un gatto per accoccolarsi contro il suo petto e farsi baciare la fronte.

Erano una coppia a tutti gli effetti ormai, e John era sicuro di non essere mai stato tanto felice in vita sua. Mai era stato così bene con un'altra persona, mai aveva avuto qualcuno che lo capisse come lo capiva Sherlock, mai aveva provato certe sensazioni nei confronti di qualcun altro. Poco importava che si trattasse di un uomo, John non aveva mai avuto problemi a riguardo; stava con Sherlock perchè era come un treno in corsa con i freni rotti, non sapeva mai se sarebbe arrivato a destinazione tutto intero, ma sicuramente il viaggio sarebbe stato movimentato.

Montagne russe, ecco cosa gli faceva provare Sherlock. Un attimo era tranquillo al suo fianco a coccolarsi sul divano a baciarsi languidi la sera prima di andare a dormire, a perdersi l'uno negli occhi dell'altro, e quello dopo c'era qualche caso da risolvere, c'era da correre, da trattenere il respiro, da stringersi la mano e fidarsi che l'altro non l'avrebbe mai lasciata.

E a John le montagne russe andavano più che bene, Sherlock andava più che bene.

Quando gli faceva sapere dove si trovava.

Attese una risposta mentre metteva la spesa dentro il frigo, imprecando neanche a voce troppo bassa quando trovò dei pollici nel contenitore del burro, ma il cellulare rimase silenzioso fino a che non si stufò e decise di chiamarlo.

Sherlock buttò già al primo squillo, ma prima che John provasse a richiamarlo, un messaggio gli fece vibrare il cellulare.

Sono fuori. SH

Grazie, non l'avevo mica capito, guarda, commentò sarcastico John nei suoi pensieri, prima di mandargli un altro sms per chiedergli dove fosse, perchè se ne fosse andato e per quando pensava di tornare. Passò mezzora e non ci fu alcuna risposta, quindi John provò a richiamarlo, trovando inspiegabilmente il cellulare di Sherlock spento.

Si morse il labbro, guardando lo schermo, ma non si perse d'animo, visto che si stava preoccupando e sentiva una sensazione strana divagargli nel petto.
Chiese a Mrs. Hudson se Sherlock le avesse lasciato notizie prima di uscire, ma a quanto pareva lei non sapeva neanche che non fosse in casa. Molly lo aveva sentito l'ultima volta il giorno prima e gli comunicò quasi rammaricata che aveva di nuovo lasciato il suo frustino in obitorio. Lestrade, Donovan e Anderson avevano tutti il cellulare spento e all'ufficio di Scotland Yard si rifiutarono di dirgli dove fossero. Pensò addirittura di chiedere a Mycroft, ma si accorse in quel momento di stare diventando un po' paranoico, quindi mandò il suo compagno al diavolo e si mise a prepararsi il pranzo e guardare tv spazzatura con un orecchio attento per sentire se magari Sherlock fosse tornato a casa.

John ci provò davvero a non stare in ansia, a non preoccuparsi, a non chiedersi mille volte al secondo dove fosse Sherlock e perchè non si facesse sentire, ma fu tutto in utile, rimase ad aspettarlo seduto sulla sua poltrona fino a serata inoltrata, fino a quando sentì il suo passo familiare salire le scale.

Artigliò le mani ai braccioli della poltrona, sentendo la frustrazione che aveva provato durante tutta la giornata trasformarsi in rabbia e voglia di urlare, sfogarsi con qualcuno che non fosse la segreteria telefonica di quell'incosciente.

Sherlock entrò nel salotto armeggiando con il suo cellulare, occhi fissi sull'apparecchio mentre si sfilava la sciarpa dal collo. John lo guardò truce in attesa che i suoi occhi si posassero su di lui e potesse finalmente dirgli di tutto, ma non gli sfuggì un taglio che aveva su uno zigomo, o come i suoi capelli fossero scompigliati e non dal vento, o il fatto che stesse zoppicando.

Dove sei stato?” chiese subito affilato, senza neanche aspettare che gli dicesse qualcosa.

Fuori, te l'ho anche detto,” fu la risposta asciutta di Sherlock mentre cercava di camuffare una smorfia di dolore mentre si sfilava il cappotto di dosso e lo abbandonava su una sedia.

A fare cosa?”

Cose.”

Cose?

Sherlock alzò in quel momento gli occhi dal cellulare per incontrare quelli di John pieni di rancore e preoccupazione. Rimase zitto un attimo a contemplare l'espressione sul suo volto prima di corrugare le sopracciglia.

Sei arrabbiato,” non era una domanda.
Oh, e da cosa lo deduci?” domandò sarcastico John scuotendo la testa per l'ovvietà di quella frase.

Beh in primo luogo dalla tua postura tesa, da come-”

E' ovvio che sono arrabbiato! Dove sei stato tutto il giorno? Perchè non mi hai detto niente? Per quale motivo sei ridotto così male?” John si alzò in piedi gesticolando, guardando Sherlock irato.

Cose, John, c'erano cose che dovevano essere fatte.”

Che tipo di cose?”

Cose importanti.”

John era sull'orlo di un esaurimento nervoso, era proprio in bilico prima che cominciasse la discesa delle sue montagne russe personali. Però questa volta avrebbe lanciato Sherlock già dal carrellino in corsa, ne era sicuro.

Prima che potesse rispondere con la sequela di insulti che si era preparato durante la giornata, sentì la porta della cucina aprirsi.

Sherlock, caro, ho sentito che sei tornato, vi ho preparato del the con i biscotti e oh-”

Mrs. Hudson si interruppe non appena li vide, e quasi John si sentì in colpa, non voleva che la loro padrona di casa li vedesse in quel modo mentre stavano litigando. “Oh scusatemi cari, meglio che chiuda la porta così avete la vostra privacy anche per quando farete pace.”

John avvampò a quelle parole. “Mrs. Hudson!

Lei sorrise e li guardò facendo un mezzo sorriso. “Cosa c'è caro? E' così che funziona, no? Vi lascio, buonanotte, e guardate che il the si fredda!”

Non-” John non riuscì a replicare nulla, visto che la porta si chiuse e Mrs. Hudson sparì dalla cucina e dal vano. In un secondo netto il suo sguardo tornò sul viso di Sherlock, che stava quasi sorridendo complice.

Nessuno farà pace stasera,” puntualizzò John cercando di far andare via il rossore dalle sue guance. “Mi hai fatto preoccupare tremendamente oggi, perchè non mi hai risposto?”

Sherlock alzò un sopracciglio, quasi scocciato. “Avevo cose importanti da fare.”

Tipo?”

Cose importanti.”

Perchè non mi vuoi dire di cosa si tratta? Non avrai mica ucciso qualcuno!”
“Oh no, a quello ci ha pensato il marito della commessa.”

John lo guardò confuso, senza capire quella ammissione, mentre Sherlock apriva il suo portatile e digitava qualcosa veloce sulla tastiera. Poi, finalmente, arrivò a cosa il suo compagno non gli stava dicendo.

Eri con Lestrade a risolvere un caso oggi?”

Sherlock alzò le spalle, come se la risposta non fosse abbastanza importante.

Perchè non mi hai detto niente?”

Eri a fare la spesa.”

E da quando io che non sono in questo appartamento vuol dire che tu risolvi casi da solo senza di me?”
“Perchè è il mio lavoro, John,” Sherlock si voltò verso di lui, alzandosi in piedi per andare in cucina. “Io risolvo i casi, io sono il Consulting Detective qui.”

John quasi boccheggiò. “Ma... è una cosa che facciamo insieme. Che abbiamo sempre fatto insieme da quando ci conosciamo.”

Non importa.”
“Sì, che importa! A me importa! Io voglio fare queste cose con te!”
“John, non insistere, hai il tuo lavoro, le tue cose, non c'è bisogno di rischiare la vita per risolvere un caso per cui posso sbrigarmela da solo.”

Oh sì? E' questo che pensi? Perchè il tuo zigomo non mi sembra tanto d'accordo.”

E' pericoloso, John.”

Lo so, c'ero anche io in quella piscina, o a Baskerville o quando ci hanno rapito i mafiosi cinesi. I rischi li conosco, ma non mi interessa!” a John ormai non badava neanche più a tenere il volume della voce basso, per lui poteva anche sentirla tutta Baker Street quella litigata, era troppo importante perchè lasciasse perdere. “Non mi interessa se è pericoloso, io voglio esserci!”
“Interessa a me! Non posso pensare di metterti in pericolo per qualche stupido caso.”

Non so se te ne sei accorto, ma sono un uomo adulto, so decidere per me quando qualcosa va oltre le mie capacità. Non ho bisogno di qualcuno che mi faccia da balia!”

Sherlock si limitò a scrollare le spalle, come se quello che avesse detto John non fosse abbastanza importante, eppure, l'uomo si accorse che stava nascondendo qualcosa, qualcosa di grande. E la sua pazienza stava andando oltre il limite.

Spiegami perchè, perchè santo cielo non vuoi che venga-”
“Perchè ti amo.”
Silenzio per la prima volta da quando Sherlock era tornato a casa, a John era semplicemente morto il respiro in gola, perchè quelle due parole non gliele aveva mai dette nessuno, soprattutto da Sherlock.

Perchè non posso pensare di metterti in pericolo, non posso pensare che se qualcosa va male tu ci rimanga in mezzo, non posso pensare di rivederti di nuovo come in quella piscina. Non puoi chiedermelo John, non farlo.”

John deglutì, sentendo la bocca secca e il cuore martellargli oltre che nel cuore, persino nelle tempie. Non ragionò troppo sulle sue azioni, lo raggiunse con un paio di falcate, gli prese il viso tra le mani e lo baciò sulle labbra, completamente sopraffatto da tutto quello che stava provando grazie a Sherlock, da quell'amore che era nato quasi per caso e senza il quale non poteva davvero più vivere.

Si accorse a malapena delle mani di Sherlock che si andarono a posare sui suoi fianchi o del rumore di un bicchiere che finiva sul pavimento. John lo baciò finchè ebbe aria nei polmoni.

Lo lasciò andare con uno schiocco bagnato, cercando subito i suoi occhi.

Ti amo anche io,” disse quasi coraggioso, perchè quelle parole non le aveva mai dette a nessuno, e il sorriso sulle labbra rosse di Sherlock gli scaldò il cuore. “Ma questo non vuol dire che devi proteggermi in questo modo. Ma pensa a me che ho dovuto aspettarti tutto il giorno senza sapere dove fossi.”

Ma io ero sicuro che tu stessi bene.”

Io no,” ribattè John accarezzandogli la guancia. “Pensa ad essere nei miei panni, pensa a quanto sia brutto non sapere, tu che sai sempre tutto.”

Sherlock aprì la bocca per replicare, ma la chiuse un attimo dopo, gesto che John interpretò come delle silenziose scuse per la giornata appena trascorsa.

Gli passò una mano sul taglio che aveva sullo zigomo, sentendolo gemere dal fastidio. “Però devi spiegarmi perchè da oggi i casi sono diventati troppo pericolosi, ti rendi contro che non ha senso come ragionamento?”
“Perchè adesso ho troppo da perdere,” ammise Sherlock intrecciando le dita con quelle di John e mordendosi il labbro.

John si sentì mancare il respiro nel petto e si avvicinò di nuovo alle sue labbra per baciarlo, per allacciargli le braccia al collo, per stringerlo a sé e per non lasciarlo andare mai più.

Io però voglio venire con te, voglio sempre venire con te, anche se è pericoloso. Ti ho salvato la vita più di una volta, lo sai che non sono una ragazzina impaurita. Ti sei mica scordato che ero un soldato?”

Eri un dottore.”

Quante volte ti devo dire che le mie giornate no le ho avute pure io?”

Sherlock ridacchiò, facendo scivolare le mani sui fianchi di John.

Prometti che non farai più come oggi?”
“Uhm...”

Sherlock.

Oh, e va bene...”

John sorrise, entusiasta della sua conquista, per alzarsi sulle punte dei piedi per far scivolare il suo naso contro quello di Sherlock. “Grazie,” sussurrò, prima di baciarlo ancora, percependolo sorridere in quel dolcissimo contatto.

L'appartamento rimase in silenzio per tutto il resto della serata.

 

Mrs Hudson, al piano di sotto, sospirò contenta quando non sentì più volare una mosca sopra la sua testa e le urla di Sherlock e John smisero di arrivare alle sue orecchie. Si alzò dal tavolo, mettendo nel lavandino la sua tazza di the scuotendo la testa un po' rassegata.

Ah, questi uomini...”

 

 


Grazie a Clarissa per il prompt e scusatemi gli errori, non è betata!

   
 
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