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Autore: Ludsah    11/04/2013    2 recensioni
"Il mio nome è Elizabeth Greentown; non ho famiglia, non ho luoghi, non ho legami, ho solo la magia. Però anche questa dovrò contenerla, perchè sto per passare un'estate con una famiglia per recuperare gli anni di magia persi ad Hogwarts. Dalla famiglia di un mio professore; il signor Potter. Ho sentito dire che ha dei figli che già la frequentano.. Non vedo l'ora di scoprire".
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Nessun contesto
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La proffessoressa McGranitt bussò alla porta, mentre io chinai il capo verso il basso, rivolgendo il mio sguardo alle chiari assi di legno che costituivano il pianerottolo. Sapevo benissimo perché ero lì, ma mi sentivo fuori luogo e fuori momento. Non era quello che intendevo quando chiesi di recuperare ciò che mi ero persa nello studio della magia; non mi interessava conoscere i miei futuri compagni di scuola, né tantomeno un professore. Speravo in una permanenza estiva ad Hogwarts, visto che comunque non avrei saputo dove andare. Eppure a questo quesito la risposta era la seguente, ormai ero lì.
Il signore mi guardò sorridente, rivelando occhi limpidi che incorniciavano una cicatrice rossa sulla sua fronte. Era meno maestoso di quanto mi era stato descritto, ed apprezzai questa sua umiltà.  Si appoggiò con una spalla allo stipite, in attesa di un mio gesto.
«Vuoi entrare?». Aspettò una mia risposta, cortese e cordiale, mentre scossi inconsciamente la testa, decidendo di alzare definitivamente lo sguardo. Avanzai di un passo, sospirando come per ultima andata.
«In realtà no» bofonchiai sovrappensiero, quasi sospirando per la mia inadeguatezza che sentivo crescere sempre di più secondo per secondo. «Ma credo di non aver altra scelta, signor Potter». Seguii il piccolo uomo dentro la sua dimora, fino a giungere ad un salotto arredato come la casa babbana dov’ero cresciuta. La signora McGranitt era seduta su un divano, di fronte ad una donna, forse la moglie del professore. Maneggiava con eleganza una tazza di the d’essenza di Mandragora, mantenendo uno sguardo attento. Un libro parlante volò verso le mani della donna snella dal viso tondo e lentigginoso, con allegri capelli rossi. Si voltò verso di noi, sorridendo e facendo cenno di sedersi sui divani ai loro lati.
«Oh, accomodati pure Elizabeth» sussurrò, mantenendo il sorriso. «Com’è andato il viaggio?».
«Non mi sembra il momento di perderci in convenevoli, Ginny Weasley», la rimproverò con attenzione alla sua autorità la professoressa. «Ricordo che la nostra permanenza qui è esclusivamente per illustrarvi i piani di studi che propongo per la ragazza, e..».
«Miss McGranitt, per favore», sospirò il signor Potter, prendendo posto al fianco della consorte, mentre io mi adagiavo con poca grazia su una poltroncina tra i due divani. «Non sia frettolosa. Ci hanno già informato del motivo di questa richiesta, in quanto professore io stesso ritengo sia un buon modo per apprendere».
«Signor Potter, se dovesse dare qualche problema, ne sono responsabile» bofonchiò, lanciandomi un’occhiata severa ma compassionevole. Ero sicura che capiva come mi sentivo, la situazione che, malgrado non mi andasse per niente, dovevo accettare. Ero sempre stata un peso nella vita altrui, ormai questo pensiero mi era chiaro e la signora McGranitt sapeva della mia paura di esser ripudiata ancora. Mi venne quasi un brivido quando mi accorsi che l’uomo era dietro lo schienale della poltrona dove ero seduta, mentre mi appoggiò i suoi palmi sulle mie spalle come per rassicurare me e lei.
«Sarà solo ed esclusivamente responsabilità mia. Starà coi ragazzi, apprenderà la magia durante lezioni private che farò personalmente e passerà un periodo estivo divertente». Anche la signora dai capelli rossi ora era al suo fianco, appoggiandosi amorevolmente con una mano sul suo braccio. Per qualche secondo mi soffermai su di loro, sembravano così perfetti insieme.
Miss McGranitt annuì con un poco di riluttanza, quasi indecisa se gradire la risposta o meno.  Poi stirò un poco il collo, alzando bene il mento per riprendere rispetto e orgoglio che la caratterizzavano.
«Bene, signori. Non ci resta che discutere del programma di studi, se per voi tutto il resto è accettabile». La signora Potter mi porse la mano candida, in segno di seguirla. Manteneva un sorriso semplice e puro, quasi temendo che se avesse mostrato più entusiasmo mi sarei potuta spaventare.
«Elizabeth, seguimi per favore. Mentre loro si accordano su questo ti mostro la tua stanza». Uh, la mia casa per i prossimi tre mesi. Guardando fuori dalla finestra potevo veder trascorrere anche i minuti con più lentezza. Ero terrorizzata all’idea che dopo quel periodo di tempo dove mi sarei a malapena adattata avrei dovuto riatturare il processo di integrazione nella grande scuola di magia di Hogwarts.
«Lizzie», azzardai d’un tratto, quando dopo aver recuperato il mio pesante bagaglio la seguii lungo una scalinata stretta fra due mura color pastello. «..Mi chiami Lizzie, per favore». Aspettò di giungere al piano superiore per rispondere, in modo da potermi lasciare qualche secondo di respiro dopo aver poggiato il sacco pesante sul pavimento di legno. Si scostò con eleganza una ciocca rossa dal viso, mettendola dietro l’orecchio che mostrava un orecchino d’oro.
«Solo ad un’eccezione, cara. Dammi del tu» mi sorrise, intimandomi col braccio a riprendere il peso per trascinarlo lungo un corridoio non troppo lungo. Eseguii, seguendola prima con lo sguardo che con i gesti, studiando le sue mosse. «E chiamami Ginny». Aprii una porta, scostandosi in modo da lasciarmi passare al suo interno: pareti in legno, pavimento il legno, mobili il legno. Era rustica come stanza, ma mi piaceva. Dava un certo senso di sicurezza. Mi voltai, forse per la prima volta in quella giornata fui io a sorridere.
«Grazie tante, Ginny» bofonchiai arrossendo un po’, non ero abituata a rivolgermi così poco formalmente alle persone più adulte. I suoi occhi brillavano ancora dalla cortesia quando si voltò per farsi indietro, in modo che potessi studiare la stanza e sistemare le mie cose; quasi senza accorgermene però temevo di restare sola. «A, aspetta». Si voltò quasi sorpresa del tono non più in sussurro, lieta però per aver mantenuto ancora l’accordo. «Davvero, io.. Per me è importante essere qui, sono.. Infinitamente grata». Fece un cenno amorevole con la mano, abbandonandomi al silenzio di quel luogo.
Quasi con riluttanza tirai fuori le vesti dalla valigia, posizionandole sul letto morbido dalle calde lenzuola. I miei oggetti personali erano pochi; si trattavano soprattutto di libri di testo di Arti oscure, Erbologia, Magia Moderna.  Poi c’era anche l’unica cosa cui tenessi per davvero, una piccola scatola lunga e stretta al cui interno v’era la bacchetta che avevo ereditato dalla mia vera famiglia, da mio nonno per la precisione, che mi aveva allevato per i primi sette anni della mia vita. Prima che iniziassi a girare da una casa all’altra, s’intende.
Stavo inconsciamente accarezzando la bacchetta tra le dita quando udii come un fruscio verso la parete: mi voltai di scatto, esaminando col lo sguardo la zona incriminata.
«C’è.. Qualcuno?» gracchiai, decisamente poco elegantemente. Era ovvio che non mi aspettassi una risposta, quindi feci qualche passo finché non porsi una mano in avanti, riuscendo a percepire un qualcosa, o meglio, qualcuno, prima dell’effettivo muro. Tirai con prepotenza il tessuto che avevo preso tra i palmi, scoprendo una figura estranea. «Chi sei?». Istintivamente mi ritrassi, quasi frastornata al pensiero che mi avessero visto disfare i bagagli. Il soggetto si rivelò più alto di me di svariati centimetri, scoprendo una sagoma dietro di lui, più minuta e femminile. La ragazzina ridacchiò animamente mentre mi venne in contro ponendo i palmi di fronte a sé come per impormi calma.
«Scusa se ti abbiamo spaventato» sorrise, mentre anche il ragazzo si faceva luogo versi di me. «Io sono Lily, sarò tua sorella per quest’estate». Mi prese le mani cortesemente, sprigionando un’aura tanto allegra quanto innocente. Capelli rosso chiaro le svolazzavano liberi per il capo, mentre occhi azzurri e luminosi erano incorniciati da lunghe ciglia. Occhi più chiari e profondi però appartenevano al ragazzo, che mi osservò per qualche secondo prima di proferire parola, poi sfoderando delle fossette candide.
«Piacere, Albus» bofonchiò, stringendo la mia mano rimasta libera. «Perdona l’intrusione, credo che la risposta più sincera sia che non abbiamo contenuto la curiosità».
«Siete..» ripresi coscienza d’esser in vita solo quando sentii le mie labbra muoversi. «..Strani, eh». Si guardarono, per poi ridere. Lily portò la lingua ad un lato della bocca, ridacchiando più istintivamente.
«E devi ancora conoscere James».
 

-Angolo dell'autore-

Spero che vi piaccia la mia storia.. Ovviamente è scritta di getto, quasi una bozza.. Oddio djasdnhaskjl spero vi piaccia, perchè io amo Harry Potter e malgrado non sia in grado di scrivere come na nostra Joanne K. Rowling volevo provare a scrivere un qualcosa di nuovo, interessante...
Spero di esserci andata vicino per ora! Buona lettura e GRAZIE di aver letto il primo capitolo c: 
Luds
  
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