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Autore: Bekah Mikaelson    11/04/2013    1 recensioni
[ Damon/OC, Klefan. Da 3x13 alternativo.]
La neonata rise e, osservando bene i suoi occhi azzurri, Mary notò che vi era una sfumatura violetta nelle sue iridi chiare.
« Violet…,» sussurrò tra sé prima di sollevare lo sguardo verso la novizia, « La chiameremo Violet.»
Ciò che Mary Jones non avrebbe mai potuto pensare, però, era che quella bambina non era semplicemente una neonata pura come tutte le altre.
Ciò che Mary non poteva nemmeno lontanamente immaginare era che la creatura che aveva aiutato a nascere aveva come padre uno dei mostri più oscuri e pericolosi mai esistiti.
Ciò che Mary non avrebbe mai potuto sapere era che la piccola Violet aveva gli stessi geni del padre e la stessa maledizione che affliggeva lui.
Un ibrido.
Un dampiro.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Damon, Salvatore, Klaus, Nuovo, personaggio, Stefan, Salvatore
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Prologo
 

La vita è un sogno dal quale ci si sveglia morendo.
Virginia Woolf

 
London, Greenwich. 1759
 
Mary Jones aveva scorto molte stranezze nella sua lunga vita al servizio delle Dame inglesi. Aveva assistito all’iniziazione di molte consorelle di età diverse. Aveva esaminato giovani nobildonne che, per sfuggire a dei matrimoni combinati, avrebbero intrapreso un percorso in cui non credevano veramente. Mary era ben diversa da loro. Di umili origini, nata da un matrimonio colmo d’amore tra un fabbro e un’ostetrica, Mary aveva percepito la luce divina rischiararle l’animo e aveva atteso con pazienza e trepidazione il momento in cui si sarebbe unita ad essa. Essere ammessa tra le Dame inglesi non era stato semplice, ma la sua vocazione e la sua diligenza, nonché il suo buon cuore, l’avevano resa degna di appartenere a quell’ordine. Da quel giorno erano trascorsi quasi vent’anni, ma la passione e  l’amore verso la fede non erano sfumati col tempo, bensì si erano acuiti maggiormente nel suo animo. Mary adorava passeggiare per il convento, con un rosario di semplice legno chiaro tra le dita ormai anziane, intente nelle sue preghiere a voce bassa e sussurrata per non disturbare quelle delle altre consorelle. Quel giorno, però, taluni pensieri turbavano la mite quiete in cui viveva. L’inverno stava colpendo il suolo inglese con la sua potenza distruttrice e la guerra infuriava per il controllo delle Americhe. Molte donne non avrebbero scorto i loro mariti tornare a casa. Era arrivata all’entrata del monastero quando un suono richiamò la sua attenzione.
« Aprite. Vi prego, aprite,» udì dei colpi sul portone del suo adorato convento. Una voce femminile gemeva sommessamente dietro di essa. Sembrava piangere. Mary si affrettò ad aprire, certa che qualcosa di inusuale stesse per accadere.  
« Cosa vi accade?» domandò scorgendo la donna inginocchiata sul gradino dinanzi al portone d’acero, con la mano serrata in un pugno tremante e fioco ancora poggiata su di esso. L’altra era poggiata sul ventre rotondo e prominente. Visibilmente gravido. Era vestita di stracci bagnati, sicuramente a causa della rottura delle acque.
« Debbo partorire,» esalò tra i gemiti e i sospiri. Mary l’aveva già inteso, ma lo sbigottimento l’aveva per un attimo impietrita sul posto. Subito accorse e la sollevò in piedi, nonostante il forte tremolio delle gambe della donna. Era arrivato il momento. Il travaglio era stato breve e molto doloroso. Era sudata e piccole gocce che sembravano rugiada le imperlavano i lunghi capelli ricci e neri. Respirava a fatica e fremeva come se stesse trattenendo il bambino per rimandare di poco il parto. Per darle un po’ di tempo.
« Sorella Martha, preparate un letto e degli asciugami,» esclamò con voce imperiosa verso una giovane consorella che, attirata dagli inconsueti rumori, era accorsa all’ingresso. Era una novizia e quello era il suo primo parto, « Fate presto,» continuò quasi tuonando quell’ordine quando la vide ancora ferma e pietrificata sul posto. La comprendeva. Lei stessa era rimasta sorpresa da quell’evento. La giornata era fredda, glaciale. Quell’anno il tempo era stato impietoso con l’Inghilterra, già scossa dalle battaglie oltreoceano contro il nemico francese. Martha, riscuotendosi dalla sorpresa, si affrettò ad obbedirle mentre Mary conduceva la giovane verso una delle tante camere del convento, « È già cominciato il travaglio, cara? » domandò con voce gentile e materna per mitigare il dolore. Doveva essere il suo primo parto. Dimostrava di avere poco meno di vent’anni. Giovane, abbastanza graziosa, una ragazza come molte altre nella capitale inglese. Doveva esserle stata usata violenza. Non era interesse di Mary conoscere la sua storia. L’avrebbe aiutata in ogni caso. Avrebbe ospitato volentieri lei e il suo bambino sino a quando non avessero trovato un domicilio stabile.
« Ho… paura. Ho tanta paura, sorella,» sussurrò timorosa mentre le due suore la facevano accomodare in una delle prime stanze del convento.
« Non preoccuparti. Ho aiutato molte ragazze a partorire. Accomodati. E respira profondamente.»
Il parto fu semplice. Sembrava che il bambino avesse fretta di uscire dal corpo della madre, come se sapesse in quali condizioni versava la partoriente. La giovane a stento avrebbe superato la prossima notte. Mary lo notò dal respiro greve e pesante, dal pallore delle sue gote che si erano animate poco durante il parto. Lo notò dalla quantità di sangue che colorava le lenzuola prima candide del letto sul quale l’aveva fatta distendere. Le urla erano state sconnesse e rade. Non sembrava avere la forza nemmeno di piangere per il dolore. Ma il bambino era sano. Sanissimo. Ed era bello. Aveva subito pianto e agitato le mani. Quando tagliò il cordone che lo legava alla madre, notò che era una femmina. Una bellissima neonata dai corti capelli chiari come il grano. Prima che potesse comunicarlo alla ragazza, lei le fece cenno di udirla. Aveva gli occhi chiusi e si sfiorava il collo. Estrasse un piccolo monile poco prezioso entro cui era contenuto un foglietto.
« Mi ascolti,» mormorò provata, con un sol filo di voce nel corpo. Mary aveva aiutato a partorire molte giovani donne. Sua madre le aveva insegnato le basi dell’ostetricia, ma Mary non era un medico. Non avrebbe saputo curare né lenire le sofferenze di una donna partoriente. Molte ragazze erano vive grazie alla loro forza di volontà. Però quella che aveva dinanzi a sé non desiderava vivere. Lo poteva scorgere dai suoi occhi scuri, che aveva appena spalancato per poterla guardare in viso, « Dia questo al bambino. Spero sia bello quanto suo padre,» sussurrò con un flebile sorriso colmo di affetto e felicità. Mary non ebbe nemmeno tempo di riferirle che la creatura che era venuta al mondo non era un bambino, ma una piccola e paffuta bimba dagli occhi azzurri e vispi.
Mary osservò quel biglietto ripiegato con costernazione. Non voleva aprirlo. L’avrebbe conservato intatto sino a quando la bambina non fosse divenuta abbastanza grande per comprendere cosa vi era scritto. Martha stava ripulendo la piccola con un panno candido e profumato di bucato. Non aveva avuto cuore di riferirle ciò che era accaduto a quella giovane e misera donna. Doveva essere stata incantevole mesi prima. In quel momento, però, le appariva scarna come se non si nutrisse da mesi e mesi. Forse da quando il rigonfiamento del ventre era apparso evidente. Martha cullò la bimba e le sorrise, giocando le sue manine che tentavano di afferrare la cuffia candida della sua veste monacale. Poi cominciò ad avanzare verso la madre per mostrarle quella splendida creatura.
« Perché l’avvicini, Martha? È morta,» riferì stanca, carezzando il capo di quella povera fanciulla. Era spirata con un sorriso. Era in pace. Però aveva lasciato sua figlia. Martha sobbalzò visibilmente e guardò impietosita la giovane che non poteva più ricambiare il suo sguardo.
« Come… come la chiameremo?» domandò Martha costernata, ninnando la piccola che piangeva forte. Mary si avvicinò a loro e domandò con un gesto di cederle il fagottino rosa che Martha aveva tra le braccia. La bambina si calmò subito e cominciò ad osservarla con curiosità. Come se sapesse di potersi fidare di lei. Mary non aveva mai desiderato generare un figlio. Mary sapeva che la sua vocazione le avrebbe impedito di godere delle gioie del matrimonio e non le era mai importato. La fede era più importante. Però, vedendo quella creatura così piccola e così indifesa, Mary non poté impedirsi di sorridere e di posare le labbra sulla sua fronte chiara e rosata. La neonata rise e, osservando bene i suoi occhi azzurri, Mary notò che vi era una sfumatura violetta nelle sue iridi chiare.
« Violet…,» sussurrò tra sé prima di sollevare lo sguardo verso la novizia, « La chiameremo Violet.»
Ciò che Mary Jones non avrebbe mai potuto pensare, però, era che quella bambina non era semplicemente una neonata pura come tutte le altre.
Ciò che Mary non poteva nemmeno lontanamente immaginare era che la creatura che aveva aiutato a nascere aveva come padre uno dei mostri più oscuri e pericolosi mai esistiti. 
Ciò che Mary non avrebbe mai potuto sapere era che la piccola Violet aveva gli stessi geni del padre e la stessa maledizione che affliggeva lui.
Un ibrido.
Un dampiro. 
  
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