It's
dark
inside
Ragazzina
che gli sorride, fissandolo.
Ragazzina che pende dalle sue
labbra.
Ragazzina che lo guarda, incrocia i suoi occhi ed
arrossisce mentre abbassa lo sguardo.
Ragazzina che vuole fare la
foto con lui.
Ragazzina che lo schifa direttamente.
Quante
personalità avrà incontrato, in quel negozio? O
meglio,
sull'entrata di quel negozio?
Quanti "Ci vediamo" ha
sempre sentito uscire dalle labbra di alcune ragazze che poi non
erano più tornate? Tanti. Ha rinunciato a tenerne il conto
ormai da
un po' di tempo, si limita a sorridere, a dare il benvenuto alle
persone, ad illudere quelle ragazze di aver attirato la sua
attenzione.
Cos'è, la sua attenzione?
Louis
preferisce chiamarlo studio. Quando
posi l'attenzione su di una persona la studi, cerchi di comprendere
ogni minima cosa che compone il suo aspetto esteriore, guardi i
capelli, gli occhi, le labbra, il naso, i comportamenti che assume
mentre è circondata da altri individui... Louis guarda tutto
in una
persona.
L'esteriorità per lui conta, e come non potrebbe essere,
altrimenti?
La sua vita è basata sull'apparire.
Gliel'hanno
detto migliaia di volte: "Sei come una
prostituta, fai
capire che sei lì per loro, per aiutarle a scegliere".
Quella frase è tutta la sua carriera, ogni azione che
compie, la
collega subito e ormai quasi meccanicamente a quelle parole, al suo
manager che gesticola mentre glielo dice, al cellulare che tiene in
mano mentre ascolta attentamente... A tutto.
Sei bello,
sfruttalo.
Louis sfrutta
la
sua bellezza, il suo apparire, sfrutta tutto quello che riguarda se
stesso e davvero poco importa se viene spiattellato su tutti i
quotidiani di Londra, sui cartelloni pubblicitari o in televisione,
la vita di Louis è apparire
e a lui piace.
Piace talmente tanto che ormai non sente la
mancanza di mostrare cos'ha dentro, non sente la mancanza di gridare
al mondo di avere gusti differenti, Louis la moda non la segue, la
fa.
In tutti i sensi e non solo per il lavoro che ha, lui ha le
sue mode, diverse da chiunque altro, ha i suoi orari, i suoi
appuntamenti e la sua casa. Parla poco, saluta, sorride, guarda con
occhi vuoti e poi, alla fine di tutto, quando sa di non esser visto,
posa lo sguardo su qualche ragazzo che lavora all'interno del
negozio.
Osserva, tutto il giorno.
Osserva mille persone, mille
maglie diverse, mille occhi diversi, mille colori di capelli
differenti e solo Dio sa che cosa gli passi per la mente nel momento
in cui, scuotendo la testa, sorride leggermente.
Forse è per la
bambina di sì e no
tredici anni che lo sta guardando come illuminata dalla Madonna, o
forse per la donna di quasi cinquant'anni che lo osserva
insistentemente, ma da un colpetto sul braccio al suo amico vicino,
ed insieme, quasi ridono per la situazione.
«Dovresti dirlo
esplicitamente di essere gay» commenta, mentre saluta
l'ennesima
ragazza che entra.
Lui scrolla le spalle.
«Sta' zitto, qua mi
pagano per fare la parte dell'etero» ed è
così convincente, che
quando entrano due ragazzi, quasi non li vede nemmeno.
Si conclude
lì, la conversazione.
Louis, però, continua ad osservare, in
quel preciso momento, gli occhi blu scuro di una ragazza dai capelli
rossi che cerca di sostenere in tutti i modi il suo sguardo.
La
osserva, ma non è interessato, la osserva perché
pensa che quegli
occhi starebbero bene addosso ad un bel ragazzo e sorride per il suo
pensiero, anche se continua a guardare nello stesso punto.
Louis
guarda, ma non è interessato.
Louis non guarda, scava dentro gli
occhi di qualcuno.
Vuole arrivare in fondo, in fondo più
dell'anima se possibile e non gli è mai successo di non
riuscirci...
Le ragazze, quelle sono le più facili.
Non hanno
difese mentre le fissa, forse perché rapite dal suo aspetto
estetico, forse per come i suoi occhi azzurri possano essere
insistenti, ma Louis, quando posa il suo studio su
altro, si sente più ricco e perché no, anche
divertito.
Le
espressioni facciali, per Louis, sono le più semplici da
capire, da
classificare e inoltre, si diverte talmente tanto a fare quella
selezione nella sua testa, che quasi è diventato il suo
passatempo
preferito.
E poi, come alla fine di ogni suo turno, Mariah gli
chiede il permesso di dare il suo numero a qualche ragazza, e la
risposta è solo una da quando Louis lavora lì.
«No» dice
soltanto, mentre si rimette la maglia, la quale gli è stata
privata
per pressoché tutto il giorno.
Scorre nell'elenco dei suoi
appuntamenti, ma non emette nessun suono oppure modifica la sua
espressione quando sull'agenda elettronica del suo cellulare, trova
scritto "Set fotografico, 19:00", affonda di nuovo il
telefono nella tasca dei jeans, saluta appena qualcuno e lascia
un'occhiata all'ultima ragazza della giornata che guarderà,
prima di
andarsene definitivamente.
Louis odia il profumo, gli fa girare la
testa e fuori c'è aria, fresca, non molto pulita a causa
delle auto,
ma almeno nessun odore stomachevole come quelli che vi sono
all'interno del negozio.
E non risponde nulla, quando dal
microfono del suo cellulare, Paul gli urla di muoversi
perché è
tardi e domani devono assolutamente uscire le foto, sospira, mentre
entra in macchina.
«Sto arrivando, Paul, datti una calmata,
cazzo.» Paul continua ad urlare, continua a ripetergli che il
direttore della casa di moda comincerà a dare di matto se
non lo
vede arrivare, continua a sgridarlo perché è
troppo lento e Louis
accelera, si assicura che non arrivi nessuna macchina da ambedue
delle due parti e passa con il semaforo rosso.
Paul gli intima per
l'ultima volta, quasi stremato, di velocizzarsi e Louis chiude
direttamente la telefonata, lanciando il cellulare sui sedili
posteriori mentre parcheggia sotto l'edificio costellato di
innumerevoli finestre. Non gli importa che si possa rompere, non gli
importa nulla delle cose materiali che possiede.
Sorride a Nathan
appena uscito dall'ascensore e prende il suo posto, premendo sul
bottone del settimo piano.
Paul è lì, insieme a Kaliha, i quali
appena lo vedono, si comportano come se fossero stati colpiti da un
bagliore divino.
«Che Allah ti benedica, muoviti Louis, non
abbiamo tempo» lo spinge subito all'interno del camerino, lo
fa
sedere su di una sedia trovata per caso e lo invoglia a svestirsi
velocemente.
«Quante?» domanda. A Louis non piacciono le parole,
sono troppo lunghe da pronunciare.
Sono stanche, senza
valore.
Cosa sono le parole? Il nulla.
E a Louis, il nulla non
piace.
«Quante, cosa?» poi si rivolge ad un'altra ragazza
dai
capelli tinti di blu e «Muoviti Lux, passami il
correttore» grida
allarmata.
Louis soffre di insonnia, non dorme, ma ha sonno.
Passa
tutta la notte, o parte di essa, a pensare a ciò che
dovrà fare il
giorno dopo, oppure a giocare a solitario sull'i-pod, quel gioco lo
identifica: solitario.
«Quante
foto... Quante me ne faranno?» lei scuote la testa mentre gli
passa
i boxer da mettersi.
«Quante ne saranno necessarie, Louis.
Muoviti adesso, iniziamo tra cinque minuti» e scompare.
Sbadiglia,
senza mettersi la mano davanti alla bocca e ci mette pochissimo ad
uscire dal suo camerino.
Non si oppone a nulla, fa quello che gli
viene detto, le mani dei fotografi lo spostano, lo sistemano... Si
lascia toccare, come una marionetta, si fa guidare e quando, dopo la
terza pausa che fanno, Louis si porta una mano tra i capelli, per
poco una delle ragazze lì vicino, non va in crisi.
«No! Non ti
toccare, non farlo, altrimenti sciupi tutto. Ci ho messo tanto
stamattina a farteli» non risponde, la guarda, come sempre.
Paul
sta parlando con il vice-direttore che intanto gesticola con un
pacchetto di fogli in mano.
«Okay,» esordisce la fotografa, dopo
esser rientrata in studio. «per stasera abbiamo finito.
Domani, le
foto andranno in stampa e tra due giorni, Louis, di nuovo qua. Questa
volta, magari, sii puntuale» saluta tutti, ma lui si alza
soltanto,
va verso il camerino e si cambia lentamente, come suo solito; sorride
alle truccatrici, alle parrucchiere e poi, una volta uscito
dall'edificio, cerca le chiavi della macchina nelle tasche, per poter
tornare a casa, finalmente.
«Ehi Lou,» lo richiama Paul, mentre
Louis stringe tra i denti un foglio che non riesce a tenere tra le
mani, troppe sono le cose che sta cercando di sorreggere.
«sei
andato bene, complimenti» Louis lascia tutto nella bauliera
della
sua auto e prima di montare al posto del guidatore mormora un
«Lo
so».
*****
"Lo so" sospira Zayn, sorridendo leggermente, "sei la quinta che me lo chiede, oggi."
La ragazza davanti a lui sorride di rimando, entusiasta; abbassa gli occhi verdi, si porta una ciocca di capelli biondi dietro un orecchio, e quando rialza lo sguardo il bellissimo ragazzo davanti a lei le da le spalle e alza il braccio per prendere un libro da uno scaffale in alto.
"Ecco qui", le dice gentile, "Franz Kafka, Il processo."
"Grazie mille", lo ringrazia la ragazza con una risata nervosa, imbarazzata. Prende il portafoglio e paga il libro, prima di ricevere dal librario una busta che contiene lo scritto che ha appena comprato.
Zayn la vede esitare; lo guarda appena titubante, si passa una mano fra i capelli, infine gli lancia un ultimo sorriso lievemente deluso ed esce dalla libreria.
Il ragazzo torna a sedersi alla sua scrivania, del resto non se ne dispiace. Non è la prima volta che una cliente mostra, più o meno direttamente, di provare una certa attrazione per lui; e non è nemmeno la prima volta che lui, ovviamente, fa capire di non essere interessato.
"Sembra che Kafka vada di moda ultimamente, mh?", ridacchia l'altro commesso, a qualche passo da lui, mentre sistema il reparto di libri orientali.
"Non
dirlo a me", sorride Zayn, "l'altro giorno sono arrivati un
sacco di studenti a chiedermi La metamorfosi.
È stata un'idea
grandiosa, quella di aprire questa libreria vicino
all'università!"
Ben annuisce, sorride, poi torna ai suoi
libri perché sa che la conversazione è finita
lì.
Esatto; Zayn è uno di poche parole. Sorride, certo, ma se ne sta sulle sue e, anche se è gentile, a volte si può leggere l'indifferenza nel suo sguardo.
A Zayn non interessa molto di quello che fanno gli altri; anzi, si può dire che li ignori del tutto. Quando le ragazzine entrano in libreria e chiedono l'ultima biografia dei loro idoli, a Zayn non importa che squittiscano o che pronuncino i titoli con voce quasi tranquilla; certo, il tono di alcune è davvero fastidioso, troppo acuto, ma ci ha fatto l'abitudine. Per non parlare dei profumi stomachevoli, dei capelli stirati, dei vestitini succinti; a Zayn, le ragazze non stanno simpatiche. Le trova...vuote, superficiali, ma forse è solo colpa di quella maschera di trucco che copre loro il viso.
A Zayn, a dirla tutta, piacciono molto più i ragazzi. E ce ne sono alcuni davvero carini che un paio di volte sono venuti a comprare qualcosa in libreria, ha avuto anche qualche incontro con loro; mai niente di serio, perché lui non vuole legarsi. Preferisce fare coppia fissa con la sua solitudine, che lo conosce meglio di chiunque altro e che mai lo deluderà.
La vita di Zayn è semplice, quasi abitudinaria; la mattina si sveglia nel suo appartamento in periferia, fa una doccia e mangia un toast, si sistema il ciuffo allo specchio -perché, in fondo, è un tantino narcisista-, prende la macchina e si dirige in libreria. Lì inizia a svuotare qualche scatolone con i nuovi arrivi, sistema gli scaffali, ordina l'elenco dei testi sul computer impostando le sezioni e le posizioni e poi, preso un libro a caso da un posto qualunque, anche se in teoria non dovrebbe farlo, si siede alla scrivania e legge.
Non è che Zayn sia una persona particolarmente acculturata o desiderosa di imparare, gli piace il silenzio e il leggere, tutto qui. Non è nemmeno che ci sia molto altro da fare in una libreria, del resto.
A volte incontra perfino qualche ragazza che vada incontro ai suoi gusti; l'ultima si chiamava Perrie, sembrava una hippy e questo gli era subito piaciuto. Si erano visti un paio di volte, poi tutto era sfociato come al solito nella sua noncuranza e sia lei che i suoi capelli rosa erano caduti nel dimenticatoio.
E Ben? No, per Ben non ha mai sentito niente. Sono amici d'infanzia, si conoscono da una vita, è praticamente un fratello per lui. È divertente parlare con lui, anche perché Ben sa quando finiscono le conversazioni e sa quando iniziarne nuove; ah, e Ben è etero, quindi comunque non si potrebbe fare.
Mentre legge distrattamente Great Expectations di Charles Dickens, entra nella libreria un ragazzo dai capelli neri e gli occhi scuri. Zayn lo guarda senza il minimo imbarazzo, senza timore di essere scoperto; è carino, ha le spalle larghe e forse è un po' basso, ma ha un'aria tranquilla che non gli dispiace. Quando si volta, ha modo di constatare che anche il lato B non sia affatto una cattiva vista.
Ma, siccome Zayn non ha voglia di provarci, quando il ragazzo in questione si avvicina si limita a farsi pagare, imbustare il libro che il cliente ha scelto, salutarlo e tornare alla lettura del suo testo.
Quando frequentava il liceo, i professori lo avevano definito "apatico". Forse un po' di ragione, alla fine ce l'avevano, ma...ecco, a dire la verità non è che a Zayn fosse importato, e tutt'ora importi, poi molto.
Zayn scriveva temi favolosi, aveva i suoi libri e i suoi quaderni bianchi da riempire, non gli interessava nemmeno degli amici o delle ragazze. Viveva la sua vita, punto.
"Ehi, Zay", lo chiama Ben, distraendolo dalla sua lettura, "vado a prendere della roba in magazzino, ok? Vedrai che fra poco arriverà un nuovo assalto."
Zayn annuisce, volta svogliatamente una pagina, fa qualche pensiero sul ragazzo di prima e poi ci ragiona su; non ne valeva la pena.
E, del resto, per cosa vale la pena? Zayn se lo chiede da un po'.
Una persona normale dovrebbe perlomeno provare un pizzico di dolore nel sentirsi così indifferente a qualsiasi cosa, ma non Zayn. Zayn era il ragazzo strano, quello che non esce con il gruppo, il tipo che vive nel suo mondo, la persona che basta a sé stessa.
Però Zayn, sotto sotto, a quei tempi, ci soffriva. In determinati momenti, ci stava male; e allora era sempre sangue, ma mai lacrime. Era sempre metallo, ma mai dolore; solo frustrazione.
E vecchie cicatrici sono sempre lì, a ricordargli di quel periodo. A ricordargli che, in fin dei conti, è meglio il suo mondo interiore di quello che c'è fuori dalla sua personalità, dalla sua routine programmata e immutabile. Zayn vive da solo, trascorre il tempo da solo, parla da solo perfino. O al massimo augura buon appetito ai gatti nel parchetto vicino casa sua quando porta loro da mangiare.
E, sopratutto, Zayn non crede nell'amore. Non crede all'anima gemella, o almeno pensa che anche se esistesse, di certo non troverebbe mai la sua. Non crede al colpo di fulmine, al romanticismo sdolcinato, anche se si ritrova spesso a leggere -per noia, sia ben chiaro- i libri di Nicholas Sparks. Non crede, in sostanza, che potrà mai condividere la sua vita con qualcuno; e nemmeno vuole.
Ma, in quel preciso istante entra in libreria un ragazzo dai capelli -tinti- biondi, la pelle chiara e gli occhi di un azzurro che più azzurro non si può; e Zayn non crede nell'amore, non crede all'anima gemella, non crede al colpo di fulmine nè al romanticismo sdolcinato; eppure, senza che lui lo sappia, quella persona dall'aria un po' goffa e distratta sarà l'inizio del suo credere.
Angolo Autrici
Ebbene,
sì, eccomi qui! Sono Seele, ma parlo anche a nome
di She Flies :
questo capitolo è frutto di una collaborazione fra me e lei,
e
quella meraviglia di parte su Louis l'ha scritta lei mentre questa su
Zayn io. Ci abbiamo messo tanto di noi stesse nei personaggi, quindi
se ci lasciate una recensione, ci farebbe molto piacere c:
Niall e
Harry entreranno in scena nel prossimo capitolo, un po' di pazienza
u.u
Vi salut(iam)o, grazie mille per aver letto! C:
Seele
& She
Flies