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Autore: H1Corona213    11/04/2013    2 recensioni
I ricordi di un tempo che è ormai passato, molto tempo dopo la fine della guerra tra Umani e Invectied. Il rimpianto delle azioni che non hanno mai avuto l'opportunità di compiersi. E il dolore che non se ne andrà mai...
[Hunter x Corona]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ma lui aveva sorriso


E pensi che le cose cambiano. E non ci credi. E non vuoi crederci. Ma non si può tornare indietro. Se c’è una cosa che non può essere cambiata, è la conseguenza delle nostre azioni.

Sono passati anni da allora, ma ancora non puoi fare a meno di sentirlo accanto a te.
E’ buffo pensare che un ragazzo conosciuto solo da pochi mesi sia riuscito ad entrati così tanto dentro, da non averti più permesso di vivere per anni.
Tu sei morta nel momento in cui è morto lui.
Hai una tomba, certo. Un luogo dove piangere, ed urlare. Un luogo dove la tua disperazione non deve rimanere circoscritta da limiti che troppo tempo prima ti sei imposta. Hai una tomba, dove piangere, ed è la sua tomba.
Lui che è morto perché era giusto, perché se c’era qualcuno che poteva permettersi di morire beh, quello era lui.
Non aveva casa, non aveva una famiglia. Era una perdita sopportabile.
Bugie.
Nessuno ha causato tanto dolore nel vostro cuore, nel tuo cuore, quanto lui quando è morto.
Ti ha sorriso, dio se ti ha sorriso, e quella è stata l’ultima volta che l’hai visto.
Avresti dovuto capirlo, quando quel sottile rivolo di sangue ha iniziato a colargli dal labbro, sul mento, lungo il collo e il petto, avresti dovuto capirlo che non l’avresti mai più rivisto.
Ma lui ha sorriso, dio se ti ha sorriso, e allora non hai più capito nulla.
C’era la promessa di vittoria, nel suo sorriso, vittoria e riscatto per loro, per tutti loro, per te.
Non per lui: lui non aveva una vendetta a muoverlo, non aveva l’odio. Per lui era una lotta per gli altri, non per se stesso. Non aveva nulla da vendicare, solo da difendere.
Avresti dovuto capirlo, tu, che gli eri sempre vicino, come avevi potuto non rendertene conto prima, che lui non aveva nulla per cui combattere. Solo loro, solo voi. Lui non aveva visto la sua famiglia soffrire, morire, non aveva avuto anni per accumulare l’odio che muoveva tutti loro.
Solo pochi mesi.

Ma abbastanza da entrale dentro.

Lui era morto, e lei non l’aveva più visto.
Erano giovani allora, e lei lo ricordava ancora.
Lo ricordava non come era morto, ma come era vissuto: energico, testardo e leale. Forte, e lo aveva dimostrato. Altruista, e nessuna prova sarebbe stata pari al suo sacrificio.
Ma lei non lo avrebbe visto come sarebbe diventato: se sarebbe diventato alto, più di lei e forse anche di Magma, con i capelli più grigi, se avesse avuto abbastanza tempo da vederlo invecchiare, curvo o ancora dritto e saldo nonostante l’età. Con dei nipoti a corrergli tra le gambe, a saltargli in braccio e chiedergli di raccontare un’altra delle sue meravigliose storie. Era bravo a raccontarle, e questo lei lo ricordava degli anni che erano da poco succeduti alla sua infanzia, quando lui era stato un corpo e uno spirito, e camminava, e parlava, e rideva.
Dio se rideva, e quando lo faceva il mondo cambiava, il sole spendeva e lei sentiva che lui era per lei. Lì e ora, ma anche in futuro. Per sempre.
Stupida, stupida, stupida.
Avrebbe dovuto capirlo da come le aveva sorriso l’ultima volta.
E quella era stata l’ultima volta che l’aveva visto.
Vivo.
Avrebbe dovuto capirlo che non ci sarebbero stati figli con il suo sorriso, nipoti con i suoi capelli, bambini con i suoi occhi.
Ma lui aveva sorriso, dio se aveva sorriso, e lei aveva sperato.
Ma la sua speranza era stata un inganno: perché la colpa era sua, solo sua.
Lei, che aveva sperato che la guerra finisse, che aveva pregato, con tutte le sue forze, che la guerra finisse, era lei la causa della sua morte.
Perché aveva sperato, e sì, aveva pregato, ma non che lui tornasse. Solo che la guerra finisse.
E la guerra era finita, e loro erano sopravvissuti, ma lui era morto, lei era morta.
Non c’erano figli a ricordarglielo almeno un po’ come era stato.
Erano stati troppo giovani allora, poco più che bambini, e immaturi. E sciocchi. E pensavano che avrebbero avuto ancora tanto tempo.
E tempo non ne avevano avuto, non insieme almeno.
Lei di tempo ne aveva avuto in abbondanza, abbastanza da soffrire, da disperarsi, da piangere, calmarsi e poi ricominciare. E poi ricordare, ricordare ogni singolo momento di quei mesi, quando c’era stato un loro, che lei non aveva capito, che lui non aveva capito. Ma erano arrossiti, e gli altri li avevano presi in giro, e avevano capito, ma loro no, ed allora era stato troppo tardi.
Lui le aveva sorriso per l’ultima volta, e lei lo aveva amato, ed era vissuta nel rimpianto di non averglielo detto, e sarebbe morta nel rimpianto di non aver avuto almeno un figlio suo da stringere fra le braccia, e piangere e disperarsi, ma poi andare avanti perché lui sarebbe ancora vissuto dentro qualcun altro.
Ma lui aveva sorriso, ed era morto, ed ora c’era solo una tomba, che lei continuava a visitare. E sua sorella la guardava, ma non le diceva niente, perché lei non poteva capirla. Lei non lo aveva amato con l’intensità del sole, della luna e delle stelle, che lui le aveva raccontato essere tanti piccoli soli che risplendono nel buio, e la gente le cerca, le conta e le chiama per nome, ed in loro vede storie e nomi di innamorati. Ma lei non aveva mai visto le stelle, e lui non avrebbe mai potuto mostrargliele.
E la luna era lei, e lui era il sole, e quello lo conosceva bene, ma la luna no, e non l’avrebbe mai vista, perché lui era morto, e aveva sorriso, e lei non avrebbe mai visto il suo mondo.
Perché di lui era rimasta una tomba, e nient’altro. Nessun futuro per loro, nessun svegliarsi la mattina, e sorridere, e augurarsi il buongiorno, perché essere nello stesso letto, nella stessa casa, è il segno che voi esistete e siete insieme, e lo sarete finché morte non vi separi. Perché la morte vi ha già separato, e per quanto tu possa piangere, e urlare, e disperarti, non puoi riportarlo indietro. Puoi solo vivere nel rimpianto di non averglielo detto.

NOTE DELL'AUTRICE:
Erano anni che non pubblicavo qualcosa, ma dopo la Maturità la scorsa estate sono stata improvvisamente colpita da ispirazione, e ho ripreso a scrivere. In effetti, questa fanfic era pronta già da mesi, ma ero troppo pigra per fare richiesta che venisse aperto il fandom di Spider Riders sul sito, e così ho finito per tenerla chiusa in una cartella del mio pc... Naturalmente se l'anime avesse avuto un finale del genere, mi sarei piantata un paletto nel cuore: amo troppo Hunter e Corona, e farli soffrire così fa soffrire anche me... ma chissà perchè mi ispirano solo dramma, e tanto amore. Perchè che quei due si amino è piuttosto palese (e i romanzi ne sono la prova, per quanto facciano onestamente schifo... e io li ho pure fatti arrivare apposta dal Canada!). Ho in serbo altre fanfic su loro due, in particolare una lunghissima long alla quale sto lavorando ormai da anni, e che prima o poi vedrà la luce. Fino ad allora, mi auguro che possiate apprezzare questa storia!
  
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