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Autore: Adels Meeow    11/04/2013    2 recensioni
La mia è una storia incentrata sul riuscire a risollevarsi dopo un lutto, un lutto importante. Un ragazzo, dopo il grave incidente in moto, parla specialmente di come la sua ragazza si deprime e porterà per tutta la vita una data che non le potrà recare nessuna felicità.
E' la mia prima storia e mi rendo conto che necessito di un po' d'aiuto, soprattutto sulla velocità dei fatti che si susseguono. Grazie in anticipo!
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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E' successo tutto in fretta. O meglio, una sola cosa è stata velocissima, il dolore. L'impatto è stato veramente forte. Non so se tu, persona che legge di me, sa cosa voglio dire quando penso di essere stato il ragazzo più felice della Terra, sì, insomma, lo sarò ancora per un paio di minuti. Per il momento ho ancora 18 anni, una famiglia amorevole, tanti amici e una ragazza, una ragazza meravigliosa. Lei non sa nulla adesso, è la sua festa di compleanno... mi spiace dover morire oggi. Lei ha 16 anni oggi, lei è una ragazza bellissima, è la ragazza che da un paio d'anni mi stava a sentire e mi dava consigli e mi amava. La mia moto è distrutta insieme a me e forse anche lei sente i sassolini dell'asfalto troppo vicini, se mi alzassi adesso mi aprirei come una fisarmonica, lo sento. Riesco ancora a sentire il fievole rumore di un'ambulanza, il caldo infernale, il freddo polare, una voce femminile che urla: “CHE CAZZO HAI FATTO?!” e ora basta. Più nulla. Adesso riuscirò a sentire il mio cellulare squillare ma non potrò rispondere, sentirò il dolore di mia madre attaversarmi le viscere e le lacrime di mio padre bagnare il mio corpo. Sentirò i lamenti degli amici, dei parenti, li sentirò tutti. Spero di non sentire quel suo silenzio terribile, quando è triste è sempre in silenzio, quel silenzio che odio. Per adesso sento le sue risate e il suo “Un attimo, lo chiamo!” e il mio cellulare squilla, ma questa volta non sono io a rispondere, lo fa un paramedico per me.
Dopodiché silenzio. Niente risate, niente musica, niente balli di gruppo, niente imitazioni di professori. Silenzio, si è fermato tutto. Per un attimo mi sono fermato anche io a guardarla, questa sera è proprio bella, mi fa male non averla stretta a me, ma ricorderò ogni singola cosa di lei, per sempre. Spero che ora mentre è in ginocchio sul pavimento troverà il coraggio di sorridere ancora una volta, spero intensamente che lo faccia, per rassicurarmi perché qui non so dove sono, se lo facesse sarei al sicuro, ma me lo nega. Non piange, ha solo il telefono in mano e degli stuzzichini e forse anche tutto quello che mi riguarda. La sua mente starà raccogliendo tutto di me? Tutti i pezzi? Starà pensando di risollevarsi? No. Non mi raccoglie ancora, non sta pensando, il suo cervello è un elettrocardiogramma piatto e non dorme, questa notte proprio no.
Perché l'ho fatto? Perché non mi sono fatto accompagnare? E' colpa mia? Mia madre e mio padre questa notte si abbracciano, mia sorella ancora non sa niente, l'hanno solo richiamata dalla sua vacanza al mare. Mi piacerebbe poter dire: “Vorrei morire” ma l'ho già fatto.
Lei è a letto ma non si alza e non mangia, non si pettina i capelli e non si toglie il trucco della sera prima, non viene a trovarmi, non vuole incontrarmi. Inizia a urlare a sua madre che: “NON POSSO!” poi si calma: “Non ci riesco, perché non è vero. Lui in realtà è qui, vero? Lui non se n'è andato e io ho fatto un bruttissimo sogno. Adesso lo chiamo!” Ma il telefono non squilla più ormai, il telefono è spento, il telefono è morto come me. Urla e poi scoppia a piangere senza freno, urla ed è straziante, urla e non posso fermarla, urla e non ce la faccio più a sentirla, urla e non riesco ad abbracciarla.
Sono proprio un coglione. Non so nemmeno dove mi trovo.
Io e lei facevamo tante passeggiate, la aiutavo a studiare, ridevamo come dei cretini e adesso lei piange ed è solo colpa mia. Vorrei che trovasse un altro ragazzo migliore di me, un ragazzo che non se ne vada come ho fatto io, che la tenga sempre per mano e che le asciughi le lacrime e plachi la sua rabbia. Sono stato con tante altre ragazze, ma lei è stato il mio primo amore, la prima a cui ho detto che l'amavo, purtroppo lei per me non è stata la prima in tutto e per tutto ma io per lei sì e sono dell'idea che questa sia una sorta di responsabilità. L'ho delusa. Chiama il mio nome, mi chiama forte e mi chiede il motivo per cui quell'uomo non ha frenato allo stop. Andava veloce, quello! Non ha frenato, forse non mi ha neanche visto. Il regalo che avevo per lei erano dei biglietti per un concerto, chissà se qualcuno glieli darà mai, magari ci andrà e mi farà felice! Mi ricordo come ieri il primo giorno che l'ho vista entrare in classe, era una primina, no? I soliti PDM del cazzo, ma lei era diversa aveva qualcosa... forse nei ricci o negl'occhi che... suggeriva qualcosa di interessante. Avete presente la secolare cosa dell' OPS!Miècadutaaccidentalmentelapennaperterra? Ho fatto così e la prima cosa che mi ha detto è stata: “Sei strano.” e mi ha ridato la penna con un sorriso luminoso. L'amavo già. Si gira e... “Scusa, il tuo numero?” mi guarda male, uno sguardo accusatorio: “Per fare che?” “Per... scriverti?” riprende la penna dalla mia mano e me lo scrive sul braccio: “Come ti chiami?” le rispondo impacciatamente, quasi balbettando. Se ne va e mi lancia un sorrisetto malinconico che gli occhi grigi non lasciano passare.
Da quel momento ci siamo parlati spesso, e un giorno di punto in bianco le ho dato un bacio. Breve, aspettavo che ricambiasse e l'ha fatto davvero.
Due anni fa toccavo il cielo con un dito, invece, ieri... che cosa posso dire? Abbracciavo il cemento?
Mentre io ripercorro i nostri ricordi lo fa anche lei, ma io non ho degli occhi per piangere, lei sì e lo fa. Guarda la nostra foto e mi gira le spalle. Però si veste, si veste di nero e dice alla madre: “Andiamo.”
Per la prima volta nella mia vita mi vedo come se fossi un'altra persona. La gente piange, rivedo mamma, papà, Clara, rivedo tutti quanti in un abbraccio tremendamente triste che si scioglie con quegli occhi grigi che arrivano e fanno sentire la loro presenza. Nessuno la tocca, nessuno l'abbraccia, il suo corpo parla da solo, si muove piano, spaventata e spaesata finché non arriva davanti alla porta della mia stanza di obitorio. China la testa e fa per muovere un piede, per avere un contatto con mia madre ma, di scatto la alza e corre. Corre via, corre quasi fino a perdersi, si sdraia sul marciapiede e piange. Ora lo sussurra: “Dove sei? Posso sentirti?”
E' straziante. La amo e per la prima volta desidero di non averla mai incontrata, di non averla mai amata.
Si alza, toglie i sassolini dal vestito nero e torna dov'era, questa volta cammina sicura, ma lentamente. Mia sorella la stringe mentre piange, lei no, lei è sempre stata fortissima e a un tratto mi guarda. Mi guarda e mi rivolge un sorriso. Mi sussura: “Lo so che puoi sentirmi, lo so che adesso dormi, lo so che un giorno ci sveglieremo insieme. Ti amo.” Mi da' un bacio sulla fronte e riesco a sentirlo, anche se non capisco con che coraggio possa averlo fatto. Dal mio funerale ho guardato la sua vita poche volte, ma sempre prestando ascolto alle sue parole. Ha pianto per tanto tempo ma poi ha trovato il ragazzo che l'ha fatta tornare a camminare. Mi ha scritto milioni di lettere che finivano sempre con “Non sorrido mai come sorridevo con te.”
Ha avuto dei figli con quello che è stato suo marito, ha avuto dei nipoti, un gran bel lavoro in cui eccelleva, ma mi ha ricordato ogni sera e non ha mai festeggiato un compleanno, quel 3 luglio lo ha sempre passato con me, parlando alla mia tomba e offrendomi qualcosa da mangiare, ridendo e sherzando. E quando è giunta l'ora, si è svegliata insieme a me, nel luogo in cui non sapevo di essere, ma ormai era chiaro che stavo con lei, forse dentro di lei, non lo so. Ma adesso, con me, ha 16 anni e i suoi occhi grigi sono tornati a brillare come quando facevano il 3 luglio di troppo tempo fa.
  
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