- Nel
grande giardino, che
circondava l’imponente dimora, simile alla reggia di un re,
due bambini
giocavano sereni.
- Avevano
la medesima età,
erano entrambi troppo piccoli e non avevano il permesso di assistere
alle
riunioni familiari.
- Ed
erano entrambi troppo
innocenti, per poter intuire che seduti nel vasto salotto, i loro
padri,
decidevano per loro quale sarebbe stato il percorso che dovevano
intraprendere.
- E
così, in quel caldo
pomeriggio estivo, mentre due bambini giocavano sereni, due padri
avevano
delineato le vite dei loro figli; sino a deciderne il matrimonio
combinato.
- E
le genuine risate di anime
innocenti e pure, si confondevano con i consueti sorrisi
accondiscendenti di
anime ormai corrotte, che avevano dimenticato che persino loro un tempo
erano
stati bambini.
- Nel
grande salotto, dalle
mura rivestite d’araldi raffiguranti la nobiltà
della famiglia, dai preziosi
lampadari e l’aria sterile e fredda di quel posto; una madre
posava la sua mano
sinistra sulla piccola spalla di un bambino minuto.
- -Ti
sei divertito?-
sussurrò, abbozzando un sorriso, che sembrava sincero seppur
tempro e quasi
spaventato
- -Sì,
madre- il volto serio
di quel bambino, dall’aspetto minuto e i corti capelli biondo
platino, era così
diverso dal sorriso sereno e quieto che aveva poco fa.
- -Arrivederci
signor e
signora Zabini, arrivederci Blaise- la rigidità con la quale
saluto gli ospiti,
era ben diversa dalla semplicità che possedeva durante il
gioco.
- La
figura austera di un uomo
alto, dal volto cinico, i capelli biondi, lisci, che gli ricadevano
lungo le
spalle, accompagnò i tre membri della famiglia Zabini al
portone e, con tono
rigido, li salutò.
- Fece
segno alla donna dal
volto cupo, l’aspetto inquieto e malinconico, di recarsi
nella stanza adiacente
e attendere lì.
- Invitò
poi, con un ampio
gesto della mano, il bambino a sedersi in una delle due poltrone nere
che si
trovavano a pochi passi da loro.
- Si
sedette di fronte a lui,
poggiando il bastone da passeggio al bracciolo.
- -Figlio,
è giunto il momento
che tu comprende i tuoi doveri di purosangue- gli occhi grigi, freddi e
distaccati, osservavano seri ed autoritari la figura di quel bambino,
fin
troppo rigido per poter essere considerato tale
- -Nell’anno
che verrà, il
cinque giugno, compierai undici anni e riceverai dalla scuola di magia
e
stregoneria di Hogwarts la lettera, che ti comunicherà che
è giunto il momento
di intraprendere gli studi.
- Parteciperai
alla cerimonia
di smistamento, ovviamente sarai smistato nella nobile casata dei
Serpeverde e
dovrai dimostrare di essere il degno erede della dinastia Malfoy, dando
mostra
delle tue abilità-
- -Padre-
il tono di voce sicuro
contrastava con il volto, che presentava un’ombra di
incertezza –sono già
consapevole-
- -Non
devi interrompermi-
tuonò l’uomo, donando al figlio uno sguardo
glaciale che non ammetteva repliche
–so benissimo che questo discorso ti viene ripetuto sin da
quando avevi sei
anni, ma è bene rinfrescare la memoria di tanto in tanto, in
modo da evitare
errori che potrebbero arrecare danno al prestigio della nostra nobile
famiglia.
- Per
questo motivo, Draco, ti
ripeto queste nozioni fondamentali.
- Quando
sarai ad Hogwarts
ricordati che non dovrai mai concedere attenzioni ai nati babbani o ai
mezzosangue, né ai traditori del proprio sangue.
- Il
tuo unico scopo,
all’interno della scuola, sarà quello di
dimostrarti superiore in ogni attività
e di guadagnare il maggior numero di punti casata.
- Odierai
ogni Grifondoro,
reputerai insignificante ogni Tassorosso e sarai indifferente ad ogni
Corvonero; ma sarai fedele ad ogni Serpeverde.
- Dovrai
circondarti e portare
rispetto solo ai tuoi pari, solo a chi è purosangue e avere
alleati e non
amici.
- Ricordati
ogni parola e non
arrecarmi delusioni, non costringermi a doverti ripudiare e
disconoscere-
- Padre
e figlio si osservarono
a lungo, con austerità, si scambiarono un cenno di
comprensione e fu concesso
al piccolo Draco di continuare a svolgere
l’attività quotidiana di lettura;
attività obbligatoria poiché ritenuta
propedeutica al futuro scolastico del
figlio.
- -E’
impossibile!- un urlo rassegnato spezzò la
tranquillità che aleggiava
all’interno della stanza.
- Una donna dai
lunghi capelli mori, di media altezza, avvolta in un elegante abito blu
notte
di seta pregiata, camminava adirata in circolo, gesticolando nervosa.
- -Cosa?- chiese
pacato un uomo, elegantemente seduto in un’imponente poltrona
di pelle nera,
che sorseggiava un buon bicchiere di burrobirra.
- -Trovare tuo
figlio!- tuonò la donna, fermandosi al centro della sala e
poggiando le mani ai
fianchi con fare adirato.
- L’uomo
sorrise, trovava buffo il modo in cui veniva denominato il figlio, in
occasioni
come queste, in cui commetteva l’errore di infastidire la
madre con la sua
indole solitaria.
- Si
sollevò
pacato, si diresse vero la donna e le poggiò una mano sulla
spalla sinistra.
- -Lascia fare
me- sussurrò, donandole un lieve bacio a fior di labbra.
Quest’ultima sembrò
riacquistare la serenità perduta e le sorrise con dolcezza,
annuendo conscia
del fatto che non sarebbe mai riuscita a memorizzare ogni anfratto dei
quell’imponente dimora.
- L’uomo
proseguì sicuro, attraverso i lunghi corridoi e le ripide
scale, sino a
giungere alla libreria; posta al secondo piano dell’edificio.
- Era certo che
avrebbe trovato il figlio assorto nella lettura di qualche vecchio
libro, del
quale neppure lui conosceva l’esistenza, era un bambino
curioso e d’indole
introversa; la biblioteca era il suo rifugio.
- Vagò
per un
po’ tra gli scaffali, finché non notò
una figura mingherlina, seduta a gambe
incrociate, intenta a sorreggere un libro più grande di lui.
Si avvicinò cauto
e si sedette al suo fianco.
- -Cosa leggi
questa volta?- chiese con dolcezza, il bambino sollevò lo
sguardo dalle pagine
ingiallite e lo posò sul volto sereno del padre
- -Un libro che
parla di creature magiche- sorrise, gli occhi brillavano di vivace
curiosità
–papà è vero che alcune creature sono
visibili soltanto a chi ha visto qualcuno
morire?- chiese, indicando la pagina che fino a poco fa stava leggendo.
- L’uomo
annui
–sì Scrorpius, è così- poi
sospirando continuò –tua madre ti ha cercato,
l’hai
fatta arrabbiata, so che non ti piace partecipare alle cene che
organizza tua
nonna, non piace neppure a me, ma devo farlo- il tono calmo, pacato,
dolce
convinse il bambino a chiudere il libro e sollevarsi a fatica, a causa
del peso
di quel tomo antico.
- Con prontezza
il padre aiutò Scorpius a reggere il volume e,
sfilandoglielo dalle piccole
mani affusolate, lo ripose.
- -Andiamo,
prima che tua madre ci sgridi entrambi- disse, scapigliando con
dolcezza la
chioma biondo platino del figlio, che rise sereno; seguendo il padre
lungo le
stanze buie della grande villa.
- -Malfoy
Draco!- la voce
autoritaria del padre fece sobbalzare il bambino, che
sollevò lo sguardo dal
libro che era intento studiare e si voltò con timore.
- -Padre
io- balbettò
insicuro, affrettandosi a riporre con fatica il pesante tomo nello
scaffale dal
quale era stato preso
- -Non
cercare di
giustificarti, sai benissimo che questa non è
l’ora giusta di recarsi in
libreria- tuonò furente l’uomo, battendo con forza
il bastone da passeggio al
suolo –ti avevo detto di indossare il completo nero e recarti
in salotto-
- Draco
abbassò il volto,
concentrando la propria attenzione al suolo, e con passo rigido, senza
attendere che il padre lo seguisse, discese le scale buie e ripide ed
il lungo
corridoio illuminato da flebili fiammelle.
- Quando
era molto piccolo
credeva che orrendi mostri l’avrebbero potuto ferire, se
percorreva i corridoi
a notte fonda, ma non poteva confessare le sue debolezze a nessuno
così aveva
imparato a superare la fobia, lo aveva fatto da solo, affrontando la
propria
paura.
- -Madre,
perdona il ritardo-
aveva ancora il capo chino quando fece il suo ingresso nel salotto
principale
–necessiti di aiuto?- chiese, ripeteva quel rituale ogni
volta che il padre decideva
di organizzare riunioni con altri purosangue; era diventata una
meccanica
routine priva di significato.
- -Draco-
il tono di voce con
cui il padre, sopraggiunto alle sue spalle, lo chiamò era
atono privo di
valenza affettiva –vai ad indossare l’abito che
è poggiato sopra il tuo letto e
fai in fretta, attendiamo ospiti molto importanti- una meccanica
routine, un
ambiente sterile, freddo, come il tono di voce con il quale suo padre
si
rivolgeva a lui; suo figlio.
- La
donna, fasciata in un
elegante e raffinato abito verde smeraldo, dai capelli mori su sfondo
biondo
raccolti in un delicato chignon. Erta, al centro
dell’imponente salotto,
osservava con volto rattristato la scena, si sentiva madre; ma non
poteva
comportarsi come tale.
- Scorpius
nascose il proprio volto al grembo materno, cingendo la donna con le
esili
braccia e sussurrando delle timide scuse. Quest’ultima le
carezzò i capelli
biondi, sorrise, lo afferrò per mano e si condussero assieme
nella sala da
pranzo.
- Draco
osservava la scena con un misto di serenità e malinconia,
credeva che mai nella
sua vita sarebbe stato in grado di vedere simili gesti di puro affetto
in
quella villa così grande e così vuota; fredda.
- Eppure, dal
giorno in cui si era sposato con Asteria, dal giorno in cui era nato
loro
figlio, quell’imponente dimora era diventata un posto un
po’ più caldo.
- Quando aveva
saputo dal padre che avrebbe dovuto sposare una donna che aveva solo
visto, ma
con la quale non aveva mai comunicato, fu certo che avrebbe creato una
famiglia
come quella nella quale era cresciuto; e un brivido gli
traversò la schiena.
- Eppure ora
stava assistendo ad una dimostrazione di affetto tra madre e figlio,
eppure ora
amava Asteria per la donna astuta, erudita e particolare qual era;
aveva creato
una famiglia e l’aveva resa tale.
- Si
recò sereno
verso la sala da pranzo e si sedette al fianco di sua moglie,
com’era solito
fare in quelle occasioni, osservò con volto serio ogni
ospite che sedeva alla
grande tavola in legno.
- Vedeva la stessa scena da quando
aveva sei anni,
ripeteva lo stesso rituale di sorrisi fasulli e chiacchiere prive
d’interesse.
- Ora osservava
i volti di quelli che un tempo erano suoi compagni ad Hogwarts,
Serpeverdi come
lui, purosangue come lui; seduti lì al suo stesso tavolo che
parlavano di cose
che non interessavano neppure a loro.
- Vide Pansy
Parkinson sorridere all’uomo che gli sedeva affianco, un
purosangue anche lui,
Gregory Goyle che sedeva tra la moglie ed il figlio, avevano i medesimi
occhi;
ma quelli del piccolo erano leggermente più vispi.
- Lo sguardo di
Draco si posò poi su Daphne, sorella di sua moglie, sposata
ed infelice con
Theodore Nott, sedeva nel mezzo la loro figlia così simile
alla madre; ma dal
volto timido come il padre.
- E poi
c’erano
loro, seduti uno di fianco all’altra, con il loro figlio
raggiante e dallo
sguardo curioso, sempre intento a sfogliare libri e conoscere, ed erano
sereni;
loro erano gli unici a essere una famiglia.
- Non si amarono
da subito, ma impararono a farlo con il tempo, condividendo segreti e
passioni,
confidandosi sogni e timori, e quando nacque Scorpius, si amarono
appieno;
senza timore e senza menzogna. Draco era felice, ora che aveva
sconfitto anche
la sua ultima paura.
- Aveva
quindici anni Draco ed
era ancora convinto che Hogwarts fosse un posto migliore di Malfoy
Manor.
- Detestava
quel treno, quella
parete magica, quel lungo tragitto che lo riconduceva a casa.
- Ogni
anno, durante le
vacanze, il padre lo costringeva a migliorare, a spingersi sino
all’estremo,
sino al limite delle proprie capacita.
- Ogni
anno, durante le
vacanze, il padre gli ripeteva il solito discorso sulla purezza del
sangue e
sulle doti di un Malfoy e di un Serpeverde e Draco, nel profondo,
iniziava a
detestare quei concetti.
- La
villa diventava sempre
più fredda e vuota, ogni anno che passava, e quando il
signor Oscuro risorse
dalle proprie ceneri e iniziò a utilizzare la dimora Malfoy
come luogo di
ritrovo, Draco si ritrovò costretto a partecipare, suo
malgrado, a quelle riunioni
tra mangiamorte e a diventare come suo padre.
- Al
suo sesto anno, Lucius fu
fatto prigioniero e rinchiuso ad Azkaban, Draco fu costretto a
occuparne il
posto, tatuarsi quel marchio indelebile all’avambraccio e
diventare parte
attiva; compiere missioni in segno di fedeltà.
- Il
suo primo incarico fu
quello di uccidere Albus Silente, preside di Hogwarts, e Malfoy
tentò di
mostrarsi pronto e di essere fiero del compito che gli era stato
assegnato; ma
aveva l’animo tormentato. Sapeva di non esserne in grado, lui
non era un
assassino e non lo sarebbe mai stato; non voleva esserlo.
- Sua
madre lo capì, fece un
patto inviolabile con Piton, costringendolo a giurare di proteggere il
figlio e
di adempiere ai suoi doveri qual ora Draco non ne fosse stato in grado.
- E
fu ciò che accadde.
- Quella
notte lo specchio
rifletteva l’immagine di un giovane costretto a diventare
adulto, sin troppo
presto.
- -Devi
farlo- continuava a
ripetere al riflesso di sé
- –è
la tua occasione- cercava
di convincersi, d’infondersi coraggio
- -tu
sei come loro- sputò
acido alla propria immagine riflessa su vetro appannato.
- Aveva
riparato l’armadio
svanitore, chissà come c’era riuscito proprio lui,
Draco Malfoy.
- Ora,
però, era pietrificato
di fronte a quel riflesso che non rappresentava più
ciò che credeva di essere,
ma ciò che suo padre desiderava lui fosse.
- E
ora doveva adempiere al
suo compito, non poteva deludere l’onore di suo padre, non
poteva lasciare che
sua madre pagasse per errori che non aveva mai commesso.
- Quando
Potter lo colpì e lo
fece giacere al suolo, ferito, sperò per un solo istante di
morire; sperò che
Piton lo lasciasse lì esanime.
- -Draco,
cos’hai?- la voce turbata di Asteria lo ricondusse alla
realtà, distogliendolo
dai suoi pensieri.
- Scosse la
testa e non rispose, si limitò ad osservarla con volto
turbato.
- La donna si
sedette al suo fianco, gli ospiti erano ormai tornati nelle rispettive
dimore,
Scorpius dormiva sereno, tutto taceva ed il silenzio gravava in
quell’imponente
sala.
- -Non
è mai
positivo reprimere i propri pensieri, i propri timori-
sussurrò Asteria,
carezzandogli amorevole la guancia e lasciando che il grigio degli
occhi del
marito la avvolgessero in un muto abbraccio.
- -E se un
giorno nostro figlio dovesse venire a conoscenza di tutto
ciò che di sbagliato ho
fatto, di tutto il male che la mia famiglia ha causato, di tutti gli
errori che
in passato ho commesso?- confessò in un soffio, leggero come
il vento,
lasciandosi trasportare tra le braccia della moglie e nascondendo il
proprio
viso nell’incavo del suo collo, come fanno i bambini quando
hanno bisogno di
sicurezze.
- -Indubbiamente
lo verrà a sapere- sospirò la donna, stringendo a
sé il marito –come è solito
fare chiederà spiegazioni, desidererà
delucidazioni, e come facesti con me
confesserai anche a lui tutti i demoni del tuo passato e ammetterai di
esserne
ancora turbato. Vedrai che lui saprà capire, sarà
in grado di perdonare ed avrà
la saggezza necessaria per riconoscere che la colpa di tutto
ciò non è tua, ma
del mondo in cui eri cresciuto- gli carezzò i capelli e lo
cullò a sé, com’era
solita fare. Col tempo, infatti, Asteria aveva compreso che con lui
doveva
essere sia moglie sia madre, doveva essere ciò di cui Draco
aveva sempre avuto
bisogno e non aveva mai potuto confessare, non aveva mai avuto
l’occasione di
avere.
- E
così col
tempo imparò ad amare Draco Malfoy per ciò che
era, un uomo tormentato, turbato
dal ricordo di un passato avvolto dall’oscuro e intimorito
all’idea di
commettere gli stessi errori del padre; ma anche un uomo sensibile ed
in grado
di amare in silenzio senza chiedere nulla in cambio.
- -Asteria-
sussurrò il biondo, ancora avvolto tra le braccia della
moglie –e se non
riuscissi ad essere un buon padre?-
- -Draco, tu lo
sei già- sollevò il volto del marito,
delicatamente, lo carezzò con dolcezza ed
infine lo baciò con passione.
- -Madre,
padre, chiedo
perdono, per non essere riuscito a compiere ciò che mi era
stato chiesto-
- -Draco,
non posso perdonarti
per colpe che non hai-
- Il
volto del biondo si
contrasse in una smorfia interrogativa, rivolse poi lo sguardo al
padre, che lo
osservava con lo stesso sguardo che gli donava quando da piccolo
sbagliava;
quando lo deludeva.
- -Narcissa
nostro figlio ha
sbagliato ed è giusto che sappia, deve imparare a
riconoscere i propri errori,
per rimediare dovrai sposare Asteria Greengrass e far sì che
la nostra famiglia
riacquisti la rispettabilità che merita-
- Lucius
Malfoy viveva da
rinnegato ormai da alcuni mesi, era certo che ormai tutti credessero
alla sua
versione, di ex mangiamorte pentito, non sospettava che né
il figlio né la
moglie l’avessero potuto tradire; consegnadolo alla giustizia.
- Narcissa
Malfoy aveva
dimostrato di essere madre, forse troppo tardi, forse nel momento
sbagliato, ma
aveva dimostrato di esserlo. Era stata abile nel mascherare i propri
reali
sentimenti, nel fingere, nello sperare di nascosto che Potter riuscisse
a
sconfiggere Lord Voldemort.
- Draco
Malfoy, abile al pari
di sua madre, era riuscito a tenere nascosti i sentimenti che provava
persino a
se stesso.
- Ed
ora erano riuniti
nell’imponente sala da pranzo, ricevevano le ultime direttive
di un padre
padrone ed attendevano l’arrivo del ministero della magia; in
un tacito
silenzio.
- Avevano
tradito entrambi
l’uomo che credevano di amare, come padre o come marito, ma
che non era in
grado di svolgere né l’uno né
l’altro ruolo.
- Aveva
scelto di vivere, di
liberarsi, di rimediare agli errori commessi.
- -Ho paura,
Asteria. Temo che sarò come mio padre, che non
riuscirò a lasciar crescere mio
figlio, a farlo vivere, a insegnarli a camminare con le proprie gambe e
pensare
con la propria mente- aveva più di trenta anni ormai Draco e
non aveva mai
pianto, credeva di non esserne in grado, eppure ora era lì,
il volto racchiuso
tra le mani affusolate della moglie, ed un calore intenso gli rigava le
guance
ed un sapore salato gli inumidiva le labbra.
- -Draco, tu non
sarai mai come tuo padre, non lo sei mai stato- Asteria premette le sue
labbra
a quelle del marito, portandogli via quel sapore aspro e donandogliene
uno più dolce
–tu sei e sarai un buon padre ed un marito perfetto-
- -Come puoi
esserne certa?- chiese titubante, come mai l’era stato sino
allora, lasciando
che gli occhi nocciola lo scrutassero sino a scoprire ogni anfratto
della sua
anima.
- -Perché
ti amo
e mi fido di te- le sorrise sincera, prendendolo per mano e attendendo
che
anche l’uomo si alzasse.
- Draco
sospirò,
lasciò che quell’ombra di timore e paura svanisse
dai suoi occhi e inspirò
quell’aria serena, sincera e pura che mai prima
d’ora aveva fatto parte di
quella dimora, di quella famiglia.
- Non disse
nulla, non aggiunse parole che sarebbero risultate inadeguate, con
spontanetà e
sincerità la baciò come fece la prima volta in
cui capì che l’amava e che
l’avrebbe amata per il resto della sua vita.
- Era sereno
ora, era spontaneo ora, era se stesso finalmente. Temeva di non
possederla
neppure una personalità, eppure Asteria gli aveva insegnato
a conoscerci, ad
amare, gli aveva fatto scoprire la libertà e lo aveva amato
nonostante tutto;
sopra ogni cosa.
- Ed ora era certo che suo figlio sarebbe cresciuto come lui avrebbe sempre desiderato, circondato solo dall’affetto di una famiglia serena, che aveva appreso l’importanza del presente, l’insegnamento del passato e la speranza nel futuro e l’inutilità dei retaggi del passato; della purezza di sangue o dell’appartenenza ad una data casata.
- ___________________________________________________________________________________________________________________________________
Note:
Mi
scuso per eventuali
e probabili errori di sintassi, grammatica o logica.
Mi
scuso anche per
aver modificato alcune parti della storia originale, era necessario ai
fini del
racconto da me pensato.
Inoltre
è la prima
volta che scrivo e pubblico qualcosa che riguarda la saga di Harry
Potter,
sebbene io amo sia i libri che i film, non sono mai riuscita a scrivere
nulla a
riguardo; forse per paura di rovinare il capolavoro di J.K. Rowling.
Perciò
questa mia
storia potrà risultare, a molti di voi, banale e mal
riuscita; ho trovato il
coraggio di pubblicarla solo per rendere felice una mia cara amica.
Sono
aperta ad ogni
critica, perciò non abbiate pietà, giuratemi di
non avere buone intenzioni!