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Autore: BloodyMoon    02/11/2007    1 recensioni
Death-fic. Monologo di un innamorato senza il suo amore.
"Spesso per capire la portata di qualcosa bisogna semplicemente vederne gli effetti, non credete? Basti pensare alla fredda pioggia autunnale, quando il cielo è troppo scuro e nero per poter capire se davvero sta piovendo; ma il rumore ticchettante contro i vetri giunge alle orecchie, e si può vedere con i propri occhi le gocce mischiarsi alle pozze sul terreno, in una scrosciante melodia."
Genere: Romantico, Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Draco Malfoy | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Endless Rain

Salve a tutti! Vi dirò, questa fanfic mi è venuta fuori un po’ strana, anche come stile. Mi rendo conto che in pochi riusciranno a leggerla, perché quasi sicuramente è noiosa, melensa e lenta e non so bene neanche io come mi è uscita, ma sappiate che apprezzerò infinitamente ogni commento o critica a riguardo... e poi non è molto lunga, no? ^^ Io stessa la trovo un po’ insensata, nel senso che non ha capo né coda, ma sono solo pensieri lasciati a briglie sciolte, ma che non è che mi riguardino da vicino, quindi non so, sono un po’ confusa, ma dovevo scriverla e darle vita… Io comunque ve la propongo, sperando che sia cosa gradita. Un bacio e buona lettura!

P.S.: Non si nota la mia mania per la pioggia, vero?, nooo XD Scusate se risulto ripetitiva con i paragoni e simili, io faccio del mio meglio, lasciando che le frasi si creino da sole… ^^

Nota: L’ispirazione è presa da due canzoni. La prima è “Endless Rain” degli X Japan, da cui ho preso anche il titolo, mentre la seconda è “Passive” degli A Perfect Circe, soundtrack del film Constantine.

 

 

 

 

Endless Rain

 

 

Spesso per capire la portata di qualcosa bisogna semplicemente vederne gli effetti, non credete?

Basti pensare alla fredda pioggia autunnale, quando il cielo è troppo scuro e nero per poter capire se davvero sta piovendo; ma il rumore ticchettante contro i vetri giunge alle orecchie, e si può vedere con i propri occhi le gocce mischiarsi alle pozze sul terreno, in una scrosciante melodia.

O si cammina sotto il cielo, senza nessun riparo, lasciando che le gocce feriscano il viso; perché non si marcia a testa bassa, no, ma con lo sguardo rivolto alle stelle invisibili del mattino, lasciando che le luci della città illuminino quelle stille cadere, seppure non si riescano a tenere gli occhi aperti, a causa loro, mentre bagnano anche gli occhi e le guance, la fronte e i capelli e le labbra e il mento. Perché forse, solo per qualche momento, possono sostituire quelle lacrime che non si riescono a versare, benché tutto sembri far male.

Sono solo ferito, non è niente, è solo un momento, e poi passerà. Un attimo infinito – e feroce, che strappa il cuore, ma pur sempre un attimo.

Allora perché mi sembra che ora, la pioggia, spesso mia amica fedele, mi abbia tradito così, bagnandomi, lasciandomi infreddolito e intirizzito, ma ancora dolorante e ferito nel cuore quanto nel corpo – sebbene il dolore fisico sia l’ultimo dei miei problemi in questo momento.

Le braccia sono irrigidite, da troppo tempo nella stessa posizione, nello stesso abbraccio soffocante. Sapere che ora posso tenerti tra le braccia non è come sapere che avrei dovuto tentare, e forse ti avrei abbracciato con felicità, mentre ora questa conoscenza mi dà solo un lacerante senso di malinconia. Ora che abbraccio il tuo corpo simile ad un manichino quale soddisfazione, quale contentezza posso provare?

Ora ti osservo, scostandoti le scure e ribelli ciocche dal viso, cinereo e leggermente rigido, ma quasi potrei credere che stai dormendo preda di un incubo, se non fosse per il sangue che ti copre metà del volto, nascondendo il pallore, incrostando i capelli.

«Il mio nemico perfetto.» mi accorgo di aver pronunciato queste parole ad alta voce solo in parte, come un’eco giunta alle mie orecchio, ma, al contrario, percepisco il sorriso amaro che si apre sulle mie labbra. Continuo ad accarezzarti i capelli sporchi di sangue seccato e terra. Non saprei dire da dove proviene quel sangue, quale dei tanti incantesimi che ti hanno straziato lo ha provocato. Ma sei riuscito nella tua missione, no?, hai salvato il mondo. Mi deludi, avevi detto che non avresti abbandonato chi amavi, che saresti tornato, che lo avresti sconfitto una volta per tutte, per non permettergli di causare altro male. Ma è stato solo un giuramento mantenuto a metà. Sei vincitore, ma non sei tornato; Lui non provocherà altro male, ma questa volta sei stato tu a infliggerlo, anche se la colpa è Sua; sarai sempre presente nei cuori di tutti, ma li hai comunque abbandonati,

So che non dovrebbe essere tua, la colpa di tutto questo, ma qualcuno devo pur incolpare, qualcuno deve pur essere responsabile di tutto il mio dolore. E non solo mio.

La senti la voce rotta della Granger, le sue lacrime, i suoi singhiozzi, i suoi gemiti? Senti le sue strazianti urla sussurrate, il suo cuore spezzarsi silenziosamente? E le lacrime urlate degli Wealsey? Oh, hai abbandonato tutti, ma tutti ci sentiamo come se noi avessimo abbandonato te. È  un miracolo che nessuno mi stia scacciando da te, ma se anche lo facessero lotterei, anche senza forze come sono ora, dopotutto è normale provare tutta questa stanchezza di vivere, non trovi?

Dovresti svegliarti e guardarmi, forse così potrei dirti tutto ciò che ho tenuto nascosto all’interno del mio cuore, come uno scrigno sacro e chiuso a chiave. Dovresti smetterla di fare il morto, e alzarti, oppure entro breve potrei decidere di non farcela più, ad osservarti, e urlarti che mi hai deluso profondamente. Ma non puoi, e non lo farai. Vorrei solo che mi guardassi un’ultima volta con affetto, o forse mi basterebbe solo un’occhiataccia come quelle che ci scambiavamo nei primi anni, ricordi? Mi viene da ridere, e credo di aver persino emesso una mezza risata. Perché non puoi voltarti e guardarmi, perché non puoi aprire gli occhi?

Potrei persino tornare ad osservarti di nascosto, innamorato e un po’ invidioso, dal mio lontano angolino; riuscirei a sopportare il sapere che i tuoi amici posso averti accanto e io no, mi basterebbe sapere che tu sei felice. Farei tutto questo purché ti sia permesso di tornare.

Aspetto un minuto, due, tre, o forse di più, ma nulla succede, e mi viene da pensare che forse non è abbastanza. Ma non ho nulla di più, questo vuol dire che il mio amore è senza valore? Dopotutto è di questo che si tratta, amore, lo so, ne sono sicuro. Ma significa che non è abbastanza forte? Come posso dimostrarlo, adesso? Posso solo dirtelo, parlarti ora, ma è troppo tardi, come potrai deridermi e disprezzarmi, come risposta alle mie confessioni? Come potrai ora allontanarmi più di quanto già non siamo lontani, quando svelerò ogni mio segreto che ti riguarda? Oh, non lo farai, no. Non succederà proprio niente, rimarrò ad osservare il tuo viso addormentato, in attesa di reazione, bagnato dalla pioggia tra le mie braccia, immobile e inerte, e l’unico calore che emanerà sarò il riflesso del mio che ti ho donato con la mia vicinanza, ma che non sarà abbastanza per ridarti indietro il tuo così prorompente, e farti riaprire gli occhi verdi e osservarmi con la tua espressione un po’ malinconica e pronta a tutto ma mai arresa.

Assisto solo passivamente al salato sulle mie labbra, dovuto a gocce che non sono pioggia, mentre finalmente ti stendo sul terreno bagnato. Seguo con il dito ogni tuo tratto: la fronte con la cicatrice, le palpebre, il naso, le labbra, il mento. E mi stendo a terra, ad osservare le gocce cadere su di noi, mentre le mie lacrime sfuggono ai lati dei miei occhi, cadendo rovinosamente lungo le tempie, inumidendomi i capelli – ma non posso sentirlo, perché sono già bagnati, e ora si stanno anche sporcando di terra e per una volta non me ne preoccuperò, ma lo so – e morendo nel terreno, o forse mischiandosi prima alla pioggia, ma non lo so, perché non seguo quei sinuosi percorsi. Mi avvicino più a te, e al freddo del tuo corpo, incurante di tutto e tutti, e chiudo gli occhi, cercando di dimenticare tutto, tranne te e il mio amore per te. Voglio solo addormentarmi, fare con te almeno quest’ultima cosa insieme, anche se tu non ti sveglierai più, mentre io, quando lo farò, starò peggio di prima, perché tutto sarà reale e crudele, e troppo sbagliato per poter cercare di credere che sia un sogno.

«Tu, morto come solo un morto può essere… e io, solo come un innamorato senza il suo amore.» un sussurro roco dalle mie labbra è quello che ne esce, frase che non ho quasi nemmeno pensata, ma che è uscita istintiva, come ultimo sfogo, nulla di più.

Sognerò di momenti insieme inesistenti, di come sarebbe stato, fantasticherò di noi, di come ci saremmo amati, perché nei miei pensieri tu mi ami tanto e anche più di me. Ma non ci saranno litigi, perché nei miei sogni ci sarà solo spazio a felicità e serenità, come contrappeso alla bilancia della vita, in cui la realtà è piegata dal peso della solitudine e del dolore e della tristezza.

E sognerò di deserti, in cui pioggia non cade, e io sarò una rosa, ferita e morente, e tu sarai la mia acqua, e solo tu potrai cancellare il dolore che il pensiero di te mi provoca. Fino ad allora, fino al momento del mio risveglio, mi permetterai di poterti stare accanto, abbracciato a te? Chiedo solo questo, mentre chiudo gli occhi, e il peso del rimorso, delle parole non dette, mi lacera il cuore.





  
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