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Autore: Crudelia_02    13/04/2013    1 recensioni
Un sabato mattina come gli altri, una litigata in più e un sorriso di leggerezza a cancellarla.
A volte, delle bizzarre situazioni riescono a strapparci quel pizzico di divertimento che da un po' ci manca, per cui è bene non scartare quegli eventi, ma ricordarli come momenti preziosi...
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una scena esilarante.

 
 
Stamattina, come tutti i sabati o, meglio, come tutti gli altri giorni della settimana, ero sulla banchina della metro per andare a scuola. Ero da sola, perché poco prima avevo litigato con Fede, così dopo aver aspettato il treno stavo per salire ad una porta che, rispetto a dove ero io, era leggermente più lontana di un’altra. A questa, quella più vicina, si stavano avvicinando un ragazzo e una ragazza, per questo l’avevo lasciata stare.
Magari volevano stare per cavoli loro e visto che oltre me non c’era nessuno nei paraggi, non volevo fare il terzo incomodo.
Però quella più vicina, quando la metro si era fermata, stava praticamente davanti a me quindi sono salita lì e mi sono messa al solito posto. In effetti, non poteva fregarmene nulla se fossi stata il terzo incomodo… Con tutto quello a cui dovevo pensare!
Dopo di me, prima era entrata la ragazza e si era seduta, dietro il ragazzo che per un attimo era rimasto in piedi, aveva guardato l’altra domandando “Oh, sono bello stamattina?” e poi si era girato verso di me chiedendomi la stessa cosa. Io lì per lì mi sono pietrificata, non sapevo che rispondere. Non capita tutti i giorni di vedere un trucidone* che ti chiede se è bello.
Visto che non era soddisfatto del mio eloquente silenzio, ha avuto la bella idea di richiedermelo e la mia faccia ha avuto la bella genialata di arrossire, cosa che non capita mai!
Poi si è seduto e alla fine ha cominciato una sfilza di domande.
Lui: “Tranquilla, io scherzo.”
Io: “Sì, sì.” Doveva sembrare la risposta di una che non era stata affatto spaventata. Non so se veramente sono riuscita a mascherare quanto in realtà fossi esagitata.
Lui: “Siediti.”
Io: “No, grazie.”
Lui: “Come mai non ti siedi?”
Io: “Perché mi fanno schifo le metro.”
Lui: “Aaah, capito.”
Be’ sì è stata una bella trovata…
Lui: “Come ti chiami?”
Io: “Beatrice, perché?”
Lui: “Piacere, Ale!”
Dopo un paio di secondi era già tornato all’attacco.
Lui: “Quanti anni hai?”
Io: “Sedici.”
Lui: “Sedici anni…”
Io: “Eh già…”
Io provavo ad evitarlo vagando con lo sguardo verso la porta della metro, ma lui non demordeva.
Lui: “A che scuola vai?”
Io: “Al classico.”
Lui: “E oggi vai a scuola?” Intendeva… “anche oggi che è sabato”?
Io: “Sì.”
Lui: “Che brava ragazza…”
Il tempo di girarsi e aveva ricominciato.
Lui: “E la prendi tutti i giorni la metro?”
Io: “Sì.”
Lui: “E perché non ti ho mai visto?”
Che cavolo di domanda retorica… Ma parlava sempre così? No, perché era bravissimo a mettermi in imbarazzo e a non saper farmi trovare una risposta.
Io: “Boh.” Forse questa era la meno imbarazzante tra quelle che potevo dare.
Lui: “Ma da dove vieni?”
Io: “Dal centro, perché?”
E poi ha accennato qualcosa sul centro, il fatto che sia lontano o giù di lì.
Lui: “Beatrice, sei fidanzata?”
Io: “No.”
Lui: “NOO? Perché no?”
Aveva una cazzo di faccia strafottente come per dire “ho in mano il mondo e posso farci quello che voglio”. E in effetti per non permetterglielo, dovevo zittarlo con una risposta che non si sarebbe aspettato, ma diciamo che non ero proprio calma in quel momento. Certo, dopo l’ho presa più sul ridere, ma all’inizio la storia era un po’ inquietante.
Io: “Per scelta. Perché i maschi sono tutti stronzi.”
Lui: “No, vabbè. Che vuol dire?! Se la pensiamo così, anche io posso dire che le donne sono tutte troie.”
Io: “Infatti sono scelte.”
E poi qualche grazia divina mi ha mandato una signora che non so quando era apparsa nella schiera di sedili davanti a lui. In effetti la metro si era un po’ popolata rispetto a quando c’eravamo solo io, lui e la sua amica-pseudofidanzata-pseudosorella fin dalla banchina. Chissà a che fermata eravamo…
La signora: “Ma la lasci stare?! Poverina, la stai mettendo a disagio.”
Non era un vero e proprio rimprovero, sorridevamo tutti quanti.
Lui: “No, macchè. Io sto scherzando. E poi stiamo giocando.” Sì, a prendermi per il culo. Questo avevo pensato, proprio all’inizio quando era completamente stata presa alla sprovvista.
Poi hanno cominciato a parlare tra di loro, lui e la signora che bonariamente lo attaccava. Vedevo che trafficava con un telefono, poi ad un certo punto se ne è uscito leggendo il suo oroscopo dal galaxy della sua amica-pseudofidanzata-pseudosorella.
Lui: “Qui dice che sono un tipo simpatico e che metto a proprio agio le persone.” E qui mi è venuto il dubbio su una sua probabile dislessia, il fatto che non fosse italiano, o semplicemente un trucidone che raramente apre un libro. Perché per dire “metto a proprio agio le persone” ha cominciato a balbettare.
La donna continuava a sorridere e dire che era simpatico, una cosa del genere. Poi si era rivolta alla “pseudo” che stava vicino a lui: “Ma fa sempre così?”
E lei mi pare che lei le ha risposto di sì. Hanno continuato a dirsi qualcosa per un po’ finché non l’ho visto insofferente sul sedile della metro. Non faceva altro che rigirarsi e me lo sentivo che a breve sarebbe tornato all’attacco. Poi o lui, o la sua amica-pseudofidanzata-pseudosorella hanno detto qualcosa sulla fermata successiva, quindi ho dedotto che sarebbero scesi entrambi. Prima però volevo fargli una domanda pure io. Non mi ricordo in che contesto, fatto è che stava per parlare ma poi l’ho interrotto.
Io: “Scusa, ma te quanti anni hai?”
Lui: “Trentasei.” Effettivamente mi aveva preso un po’ alla sprovvista però sapevo che non era vero.
Io: “Sì, sì, certo.”
Lui: “No, scherzo. Ne ho diciassette.”
Al momento della fermata però, lei si è ripresa il suo galaxy da dove Ale-che-un-nome-definito-non-ce-l’ha aveva letto l’oroscopo, è scesa ma lui è rimasto lì. Da una parte ero sollevata perché non potevo prevedere come mi avrebbe salutata e non sarei stata pronta ad un eventuale contatto fisico. Dall’altra però, voleva dire continuare quell’assurda quanto esilarante conversazione fatta di domande e risposte a monosillabi. Come da copione, ha concluso in bellezza il suo interrogatorio.
Lui: “Ma dove scendi?”
Io: “Fra quattro fermate.”
Qua a farfugliato qualcosa che non ho capito, o meglio ho capito per metà. Così gliel’ho richiesto però mi ha detto che non era nulla, quindi ho lasciato perdere. Però credo che volesse accompagnarmi a scuola.
Lui: “Ma ti ho messo un po’ a disagio?” Era una domanda retorica anche questa?
Io: “No… è solo che… è strano.”
Lui: “Perché?”
Io: “Perché non è normale che… cioè non che non è normale, ma… Ma tu fai così con tutte quelle che entrano dentro la metro?”
Lui: “No, non con tutte.” Con la maggior parte.
Un attimo ed era ripartito.
Lui: “Beatrice… Questo nome non me lo scorderò mai.”
Io: “Ehm… Perché?” Già, perché te ne esci con certe frasi?!
Comunque, ha risposto qualcosa sul fatto che gli piacesse, che il mio nome era bello.
Lui: “Vabbè comunque, era per scherzare, cioè stai pure ridendo.” Sì, per non piangere.
No, a parte gli scherzi, alla fine era stata una scena comica. Quasi divertente, direi.
Io: “Sì, sì, finché rimane così, sì.”
Lui: “Almeno ti ho rallegrato la giornata.”
Io: “Ah, quello mi ci serve proprio.” Ora mi ero sciolta, ero tranquilla. Ci mancava poco che gli raccontavo della litigata con Federica. Forse era il fatto che non stesse da solo che mi condizionava ancora di più di quanto la situazione già implicasse.
Lui: “Lo vedi… Allora vediamoci tutte le mattine.” Aspetta, frena!
Io: “Se capita… alla metro.” Meglio specificare.
Lui: “Be’ se mi dici come contattarti.”
Io: “Se ci vediamo alla metro, bene, altrimenti…”
Lui: “…altrimenti no, vero?”
Io: “Sì.” Perspicace il ragazzo.
Lui: “Giusto.”
Ed era altrettanto giusto che visto che gli ho dato buca dopo tutto quel lungo viaggio, demordesse e, fregandosene, si mettesse per cavoli suoi a sentire la musica. In tutto questo però eravamo arrivati alla penultima fermata. E la cosa che ho tralasciato è che a quella prima ancora, cioè quella dopo dove è scesa la sua amica-pseudofidanzata-pseudosorella, è entrato un ragazzo della mia scuola (cosa che non è mai capitata gli altri giorni!) che tutte reputano un gran freg*o ma di gran lunga io preferisco l’amico che, guarda caso, oggi non c’era. Ma dico io, stanno sempre insieme, oggi no! Non c’è mai fine alla sfiga…
Comunque, non sapevo se la cosa mi facesse piacere o meno. Be’ se ci fosse stato, anche io sarei stata al gioco di questo Ale-che-un-nome-definito-non-ce-l’ha. Fatalità, dal momento in cui era entrato il “freg*o” praticamente stavo liquidando quello che da oggi sarebbe stato il mio “importunatore” preferito, quindi non ha più detto quasi nulla. Ogni tanto, si girava, gli sorridevo e lui tornava alla musica. Poi era arrivata la mia fermata perciò mi sono girata per salutarlo.
Io: “Io scendo, ciao.”
Lui: “Ciao.” Ma è stato carino quel ciao: gentile, tranquillo, senza allusioni a prossimi eventuali (ma facilmente depistabili) appuntamenti.
La ciliegina sulla torta è stata vedere l’amico del freg*o mentre prendevamo le scale mobili, che evidentemente era in un altro vagone.
Tutto questo e non avevo nemmeno la soddisfazione di aver visto il mio biondino osservarmi mentre avrei flirtato (a quel punto, di proposito) con il mio “importunatore”.
E allora non potevo proprio perdermi di rivederlo…
 
 
 
*Per chi non sapesse cosa vuol dire trucido, ci sono varie definizioni alquanto soggettive su come intendere un personaggio del genere: per alcuni, tipo me, trucido è un ragazzo coatto e truzzo insieme, pieno di orecchini e catenine d’oro, quelle tute enormi che sembrano pigiami e i capelli a panettone. C’è chi invece, un’irrilevante minoranza, sostiene che trucido sia un tipo figo e tali persone hanno fatto l’esempio di Ligabue. Ora, a parte il fatto che Ligabue non è assolutamente figo, anzi, più di uno definisce trucido quel tipo di ragazzo che non ha né arte né parte (cioè quello che intendo io).
Non è il caso però di Ale, o meglio, oggi questo ragazzo si credeva bello forse perché era tutto in tiro. Aveva gli orecchini, per fortuna non d’oro, nessuna collanina, niente tute, niente panettone, ma i mocassini che evidentemente dovevano dargli un’aria importante.
A questo punto sorge un dubbio: se perfino i trucidi stessi si rendono conto di essere ridico e che la società li repelle, perché ancora esistono? Voglio dire, a chi non fa piacere migliorare o ancora di più essere migliore?!
 

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Ciao a tutti!
Questa slice of life mi è capitata stamattina mentre andavo a scuola, io però ero solo una che si godeva lo spettacolo e rideva di quell’imbarazzante situazione. L’ho messa in questo settore perché nel romantico mi sembrava eccessivo, ma visto che i due protagonisti nella realtà si sono quasi dati un tacito appuntamento, se li trovo di nuovo nella metro a flirtare prometto di prendere note e riportare tutto qui.
Potrebbe, da come è scritta, non sembrare una storia ed infatti era nata come un diario, o una specie di bozza per una storia che poi avrei sviluppato a mio gusto.
In fondo però, i personaggi e i fatti sono questi per cui è meglio non alterarli.
Se trovate quindi errori con i tempi verbali o un linguaggio troppo semplice (oltre al fatto che ho messo evidenziato i dialoghi anticipando ogni volta chi dicesse la battuta – premetto che è una cosa che odio!), sappiate che non è volontario ma nasce appunto da una bozza. Accetterò, anzi sono ben graditi, in ogni caso quei commenti che me lo facciano notare.
Scusate se mi sono dilungata troppo, adesso mi defilo!
Spero, a presto :)
 
PS. Come sempre il titolo non è poi così particolare: si accettano consigli perché voglio cambiarlo!
PPS. La scena del freg*o l’ho aggiunta perché mentre la protagonista flirtava con il suo “importunatore preferito”, a me capitava questo.
  

  
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