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Autore: romiee    14/04/2013    4 recensioni
Amor, ch’a nullo amato amar perdona, v. 103
mi prese del costui piacer sì forte, v. 104
che, come vedi, ancor non m’abbandona. v. 105
(Canto V dell’Inferno, della Divina Commedia, di Dante Alighieri)
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Amor, ch’a nullo amato amar perdona,v. 103
mi prese del costui piacer sì forte,v. 104
che, come vedi, ancor non m’abbandona.v. 105
(Canto V dell’Inferno, della Divina Commedia, di Dante Alighieri)
 
Maria Tudor/Thomas Cromwell
 
 
Amerò questo corpo e non la vostra fede.
Queste furono le ultime parole che mi sussurraste qualche minuto prima che io vi confessassi di non poter continuare quella sorta di martirio, sicché la mia coscienza me lo impediva. Ero cattolica e voi eravate luterano: quante speranze avremmo avuto di star insieme liberamente senza che altri decidessero per noi il nostro destino e quante speranze avremmo avuto di non detestarci reciprocamente per i peccati di cui ci stavamo vicendevolmente marchiando solo giacendo insieme fra le lenzuola di un letto qualunque?
Il destino, My Lord, non m’ha riservato alcuna felicità. Sono un po’ il capo espiatorio dei crimini della madre Inghilterra. È come se, sulla mia devozione, si debbano scontare gli oltraggi e le eresie. Ed io, non son nella condizione tale per cui scacciarli sia possibile. Devo subirli in qualche modo, finché non sarà in mio potere respingerli; finché su quel trono non presenzierà più mio padre, sua maestà il Re, bensì io.
Voi, sapete dei miei progetti, Signor Cromwell: li avete resi noti in una conversazione, qualche giorno fa.
“Credetemi, epurare il vostro regno dai riformisti, non vi sarà d’aiuto. Alimenterà l’odio da parte di alcuni vostri sudditi. E, le congiure aumenteranno. Volete rischiare di commettere il mio stesso errore? Siete una donna, Maria. Il vostro sesso vi sarà d’impiccio.”
“Cosa c’entra il mio sesso? Condannerò al rogo chiunque professi una religione differente dalla mia. Questo paese è stato in balia del diavolo per molto tempo. È mio compito, una volta Regina, “curarlo” da questa “malattia”. Non temete, Thomas: allora, sarete già deceduto.”
Lo aveva solo messo in guardia: non perché l’amava, lo avrebbe esiliato dalla condanna; non perché l’amava, l’avrebbe tenuto in vita. Non gli avrebbe concesso l’opportunità di sedere al tavolo di un ulteriore complotto contro se stessa, per scacciar via l’ennesimo “Tiranno cattolico”.
Era una donna, ma aveva l’ira e la forza di un uomo.
Suo padre non le aveva insegnato soltanto a covare l’odio verso i suoi nemici, ma anche a concretizzarlo in determinate azioni, come la morte.
 
Voi amate il mio corpo, dunque. Questo non vi scusa, né vi giustifica. Il vostro amore mi segna.
Fintanto che perseguirete questa “malattia”, io m’adopererò per dichiararvi guerra.
Son fatta d’anima. Essa patisce gli errori del corpo. Perciò, amando anche unicamente la mia parte materiale, dissacrerete quella spirituale.
“L’anima persisterà anche nella morte.”
Voi, Thomas, non potete peccare senza sporcarmi.
 
Da tempo, Maria non riusciva a sollevarsi dal letto.
Trascorreva le sue giornate fra le lenzuola di seta e la malinconia del cielo.
Adorava fissare la debole pioggia che spandeva la sua tristezza sul paese in disgrazia.
Essa squarciava con le sue urla strazianti i vetri delle imposte, rammentando quanto dolore stesse provando.
L’osservava scendere, unendosi al suo canto di disperazione.
Il Re le aveva fatto visita qualche ora prima. Era l’unico che le si palesava davanti ogni giorno.
“Come state, figlia mia?” le domandava con una certa apprensione che non gli s’addiceva minimamente.
Lei taceva. Pallida nel volto, scorreva la sua figura come a volerla disegnare, prima di girarsi verso la finestra. Ancora.
“Rispondetemi, vi prego”, implorava, afferrando fra le sue dita l’esile polso della giovane.
Tutte le volte in cui lo faceva, s’accorgeva di quanta carne, col passare del tempo, stesse perdendo.
Gli sembrava di toccare le ossa di un cadavere e non la pelle della sua bambina.
“Avete mangiato, oggi?”
Non una parola, neanche un cenno.
Lei se ne stava buona, con l’immobilità di un morto.
Tant’è che Enrico stesso, spazientito, la rimproverava: “Maria, dovete nutrirvi. State, forse, cercando di uccidervi?”
All’ennesimo rifiuto di esplicare le sue ragioni, Enrico incalzava: “Lo sapete che il suicidio è un peccato?”
Maria, allora, rispondeva: “Non è l’unico. Ne ho di ben peggiori da scontare una volta all’inferno.”
Il Re sgranava di poco gli occhi, dischiudendo le labbra serrate: “Cosa state dicendo, figlia mia?”
Un’espressione commiserevole gli si dipinse sul volto.
“Andate, padre. Non ha senso che voi rimaniate qui. Comprendere le mie scelte è un compito arduo.”
Qualsiasi sua visita terminava con le precedenti parole della sua primogenita che assumevano il seguente significato: “Io vi discolpo dalla vostra incapacità di capire.”
 
Una sola persona s’era astenuta dall’andarla a trovare.
Era chi di dovere l’aveva trascinata ad aspirare al rachitismo della propria figura.
Qualche volta chiedeva di lui a qualche dama, ma questa le sapeva giustificare la sua assenza con un mero: “è impegnato. Ma s’augura di farvi visita presto.”
Quando sarò seppellita , magari.
Abbozzava un sorriso, scoprendo i denti rosei, ormai consumati dal vomito.
Ditelo che non venite per non sentirvi il mio assassino.
Voi fuggite da quel che a causa vostra son diventata: ho assunto le sembianze del male.
Il mio viso innocente non coprirà più la mia condotta immorale.
 
Ennesimo giorno di sfinimento, ennesimo giorno di pioggia.
Le si ripeteva la stessa scena ogni mattina.
Niente sembrava colorar la sua fine.
Un torpido grigio le faceva costantemente da sfondo.
Sempre le stesse visite, e mai quella che più di tutti acclamava.
Non si rendeva conto di quanto incoerente fosse.
Sosteneva che per bontà della sua persona non si sarebbe dovuto presentare;
e un attimo dopo rinnegava tutto inveendo contro la sua decisione di non esibirsi.
Al mio funerale mi farete visita, amor mio?
Il delirio si stava impossessando a poco a poco di lei. Di lei che era troppo debole per difendersi.
Aveva gridato a suo padre di non amarla, assistendo ai suoi occhi furiosi.
Aveva dato della bastarda alla sua sorellastra, ricevendo uno sguardo risentito.
Aveva sguainato la spada contro il suo più fedele compagno, l’ambasciatore spagnolo Eustace Chapuys, accusandolo di non essere stato in grado né di proteggere lei, né di proteggere sua madre, la Regina Caterina D’Aragona, l’unica vera Regina D’Inghilterra.
Aveva sputato la sua ira contro chi aveva cercato di starle accanto, di prendere posto al suo fianco, di amarla e non contro chi l’aveva abbandonata sul ciglio della strada senza indumenti addosso, senza un cuore nel petto.
 
Si stava avvicinando la primavera, sebbene fuori sembrasse ancora persistere l’azione dell’inverno e delle sue lacrime gelate.
L’ultima volta che aveva odorato il profumo di un fiore, era in giardino con lui.
Thomas le aveva sorriso prima di donarglielo fra le mani.
“Mi ricorda voi.”
“Ma è un girasole! Ho la faccia così tonda, Thomas?” scherzò.
“No, ma avete il sole negli occhi e i raggi sul viso.”
 
Adesso, a cosa assomiglio? A quale fiore?
A quello appassito? A quello a cui manca la testa? No, quello lo sarò tra un po’, quando mio padre non attenderà la mia fine naturale, ma deciderà per Dio, di privarmi del respiro.
Avanti, Thomas. Quale fiore mi rappresenta, in questo momento?
Non ne sono alcuno. Sono erba lasciata a morire sotto il sole cocente.
 
Mi mancate. Non c’è istante in cui io non vi penso.
V’ho detto di starmi alla larga. Me lo ricordo bene.
Ma, mentivo. Perché non intuite che la vostra distanza mi sta arrecando sofferenza?
Vi scongiuro, varcate quella soglia.
Non datemi udienza solo quando sarò ossa a cui la pelle è stata tirata via.
Non datemi udienza quando rigidamente, sul mio letto, v’osserverò ad occhi sbarrati.
Quando il mio petto non si ingrandirà più per inalare ossigeno.
Chiudo gli occhi per rammentarmi di voi, di quella notte in cui a cuore aperto m’avete espresso i vostri dubbi circa il mio disperato rifiuto nei confronti del cibo.
“Maria, mangiate. Vi vedo sciupata, stanca. Cosa vi sta accadendo?”
“Ho un po’ di nausea, nulla per cui angosciarsi.”
“Una nausea che vi assilla da un po’” convenne sarcasticamente. “Non sarete mica incinta?”
“Se lo fossi avrei le voglie, non credete?”
“Meno male” sorrise.
“Perché… se fossi gravida?”
Thomas, indeciso sul da farsi, fu in grado di rivelare il proprio timore attraverso un’altra domanda: “Sarebbe un problema, non pensate?”
Sì, una grande difficoltà da superare ulteriormente,  in un rapporto che ci stava ponendo le basi sulle astrusità che implicava.
Ma non inquietatevi Thomas, il bambino che all’interno della pancia si stava formando, temo che stia morendo con me.
Mentre della mia fine avete misera coscienza; di lui, non avete appreso la vita.
 
Il sole tarda. Ingiunge la pioggia con ferocia su di noi.
Molti pensano che io sia il motivo per cui il cielo protrae il proprio tormento.
Eppure, se fosse stato effettivamente così, non avrebbe smesso di piovere dalla mia nascita.
Il mio percorso non è mica stato dei più lieti: sin dalla mia venuta al mondo, ho sofferto.
Ma quando diavolo arriva il buio?
È anche questo un modo per straziarmi?
Non ho tollerato abbastanza?
 
Su Londra, la notte non sembrava, poi così diversa dal giorno.
Essa si deliziava di qualche ballo, di qualche orgia tenutasi nella stanza di suo padre: insomma, oziava nei piaceri assoluti.
La sola dama che non aveva il riso sulle labbra era la povera principessa Maria, reclusa nelle sue stanze poiché ormai ritenuta un mostro.
Aveva molti pretendenti lei, a cui non aveva dato modo di mostrarsi interessata.
Il suo viso era ciò che più amavano: un po’ paffutello, con le guance rosee e due perle di mare incastonate sotto le sopracciglia.
Ora, si ritrovava con un volto scarno, il cui colore era il bianco, in cui i denti sciorinavano la sua afflizione, ed i suoi occhi i suoi sforzi.
Il resto si perdeva fra un mucchio di ossa senza carne. Che se la toccavi ti sembrava di spezzarla.
Non era più bella: assomigliava ad un feto per quanto fosse minuta e schiacciata.
Sono gli ultimi giorni d’agonia. Tieni duro, amor mio. Si ripeteva.
 
Avete anelato voi a me, per quale motivo adesso m’emarginate?
Tirate avanti di fronte al mio supplizio come se non avessimo condiviso alcuna passione. Io, a contrario vostro, attendo che mi salviate dal dolore terreno.
Venite con le vostre gambe, perché non posso morir pregandovi.
Voi siete la mia ancora. Ho paura d’affondare, mio amore.
 
Le lacrime segnavano cicatrici sul volto spigoloso, svogliatamente.
Con le dita, tentava di cacciarle via. Ma gli occhi le bruciavano più del solito.
“Il Lord del Sigillo Privato vorrebbe vedervi, Lady Maria.”
Il cuore le sbalzò via dal petto: finalmente, dava segni di vita. Per giorni, infatti,  aveva scandito un battito irregolare che da un momento all’altro pareva arrestare la sua corsa.
Le gambe intrizzite, tremavano.
Volete vedermi, volete vedermi. Thomas!
Ma in quali condizioni? Aborrirete la mia figura per quanto spaventosa la scoprirete.
Ma non era forse questo il mio obiettivo? Costringervi a non amarmi?
“Fatelo entrare, grazie.”
La dama annuì, dileguandosi dietro la tenda che separava Maria dal resto del mondo.
Qualche secondo dopo, lui la spostò di poco per addentrarsi nell’angolo in cui era stata rintanata.
Aveva un girasole fra le dita ed un sorriso di compassione fra le labbra che si spense poco dopo aver incrociato il suo sguardo.
“Maria… Co… cosa v’è successo?”
“Siete mancato molto, Signor Cromwell. Chiamatemi con il dovuto rispetto. Non mi conviene d’aver più alcuna intimità con voi.”
La freddezza non le mancava. Sebbene devastata, il ghiaccio che s’era attanagliato ai suoi organi non accennava a sciogliersi.
Voi siete un eretico, perché v’ho permesso d’entrare!
Thomas poggiò il fiore sul suo ventre prima di accarezzarle i capelli che avevano smarrito la morbidezza di cui erano soliti vantarsi. Neanche le onde v’erano più.
Gli angoli delle sue labbra si piegavano all’ingiù per ostentare il proprio rincrescimento.
“Perché vi siete ridotta così?”
“Perché siete venuto a farmi visita? Non v’è bastato insudiciare la mia purezza con i vostri gesti? Dovevate ultimare l’opera così come avete fatto con mia madre, signor Cromwell?”
Erano espressioni d’odio che si consolidavano in un ringhio di disprezzo.
Andatevene, Satana.
“Mi hanno detto che m’avete cercato. Sono venuto perché non potevo più incatenarmi sul posto mentre voi combattevate e combattete tuttora contro la morte!”
“Io non sto combattendo contro la morte, la sto aspettando. Così come vostro figlio.”
Thomas sgranò gli occhi: “Quale figlio?”
“Quello che porto in grembo da tempo. Quello di cui non sapevate nulla, ma di cui avete sfiorato le membra l’ultima volta che abbiamo fatto l’amore.”
Lui cadde sulle proprie ginocchia, rilasciando il dolore in un pianto disperato.
“Alzatevi!” esclamò Maria, rimproverandolo. “Siete un uomo, non potete piangere in questo modo.”
“Maria…” chiamava fra i singhiozzi stringendole il polso e conducendo il palmo della sua mano sulle sue labbra per baciarlo senza sosta.
“Perdonatemi. Perdonatemi.”  Supplicava in preda ai sussulti.
Maria rimase immobile senza mutare la propria ostinazione che spurgava un’apparente indifferenza.
“È inutile che vi rammarichiate. Il danno è fatto. Andatevene. Lasciatemi riposare.”
Cromwell si tirò su passandosi una mano sul volto distrutto. “Perché? Perché dovete redimere la vostra anima in questa maniera?”
“Perché non ho alcun altro modo. Non vivo nel peccato come voi, per poi chiedere perdono una volta sul patibolo. Addio Thomas.”
“Vi prego ragionate. Io v’a…”
“Non osate.”
Questi, tacque.
Non rivolgetemi quello sguardo. Non sono pazza, non merito d’essere guardata così.
Ho piena coscienza di quel che sto facendo.
Si vede che non amate abbastanza neanche il vostro Dio, per non essere capace d’accettar la mia soluzione.
Cromwell, incollato al suolo, contemplava quella donna:
In un primo momento, aprì le labbra con l’intenzione di proferir parola, ma alcun suono fu emesso; in un secondo momento, annuì, prima di dissolversi al di là del sipario.
 
 
Percepisco i respiri farsi più gravi. Sto morendo, lo so.
E come ultima mia azione ho pianto per voi e per le mie menzogne.
Neanche sul punto di passar a miglior vita, ho saputo essere meno ferma sulle mie convinzioni.
Ho espettorato la collera, e mai l’affetto.
Ho peccato nuovamente, sicché Dio richiede che vi sia amore anche per i nemici.
Con arroganza, v’ho mandato via.
Vi chiedo umilmente perdono se v’ho mentito.
Ma anche io vi amo.
È solo che accanto a voi, la primavera sembra non giungere più.


Note

Spero che la fanfiction sia stata di vostro gradimento :)
Ringrazio chiunque sia riuscito a leggerla fino alla fine.

Voglio lasciarvi il link del video che mi ha fatto innamorare perdutamente di questa coppia:

  
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