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Autore: Stateira    04/11/2007    13 recensioni
- Sai Roy, c'è una cosa a cui stavo pensando. -
Ci sono desideri che ti mangiano l'anima. Cose che sarebbe meglio tener chiuse nella fantasia. Sono proprio queste le cose per cui vale la pena lottare.
- Tu ci credi così tanto. Così tanto, vero Edward? -
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Edward Elric, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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3_ sweet eyes of yours

3_ sweet eyes of yours

 

 

 

Gabriel era un nome poco adatto al visetto paffutello e vispo di un bimbo nato da poco più di dieci giorni.

 

Era serioso ed importante, suonava già da solo come un titolo di un certo prestigio.

 

Eppure Roy lo aveva scelto senza esitare un secondo, come se fosse stato il frutto di mesi di meditazione intensa, e non un impulso nato da chissà dove, in un momento che ben poco aveva avuto di razionale.

 

Semplicemente, quando aveva visto gli occhi di quel bambino – di suo figlio, per l’amor del cielo, suo figlio – aprirsi su di lui per la prima volta, e guardarlo come solo un bimbo sa guardare, con quel colore dorato che sapeva immensamente di Edward, gli era uscito dalla bocca in un singhiozzo, ed era finito direttamente su carta, sul certificato di nascita che Riza Hawkeye si era affrettata a consegnargli da compilare e controfirmare.

Quel documento lindo e anonimo sarebbe persino potuto sembrare una delle solite, dannate scartoffie che lo perseguitavano anche quando andava al bagno, da quando la sua posizione era diventata sufficientemente alta da valergli una poltrona imbottita tutta per lui. Se non fosse stato che Hawkeye, il tenente di ferro Hawkeye, era quasi irriconoscibile, tutta commossa ed eccitata com’era.

 

Ed non aveva detto una parola sulla sua scelta. Si era limitato ad annuire e a formare un sorriso stanco. Si era appena svegliato dall’anestesia, poverino, ed era a pezzi per la gioia.

Perché sì, la gioia può ridurti in ginocchio, quando passi nove mesi della tua vita ad aspettare un miracolo che cresce dentro di te costringendoti a camminare con le stampelle e ad affrontare l’inferno di chi ti nega il diritto di sentirti umano, e poi alla fine ti fa schiantare a terra come un a marionetta rotta, e ti obbliga ad una corsa assassina verso l’ospedale militare, bianco e mezzo morto per il dolore, e via sotto i ferri.

 

Così, al piccolino era stato dato il nome Gabriel.

 

- Lo sai, Ed. –

 

Roy si piegò in avanti, sul divano azzurro del soggiorno di casa, appoggiandosi sui gomiti. Gabriel smise subito di succhiare il biberon, e lo fissò spalancando gli occhi, come faceva sempre. Tese una manina verso di lui, per afferrargli chissà, una manica, i capelli, o per stringere il suo cuore fra quelle ditina carnose. Ma poi il suo prezioso biberon tornò repentinamente e prepotentemente in cima ai suoi pensieri, e il salotto si riempì nuovamente del suo quieto poppare.

 

- I suoi occhi sono incredibilmente identici ai tuoi. –

 

Usò un tono solenne, per dire quelle sue poche parole. Dopo tutto quello che loro due avevano passato per arrivare fino a lì, per Roy era davvero, davvero importante che il loro bimbo avesse gli occhi di Edward. Era un po’ come un riscatto dovuto, il senso ultimo di un’ora e mezza di terrore e di ansia trascorsa nel corridoio anonimo di un ospedale, davanti ad una porta bianca che si ostinava a rimanere chiusa davanti a lui.

 

Ed si chiuse dietro ad un sorriso delicato ed un po’ imbarazzato, che nulla voleva nascondere, ma che sottintendeva talmente tante cose da parere ermetico. Roy diede un buffetto sulla guancina morbida di Gabriel, che continuava imperterrito a succhiare il suo latte tiepido, e si sedette vicino a loro, facendo attenzione a non strattonare Ed.

 

Ed che era diventato, da nove mesi a quella parte, un delicatissimo cristallo, per lui, una maestà da adorare e da proteggere. Vederlo seduto con la testa reclinata sullo schienale, le braccia raccolte a culla e lo sguardo assorto sul loro piccolo, così sereno, così pieno, valeva tutta una vita, Roy poteva giurarlo.

 

- Dammelo un po’ qui, avrai le braccia di legno ormai. –

- Puoi anche dire che lo vuoi tenere tu, sai, stupido Colonnello? –

 

Roy fece scattare fulmineamente gli occhi verso l’alto, per non dargli troppa soddisfazione. Come sempre il piccoletto ci aveva preso.

 

Ed acconsentì comunque, naturalmente, e glielo accomodò fra le braccia delicatamente, assicurandosi che la testolina fosse ben sostenuta.

Roy si sentiva immensamente grande quando teneva in braccio suo figlio. Ed ogni volta che Gabriel lo guardava fisso negli occhi, con un’ espressione stupita e catturata, lo sentiva ancora di più, gli sembrava di essere ad un passo dal sole. Ed stava ad osservarli, e sorrideva fra sé di quell’inestimabile composizione, come se non potesse esistere niente di più bello al mondo di ciò che aveva davanti agli occhi.

E Roy, preso in mezzo fra quelle due paia di occhi dorati, innamorato perso di entrambi in un modo tanto diverso quanto equivalente, non poteva che lasciarsi meravigliosamente annegare.

 

– Roy. –

Un sorriso smarrito, uno sguardo che fluttua con calma dal suo uomo al loro piccolo. Ed si sentì cullare da una sensazione di pace potente e torpida che lo avvolse.

 

E Roy si ricordò all’improvviso del perché fosse lì, in quel momento. A guardare suo figlio giocare con un lembo della sua camicia, e ad emozionarsi per il modo in cui il suo compagno pronunciava il suo nome come se fosse ancora la prima volta.

 

Si ricordò anche che quando lo avevano lasciato entrare nella stanza di Ed, dopo che si era bruciato due o tre vite nell’attesa, lì fuori, la primissima cosa che aveva fatto era stata chinarsi sul suo viso, ed inspirarne rapidamente l’odore. Poi gli aveva dato un bacio morbido, sulla guancia. Edward sapeva di disinfettante, di sudore e di se stesso, e Roy non aveva avuto bisogno di sapere altro. Quando gli aveva mostrato il fagottino seminascosto nell’incavo del suo braccio destro, scostando la copertina bianca che lo avvolgeva, e glielo aveva porto con gli occhi pieni di speranza e di una paura irrazionale e folle che qualcosa non andasse bene, che Roy lo rifiutasse e li abbandonasse proprio ora che tutto era compiuto, lui aveva avvicinato il volto a quello del figlio, e aveva respirato ad occhi socchiusi. Anche suo figlio odorava di disinfettante, ed emanava un profumo purissimo e dolciastro, un piccolo mondo nuovo, una corolla di sensazioni da mettere i brividi.

Certe cose sono semplicemente animali, si fanno e basta. Da quell’analisi istintiva Roy aveva ricavato tutto ciò che avrebbe mai voluto sapere, e aveva stabilito dei legami che mai nessuna parola sarebbe bastata a definire.

 

- Quasi quasi capisco Maes. – si sorprese a mormorare.

 

Edward glissò le dita sulla fronte e sulla testolina di Gabriel.

 

Pensò a Maes con un sorriso, e alla sua immagine si sovrappose quella di Roy, così limpida nella sua mente, di quel giorno incancellabile. Lui ad un passo dal suo letto, con addosso l’uniforme da colonnello che non aveva potuto cambiare, e Gabriel fra le braccia, in silenzio, bello e solido come niente al mondo avrebbe mai potuto essere.

Un soldato che stringe il suo figlio neonato, un qualcosa di universale, questo era stato Roy per lui, per alcuni, lunghissimi istanti.

 

- Già. –

 

Silenzio.

 

Era incredibilmente bello starsene lì, senza un motivo, ad ascoltare il gorgoglio sommesso del succhiare di un bambino.

 

Edward era riuscito a stupire tutti una volta di più. Il piccolo, scorbutico, vulcanico Fullmetal, aveva saputo trasformarsi in un genitore perfetto.

Aveva un istinto paterno tutto suo, Edward. Che gravitava attorno alla consapevolezza, piena ed umile, che ciò che aveva creato era grande, molto più grande del corpicino vestito di verde chiaro che Roy teneva in braccio. Aveva sfidato il mondo con il suo consueto spirito battagliero, per lui, lo aveva afferrato per il bavero della giacca e lo aveva scosso talmente forte da far tremare ogni cosa, soltanto per avere Gabriel, per potersi beare di dire “respira”.

 

Roy, dal canto suo, faceva ancora troppa fatica a riconoscere sé stesso, il Roy Mustang di soli pochi anni prima, nell’uomo seduto sul divano di casa, innamorato fino alle lacrime di un ragazzino biondissimo e pazzo, e di un bambino che, per quanto lo riguardava, lo aveva completamente in pugno, con quegli occhi.

Nonostante i tredici anni di differenza, Roy aveva cominciato a ragionare come un uomo adulto solamente quando Edward era entrato nella sua vita, passando attraverso le sue braccia. Prima di lui era stata la voglia di giocare, il dirsi che di impegnarsi non ne valeva la pena, troppi rischi e troppe incertezze. Era servito qualcuno che gli fosse intimamente gemello, per scombussolarlo a tal punto da convincerlo a prendere in mano la sua vita. Con quella sua forza micidiale, con il suo implacabile sognare, e con le mille insicurezze che punterellavano il suo carattere come stelle, lui era riuscito a farlo sentire uomo nella quiete della stabilità, e a dargli il coraggio per proclamarsi innamorato.

 

- Però giura che non comincerai ad ammorbare tutti quanti con le telefonate, come fa lui. – lo ammonì Ed.

- Sul mio onore. – ghignò Roy.

 

Di nuovo silenzio.

 

Gabriel ora osservava con attenzione il suo orgogliosissimo padre, annidato fra le sue braccia. Le sue labbra umide di latte vibravano quasi impercettibilmente ad ogni respiro, che sibilava con tranquilla monotonia, e di tanto in tanto sbatteva le palpebre, con le ciglia lunghe e lucide. Piccolo, dolce miracolo.

 

- E tu che cos’hai da guardare, eh? – lo coccolò Roy.

 

Ed scivolò più vicino a lui, e gli si strinse al braccio affacciandosi oltre il suo gomito. – Guarda te. – disse serio, pieno di convinzione. – Guarda il suo papà. –

 

Roy sorrise in modo professionale, per dissimulare la sensazione delle sue viscere che si squagliavano come cioccolato, a quelle parole.

 

Aveva sempre, ferocemente desiderato diventare importante. Ma le due persone che aveva vicino in quel momento, sul quel divano, erano le sole per le quali voleva essere importante in modo completamente diverso. 

 

- E’ così piccolo. -

- Sì. Non riesco a credere che abbia causato tanti guai. -

- Non ti ringrazierò mai abbastanza, per questo bellissimo dono. Per esserti ostinato a volerlo, e per aver convinto anche me. E adesso lui ti somiglia, e nei suoi occhi vedo i tuoi, ed è qualcosa di… –

 

Roy si lasciò interrompere dal sorriso di Edward, che si mise in ginocchio sul divano, e si sporse prudentemente fino a raggiungere la sua bocca.

 

Si scambiarono un bacio che sapeva di buono. Ed si appoggiò con la mano destra al petto di Roy, per potersi sbilanciare verso di lui e lasciarsi andare.

Non si erano nemmeno accorti che Gabriel si era addormentato, con le labbra imbronciate. Continuarono a baciarsi ad occhi chiusi come ragazzini, per alcuni, lenti minuti.

 

Edward e Roy erano innamorati l’uno dell’altro.

 

Se lo fossero stati da sempre, se l’erano chiesto spesso, ma non aveva poi una grande importanza. Andava bene così, ora che tutto faceva un po’ meno paura.

Andava bene perché tanto la gente avrebbe continuato a guardarli, a parlare di loro, a giudicarli senza sapere che nulla di tutto ciò aveva importanza, per due persone che avevano la fortuna di vedere il loro amore riflettersi negli occhi splendidi, dorati del loro bambino.

 

 

 

 

 

 

 

 

FINE

 

 

 

 

 

ANGOLINO

 

Ed eccoci con l’epilogo. Cavolo, è già finita, non avete idea della tristezza che provo! Mi sono affezionata moltissimo a questa storia, e concluderla è davvero una sofferenza.

 

Ma è giusto così. Il mio scopo primario era affrontare un tema piuttosto controverso come la male pregnacy nel modo più credibile possibile (e prima che qualcuno me lo chieda, no, Fathers non è una male pregnacy, visto che nessuno è pregnant! ^^), e l’alchimia faceva proprio al caso mio.

 

Ad ogni modo, in questa fic mi sono concessa qualche capriccio anche dal punto di vista prettamente stilistico. Ogni capitolo comincia con il nome dei tre protagonisti e si chiude con la parola “bambino”

 

(non se n’era accorto nessuno, vero? =__=).

 

E a proposito, una menzione particolare a Setsuka, che ha preso in pieno il messaggio fondamentale del secondo capitolo, quel contrasto/fusione fra la prima frase “Edward si sentiva un mostro”, e una delle ultime, “ Edward era bello”. Roy per primo se ne accorge, e ce lo dice, ci costringe a riflettere su quanto bello sia Ed, nella sua mostruosità che è grandiosa e coraggiosa.

 

Grazie di cuore per tutte le recensioni, mi avete dato ancora più entusiasmo, sono davvero commossa!

 

Dark: oh sì, Maes ci voleva assolutamente. Sarà che personalmente non ho mai elaborato il lutto, perciò per me è ancora vivo, punto e basta.

 

Nacchan: grazie mille!

 

Setsuka: ho già detto sopra, per il resto non posso che ringraziarti tanto, per i complimenti e per le osservazioni, tutte giustissime (soprattutto quella su Hughes, non mi ero assolutamente accorta dell’errore, ed è stranissimo perché di solito i nomi li controllo).

 

Bad Girl: Waaa, grazie! Beh concordo pienamente, io a quegli avvoltoi le dita le staccherei ad accettate, maledetti!

 

Ed92: nuuu, le giornate di pioggia super depressione… meno male allora che la seconda parte del capitolo è dolce, altrimenti c’era da spararsi! ^_^

 

Yumi: volevi sapere quanti cap? Questo è l’ultimo. Sono solo tre, è già finita! Ç__ç

 

Ely: scrivere questa storia mi ha totalmente coinvolta (oltre che prosciugata), perciò lo sai, sapere che anche solo un millesimo delle emozioni passa è già grandioso per me.

 

Chiara: wow, recensione approfonditissima che mi onora immensamente, perché oltre a tutti i fantastici complimenti mi sono meritata soprattutto la tua attenzione, che è la cosa più importante. E non posso che dire che le tue osservazioni rispondono pienamente alle mie idee, e ciò mi rende più che felice. I due padri, è vero, suona stranissimo, però non so, mi sembra la cosa più tenera del mondo. Soprattutto valutando i nostri due soggetti.

 

Dark side: ce l’hanno fatta, yes! Del resto lo sappiamo che Ed ha una testaccia di legno se ci si mette…

 

Ale2: ooooh, grazie grazie grazie! Hihihi, maternizzazione suona proprio bene!

 

Roy Mustang sei uno gnocco: ma non ci credo, anche io voglio fare i sogni con Ed che sbava dietro a Roy!!! *___* accidenti dimmi cos’hai mangiato, che corro a fare doppia razione!

 

Steelrose Alchemist: Ah beh, non potrei che essere felicissima di leggere una traduzione, si si si!

 

Chibimayu: noooo, aiuto non piangere! E soprattutto non dirmi certe cose che poi mi imbarazzo, la prima mpreg italiana (a parte quella incompiuta che mi andrò a cercare, ma se è comica è tutto un altro genere) Cavolo sì, voglio sicuramente leggerne qualcuna in inglese, ti scriverò al più presto per chiederti qualche indirizzo!

 

Inuyasha: sì, anche la nostra Hawkeye in fondo si emoziona… ogni tanto… in casi eccezionali.

 

Egittofona: grazie infinite, troppo buona!

  
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