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Autore: cupofteah    14/04/2013    1 recensioni
I suoi colori non erano luminosi come quelli del parco, erano tristi e scuri come il mare in burrasca.
Sballottata dalle onde, cercava di arrivare a destinazione.
Era un po’ come Ulisse che cercava di tornare alla sua Itaca.
Con una non piccola differenza: a Ulisse lo aspettava Penelope
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Lei,
senza troppi se e troppi ma.
Per lei e basta!




Paura.
Per molti è una sensazione, per altri è un’emozione, per pochi è uno stile di vita.
Ma, in realtà, cos’è la paura?
Un comune psicologo potrebbe affermare che essa sia un’emozione derivata dalla percezione di un pericolo, reale o supposto.
In realtà per le persone è solamente una scusa per potersi nascondere dalle difficoltà.
Si ha difficoltà nel nuotare? Allora, automaticamente, si ha paura dell’acqua.
È una comune abitudine degli umani, nascondersi dietro le proprie paure senza mai buttarsi nella mischia.
Le difficoltà dell’uomo sono talmente tante che son tanti i tipi di paura: c’è chi ha paura degli spazi aperti o, viceversa, degli spazzi troppo chiusi.
C’è chi ha paura dell’altezza e chi della notte.
Chi ha paura dell’acqua e chi ha paura di cadere.
E poi, c’è chi ha paura di essere felice, chi ha paura dell’amore e chi ha paura di non essere abbastanza.
Questa è una condizione in cui le persone poste davanti a una situazione, solitamente piacevole, tendono a farsi la comune domanda: ne vale veramente la pena?
Esse si tormentano, si bombardano di quesiti, arrivando alla solita conclusione: no, non ne vale la pena.
Sono delle persone che non fanno altro che sminuirsi pensando, talvolta, di non meritarsi tanta felicità.
È come se, in un certo qual modo, non riuscissero ad augurarsi della felicità, vivendo sempre nello stesso stato di cose.
Una di queste persone è una ragazza di nome Celeste.
Una ragazza di origini italiane trapiantata in Irlanda.
Il suo nome deriva da caelum (cielo) nel significato di celestiale, venuto dal cielo.
Ha occhi color cioccolato, capelli neri e mani affusolate che vanno in totale contrapposizione con il suo nome.
Alta quanto basta per arrivare alla mensola dove la madre nasconde i biscotti e fin troppo intelligente per avere, quasi, diciannove anni.
Non è una modella, ha qualche chiletto di troppo e le classiche maniglie dell’amore.
Ama il gelato e la pasta.
Ama i film e la saga di Harry Potter.
Ama il suo Iphone e la sua cover dalle mille rose e solo lei sa quanto l’ha desiderata.
Ama la musica e non bada, mai, al testo delle canzoni.
Possiede pochi cd per intero e altrettanto pochi sono i concerti a cui è stata.
Odia la storia e la sua insegnante di tedesco.
Ha paura di aprirsi totalmente alle persone rischiando così di perderle.
Ha paura di essere inadatta e di fallire in tutto ciò che fa.
S’imbarazza facilmente tanto da far divampare in un rosso scarlatto le guancie.
È spesso apatica e pigra, tanto pigra.
Vorrebbe portare l’apparecchio ma ha paura del troppo dolore che le potrebbe portare.
Ama i denti bianchi e i sorrisi a trentadue denti.
Ama come le cuffie calzino a pennello nelle sue orecchie e la sensazione d’isolamento che le provocano.
È egocentrica e lunatica.
Non crede totalmente nelle persone e, forse, perché non crede abbastanza in se stessa.
È orgogliosa e testarda.
Ha bisogno di una persona al suo fianco che le dia sicurezza e la supporti in ogni situazione, ma questo non riuscirà mai ad ammetterlo.
Crede nel romanticismo, anche se interpretato in un modo particolare.
Le piace credere nei rapporti a distanza, anche se non riesce a dare abbastanza fiducia.
Parte prevenuta e, molto spesso, sta sulla difensiva.
Ciò non è un male, anzi: lo fa per autodifesa e non per autodistruzione.
Potrebbe sembrare una comune ragazza, ma in realtà lei è molto, molto di più.
È la persona più bella del mondo, ma lei, per quanto si sforzi, non lo sa.
 
 
Celeste sta seduta nella panchina del parco.
Ha gli occhi chiusi e le cuffie, dentro le sue orecchie, fanno rimbombare I Florence And The Machine, mentre tra le mani tiene stretto un libro.
Il sole bacia i suoi lineamenti riscaldandola da una giornata piuttosto fredda.
Si sente sola, composta e rigida.
Non è un colpo della strega ma è il suo carattere, la sua indole.
Non si è mai preoccupata di questo lato del suo carattere finché i suoi occhi non incontrarono quelli azzurri di un ragazzo.
S’incontrarono in quel parco, sempre alla solita ora.
Lui portando a spasso il cane, lei leggendo un buon libro.
I loro occhi s’incrociavano ogni volta, portandola a dimenticare il mondo circostante.
Lei ha sempre evitato le relazioni, un po’ per paura e un po’ perché non si sentiva adatta.
Si sentiva, sempre e comunque, a disagio.
Ma quel ragazzo le aveva cambiato le carte in tavola.
Il suo cuore batteva all’impazzata come le campane a festa.
Il suo stomaco si stringeva in una morsa.
Il suo sorriso non era più malinconico e di sufficienza.
Era vivo più che mai e non riusciva a toglierlo dal suo viso.
Le gambe tremavano per l’eccessiva emozione che stava provando.
Celeste non aveva mai provato quelle sensazioni prima d’ora.
Per lei le emozioni erano un qualcosa di bello, di romantico.
Non generalizzava la parola emozione come nel dizionario.
Per lei le emozioni erano la felicità, l’amore, l’amicizia; in realtà, però, quelle emozioni non le aveva mai provate veramente.
Si era privata di ogni bella sensazione per colpa di quella stupida paura.
E ora, improvvisamente, un paio di occhi azzurri potevano cambiare la situazione?
Non era così semplice.
Quelle sensazioni la impaurivano tanto da allontanarle ritornando, così, all’apatia giornaliera.
La sua vita era come una nave da portare a riva. Si era persa in mezzo all’oceano.
I suoi colori non erano luminosi come quelli del parco, erano tristi e scuri come il mare in burrasca.
Sballottata dalle onde, cercava di arrivare a destinazione.
Era un po’ come Ulisse che cercava di tornare alla sua Itaca.
Con una non piccola differenza: a Ulisse lo aspettava Penelope.
E a lei chi l’avrebbe aspettata?
Aveva bisogno di essere trovata, che qualcuno arrivasse a salvarla.
Non un semplice principe azzurro, bastava un comune ragazzo.
Era persa e insicura e aveva bisogno di essere trovata.
Ma, dov’era il suo salvatore?
Lei l’avrebbe aspettato lì tutto il tempo.
E se fosse arrivato in ritardo?
Lei ci sarebbe stata e l’avrebbe trovata, magari seduta su un pavimento freddo o all’angolo di una via irlandese, ma l’avrebbe comunque trovata.
Il suo salvatore l’avrebbe salvata e avrebbe rimesso insieme tutti i pezzi del suo cuore, della sua vita.
Celeste sarebbe ritornata lì il giorno dopo e quello dopo ancora, solo per sentire ancora una volta quella sensazione. Solo per incontrare quegli occhi che rispecchiavano il mare in cui si era persa.
Non si domandava se ne sarebbe valsa la pena riandare in quel piccolo parchetto, voleva solo provare quella sensazione che andava a sovrastare, anche per un secondo, le sue innumerevoli paure.
Chiuse il libro indossando il cappuccio che, in un certo qual modo la faceva sentire protetta.
Protetta dal mondo, dalle paure, daimostri. Era come un piccolo orsacchiotto che difendeva a spada tratta la sua padroncina.
Lei è fragile e insicura: sta rischiando di spezzarsi come un ramo. Un ramo colpito da un fulmine che è arrivato nella sua vita a ciel sereno.
Quel ramo spezzato aveva bisogno di essere curato.


Giornata piovosa ma, nonostante ciò, lei è lì. Apre il suo libro e inizia la lettura, aspettando.
Le pagine si bagnano così come si bagnano i suoi capelli.
Il parco oggi è deserto ma comunque non perde la fiducia, aspetterà lì per risentire quella morsa allo stomaco.
Decide di chiudere il libro fin troppo inzuppato per poi indossare le cuffie.
L’ipod passai The Fray con You Found Me.
Where were you, when everything was falling apart.
Quella canzone era la sua canzone. Descriveva il suo stato, la sua perenne attesa, quella chiamata di un qualcuno che, sapeva, non sarebbe arrivata mai.
Where were you?
Già, dov’era il suo salvatore, la sua ancora, il suo palo dove poter contare, dove potersi aggrappare.
Celeste è triste, annoiata, stufa di aspettare: è apatica.
La pioggia continua a scendere copiosa nella sua testa inzuppando anche i suoi vestiti.
Le persone che passano al parco non sono lui, non sono quegli occhi azzurro mare.
Non sono quella sensazione che aspetta tutto il giorno, non sono la sua ancora per pochi secondi.
Piange.
Piange per sfogarsi, per cacciare via quella sensazione di tristezza.
Sta male, le sue lacrime scivolano nel viso andando a confondersi con la pioggia che, in quel momento, è la sua unica compagna.
La pioggia l’accarezza, la coccola, la rassicura.
Le promette che qualcuno arriverà anche per lei, le asciugherà quelle lacrime e la salverà da quell’incubo.
La sua anima sarà ricomposta e custodita.
Ha bisogno che quell’insofferenza che affoga nel suo petto venga risucchiata.
Ha bisogno di capire chi in realtà è veramente e cosa diventerà.
Ha bisogno di lasciare da parte la compostezza e rigidità che la vincolano.
La lasciano in disparte da quel turbinio di emozioni che, invece, dovrebbe far parte della sua vita.
Ha bisogno di qualcuno che le dimostri che lasciarsi andare non è poi così male.
“Hey, perché piangi?” gli occhi azzurri sono riapparsi e sono affianco a lei.
Lui è seduto affianco a lei: profuma di bucato appena fatto, profuma di dopo barba e di bagnoschiuma alla pesca.
I suoi capelli biondi sono bagnati e sulle sue lunghe ciglia si poggiano delle piccole gocce di pioggia.
Le stesse gocce che vanno ad accarezzare il viso della ragazza inondato di lacrime amare.
Celeste avrebbe voluto rispondere e sfogarsi, ma non lo fece.
Si limitò a guardarlo per poi tuffarsi nei suoi occhi ancora più azzurri di quanto la sua mente potesse ricordare.
La sensazione di apatia e tristezza svaniva pian piano.
I suoi occhi lucidi non lasciavano cadere più lacrime se lui stava con lei.
“Io sono Niall.” porse la mano che la ragazza strinse con forza “Celeste.”
Il ragazzo sorride debolmente e la sensazione alla bocca dello stomaco di Celeste riappare.
Riappare perché la sua paura di amare e di essere felice scompare.
Riappare perché il sorriso del ragazzo tranquillizza il suo animo.
Riappare perché gli occhi azzurri sono di un mare sereno e non burrascoso dove stava prima.
Riappare perché la sua vita è più serena da quando i loro occhi si sono incrociati.
Riappare perché lui è la sua ancora di salvezza, è il marinaio che riporterà la sua nave a riva.
Lui è il suo salvatore che le insegnerà a essere felice.
Lui le insegnerà ad accettarsi, a essere abbastanza.
Ma, la cosa più importante, le insegnerà ad amare.
Quegli occhi azzurri saranno la sua forza, i suoi sorrisi, le sue lacrime di gioia, la sua salvezza.
Occhi azzurri come il cielo e celesti come il suo nome.
Occhi che elimineranno tutte le sue insicurezze, le sue paure.
Occhi che diventeranno la voglia di essere felice e di vivere.
E proprio in mezzo a quel temporale che rispecchiava la sua anima, quegli occhi azzurri l’hanno salvata.
Why'd you have to wait, to find me, to find me?


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Canzone citata: The Fray - You Found Me

In questa one shot ci ho messo l'anima tanto da portarmi a piangere in alcuni pezzi.
Spero riesca a trasmettervi le stesse emozioni che ho provato io nel scriverla e rileggerla.
Scusate per gli errori ancora una volta, ma se non l'avessi pubblicata ora mi sarei mangiata le mani.
Ogni commento è ben accetto e ringrazio anticipatamente tutte coloro che vi perderanno del tempo.
 

  
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