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Autore: eian    15/04/2013    2 recensioni
Come poteva superare Kirk la perdita, non solo di una donna, ma di un'intera esistenza?
"Gli antichi Greci, sulla Terra, avevano un termine che descrive questa condivisione: sympatheia, simpatia, nella sua accezione originale significa "soffrire con". Ecco, Jim, io... Soffro con te -"
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James T. Kirk, Spock
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ho sempre pensato che anche James Kirk avesse bisogno di tempo e sofferenza e, perchè no, lacrime per superare le sue perdite, peraltro considerevoli.
Qui suppongo che Kirk e Spock non siano ancora tanto in confidenza, nel senso che si sono affezionati l'uno all'altro ma senza quasi rendersene conto. E' una storia di amicizia, come la mia idea originale sulla TOS prima di  approdare su questo sito ed esplorare nuove possibilità; però ovviamente siete liberi di vederci quello che volete!

Missing moment dopo "Il Paradiso Perduto"

Sympatheia

Diario del capitano
Sono passate due settimane da quando siamo riusciti a deviare miracolosamente l’asteroide dal pianeta ripristinando il deflettore e permettendo alla cultura indigena locale di continuare a svilupparsi.
Abbiamo insegnato al nuovo capo come riattivare l'obelisco, cosicchè in futuro possano difendersi senza l’aiuto di “Kirok”, cioè il sottoscritto.
La situazione sulla nave sembra tornata alla normalità, tuttavia il morale dell’equipaggio risente ancora del periodo passato senza il loro capitano, nonostante il lavoro encomiabile effettuato dal signor Spock; probabilmente si accorgono che io stesso non mi sono ancora ripreso dalle conseguenze psicologiche della vicenda.
 
Aveva indossato le maschera del capitano sereno e deciso per tutto il turno alpha, osservato discretamente dal suo primo ufficiale e molto meno discretamente dal dottor McCoy che, salito sul ponte senza motivo come suo solito, aveva parlato praticamente da solo per tutto il tempo, accolto dal silenzio cupo del capitano e dell’equipaggio della plancia.
Aveva indossato le maschera del capitano sereno e deciso, ma sanguinava dentro.
Miramanee...
Era tornato in possesso dei ricordi della sua astronave, del suo equipaggio e dei suoi amici, ma questi ricordi si sovrapponevano a quelli del periodo sul pianeta, sposo felice di una donna dolcissima e con un figlio in arrivo.
Le due vite parevano talmente sconnesse che stentava a ricondurle alla stessa persona. A sovrapporle nella stessa mente.
Aveva perso sua moglie e suo figlio.
Tutti, specialmente il primo ufficiale e l’ufficiale medico, si aggrappavano più o meno inconsciamente a lui per recuperare l'equilibrio delicato di un’astronave nello spazio, un equilibrio che si era dimostrato estremamente precario: senza di lui la vita sulla nave si era trasformata in un incubo, mentre i due ufficiali superiori nonché suoi migliori amici si accapigliavano, privi dell'ammortizzatore del loro capitano.
Doveva mostrarsi forte, come sempre, ma in quel momento aveva solo una gran voglia di piangere.
Un desiderio impellente.
Appena il cronometro segnò le 08.00 si alzò dalla poltrona, diede le consegne e si rifugiò nel turboelevatore, interrompendo McCoy a metà di una frase.
Come le portine si chiusero si accasciò contro una parete, stringendo convulsamente le palpebre per ricacciare indietro le lacrime.
Sua moglie, suo figlio, una vita che non aveva nemmeno saputo di desiderare, ma che una volta assaggiata aveva portato con sè la malinconia struggente del paradiso perduto.
Si ricompose in tempo per l'apertura delle portine e si diresse verso il suo alloggio, chiudendosi dentro.
Si buttò sul letto vestito, stivali, gradi, maglia dorata e tutto il resto, riparandosi gli occhi con un braccio.
L'immagine traditrice di Miramanee apparve comunque dietro le sue palpebre chiuse, con il suo sorriso dolcissimo.
"Kirok, mio amato..."
Strinse convulsamente il copriletto nel pugno, mentre i singhiozzi lo straziavano.
Non riusciva a fermarsi.
Il cicalino della porta trillò.
- Bones, vattene! - gridò furioso, immaginando che l'unico che avesse il coraggio di avvicinarlo in quel momento fosse il buon dottore.
- Capitano, sono Spock -
Kirk sbarrò gli occhi, sollevandosi di scatto a sedere.
Spock? Il suo primo ufficiale vulcaniano era l'ultima persona che si aspettasse di vedere.
- Posso entrare? - insistette la voce piana.
Kirk si guardò attorno, spiazzato, poi si rifugiò in bagno.
- Entri pure - rispose da lì, lavandosi il viso con acqua fredda, cercando freneticamente di ricomporsi: non si sarebbe mai fatto vedere in quello stato dal vulcaniano.
Quando riapparve e vide il suo primo ufficiale, composto come sempre, scrutarlo attentamente, seppe che i suoi sforzi erano stati vani: a quegli occhi scuri e insondabili non sfuggivano dettagli come occhi lucidi e naso arrossato.
- Sì, signor Spock? - chiese, con più freddezza di quanta provasse, tentando di riacquistare il controllo.
- Capitano, mi scuso per la visita inattesa ma volevo sincerarmi del suo stato; il modo in cui ha lasciato la plancia era... insolito, per lei -
Kirk lo guardò, talmente stupito da quella manifestazione di solidarietà emotiva da parte del suo algido primo ufficiale da dimenticarsi - quasi - del vuoto incolmabile che scavava il suo animo.
Si schiarì un attimo la voce prima di rispondere.
- Mi spiace di avervi fatto preoccupare. È tutto a posto. Davvero - aggiunse, percependo lo sguardo scettico del vulcaniano.
Rimasero in silenzio per qualche tempo.
- Capitano - insistette insolitamente Spock - non credo che sia tutto a posto, come dice lei. Numerosi indizi negano le sue affermazioni -
- Ah, davvero? E lei cosa ne sa? -  rispose gelidamente Kirk.
- Capitano, negli ultimi mesi lei ha perso la memoria della sua vita reale e costruito una nuova identità con una moglie e un futuro figlio, perdendo tragicamente entrambi. Sarebbe ... Illogico  che fosse “tutto a posto” - insistette il vulcaniano testardamente.
Kirk non sapeva se essere troppo sorpreso o troppo arrabbiato per quell'ingerenza non richiesta da parte del vulcaniano, ingerenza che lo costringeva ad abbassare la maschera di efficienza da capitano che tanto duramente aveva indossato.
La rabbia ebbe la meglio.
- Lei non sa nulla, nulla! Cosa vuol capire lei di sentimenti? O Di quello che ho perduto? - un sottinteso "razza di anaffettivo goblin vulcaniano" o qualcosa di simile galleggiò nell'aria come un cattivo odore -  L'amore, il dolore, il vuoto... Voi vulcaniani, che vi rifugiate nella vostra torre della fredda logica, immuni dai sentimenti, e ci guardate dall'alto come insetti sotto un vetro, pensando "ma guarda come si agitano inutilmente, poveri stolti" –
Kirk si avvicinò di un passo, togliendo quasi ogni spazio tra loro - Cosa ne vuoi sapere tu di quanto ho amato, o di quanto sto soffrendo?-
Un lampo di sincero dolore attraversò lo sguardo del vulcaniano, per il resto ancora composto con le mani dietro la schiena; quanto fossero serrate quelle mani, lì dietro, il capitano non poteva vederlo.
Kirk accasciò le spalle, improvvisamente sconfitto; si voltò e si sedette sul letto senza forze, nascondendo il volto tra le mani.
- Jim, ti sbagli -
Il capitano alzò gli occhi, stupito di sentirsi chiamare per nome.
Spock lo guardava, per una volta senza alcuna maschera sul volto alieno.
- Ti sbagli. Se c'è una persona che può capire il peso di una maschera perenne, di uno schermo da indossare come una corazza, quello sono io. I vulcaniani provano emozioni molto forti, per questo è necessario tenerle costantemente sotto controllo, per evitare che prendano il sopravvento. Solo così siamo sopravvissuti, e sopravviviamo. Ma noi proviamo emozioni, io le provo, anche se non gradisco ammetterlo... e in questo momento non solo capisco le tue, ma le sento dentro di me. Quando ti dico che capisco, questo corrisponde esattamente alla realtà -
Kirk era troppo scioccato per rimanere arrabbiato.
Guardava quegli occhi neri come se non li avesse mai visti, e forse era davvero così, perchè per una volta Spock non nascondeva nulla, e gli si leggeva ben chiara la preoccupazione, la compassione per il dolore del suo capitano.
Del suo amico.
La consapevolezza lo colpì come un fulmine. Spock lo considerava suo amico, si preoccupava per lui!
- Quando dici che provi le mie emozioni... Cosa intendi dire? - chiese esitante dopo lunghi istanti.
Spock sospirò lievemente, quasi impercettibilmente, poi si sedette accanto a lui sul letto, poggiando i gomiti sulle ginocchia e unendo le punte delle dita nel suo solito gesto.
- Gli antichi Greci, sulla Terra, avevano un termine che descrive questa condivisione: sympatheia, simpatia, nella sua accezione originale significa "soffrire con". Ecco, Jim, io... Soffro con te -
Il vulcaniano si voltò verso di lui e posò lievemente una mano dalle lunghe dita sulla spalla del suo capitano.
Kirk sgranò gli occhi dorati, poi sentì un'ondata di dolore terribile irradiarsi dallo sterno, il cuore mancare qualche battito; un tremito convulso lo colse, un freddo terribile gli pervase le ossa.
Come un'esplosione la sofferenza lo sommerse, costringendolo ad un pianto straziante.
Singhiozzi rotti, respiri affrettati, lacrime rotolavano sulle mani che coprivano il volto, sui polsi, sulle maniche segnate dai gradi di capitano.
La mano sulla spalla si strinse e Jim si attaccò a quella sensazione come un naufrago nella tempesta.
Lentamente il dolore si placò, come se si fosse trasferito su per quella mano, quel braccio che lo tratteneva dal precipitare da qualche parte lontana della sua mente, deve c’erano solo Miramanee, il loro bambino e il paradiso dove aveva vissuto; nessun capitano, nessuna Enterprise.
Il tremito si fece meno convulso fino a cessare, i singhiozzi lasciarono spazio ad un respiro leggermente affrettato, infine a lunghi sospiri per recuperare il controllo.
La mano si ritrasse dalla sua spalla, lasciando una sgradevole sensazione di vuoto nel punto dov'era stata.
Kirk si sentiva terribilmente in imbarazzo a sollevare lo sguardo sul suo primo ufficiale dopo quello sfogo indecoroso, ma alla fine si costrinse.
Le guance scavate del vulcaniano erano solcate da lacrime.
Lacrime? I Vulcaniani potevano piangere?
- Spock...? - chiese esitante.
- Come ti dicevo, siamo in grado di provare emozioni. Anche quelle degli altri - un leggero cenno di amara autoironia?
Kirk si sentiva molto strano, come svuotato. Non era un vuoto doloroso, il vuoto della perdita, era piuttosto una mancanza di emozioni, la sensazione di liberarsi di un pesante fardello, come uno zaino  troppo pesante dopo una lunga giornata di marcia. Come...
- Libero - mormorò - mi sento come libero - guardò Spock che annuì impercettibilmente, il volto ormai asciutto ma con delle piccole strisce di sale dove erano passate le lacrime - sei stato tu a farmi questo? - chiese stupito.
- Il potere curativo della condivisione del dolore è noto anche nella vostra specie - replicò il primo ufficiale, poi, inarcando un sopracciglio – anche se il dottor McCoy e il signor Scott sono convinti dell'aumento dell'efficacia di questo rituale con l'aggiunta di bevande fortemente alcoliche, non credo di essere d'accordo -
Il commento, espresso con il leggero tono di disapprovazione che il vulcaniano riservava alle stranezze tipicamente umane, strappò un debole sorriso al capitano.
A quel punto il primo ufficiale si alzò per prendere congedo e Kirk lo imitò.
- Buonanotte, capitano - salutò formalmente, girandosi per andarsene.
- Signor Spock...- lo fermò Kirk, incerto - questa cosa...-
- Mi scusi, trovavo superfluo garantire la totale discrezione in merito alla vicenda, da parte mia. Ovviamente, resterà una questione... Privata -
Kirk sorrise debolmente.
- Conosco la discrezione vulcaniana, non avevo alcun dubbio! Ma ... Come è stata possibile questa cosa? È come se lei... Se tu avessi preso su di te parte della mia sofferenza -
Spock lo guardò con quei suoi occhi alieni, imperscrutabili... Strano come ora al capitano non apparissero più così imperscrutabili, o così alieni.
- Capitano...- si interruppe - Jim - riprese con più forza - te l'ho detto, io soffro con te - e se ne andò, lasciando Kirk da solo.
Ad assaporare quella strana, tenue sensazione di calore, di benessere che la consapevolezza di quella amicizia aveva lasciato dentro di lui.
D'improvviso si sentì stanco, stanchissimo.
Si sfilò gli stivali e la maglia dorata e si stese, con la sicurezza che avrebbe finalmente dormito serenamente, un sonno senza sogni sul paradiso perduto.
 

Dedico questa storia a Koa, per il suo incoraggiamento puntale e gentile e per la sua predilezione per l'analisi dell'animo vulcaniano, che condivido pienamente. 
Un grazie anche a Celtics per l'affettuoso supporto in questo strano periodo dell mia esistenza.
  
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