Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Segui la storia  |       
Autore: Lady Vibeke    04/11/2007    14 recensioni
Bill e Tom Kaulitz, i gemelli più amati ed uniti dell'universo, celeberrime rockstar e nuovi sex symbol del panorama musicale internazionale. I Tokio Hotel, la fama, i fans, i viaggi, i soldi, il successo, e poi... E poi lei. Leni.
Tom la odiava, Bill non sapeva cosa pensare di lei, ma per entrambi la sua presenza aveva portato non poco scompiglio. Nessuna ragazza era mai riuscita a dividerli, e di certo non ci sarebbe riuscita una semplice stylist neoassunta senza un briciolo di attrattiva.
Questo, almeno, era quello che tutti avevano creduto.
Genere: Romantico, Commedia, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Leni aveva conosciuto diversi ragazzi, in senso più o meno biblico, ma non le era mai capitato di sfiorare i confini dell’estasi con nient’altro che un semplice bacio.

Semplice bacio?, la Leni raziocinante si era ripresa relativamente in fretta dallo shock ormonale derivato dal contatto con le labbra morbide e voluttuose di Bill, contrariamente al suo corrispettivo alogico, ancora impegnato a bearsi nell’ebbrezza dell’aver toccato il cielo con un dito. Ma quale semplice bacio? Non so tu, bella mia, ma io qui ho sentito il coro di angeli ed arcangeli al gran completo, e forse anche qualche nota di Stairway To Heaven! Semplice bacio un emerito cazzo!

Leni dovette giustamente riconoscere che la definizione ‘semplice bacio’ non era adeguata. Il termine più consono che la sua mente – ben lungi dalla sobrietà, sia etilica che sentimentale – riusciva a raggiungere, era forse eccessivamente specifico e poco elegante, data la situazione.

Dopo un lasso di tempo indeterminato – che, per quel che ne sapeva lei, poteva comprendere pochi secondi o migliaia di anni – l’ossigeno riempì nuovamente i suoi polmoni, e lei, con sommo disappunto, seppe che Bill aveva interrotto il bacio.

Aprì lentamente gli occhi, temendo che fosse stato tutto frutto di tutti quei brandy che si era scolata nel tentativo di evitare di cadere in ipotermia, ma Bill era ancora lì, il viso vicinissimo al suo, ed era più vero che mai.

Ti supplico, non guardarmi così, o ti toccherà assistere ad un fenomeno di combustione spontanea.

Bill forse aveva imparato a leggerle il pensiero, perché si tirò su e guardò altrove, più precisamente verso l’immediata sinistra di Leni.

“Hai un orecchino solo.” Esordì, come se nulla fosse accaduto, anche se un sorriso a dir poco giubilante gli brillava sul volto. Lei si portò automaticamente una mano all’orecchio, anche se sapeva perfettamente che lo avrebbe trovato spoglio.

“Sì.”

Una serie di lievi increspature comparve sulla fronte imperlata di sudore di Bill.

“Posso avere l’ardire di chiedere come mai, di grazia?”

Non c’è una domanda di riserva meno imbarazzante, suppongo…

“L’altro l’ho usato per pagare l’autista del taxi.” Rispose Leni, con tutta la disinvoltura che le riuscì.

A giudicare dalla faccia di Bill, anche secondo lui la cosa aveva senso quanto innaffiare un anemone di mare.

“Un orecchino spaiato.” Ripeté lentamente.

“Sì,” asserì Leni, ma lui continuava a fissarla, stranito e divertito al tempo stesso. “Che c’è?” Protestò, sulla difensiva. “Sono d’argento placcato d’oro e cristalli Swarovski! Gli ho promesso che l’altro glielo avrei dato al mio ritorno, se mi avesse aspettata.”

Bill si passò la lingua sulle labbra, mettendo a dura prova la resistenza di Leni.

“Quindi lui ora è là fuori con uno dei tuoi orecchini ad aspettare che tu torni?”

“Esatto.”

Bill gettò uno sguardo di lato, e Leni notò che David stava cominciando a far preparare i ragazzi per lasciare il palazzetto, in mezzo ad un viavai di guardie del corpo e tecnici. Quando si voltò di nuovo verso di lei, Bill sfoderò un mezzo sorrisetto provocante.

“Dici che quel poveruomo se la prenderà quando capirà che non tornerai affatto?”

Leni vacillò, stupita. Era stata così presa dalla propria ansia di mettere ordine nella sua vita una volta per tutte, che aveva completamente scordato il trascurabile particolare del lavoro, tanto più che il suo pronostico riguardo la reazione ipotetica di Bill era stato un due di picche monumentale, corredato da un cordialissimo e categorico ‘chi è causa del propri mali, pianga sé stesso’.
Quasi avrebbe preferito un simile responso, che se non altro le sarebbe risultato più comprensibile di quell’inaspettata accoglienza calorosa da figliol prodigo redento.

Quasi.

“Tu – tu vuoi davvero che io resti?” farfugliò, meravigliata.

In cuor suo, Leni sapeva di meritare l’esatto trattamento opposto rispetto a quello che Bill le stava riservando, ma probabilmente l’equilibrio karmico universale le voleva concedere un piccolo sconto di pentimento, e forse era il caso di cogliere al volo l’offerta, prima di fare altri danni, e magari irreparabili.

“Che strano,” Bill si prese il mento fra le dita con fare pensoso, poi abbassò lo sguardo su di lei. “Ero convinto di avertelo detto,” Un impercettibile ghigno gli si dipinse sulla bocca. “Quel milione o due di volte…”

Leni fece del suo meglio per restare seria, ma tra gli spropositati livelli di alcol che già da un po’ le circolavano nel sangue e la gioia incontenibile di essere stata perdonata su due piedi e senza penitenze erano una commistione imbattibile.

“Idiota d’un Kaulitz!” Esclamò, asciugandosi gli occhi, senza ben sapere se fosse per l’eccesso di risate o per la tensione che finalmente la abbandonava definitivamente.

Senza aggiungere altro, Bill la prese per mano per condurla dagli altri.

“Lo so che stai morendo dalla voglia di strapazzarti un po’ Georg.” Le sussurrò in un orecchio, mentre si incamminavano.

“Geloso?” lo stuzzicò lei.

“Cazzo, si!” rispose lui, serio. “Ma Georg non è mica gracile come Tom… Con i muscoli che si ritrova, mi stende senza passare dal via.”

Con la coda dell’occhio, Leni lo osservò con affetto.

Ma come ho fatto pensare di poter vivere senza di te? Senza tutti voi…

Quando giunsero nei pressi delle scale, dove il resto del gruppo si era radunato con David e le ragazze, assieme ad una manciata di bodyguards, Georg e Gustav non ci pensarono due volte ad accoglierla con un abbraccio caloroso, e Leni, abbracciandoli in risposta, si sentì di nuovo a casa.

“Leni,” David si fece avanti, gioviale, senza però riuscire a nascondere un certo stupore mentre la studiava di sotto in su. “Che bello rivederti così presto, sarai dei nostri, stasera?”

“A dire il vero,” Intervenne Tom. “Ci piacerebbe che fosse dei nostri per sempre.”

David occhieggiò lui e Bill con aria dubbiosa, ma Tom sorrideva, ed era palesemente sincero.

“Abbiamo chiarito tutto,” annunciò, rivolgendo a Bill un’occhiata in tralice. “Leni resta, e tutti vissero felici e contenti.”

Seppur incredulo in un primo momento, David ci mise poco a passare ad un umore piacevolmente brioso. Leni, comunque, aveva la netta sensazione che la questione non fosse finita lì, ma era prevedibile, e, almeno per ora, si sarebbe goduta la serata.

“Molto bene, allora direi che possiamo andare.”

Riunite in disparte, le sei ragazze stavano confabulando fittamente in italiano, ed un paio di loro stavano cercando di scattare delle foto a Leni con i cellulari.

Senza lasciare la sua mano, Bill se la trascinò dietro ed andò da loro con un sorriso mite.

Con la mano libera abbassò i cellulari delle due ragazze e le scrutò intensamente.

“No, per favore.” Disse in italiano, sfruttando con ogni probabilità ogni sua competenza nella lingua.

Le ragazze sembravano intimorite e vagamente offese, ma obbedirono rispettose e riposero i telefonini nelle borse.

Bill concesse loro un sorriso un po’ più luminoso, poi si riportò via Leni e tornarono dagli altri.

Lei gli strinse la mano più forte, mentre lui guardava David e gli faceva un cenno di conferma.

Ora possiamo andare.”

-------

Il tragitto fino all’hotel non fu paragonabile a nulla che Leni avesse mai esperito in quella vita o in una delle precedenti. A lei e Bill era stata concessa un’auto a parte, e Tom si era accomodato con Georg e Gustav in una Mercedes così vasta e lussuosa che Leni era sicura che avrebbero potuto tranquillamente abitarci in pianta stabile.

Non avrebbe mai creduto che una metropoli finanziaria e commerciale come Milano potesse avere una tale aura di eleganza e bellezza. Ma forse Milano non aveva niente di tutto ciò, forse le sembrava così solo perché la stava ammirando con Bill seduto accanto, le loro mani ancora solidamente intrecciate.

Non dissero nulla per tutto il tempo, né osarono guardarsi, temendo forse che l’incanto potesse dissolversi se avessero osato crederci troppo.

Eppure è tutto vero, lo so che lo è…

Una volta arrivati all’hotel – quello stesso fatidico hotel dove tutto aveva avuto inizio – Leni veleggiò al fianco di Bill, subito dietro a Tom, Georg e Gustav, tra due possenti muraglie di guardie del corpo, al di là delle quali interi fiumi di ragazze si accalcavano per vedere e scattare qualche foto.

Il cuore di Leni si strinse un poco nel sentire certe esclamazioni deluse o indignate da parte delle fans del gruppo, quando la videro passare. Non capiva granché di italiano, ma era piuttosto evidente che tutte quelle ragazze non stessero esattamente gioendo, e Leni poteva facilmente farsi un’idea approssimativa del significato della parola ‘puttana’.

La presa della mano di Bill sulla sua aumentò, e, una volta varcata la soglia dell’ingresso, Leni si sentì subito meglio.

Quando giunsero al salone che era stato preparato per i festeggiamenti, si accorsero che c’era già un discreto affollamento ad attenderli, e nel giro di una manciata di secondi, il numero di ospiti raddoppiò.

“Oddio,” esalò Leni, lievemente atterrita. “Scappo da un manicomio, e mi catapultano in un altro.”

Ridendo, Bill la trainò energicamente fino al buffet, così stracolmo di cibi e bevande che il lunghissimo tavolo imbandito sembrava sul punto di sbriciolarsi su sé stesso.

“A proposito,” disse Bill, premurandosi di essere nascosto da una provvidenziale colonna in marmo dal diametro di almeno un metro, versandole da bere (e, con immenso sollievo di Leni, scelse del succo analcolico di frutti tropicali). “Com’era il cocktail party?”

Lei accettò il sontuoso bicchiere da champagne e prese a sorseggiarlo, individuando il resto dei Tokio Hotel al lato opposto della stanza, assaliti da un nutrito gruppo di giornalisti.

“Una vera meraviglia. Pieno di vecchi riccastri spocchiosi, modelle anoressiche nel corpo e nell’intelletto, e una serie mista e variegata di individui molesti.”

Bill riempì il proprio calice di virilissima coca cola e si scambiarono un cincin.

“Cavoli, e io che perdevo il mio tempo per questo stupido concerto insignificante…”

Leni si sentì illuminare alla semplice menzione del concerto.

“È stato incredibile, sul serio!” esclamò, infiammata. “Siete stati… Be’, non conosco la parola tedesca per esprimermi a dovere, ma complimenti davvero, a tutti quanti. Soprattutto a te.” Non arrossire, Leni, non ti azzardare. “L’energia che avevi, l’emozione che hai trasmesso… Altro che professionista, sei un vero divo, nell’accezione latina del termine!”

Bill, appoggiato con la schiena alla colonna, una mano in tasca e l’altra che teneva il bicchiere, le sorrise da dietro a qualche ciuffo sottile di capelli che gli ricadeva sugli occhi.

“Vacci piano, lo sai cosa ne penso delle lusinghe.”

Leni non ricordava di aver mai visto qualcosa di più sensuale. La maglietta nera ornata da disegni tribali bianchi sembrava essere stata disegnata sul suo corpo dalla mano esperta di qualche Raffaello contemporaneo, così come i jeans scuri, tagliuzzati qua e là, che Leni aveva subito riconosciuto, visto che era stata lei stessa a sfrangiarli con tanta accuratezza.

Merda, avevo scordato il dettaglio del Fattore Kaulitz… Maledetta strafighezza congenita!

“Credi ancora che io sia una sporca ruffiana?” chiese, cercando di mantenere almeno l’ultima scorta di dignità che aveva per evitare di mettersi a sbavare come un morto di fame davanti ad una succulenta ciambella.

“Non esattamente,” Una luce subdola baluginò negli occhi di Bill. “Ma ho come la sensazione che il mio atto estremo di romanticismo melenso ti abbia un tantinello corrotta.”

Puoi dirlo forte, bimbo.

Leni si appoggiò alla parete di fronte a lui.

“Galeotta fu la canzone e chi la scrisse.”

Le sopracciglia di Bill disegnarono un fittizio arco perplesso.

“Mi metti in mezzo Dante mentre io cerco disperatamente di farti crollare ai miei piedi?” domandò in tono innocentemente offeso.

“Riconosci Dante,” Leni si portò una mano alla bocca, esibendo la sua migliore espressione stupita. “Sono impressionata.”

“Non per vantarmi, ma credo di avere ancora un’ampia selezione di assi nella manica.”

“Ti ricordo che sono in possesso di entrambe le tue maniche, al momento.”

Leni si accomodò addosso la sua giacca con disinvoltura. Lui inclinò la testa di lato remissivo, roteando la coca nel bicchiere.

“Touché.”

Le capacità di concentrazione di Leni sfumarono una volta per tutte mentre lui vuotava il bicchiere tutto d’un fiato, il pomo di Adamo appena visibile che saliva e scendeva in alternanza con la bevanda.

Prese appunto mentale che, se mai fosse diventata qualche figura di politica rilevanza, avrebbe fatto varare una legge che vietasse la visione di un Kaulitz nell’atto di bere ai minori di diciotto anni.

Lo stette ad ammirare per un minuto buono, fino a che lui le rivolse un’occhiata interrogativa.

“Pecco di superficialità se dico che stasera sei perfino più sexy del solito?” esordì lei, posando il proprio drink sul tavolo lì accanto.

Bill fece spallucce, passandosi il dorso della mano sulle labbra, e Leni era certa che lo avesse fatto di proposito, per provocarla.

E c’è riuscito, il caro Herr Schön.

“Guarda che tanto lo so che ti piaccio solo perché sono bello, ricco e famoso.” Le rispose con indifferenza, avvicinandosi al tavolo per lasciare il bicchiere vuoto di fianco a quello di lei.

“Dimentichi modesto.” Puntualizzò Leni, allungandogli un colpo d’anca scherzoso, che Bill le restituì senza troppe riserve.

“E modesto.” Convenne.

Accanto a loro era comparso un giovane benvestito e molto corpulento che sembrava più interessato alle tartine che a loro due, e costrinse Bill a scostarsi per non essere calpestato.

“Oh, scusami.” Mormorò lui, finendo inavvertitamente addosso a Leni, spingendola contro la parete.

Si puntellò con le mani al muro per tirarsi su, ma lei, anziché aiutarlo a risollevarsi, lo trattenne per la maglietta. Se avesse saputo mentire ignobilmente, avrebbe potuto dire che averlo così premuto addosso non le faceva né caldo né freddo, ma siccome le menzogne non erano una delle sue arti migliori, Leni dovette ammettere che tutt’un tratto il freddo era svanito, e cominciava anzi a fare piuttosto caldo.

“Bill…”

Le mani di lui scivolarono in giù, verso i suoi fianchi, e la carezzarono quasi senza toccarla.

“Sì?”

“Mi piacerebbe molto poter avere quel famoso abbraccio, adesso.”

Restarono così per un attimo, e il modo in cui si scrutavano vicendevolmente avrebbe probabilmente dovuto essere incluso come comma speciale nella legge a cui Leni aveva pensato, anche se ormai l’unica cognizione che le restava era il calore bruciante delle mani di Bill su di lei, e le sue braccia nude che le si avvolgevano lentamente attorno, sfiorando la pelle della sua altrettanto nuda schiena, mentre qualcosa cominciava a formicolarle nel bassoventre.

C’era tutta una serie di cose che ora avrebbe desiderato poter fare, la metà delle quali sarebbe stata definita dalla maggior parte dei presenti come oltraggio al pubblico pudore, ma le era rimasto abbastanza buonsenso da tenersi a bada.

Anche perché ci saranno si e no mezzo milione di flash pronti a scattare, dovesse succedere qualcosa di anche remotamente piccante.

Lo lasciò andare dopo un interminabile minuto di puro eye-sex, e solo allora si accorse che la mezza dozzina di fans li stava fissando con delle facce da funerale, nonostante i notevoli sforzi di Tom, Georg e Gustav di tenerle distratte.

Bill, dal canto suo, sembrava frustrato.

“Va’ da loro.” Lo esortò Leni, dandogli una piccola spinta incoraggiante. Lui la guardò allibito.

“Come?”

“Hanno diritto al pacchetto Tokio Hotel completo,” disse lei. “E io non voglio interferire.”

“Ma –”

Leni fece una smorfia incurante.

“Vai, falle felici. Già ho la vaga impressione che non mi trovino granché simpatica, non vorrei che andassero in giro a dire che Bill Kaulitz ha snobbato le sue fans per un’ignota sgualdrinella qualsiasi.”

Bill le sorrise indulgente, scostandole una ciocca di capelli dal viso.

“Lo faranno comunque, lo sai, vero?”

“Sì, lo so,” Non solo lo sapeva, ma era anche stato uno dei motivi per cui si era tanto data da fare per cercare di evitare l’inevitabile. “Ma almeno avrò la coscienza pulita.”

“Dì la verità, vuoi liberarti di me.” Bill lo disse con tanta genuina dolcezza che poco ci mancò che Leni gli si sciogliesse davanti.

“Diciamo che unirei l’utile al dilettevole, per così dire, e ne approfitterei per scambiare due parole con Tom.”

Dapprima sorpresa, l’espressione di Bill divenne di serena rassegnazione.

“Capisco.” Recuperò il bicchiere e lo riempì di nuovo, stavolta di champagne, e ne prese un sorso. “Allora me ne vado ad immolarmi, mentre tu mi rimpiazzi col sangue del mio sangue.” Fece per andarsene, ma all’ultimo momento si voltò indietro. “Se qualcuna di loro dovesse saltarmi addosso, devo essere accondiscendente?”

Leni si sorprese a ribollire di gelosia al solo pensiero.

Neanche per sogno!

“Magari portati dietro Saki.” Suggerì casualmente. Bill approvò con veemenza.

“Mmm, buona idea.” Fece un paio di respiri profondi, poi la salutò. “A tra poco, allora.”

Una volta che lui le ebbe voltato le spalle, Leni si versò dello champagne e cercò di rilassarsi e godersi la festa, anche se in realtà c’era ancora un’ultima cosa di cui avrebbe dovuto occuparsi.

_____________________

A/N: Solo un appuntino veloce, prima di passare alla vera ragione di questa noticina: Herr Schön è ovviamente tedesco, ed è traducibile con un approssimativo italiano Signor Figo (e chi non è d'accordo, può accomodarsi nella sala d'aspetto del proprio oculista di fiducia). Inoltre, vorrei farvi soffermare sul titolo del capitolo, Together (cioè Insieme), che è stato volutamente spezzettato in tre parti, che dall'inglese significano "per avere lei". Mi è parsa una buona idea per questo capitolo, e ci tenevo che tutti la potessero comprendere.

Ora, devo proprio spendere qualche parola per la carissima Samia, che mi ha lasciato una recensione lunghissima e stupenda. Grazie dal più profondo del mio cuore, mi hai commossa, è una delle recensioni più belle che io abbia mai ricevuto. ^^

E mando anche un bacio a tutte (o magari tutte/i?) coloro che hanno recensito l'ultimo capitolo, perché siete tutte dei tesori: Ladynotorius, nena, Giuly Kaulitz, anna9223, revege, ninilke, Muny_4Ever, Blacklight, Mirandolina (smack!), Ruka88 e, chiunque tu sia, anonima.

Küss!
   
 
Leggi le 14 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: Lady Vibeke