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Autore: Lionking17    15/04/2013    3 recensioni
Scar aveva paura. Una paura viscerale, istintiva, feroce. Un terrore che proveniva dentro di lui, impendendogli di pensare, di reagire. é così era arrivata. La fine del cerchio della vita, un buco nero che risucchiava ispirazioni e sogni, sudditi e popolani. Anche i re. La morte. La morte non era per i re. Si convinse di questo. I re andavano in cielo e ispiravano i futuri sovrani con le loro gesta e azioni. Ma cosa poteva insegnare lui?
Mi sono sempre chiesta che cosa fosse successo dopo la salita al trono di Simba. Non la sua vita con Nala o le lotte intestine. No, proprio dopo, al di là. Perchè, dopotutto, se esiste un cerchio, o meglio, un vita, ci deve essere un inizio e una fine. E poi tutto ricomincia. Spero di avervi incuriosito. Grazie mille.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mufasa, Scar
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Scar urlò per un tempo infinito, per un secondo che sapeva tanto di eternità; urlò, ringhiò, ululò finché i suoi polmoni non cominciarono a gridare per il dolore insieme a lui. Non sapeva dove stava trovando l’aria né cosa diavolo stesse accadendo.
Aveva paura. Una paura viscerale, istintiva, feroce. Un terrore che proveniva dentro di lui, impendendogli di pensare, di reagire.
Non per le iene, no, lui non aveva paura di niente. Lui era il re.
Quella piccola certezza risvegliò qualcosa in lui. I re non hanno mai paura. Lui era il re. Lui non aveva paura, semplice. Perché lui era il re. Il re. Re.
L’urlo disperato si trasformò lentamente in un vagito, in un piccolo singulto alla base della gola. Scar scosse lentamente la testa, il cervello che si rifiutava di agire, il petto che si abbassava e alzava fragorosamente. Il cuore che batteva. Alzò il capo scuro. Il panorama era ricoperta di nebbia.
Scar non si ricordava di aver mai visto una nebbia così fitta e lattiginosa, squarciata qua e là da rocce aguzze, ugualmente grigie. A parte il suo cuore, non riusciva a sentire nient’altro. Appiattì le orecchie, muovendo qualche passo davanti a sé. Non si sbagliava, era la rupe dei re.
O meglio, ne riconosceva la base, ma ogni cosa al di là di due falcate era sfumata, invisibile.
Dove erano finiti tutti? L’incendio? Probabilmente era stato spento.
Scar mosse qualche passò titubante su dei piccoli massi. Che diavolo, lui era il re! Rinfrancato, si incamminò verso la cima, la lunga coda che frustava l’aria.
Le leonesse avevano combattuto contro le iene, ma chi aveva vinto lo scontro? Annusò l’aria fumosa. E dov’era il suo adorato nipote?
Si ricordò di quel piccolo leoncino spaurito accanto al corpo senza vita del padre. Avrebbe dovuto finire il lavoro. Sarebbe stato meglio così. Tale padre, tale figlio. Accumunati nel destino della morte. Invece no, aveva dovuto fare l’ipocrita. Uccidetelo, era stato il suo ordine e loro che cosa aveva fatto? Lo avevano lasciato scappare, un povero micino spelacchiato, un poppante, indegno erede.
Lui era il re. Non quel leone vagabondo, venuto da terre sconosciute.
Non lo avrebbe mai riconosciuto senza quello sguardo. Lo stesso di Mufasa, lo stesso di suo padre Ahadi. Vergogna, pietà, odio. Scar, cicatrice. Una ferita mai rimarginata. Lui era il re.
Salì con foga le ultime rampe, il battito del suo cuore che lo accompagnava. Lui era il re. Lui era il re. Se lo ripeteva quasi come una ninnanna e ogni volta il suo sorriso si apriva un po’ di più. Alla fine arrivò in cima, sorpassò gli appartamenti reali senza degnarli di uno sguardo. Gli interessava qualcos’altro.
Dopo dieci battiti, la piana della rupe, leggermente in salita, si profilò davanti a lui. Rallentò, tentando di darsi un contegno. Lui era il re.
Quanto erano dolci quelle parole. Iniziò la sua gloriosa salita, gli artigli che scricchiolavano contro la parete rocciosa.
“Taka.” La voce calma e pacifica colpì il leone con la forza di una scudisciata. Si girò per fronteggiare il nemico, ma la nebbia gli rispose, serafica.
“Taka”, ripeté il vuoto, forse più vicino. Scar sentì quella paura rifare capolino nel suo cuore. Cominciò a camminare all’indietro, salendo il cammino dei re. Gli artigli ticchettarono contro la pietra. Scar imprecò contro le sue zampe sempre affilate.
“ Non andare, Taka.” L’interlocutore si fece più vicino, ormai poteva scorgerne la sagoma sfumata dalla nebbia.
“ Il mio nome non è Taka. Taka è morto. Il mio nome è Scar. Il re della savana!” Urlò il leone, la voce stridula che si amplificava tra le rocce. La voce tacque. Scar salì più velocemente, girandosi di volta in volta dietro di sé. Il silenzio a volte è più pericoloso degli urli. Gli artigli ticchettavano.   
“ Non importa come vuoi chiamarti.” Un altro leone sbucò davanti a lui, la folta criniera rossa che luceva dotata di vita propria.
“ Sarai sempre mio fratello. Questo non lo potrai mai cambiare.”. Scar indietreggiò, la mascella che lentamente tendeva verso il basso.
“ Mu … Mufasa? Mufasa.” Mormorò, lentamente. Suo fratello appariva più alto o forse solo più felice.
Quel peso che si era accollato diventando re era svanito. Più giovane e più bello, di certo la morte gli aveva giovato. Il muso serio del fratello si aprì in un sorriso mentre lui si avvicinava sempre più. Scar fu tentato per un attimo di abbracciarlo, saltargli addosso come quando erano cuccioli e il cerchio della vita appariva come uno dei tanti discorsi del loro regale padre. Per un solo attimo, Scar volle ritornare Taka. Quel giovane leone con quella criniera così strana e il sorriso più bello della savana, il fratello scaltro e fedele di Mufasa, il suo contrapposto, il suo complice. Fu solo un secondo.
“ Tu sei morto.” Chiarì il leone, girando attorno all’avversario mentre, senza accorgersene, si era fatto più basso.
“ Oh sì.” Constatò il sovrano, fissandolo con lo stesso sorriso. “ Lo siamo tutti. È il cerchio della vita.” Proseguì serafico, incamminandosi verso la cima.
La migliore espressione stupita si disegnò sulla faccia del leone, ma Mufasa non sembrò farci caso mentre cominciava a canticchiare Akuna Matata.
“ Sai da quando ho sentito questa canzone non riesco a togliermela dalla mente, ha un ritmo … come si dice … trascinante.” La criniera rossa cominciò ha muoversi a tempo di musica. " Akuna matata ... sembra quasi poesia .... akuuuuna matata ..." La orecchie del leone più giovane tremolarono al ribrezzo di sentire un simile insulto alla musica. E ai suoi timpani.
“ La morte ti ha dato alla testa, fratello.” Scar gli sbarrò il passo, affrontandolo a viso aperto.
“ Scar.” Mufasa aveva un modo tutto suo per pronunciare quel nome. Sibilava tra i denti aguzzi le prime lettere per poi articolare la “a” e la “r” come una specie di ruggito mal tenuto alla bocca della gola. Immancabilmente, così avvenne con l’aggiunta di un sospiro.
“ Tu sei morto.” Scandì lentamente il re, guardandolo negli occhi quasi supplichevole. Il fratello minore rimase immobile, le pupille gialle che guizzavano feroci.
“ Non sai con chi stai parlando. Io sono il re.” Pronunciò le ultime parole con stoico orgoglio. Aveva sognato per anni quelle parole, taciute, nascoste, fra loro due, sbattute in faccia al suo glorioso fratello. Sognato, bramato l’espressione ferita e sottomessa del fratello maggiore, le pupille dilatate. Perfino la ferma Sarabi si sarebbe inchinata a lui, come legittimo re della savana.
“ Sì.” Non avvenne nulla di tutto ciò. Le sopracciglia scure si scontrarono, ma il re non si abbassò né si mostrò umiliato.  
“ Sei stato un re. Sai, Scar, nostro padre ci diceva sempre che un re deve essere in grado di difendere il suo popolo.” Mufasa continuò a camminare, non curandosi se l’altro leone lo seguiva, quasi parlando con se stesso.
“ Io credo che sia qualcosa di più profondo. Un re deve essere il primo servitore del suo popolo, quasi come un padre po’ benigno e un po’ severo. E come tale capire la savana, amarla e rispettarla oppure sarà lei a distruggere te.” Arrivarono in cima, ma non si trovavano più sulla scarpata, bensì nella parte più alta della rupe dei re. La nebbia si stava pian piano diradando. Scar vide per un attimo due cuccioli giocare nell’ombra per poi svanire per sempre. “ Solo ora capisco. Tu saresti potuto diventare un buon re, un ottimo re.” Mufasa si girò, gli occhi colmi di lacrime. “ Scaltro, intelligente, veloce, amante della sua patria e della sua gente. Ambizioso . Ma ambizioso, assetato di una grandezza comune, un bene per tutta la savana, capisci. Volevi il meglio per te, ma anche per gli altri.”
“ Tutto il contrario di te!” Lo accusò Taka, girandosi.
“ Sì” ammise, “ Tutto il contrario di me. Un bene, a dire il vero. Ma la gelosia ti ha corrotto. Hai voluto essere re non più per il mondo intero, ma per te stesso. Hai ucciso i tuoi sudditi, condannato all’esilio, ridotto alla fama il tuo popolo solo per te. Hai stravolto il cerchio della vita. E la savana si è ribellata.” Pioveva, come tutte quelle lacrime che Scar non riusciva a dire, ad ammettere. Pioveva e l’acqua spegneva gli incendi, calmava gli animi, segnava la fine di una vita.
“ Il tuo regno è finito, Scar. Il sole è tramontato su di te.” Affermò solenne il re. “ Ora, il sole nasce con mio figlio.” Un ruggito ruppe il silenzio della morte. Il leone moro guardò in basso per vedere un leone chiaro prendere il suo posto nel cerchio della vita.
Simba ruggiva. Non più quel belato rauco da cucciolo viziato né il ringhio trattenuto da giovane ramingo.
Simba ruggiva e reclamava per sé ciò che era suo, risvegliando la savana. Le leonesse si unirono a lui.
Simba ruggiva. E niente gli era mai parso così ingiusto.
Taka riuscì a sentire il frinire lontano delle foglie, il battito concitato della gazzella, lo sciabordare tranquillo dell’acqua contro la sabbia. Si domandò se questo era la morte e si accorse che in fondo non gli importava poi molto. Respirò la frizzante aria del mattino mentre il sole cominciava a brillare sul suo bel manto scuro. Mufasa si voltò: “ Taka.”. Il fratello non ribatté. In quel mondo non c’erano re e sudditi, gelosie o invidie. L’universo in cui stava entrando non necessitava di simili sciocchezze.
Ma lui? Cos'era lui, allora? Dov'era il mondo? Se lui era morto, perchè si sentiva così spaventosamente vivo? Vivere. Morire. Nascere. Amare.
“ Scar è morto.” Ripeté lui, ma il leone non ci fece caso. Si guardò gli artigli rotti e affilati, che spuntavano dalla zampe screpolate. Accanto giaceva una pozza d’acqua piovana. Si chinò a bere, senza pensarci. Lo specchio gli restituì un immagine. Un leone. Senza alcuna cicatrice. Scar era morto.
“ Sì.” Rispose Taka.

Beh, credo che vi meritiate un premio già solo per essere arrivati fino a qui. Se volete lapidarmi, sarò molto felice di leggere le vostre recensioni.
So perfettamente che Scar sarà sempre e rimmarà un cattivo fino al midollo, lo stesso personaggio che ci ha fatto vibrare di paura e piacere quando eravano bambini. Ma il leone cantato in questa opera non è Scar, bensì Taka. Non lo abbiamo mai conosciuto eppure nessuno, neanche una vecchia e cara bestiaccia come lui, nasce cattivo. Lo diventa. Ma lui adesso è morto. E rivive. Il cerchio della vita finisce per lui e sembra davvero finire, perchè lui non ha mai sentito, compreso appieno questo significato. Fino ad adesso.Vi ringrazio molto per averla letta e spero solo che recensiate o per lo meno mi facciate sapere quello che ne pensiate. Alla prossima! 


 
  
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