Autore (nick EFP e Forum): Mitsuki91
(ovunque)
Titolo: La pelle sotto le dita
Personaggi: Pansy Parkinson, Draco
Malfoy, accenni di Astoria Greengrass
Rating: Giallo, credo o.O
Genere: Malinconico, introspettivo
Avvertimenti: /
Note dell'autore: allora… La storia, non
so perché, non mi convince del tutto o.O forse il modo in cui è scritta, boh,
non è abbastanza “poetica”, non so se mi spiego… Avrei voluto metterci immagini
più evocative, invece mi è uscita così. Non ho nulla di particolare da dire, se
non che ho deciso di sfatare un po’ di cliché e che ho cercato di dare a Pansy
una caratterizzazione coerente con ciò che sappiamo di lei ma allo stesso tempo
più ampia… Come dire… Ok, Risa mi ha avvertito che tieni abbastanza all’IC XD
così tento di spiegarmi: Pansy nei libri viene descritta come la classica
“bulletta” che spalleggia Malfoy (ma che fa la bulla anche per conto suo) e
basta. Io credo invece che, al di là dell’essere bulli, Pansy sia una ragazza
con diverse sfaccettature: partendo dal presupposto che è innamorata di Draco,
almeno in questa mia versione, ho lasciato dei lati egoistici che credo lei
abbia, ma ho esteso la visione includendoci anche l’amore. Non so perché, ma
tutti pensano che i Serpeverde non siano in grado di amare (tipico cliché Dramionoso,
eh già – e tutti che si dimenticano di Piton, in questo caso): io non la penso
così. Pansy, nella mia storia, forse può essere un po’ troppo “appiccicosa”
(non voglio rovinarti la sorpresa XD) ma non lo fa per amore melenso, lo fa
perché trova che quello che le sia successo sia… Ingiusto. Rivuole la sua vita,
ecco. Passando a Draco: anche lui l’ho dotato di sentimenti (credo che sia
stato innamorato veramente di Pansy); non l’ho fatto come puttaniere di
Hogwarts (cliché), anzi; non l’ho descritto come superfigo con i muscoli da
Quidditch (? – cliché); ho fatto sì che i suoi migliori amici siano – fossero –
Tiger a Goyle (lui migliore amico di Zabini è un cliché che più cliché non si
può =..= e tutti si dimenticano di Goyle… Dato che Tiger è morto ci potrebbe
anche stare, ma Goyle…). Eccetera.
Ultimo appunto sui personaggi: ho
immaginato Astoria come una ragazza dolce e solare, ma anche discreta, anche se
non si vede apertamente in questa OS. Il rapporto fra lei e Draco è cresciuto
piano, dato che si mettono insieme dopo circa un anno che iniziano ad
approfondire la loro conoscenza. Questo passaggio forse non è chiaro, ma non
potevo certo mettermi a raccontare secondo per secondo l’anno scolastico. In
totale, a fine storia, dovrebbero essere passati circa due anni dalla battaglia
finale, forse qualcosa di più.
Ora passiamo alla parte “formale” della
storia. Questa è una OS, anche se a prima vista può sembrare una raccolta di
drabble/flash. Il fatto è che questa narrazione “interrotta”, per così dire, ha
un senso solo se letta in modo continuo. Ho preso dei momenti salienti e ho
raccontato solo quelli, ma tutti sono legati da un filo logico, che fa sì che
non possano essere letti separatamente. Insomma: la storia ha una trama, non
sono episodi disgiunti. La ripetizione di una frase in particolare è voluta e
serve a dare un certo effetto: almeno, questo nelle intenzioni, poi starà a te
giudicare. C’è anche uno di questi “pezzetti” dove due parole sono ripetute
spesso (una delle ultime): all’inizio non sapevo come toglierle, poi mi sono
accorta che davano anche loro un certo effetto. Una sorta di parallelismo,
ecco.
Detto questo, ti lascio alla storia XD
Ho davvero esagerato con queste note, sono più lunghe del resto! XD
La pelle sotto le dita
Non
era stata in grado di scegliere.
Fra
un’eternità sconosciuta e un’eternità fatta a pallida imitazione della vita,
Pansy non era stata in grado di scegliere. Si era bloccata al momento della
decisione, così adesso era sospesa a metà fra due mondi: ancora vagante per
quello conosciuto, senza più poter essere vista né sentita, mentre cercava di
capire quale era la via che le si addiceva.
La
cosa che l’aveva sempre spaventata di più era il concetto stesso di “eternità”.
Restare intrappolata per sempre in un mondo o nell’altro, senza mai avere la
possibilità di tornare indietro. Non sapendo cosa ci fosse davanti a lei, ma
sapendo benissimo cosa, invece, lasciava.
La
sensazione che le mancava di più era quella della pelle sotto le dita.
Per
quanto riguardava il senso del tatto e se stessa non c’erano problemi: aveva scoperto
di indossare ancora la leggera camicia da notte con la quale era morta, la sera
della battaglia finale, e riusciva a toccarsi e a saggiare le cicatrici che
erano rimaste. Era il resto che era inaccessibile: le sue dita scivolavano
inermi su tessuti e superfici, senza neanche portarle un brivido, una
sensazione. Senza neanche far avvertire agli altri la sua presenza. Poteva
muoversi attraverso le cose, come un fantasma, ed era assolutamente inconsistente.
L’aveva
osservato.
Da
quando era morta, non c’era stato un istante in cui lei non fosse rimasta con
Draco.
Loro
due si amavano. Si erano messi insieme dopo il Ballo del Ceppo, al quarto anno,
e il loro rapporto era cresciuto giorno dopo giorno.
Lei
sapeva tutto di lui. Conosceva ogni sua singola espressione, ogni suo minimo
sbalzo d’umore; sapeva cosa lo spaventava e cosa lo faceva felice; sapeva come
prenderlo nei giorni no e sapeva anche come farsi regalare un sorriso sincero.
Aveva
saputo che era entrato a far parte ufficialmente dei Mangiamorte.
Aveva
saputo della missione pericolosa del sesto anno, anche se non nei particolari,
perché lei, invece, non era una Mangiamorte.
Gli
era stata accanto, semplicemente. Gli era stata accanto, come sempre.
La
sensazione che le mancava di più era quella della pelle sotto le dita.
Tante
volte l’aveva toccato, da viva, e il sapore dei baci e del sudore erano ricordi
indelebili nella sua mente. Ora, l’unica cosa che poteva fare era sfiorare la
sua cicatrice, gemella di quella che era stata fatta a lui da Potter stesso, le
cicatrice del Sectumsempra che l’aveva uccisa. Partiva dal fianco destro,
saliva sull’addome. Erano tre graffi paralleli: il secondo le deformava il seno
e il terzo l’aveva presa in pieno viso. A lui non era andata così male, tempo
prima, però non poteva far a meno di pensare che erano marchiati allo stesso
modo, ora, e non poteva fare a meno di far scorrere le dita su quei segni in
rilievo.
Ma
avrebbe dato qualsiasi cosa pur di poter toccare ancora lui.
Draco
era stato male.
Una
volta appreso della sua morte si era rinchiuso in camera sua e si era rifiutato
di mangiare per ben tre giorni. Sua madre, Narcissa, era molto preoccupata. Un
po’ con le buone e un po’ con le cattive, l’aveva convinto a nutrirsi di nuovo
decentemente.
Pansy
si era inquietata. Draco era già abbastanza magrolino, non voleva che deperisse
per lei. Aveva tirato un sospiro di sollievo quando l’aveva visto mangiare di
nuovo. In ogni caso, non aveva potuto far niente per le sue notti insonni, per
i pianti silenziosi che faceva lontano dallo sguardo vigile di Narcissa. In un
certo senso se ne era anche compiaciuta: che lui soffrisse così era la prova
che l’amava veramente, così come lei amava lui.
Però,
proprio per quell’amore che provava, soffriva con lui e avrebbe voluto non essere
la causa del suo dolore.
La
sensazione che le mancava di più era quella della pelle sotto le dita.
Avrebbe
voluto poterlo toccare, anche per un’ultima volta, e non solo per appagare un
suo desiderio: voleva dargli una carezza per consolarlo, per fargli capire che
era lì con lui, per aiutarlo a superare il lutto.
Lei
ci provava, davvero. Si sedeva sul letto accanto a lui, faceva scorrere le dita
sul suo braccio. Cercava di non affondare nella sua carne, di non trapassarlo,
di restare in superficie, ma niente. Lui non avvertiva nemmeno un brivido. E,
allora, a Pansy non rimaneva altro che sfiorarsi le cicatrici della maledizione
che l’aveva uccisa, cercando conforto nella somiglianza con quelle che aveva lui,
che così tante volte aveva percorso.
L’eternità
continuava a spaventarla.
Pansy
passava le sue giornate osservando Draco, che finalmente aveva ripreso ad uscire,
anche se indossava una maschera con gli altri e si lasciava andar al dolore
solo quando non c’era nessuno, e desiderava ardentemente di poterlo toccare.
La
vita attorno a lei scorreva, mentre Pansy era bloccata in un limbo. Non sapeva
scegliere, e come poteva? Draco ancora soffriva per lei. Lei stessa reputava la
sua morte totalmente ingiusta; a volte, persino, era arrivata a credere che
fosse tutto un sogno, che si sarebbe svegliata presto e che le cose sarebbero
tornate a posto.
Non
si riusciva a decidere anche perché non era in grado di fare una lista di pro e
di contro fra un’alternativa e l’altra.
Se
fosse rimasta come fantasma, sarebbe potuta rimanere al fianco di Draco,
avrebbe potuto di nuovo parlarci, avere un rapporto. Ma avrebbe anche dovuto
sopportare di vederlo andare avanti, di vederlo magari amare qualcun’altra… Di
vederlo morire, un giorno, mentre lei restava cristallizzata, immobile ed
eterna.
Se
fosse andata avanti, invece, solo l’ignoto l’aspettava.
Come
poteva scegliere se un’alternativa era oscura?
La
sensazione che le mancava di più era quella della pelle sotto le dita.
Questa
volta aveva visto Draco andare con una ragazza. Sapeva che sarebbe successo,
prima o poi; sapeva anche che per lui non aveva significato niente, che era una
questione di sesso e basta, però non poteva far altro che ardere di gelosia.
Avrebbe voluto poter dare una sberla a quella “sgualdrina” che aveva osato
toccare il suo ragazzo, avrebbe voluto poter prendere a pugni anche lui,
piangere, urlare, farsi chiedere scusa. Fare di nuovo l’amore, perdersi in una
sensazione di baci e calore, di sudore e movimento.
Draco
non l’aveva mai tradita, prima. Di questo ne era assolutamente certa. E sapeva,
davvero, davvero, che dato che era
morta non aveva più alcun diritto su di lui.
Però
non poteva farci nulla: si sentiva gelosa marcia.
Le
stagioni erano cambiate, il tempo passava.
Pansy
era sempre bloccata in quel limbo d’indecisione. Si toccava la cicatrice, immaginava
di toccare quella di lui. Sospirava ogni giorno, desiderando sempre più ardentemente
di potergli fare una carezza, di poterlo abbracciare, di poter essere stretta
da lui.
Draco
stava recuperando l’ultimo anno di scuola. Il Ministero stesso aveva dato
l’opportunità a tutti di ripetere l’anno, per compensare quello disastroso dove
i Carrow la facevano da padroni. Lei, da brava semi-fantasma innamorata, lo
seguiva ovunque.
La
ragazza con cui Draco era stato, durante l’estate, era stata solo l’avventura
di una notte. Pansy lo sapeva già, ma era confortante che lui avesse confermato
le sue ipotesi con la pratica.
Un’altra
ragazza aveva iniziato a ronzare intorno al suo Draco.
Pansy
aveva assistito impotente, le mani che prudevano, mentre lei entrava timidamente
nella vita di lui. Prima un sorriso, un saluto. Draco ricambiava perché, nonostante
quello che avesse sempre sostenuto Potter, era un ragazzo gentile. Con i suoi
compagni di Casa, con chi era al suo livello, con i Purosangue, forse… Ma era comunque gentile.
Non aveva nessun motivo per rifiutare un “ciao” alla minore delle sorelle
Greengrass, dopotutto. Eppure… Eppure Pansy era soffocata dall’angoscia. Chi si
credeva di essere, quella lì, per poter pensare di civettare con il suo ragazzo, così? Draco amava lei! Lei soltanto!
Pansy
alternava pensieri indignati a pensieri depressi. Dopotutto, cosa poteva fare davvero?
La
sensazione che le mancava di più era quella della pelle sotto le dita.
Se
fosse riuscita di nuovo a toccare le cose avrebbe impedito a quella Astoria di
farsi sempre più vicina a lui. L’avrebbe spinta via, mentre invece lei
avanzava, mentre trovava la scusa per chiacchierare, per sedersi accanto a lui
in Sala Grande, per stare in ogni modo assieme a Draco.
Lui
aveva reagito con titubanza e diffidenza, all’inizio. Non aveva motivi veri e
propri per evitarla, però si capiva che non voleva essere disturbato più di
tanto.
Draco
era solo, ancora reduce dal suo dolore. Aveva perso lei, Pansy, e aveva perso
anche Tiger. Loro due e Goyle formavano un trio e, sebbene i due fossero in
qualche modo sottomessi a lui, si erano sempre considerati amici. Migliori
amici, perfino.
E
invece adesso era solo. Goyle non aveva ripetuto l’anno. Tiger era morto. E,
infine, era morta anche lei. Non c’era da stupirsi che Draco fosse così
scostante.
Però,
piano piano, quella ragazza era riuscita ad avvicinarsi a lui.
Pansy
avrebbe voluto poter impugnare ancora una bacchetta, anche solo per intimarle
di stare alla larga dal suo ragazzo.
Sospirava,
Pansy.
L’eternità
rimaneva un mistero e un incubo, ma il presente, nella vita che non le apparteneva
più, aveva iniziato a fare sempre più schifo.
Semplicemente,
le persone erano andate avanti senza di lei.
Persino
Draco.
Sapeva
che sarebbe successo, ma non poteva impedirsi di essere così infelice. Continuava
a toccarsi le cicatrici in cerca di un legame con lui, ma la realtà era che esso
non era mai esistito, non dopo la sua morte. Era stato inutile incaponirsi e
non accettare il destino. Era stato inutile rimanere ferma in quel limbo
sperando che lui la sentisse ancora.
Le
regole della morte non erano venute meno solo per lei.
E
Draco era andato avanti: alla fine del suo ultimo anno, si era messo assieme ad
Astoria. Si erano dati un bacio leggero e si erano ripromessi di sentirsi
durante l’estate.
Oh,
Pansy sapeva che lui aveva dei sensi di colpa. Lo vedeva agitarsi, di notte, lo
vedeva ancora sussurrare il suo nome.
Solo
che, ormai, non poteva più stare con lei.
La
sensazione che le mancava di più era quella della pelle sotto le dita.
Avrebbe
voluto sfiorare ancora una volta le cicatrici di Draco, la sua pelle altrimenti
liscia e così rovinata. Avrebbe voluto anche dirgli: “Guardati, Draco. Vedi i
segni di questa maledizione? Non è quella che ti ha lanciato Potter. Questa è
la maledizione che mi ha ucciso. Un segno di me sopra il tuo corpo, un segno
che ci rende gemelli. Un modo per restare con te”.
Era
troppo tardi. Altre dita erano andate a sfiorare quelle cicatrici, altre dita
avevano percorso la sua pelle e il suo corpo.
Era
la prima volta che Draco e Astoria stavano insieme anche in senso fisico. Per
lei era la prima volta in assoluto. Lui era stato molto gentile: non l’aveva
forzata, l’aveva guidata, era stato paziente.
Pansy
si era ricordato della loro, di prima volta: due ragazzini inesperti che giocavano
a fare i grandi, i gesti affrettati, un’ala vuota del Malfoy Manor, un’estate
terribilmente calda.
Una
sola lacrima di spirito era scesa sulla sua guancia, prima che si decidesse ad
uscire dalla stanza.
Per
la prima volta, non era rimasta con Draco.
Se
ne era fatta una ragione.
Ci
aveva impiegato dei mesi, era stata gelosa, credeva di poter vantare ancora dei
diritti su Draco. Ma lui, evidentemente, non la pensava più così.
Li
vedeva sempre insieme, lui e Astoria. Erano una coppia felice. Ognuno di loro,
con una guerra alle spalle, aveva la sua dose di ferite e rimpianti, però
entrambi erano andati avanti.
Anche
Draco. Soprattutto Draco.
Aveva
smesso di toccarsi ossessivamente le cicatrici, di cercare una somiglianza e un
legame in quelle piccole deformazioni della pelle. Aveva smesso di essere
egoista, di piangersi addosso, di pedinare il suo grande amore con fare ossessivo.
Aveva
preso la sua decisione, finalmente.
La
vita da fantasma era ormai impensabile. Non che ci avesse mai creduto
veramente, per questo non l’aveva accettata subito. Ma, a questo punto, dato
che il mondo era proseguito senza di lei, tanto valeva abbandonarsi all’ignoto.
L’eternità
la spaventava ancora. Ma, forse, non era quella ad attenderla oltre al varco:
forse sarebbe rinata, forse si sarebbe semplicemente annullata. Sperava nella
prima.
Avrebbe
solo voluto poterlo toccare per l’ultima volta. Fargli capire che era rimasta
accanto a lui per tutto questo tempo, che aveva compreso, che si era arresa e
che si era fatta da parte. Che la sua felicità, a questo punto, era la sola
cosa importante. Che non era arrabbiata con lui per aver continuato a vivere,
perché era giusto così.
Avrebbe
solo voluto poterlo toccare un’ultima volta, davvero.
Con
quel desiderio si era avvicinata al suo letto, si era chinata su di lui,
l’aveva osservato dormire. Aveva allungato una mano, gli aveva sfiorato il
petto e quelle cicatrici che, nonostante quello che avesse pensato per tutto
quel tempo, non erano state in grado di unirli. Aveva dosato il suo tocco,
aveva fatto in modo di non affondargli le dita nella carne, era rimasta in
superficie e si era mossa, fino a raggiungere il cuore.
Credeva
di aver sentito qualcosa; lui aveva avuto un brivido.
“Pansy.”
aveva sussurrato, nel sonno, per l’ultima volta.
Lei
aveva sorriso, con le lacrime agli occhi.
“Va
tutto bene.” aveva risposto, prima che la sua decisione prendesse il sopravvento,
prima che sentisse una forza sconosciuta strapparla da quel luogo e da quel
tempo.
L’ultima
sensazione che le era rimasta, prima di sparire e passare oltre, era stata quella
del calore della sua pelle sotto le dita.