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Autore: Alyx    15/04/2013    1 recensioni
Izzy crede di essere una che non ha bisogno dell'amore, non lo ha mai voluto. Eppure perché con Simon è tutto diverso?
Io ho cercato una risposta, e l'ho trovata in Heart Attack di Demi Lovato.
***
Lei non aveva mai avuto bisogno di amore. Non voleva il ragazzo giusto. Aveva sempre pensato solo a divertirsi. E non aveva mai avuto problemi a trovarsi qualcuno con cui farlo.
Lei otteneva tutto quello che voleva.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Izzy Lightwood, Simon Lewis
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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  Heart Attack 


So I’m putting my defenses up,
Cause I don’t wanna fall in love.
If I ever did that, I think I’d have a heart attack.





Isabelle si attorcigliò al braccio la sua frusta dorata, come sempre. 
Rimase un attimo a fissare il serpente di luce che le si arrampicava all'arto, come incantata, i suoi pensieri da un'altra parte. 
Lo faceva spesso in quel periodo. 
Si incantava e usciva dal suo mondo. 
Si incantava, viaggiava con la mente altrove, pensava a... Simon. 
Scosse violentemente la testa, facendo tintinnare gli orecchini. Si voltò verso lo specchio. Era perfetta, come sempre. 
Eppure si sentiva... Come se mancasse qualcosa. 
Perché pensava costantemente a Simon? Perché pensava a come fare a farsi notare da lui, quando non era mai successo che un ragazzo le resistesse? Cosa c'era che non andava per Simon? 
Si fissò da sotto in su, soffermandosi minuziosamente su ogni particolare; gli stivali perfettamente lucidati, la divisa da shadohunter che le fasciava le gambe snelle, la vita magra, che le stringeva un po' il petto, i gioielli che tintinnavano al movimento del suo polso. La bocca rossa, le ciglia perfettamente allungate, i capelli che scendevano dritti sulla schiena mentre un ciuffo ribelle le finiva negli occhi, rendendola imperfettamente perfetta. 
Lo era sempre stata. 
Non aveva mai avuto bisogno di fare altro per ottenere quel che voleva. Era sempre stato così: ogni suo desiderio veniva soddisfatto. 
Scosse ancora la testa, sistemandosi inutilmente la frusta e uscendo dalla sua camera. 
Aveva bisogno di distrarsi.




Never put my love out on the line.
Never said yes to the right guy.
Never had trouble getting what I want,
But when it comes to you I’m never good enough.
Yes, you make so nervous that I just can’t hold your hand.




Un bersaglio dopo l'altro precipitarono rumorosamente sul pavimento della stanza d'allenamento dell'Istituto, colpiti insistentemente da Isabelle.
Lei non aveva mai avuto bisogno di amore. Non voleva il ragazzo giusto. Aveva sempre pensato solo a divertirsi. E non aveva mai avuto problemi a trovarsi qualcuno con cui farlo. 
Lei otteneva tutto quello che voleva. 
Eppure, più se lo ripeteva, più quello strano senso di disagio aumentava. 
Srotolò la frusta dal braccio, artigliando un bersaglio e sbattendolo a terra. Rotolò agilmente sul pavimento, scansandosi per non prendere l'oggetto addosso. Il violento rumore col quale si era infranto a terra rimbombò per alcuni attimi nella stanza, poi cadde il silenzio, rotto solo dal respiro leggermente affaticato della ragazza ancora chinata a terra, il palmo della mano sinistra a sorreggere leggiadramente il suo corpo. 
«Izzy.» 
La ragazza sussultò leggermente prima di voltarsi e alzarsi, la frusta chiusa nella mano con aria minacciosa. 
Il suo sguardo si addolcì un poco l'istante dopo, quando vide che non era stato Jace a interromperla. Non avrebbe potuto sopportare i suoi commenti acidi in quel momento. 
Suo fratello era sulla soglia della stanza, i capelli neri spettinati, gli occhi gonfi e le guance arrossate, molto probabilmente perché si era addormentato. 
«Alec. Che succede?»
Lui sorrise, soffocando uno sbadiglio. «C'è qualcuno per te.»
Lo guardò accigliata. «Cosa?»
«Ti sta aspettando fuori. Fossi in te non lo farei aspettare troppo.»
Alec sparì nel corridoio, lasciando Isabelle da sola, mentre si arrotolava la frusta al braccio, un gesto tanto spontaneo che quasi lei stessa non se ne accorse. 
Chiuse la porta dietro di sé senza farla sbattere e accennò una corsa verso l'ascensore dell'Istituto. Gli sembrò estremamente lento mentre scendeva nella chiesa. 
I suoi passi rimbombarono impazienti tra le navate, alcune candele accese oscillarono spaventate al suo passaggio. 
Quando aprì la porta dell'Istituto, aveva il fiato leggermente affaticato, forse per l'allenamento, forse per l'ansia. 
Mentre la porta si chiudeva dietro di lei, il suo cuore sussultò. 
Le stava dando le spalle, seduto sui gradini della chiesa, i capelli scuri spettinati che andavano dove volevano. Trovò più difficile del solito deglutire e calmare i battiti del suo cuore, e questa volta l'allenamento non c'entrava niente.
«Simon. Che ci fai qui?» chiese facendolo voltare di scatto. 
Il ragazzo era tanto pallido da sembrare morto, e be', in effetti lo era. 
I muscoli delle spalle si tesero mentre si rialzava con un'agilità che ancora Isabelle non aveva imparato ad aspettarsi, nonostante fossero passate settimane dalla sua trasformazione. Silenziosamente, come se stesse fluttuando da terra, Simon coprì la poca distanza che li separava, mentre si puliva le mani nei jeans prima di infilarle nella tasca della felpa. 
«Ciao Izzy.» disse sorridendole quando le fu vicino. 
Ma Isabelle non riusciva a pensare ad altro oltre al fatto che, dannazione, non era abbastanza vicino. 




Never break a sweat for the other guys,
When you come around I get paralyzed.
And every time I try to be myself,
It comes wrong like a cry for help.




Successe tutto a rallentatore. 
Simon si chinò leggermente verso il viso di Izzy, togliendo una mano dalla tasca per avvicinarla alla sua spalla. 
La ragazza sentì i palmi delle mani sudarle terribilmente mentre le labbra di Simon si facevano estremamente vicine alla sua guancia. 
Si diede della stupida, pensando che non aveva mai sudato per la vicinanza di un ragazzo, ne che tantomeno era rimasta così stupidamente rigida sotto il suo tocco. 
Sentì le labbra chiare del ragazzo premerle delicatamente sulla pelle, e, se Simon avesse potuto ancora respirare, avrebbe scommesso che sarebbe stata capace di sentire persino l'aria espirata dal suo naso sulla guancia. 
Nello stesso istante la mano del ragazzo si era poggiata con naturale leggiadrezza sulla sua spalla e i capelli corti le avevano leggermente solleticato la tempia. 
Inaspettatamente Isabelle arrossì, sentendo il corpo di Simon così vicino quasi da farle male.
Male, perché non riusciva a capire perché le facesse quell'effetto. Quell'effetto doloroso e appagante allo stesso tempo. 
Dolce e inaspettato, troppo rapido ma in uno strano modo accurato. 
Isabelle si sentiva il cervello in panne, la mente altrove, le gambe molli, una scia viscida di sudore nella schiena e dentro i palmi, come se fosse stata malata. 
«Iz, tutto bene?»
La ragazza si riscosse da quel torpore in cui era stata risucchiata, dandosi istintivamente della stupida per essere appena passata per un'idiota davanti a Simon. Di essere parsa fragile e confusa. 
«Sì, tranquillo.» sentiva la bocca terribilmente impastata e inciampò nelle consonanti come una bambina. «Forse un calo di zuccheri. Mi stavo allenando.» borbottò cercando una scusa che potesse reggere. 
Simon sorrise, e lei non poté fare a meno di constatare quanto fosse disarmante il suo sorriso. Le parse per un istante che la testa le girasse. 
«Sembrava che qualcuno ti avesse infilato un paletto nella schiena.» rise. «Magari tuo fratello. Mi sa che l'ho svegliato.»
Isabelle rise per riflesso. Cercò qualcosa di carino da dire, ma non trovò niente. 
Si sentì stupida e frivola, e per una volta non avrebbe voluto passare per quello. Non con Simon. 
Eppure più cercava di essere sé stessa, più si rivelava patetica. 
Era terribilmente frustante, e per un attimo le venne voglia di tirarsi uno schiaffo. 
Perché era così difficile, dannazione?!



It’s just not fair,
Brings more trouble than it all is worth.
I gasp for air...
It feels so good, but you know it hurts.




Simon si fece serio. 
«Sei sicura di stare bene? Sei strana...»
Isabelle sospirò. «Solo un po' stanca. Tutta questa storia di Valentine... È tutto ancora così strano. Poi da quando Max...» la voce le morì in gola. «Da quando Max non c'è, non...» 
Isabelle inciampò ancora nelle parole, non riuscendo a esprimersi. Come se l'aria le sfuggisse dai polmoni.
Abbassò lo sguardo, sconfitta, e sospirò. 
Si irrigidì e il suo cuore prese a battere furiosamente quando sentì Simon avvolgerla in un abbraccio. Cercò di ispirare il suo odore per non dimenticarlo mai più, perché la faceva sentire tremendamente bene. Sentì i nodi dei suoi muscoli sciogliersi sotto il suo tocco e tutto prese a sembrarle meno spaventoso. Fu come se Simon si fosse offerto di aiutarla a sorreggere il peso del mondo che portava sulle spalle. 
Isabelle represse l'insana voglia di baciarlo. 
Il ragazzo si allontanò di pochi centimetri, alzando la testa in alto. 
«Guarda, Izzy.» le sussurrò.
Lei alzò lo sguardo nella stessa direzione di Simon. 
Sopra di loro aleggiavano leggere due farfalle blu. Il repentino movimento delle loro ali era ipnotizzante, e Isabelle si ritrovò a fissare concentrata gli insetti rincorrersi sopra la sua testa, seguendo strani percorsi intricati che conoscevano solo loro. Trovò quasi soprannaturale il fatto che esistessero ancora creature normali e innocue che vivevano la loro vita senza problemi. Lo trovò quasi ingiusto, perché il mondo da qualche parte era ancora bello, infantile e fiabesco, mentre loro erano sempre schiacciati da un opprimente senso di disagio e difficoltà.
Si riscosse solo quando sentì Simon ridere debolmente. La stava fissando, divertito. 
«Cosa c'è?» gli chiese piano. 
Simon le portò dietro l'orecchio un ciuffo di capelli che le era caduto negli occhi. 
«È bello vederti così.»
«Così come?» domandò, reprimendo un brivido quando le dita del ragazzo le solleticarono la cute.
Simon si strinse nelle spalle. «Senza quell'aria da donna vissuta. Sai, delle volte dimentichi che sei solo una ragazza, Iz.» 
Lei sorrise amaramente, riappoggiandosi al petto del ragazzo. 
«Sono una shadowhunter, Simon. Ho dovuto imparare a smettere di essere infantile tanto tempo fa.»
Il ragazzo, incredibilmente, rise. «Sei così strana, Izzy.»
Lei scosse divertita la testa e, quasi dolorosamente, si staccò da lui.
«Parla quello che gioca ancora ai videogame, ha il frigo pieno di bottiglie di sangue e fa parte di una band musicale quasi patetica.»
Simon scoppiò a ridere, trascinando Isabelle con lui. 
La ragazza sentì il cuore stringersi in una morsa. Perché non riusciva a mandare tutto al diavolo e sentirsi completamente bene con lui? Perché doveva sentirsi così spaventata dai suoi sentimenti?
«Carina questa, lo ammetto. Ma non sono io quello che va in giro con una frusta d'oro trattandola come un animale domestico.»
«Ehi!» si finse offesa Isabelle, mentre tratteneva le risate. 
Sembrava tutto così bello, essere innamorati, perché non poteva esserlo senza soffrire così tanto?
Il cellulare di Simon prese a suonare. Lui lo tirò fuori dalla tasca dei jeans, lasciando che Izzy vedesse il mittente. Il nome di Clary lampeggiava quasi fastidioso sullo schermo del telefonino. 
«Scusa, io...»
«Rispondi. Non... Non importa.» mentì Isabelle, cercando di reprimere quella morsa di fastidio che le artigliava lo stomaco. 
Simon fece qualche passo indietro, scendendo un paio di gradini, mentre rispondeva a Clary. 
Per un attimo si era quasi dimenticata di cosa le procurasse tanta riluttanza nel cercare di innamorarsi. C'era sempre qualcuno più importante di lei. Sempre. 
Perché per quanto Simon potesse farla stare bene, c'era sempre qualcuno pronto a romperle il cuore. Per questo faceva meglio a proteggersi. 
Che senso aveva innamorarsi, sapendo già come sarebbe andata a finire? 
Simon tornò al suo fianco, pochi minuti dopo, mentre lei lo fissava assente.
«Isabelle? Tutto bene?»
Lei scosse la testa. «Sì, come sempre.» 
Il ragazzo la guardò confuso e fece per aprire bocca ma fu interrotto subito. 
«Scusa, ma ora devo andare.»
«Ad allenarti?» commentò amaro. 
«Sì.» sibilò quasi minacciosa lei, voltandosi e incamminandosi verso l'istituto. 
Poggiò la mano sulla superficie fredda e liscia delle porte, applicando una lieve pressione che le fece schiudere.
«Un giorno cederai, Izzy!» le urlò dietro Simon. «Nessuno può rinchiudersi in sé stesso così e non cadere a pezzi prima o poi.»
Lei fece finta di nulla ed entrò nella vecchia Chiesa. Chiudendo la porta alle sue spalle, ci si appoggiò sospirando. 
Il problema era che lei stava già cadendo a pezzi. Dolorosamente a pezzi. 
Ma ci era abituata ormai. Sapeva come contenere quella debolezza. 
Quello che non sapeva però, era che non sempre innamorarsi è necessariamente una debolezza. 



You make me blow,
But I cover up, won’t let it show
So I’m putting my defenses up
Cause I don’t wanna fall in love
If I ever did that, I think I’d have a heart attack
















Angolo dell'Autrice:
Saranno tre settimane che rimando questo aggiornamento. Alla fine ce l'ho fatta :D
Niente, è un'altra storia di Isabelle, perché io amo questo personaggio.
La Clare la tratta sempre un po' così e bho... Io sono curiosa. :)

Anche questa, non so come mai, è ispirata da una canzone di Demi Lovato, Heart Attack.
Conosco tre canzoni sue, e due mi ricordano tanto Isabelle Lightwood.

Va be, me ne vado a fare la doccia, babies. :)
Spero vi sia piaciuta e che sia stata all'altezza dell'altra.
Aspetto un vostro commento.
Grazie mille in anticipo a tutti.
Un bacio,
Alice :)

   
 
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