Serie TV > La famiglia Addams
Ricorda la storia  |       
Autore: SimplyMe514    15/04/2013    0 recensioni
[La famiglia Addams]
Zucchero nel tè? Una festa per la bambina in arrivo? Palloncini rosa? Morticia, la gravidanza ti dà alla testa!
Spaccato in due capitoli su come e perché Mercoledì ha avuto un nome così particolare. Morticia OOC, ma per necessità e solo temporaneamente. Basato sulla serie degli anni '60, non sui film successivi.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Nota preliminare da leggere per non rimanere troppo confusi: come ho detto nell'introduzione, nella storia che segue (e probabilmente in tutte le altre che scriverò sull'argomento, se ne arriveranno, a meno che non sia diversamente specificato) userò come canon solo ed esclusivamente la prima serie TV, quella andata in onda per la prima volta in bianco e nero negli anni Sessanta. Questo significa che:

  • per quanto è in mio potere, le mode e le tecnologie delle persone “normali” resteranno bloccate agli anni Sessanta, quelle dei protagonisti anche a un po' prima;

  • tutte le descrizioni e le caratterizzazioni si basano sul set e sul cast di allora;

  • tra i due, è Pugsley il maggiore, non Mercoledì, e la differenza è di circa due anni;

  • Pubert, il terzo figlio, molto semplicemente non esiste;

  • la nonna, chiamata universalmente Mammà a prescindere dai legami di sangue, non avrà mai nome di battesimo ed è da considerarsi la madre di Gomez, mentre nonna Hester Frump è tutt'altro personaggio, madre di Morticia e della sorella maggiore Ofelia (che mi sforzerò di scrivere con la F nonostante la mia decisa preferenza per il PH. Avvisatemi se mi sfugge);

  • Fester è lo zio di Morticia, non il fratello di Gomez;

  • Mano è all'incirca un intero avambraccio, non una manina staccata all'altezza del polso, ma in compenso non si muove liberamente per la casa camminando sulle dita, preferendo invece spuntare da tutta una serie di scatole e altri buchi che a quanto pare contengono più oggetti della borsa di Mary Poppins;

  • il Cugino Itt si scriverà sempre con due T e non sarà mai, mai tradotto “Cugino Coso”;

  • per due piccoli dettagli mi trovo costretta a usare la versione originale invece di quella doppiata perché mi è sembrato che in quest'ultima non ci fosse una coerenza assoluta: l'abbreviazione di Morticia è Tish (a volte sembra che il doppiatore pronunci Tishy, ma non sempre) e il leone, rigorosamente maschio, si chiama Kitty Cat (a volte pare solo Kitty, altre è stato pronunciato Kitty Katty, e ci sono stati di sicuro alcuni pronomi femminili riferiti a lui. Siccome ha una vistosissima criniera, per me è un maschio);

Bene, finiti gli avvisi. Patti chiari, amicizia lunga. Grazie di aver letto fin qui, ora comincia la vera storia.

 

Capitolo 1 – Predizioni e strane voglie

Rinunciare al lungo vestito nero che aderiva al suo corpo come una seconda pelle era stato un sacrificio che aveva rimandato il più a lungo possibile, ma quando il pancione aveva raggiunto e superato il punto critico, perfino Morticia aveva dovuto stringere i denti e adattarsi a qualche abito prémaman. Dopotutto, era solo per un po', e c'era il considerevole vantaggio di aver fatto semplicemente impazzire Gomez quando aveva commesso il piacevole errore di ammetterlo ad alta voce. Lui e il suo francese...

Certo, era stata dura trovarli: aveva seriamente considerato l'idea di comprarne alcuni a caso e poi tingerli per risparmiarsi parte di quella fatica. Nel reparto per mamme in dolce attesa (tra l'altro, chiunque si fosse inventato quell'espressione doveva aver esagerato con lo zucchero e molto probabilmente non era una donna) tutto era così... così... rosa! Perché? Per quale arcana ragione quella parte del negozio aveva subito una tale barbarica invasione di tinte pastello? Un po' di sano nero era chiedere troppo?

«Ti dai di nuovo alla previsione del futuro, Mammà?» Morticia mascherò alla meno peggio un sospiro. C'erano tante altre cose che sapeva fare, ma per quello era davvero poco tagliata. Perlomeno questa volta non si era inventata l'ennesimo pseudonimo esotico: non sapeva proprio quanti altri “Madame Qualcosa” sarebbe riuscita a reggere.

«Se non arrivasse qualcuno a distrarmi ogni due minuti, sì» borbottò l'anziana donna, staccando gli occhi dalla sfera di cristallo che, come in casa sapevano tutti, non aveva proprio niente di mistico, visto e considerato che proveniva dal lampadario.

«E sentiamo un po', cosa stai cercando di prevedere in questo momento?»

«Ti riguarda, per tua norma e regola». Anche se dichiaratamente aveva smesso da un pezzo di essere sensibile a quel genere di cose, era riuscita a incuriosirla. In fondo ogni tanto indovinava, soprattutto quando la profezia sembrava particolarmente improbabile...

Un po' per stare al suo gioco, un po' per sincera voglia di sapere, anche da una bocca non proprio affidabile, cosa mai potesse riservarle il futuro, prese posto di fronte a lei e attese. E poi attese ancora un po'. Ancora silenzio. Diamine, come veggente non sarà stata un granché, ma quel viso concentrato era convincente: la tensione nella stanza si poteva tagliare con un coltello (e non le sarebbe dispiaciuto interpretare il modo di dire in senso molto letterale, se non altro per scaricare i nervi). Proprio quando stava per avvisarla che le sue scorte di pazienza si avvicinavano pericolosamente alla fine, il suo volto rugoso si aprì in un raro sorriso.

«Morticia! È una bambina!»

«Oh...» Le capitava di rado di restare senza parole, ma stavolta non c'era nulla da fare se non portare istintivamente una mano sulla pancia e perdersi in poco caratteristiche fantasticherie su una se stessa in miniatura. Sarebbe stata bellissima... non nel senso di un'adorabile bambolina con i boccoli e le guanciotte rosee, più come una pantera dal manto così nero da risultare quasi invisibile nell'oscurità della notte. Quella sì che doveva essere un'apparizione meravigliosa, un concentrato naturale di freddezza ed eleganza... prima che ti squarciasse la gola.

«Si può sapere cosa aspetti? Non c'è nessun altro a cui vuoi dare la notizia?»

«Come pensi che reagirà?»

«Per quello non c'è sfera di cristallo che tenga, ma so che sarà uno spettacolo».

Pregustando il momento della rivelazione, Morticia si alzò con un decimo della sua solita grazia, ostacolata da quel pezzo supplementare di sé, e spinse da parte le stupidaggini sentimentali.

«Gomez!» Nessuna risposta. Pigramente, contemplò la possibilità di recitare qualche espressione francese per farlo schizzare al suo fianco in circa cinque secondi, ma l'idea fu immediatamente cestinata.

Tic, tic, tic... tic, tic, tic... a volte in quella casa bastava seguire i suoni giusti per trovare chi si stava cercando. Con un ticchettio costante, la telescrivente sputava una stringa infinita di sigle e numeri da cui dipendeva una grossa fetta della loro fortuna economica. Era più che naturale che la seguisse con occhi febbrili, aggrappandovisi come a una corda gettata a un uomo in mare.

«Gomez?»

«Mmm?» Non sapeva se fosse l'emozione a renderla così capricciosa o se la colpa fosse da imputare tutta alla gravidanza, ma voleva più attenzione da suo marito, e subito. A mali estremi, estremi rimedi.

«Devo dirti una cosa, bubele».

La striscia di carta fu prontamente abbandonata e il segnapunti mentale di Morticia registrò un incremento di uno. Conosceva fin troppo bene il suo punto debole: quel soprannome lo faceva capitolare né più né meno del francese.

«Quando mi chiami così, Tish...» La frase rimase in sospeso, tagliata a metà da un galante baciamano, che poi proseguì sul polso e poi... mmm, la grande notizia poteva anche aspettare un minuto in più, solo uno... No, doveva saperlo.

«Dopo, caro, dopo...» Il disappunto era percettibile nel modo in cui Gomez si scostò e riprese un controllo di sé sufficiente per mettersi in ascolto. «Ti fidi delle predizioni di tua madre?»

«In linea generale, no». Poi, con un sorriso malizioso, si piegò verso il suo orecchio e aggiunse: «Ma non dirle che te l'ho detto».

«Il tuo segreto è al sicuro con me» promise. Fin troppo facile, dato che non era affatto un segreto. «Però, vedi... me ne ha appena fatta una di cui penso proprio di fidarmi».

«Ah, sì? Vediamo un po', andrai sulla luna?» Morticia lo trapassò con un'occhiata di rimprovero, ma un mezzo sorriso ne funestò l'effetto.

«No, penso che il pianeta Terra mi basti ancora. Gomez... è una femmina».

«E tu le credi?»

«In linea generale, no» rispose, imitandolo apposta. «Ma stavolta sì. Io... lo sento e basta».

Lo guardò proprio nell'istante in cui una scintilla di comprensione gli attraversava gli occhi, e quel momento parve allungarsi e allungarsi... non proprio all'infinito, ma quasi. Eppure anche quel secondo un po' anomalo passò, e qualcosa nelle movenze dell'uomo le suggerì che moriva dalla voglia di improvvisare un tango lì dove si trovava, per festeggiare. Le mancava la danza: l'attività fisica era resa quantomeno scomoda da quel “piccolo esubero”.

«Oh, querida, che notizia! Che notizia!» Prima che potesse reagire in alcun modo, Gomez fu in ginocchio, intento a tastare con dolcezza il suo addome prominente come se potesse sincerarsene al tatto. Quella era un'occasione in cui perfino un Addams poteva permettersi di non essere del tutto infelice. «Come la chiameremo?»

«Non lo so» ammise piano, colta in fallo. «Ne stavo valutando alcuni l'altro giorno, ma nessuno è quello giusto».

«Perché tu vuoi solo il meglio».

«Voglio che sia... unico».

«E allora ne troveremo uno che lascerà tutti a bocca aperta».

«In senso buono o cattivo?»

«Nel senso che preferisci».

 

Morticia scoprì che ripetersi tutti i nomi delle antenate, zie e cugine fino al quarto o quinto grado per poi scartarli ad uno ad uno era un ottimo modo per addormentarsi, ma non portava a grandi risultati per quanto riguardava la decisione finale. Forse, però, concentrarsi troppo sulla futura piccola Addams che avrebbe distrutto gli ultimi grammi di tranquillità della casa con i suoi strilli (non che prima ce ne fosse un granché) le aveva dato alla testa, perché rammentava qualche brandello di sogno, ed erano tutti più rosa dei vestiti che le aveva proposto quella commessa. L'ultima volta che aveva fatto un sogno così era stata... era stata... un momento, non c'era mai stata.

«Buongiorno, cara. Dormito bene?»

«Sì, direi di sì».

«Diremo a Lurch di rimediare, la tua metà del letto si sarà fatta troppo morbida».

«Ma non credi che vada bene così? Insomma, sono incinta, un po' di riguardo!»

Gomez la guardò con tanto d'occhi e saltò giù dal letto in due secondi netti. «Tish! Che dici? Hai la febbre, per caso?»

«Mmm... non penso, perché?»

«Come sarebbe, perché? Fino a ieri detestavi l'idea di dormire sul morbido! Mi sa che stai delirando. Chiamo il dottor Mabogo».

«Delirando? Ma come ti permetti?»

Gomez si massaggiò le tempie come per contenere un mal di testa incipiente. «Scendiamo a colazione e vediamo come va, ma prometto che se ti sento uscire di bocca una sola cosa strana come questa lo chiamo. Potrebbe esserci in gioco la salute della bambina oltre alla tua».

«Te la perdono perché so che sei preoccupato...»

«Magari a stomaco pieno tornerai in te».

Non che riempirsi lo stomaco fosse un cattivo suggerimento, questo no... ma posta di fronte alla roba non meglio identificata che avrebbe dovuto essere la sua colazione, Morticia dubitava fortemente di riuscirci. Sapeva di aver già mangiato cose simili più volte in passato, ma quella mattina l'odore la nauseava oltre ogni dire.

«Che cos'è?» riuscì a domandare in fretta, prima di essere interrotta da un conato di vomito.

«Ma come, querida? Non riconosci il profumino?»

«Questo sarebbe un profumino?» Cercò con gli occhi il cappio a cui dare un'energica tirata per chiamare il cameriere e far sostituire il proprio pasto con qualcosa che il suo corpo considerasse commestibile, ma era appena fuori della sua portata. «Non si potrebbe avere... non so, qualcosa di dolce?»

Cling! La sua innocente richiesta fu accolta dal suono cristallino di una posata in rotta di collisione con un piatto. Lo zio Fester, impegnato nella dubbia impresa di mangiare e intrattenere il piccolo Pugsley con una lampadina contemporaneamente pur avendo a disposizione una sola bocca, per lo stupore parve confondere le due cose e quasi la ingoiò ancora accesa (anche se, a occhio e croce, sarebbe sopravvissuto).

«Per la miseria, Morticia, sapevo che alle donne incinte venivano voglie strane, ma questo è troppo!»

Gomez sollevò platealmente le sopracciglia. «Ma certo! Fester, in questa casa c'è proprio bisogno di una testa come la tua!» Se non fossero stati seduti troppo lontani, probabilmente gli avrebbe baciato la pelata per la contentezza.

«Grazie, Gomez, ma... cos'ho detto?» Aggrottò la fronte per un istante, poi rinunciò a risolvere il mistero e si concesse qualche altro boccone, con Morticia che evitava accuratamente di guardarlo.

«Te lo spiego dopo».

Quell'aria cospiratoria non prometteva niente di buono. «Sicuramente non sarà nulla che tu non possa ripetere in mia presenza, vero, caro?»

«Ehm...» A-ha! In qualsiasi cosa consistesse la spiegazione, era di certo qualcosa di spiacevole su di lei. Quasi sicuramente voleva allertare il resto della famiglia di quanto fosse diventata “strana”. Come se desiderare qualcosa di dolce per colazione fosse un crimine!

«Allora?»

«Non è niente d'importante!»

«Spero per te che sia così...»

Fu determinato che Morticia avrebbe fatto colazione più tardi, non appena uno qualsiasi degli altri avesse capito come preparare il suo dannato “qualcosa di dolce”. A quanto pareva, nessuno ci aveva mai provato. Aspettare non era un problema: le si era comunque chiuso lo stomaco osservandoli demolire con gusto il contenuto dei loro piatti. L'unico che riusciva a guardare senza vomitare era Pugsley, che ridacchiava alle smorfie e alle luci intermittenti dello zio.

«Non lo distrarrai così facilmente ancora per molto» predisse Gomez, tra l'orgoglioso e il rassegnato. «L'ultima volta che l'ho fatto assistere a uno scontro di trenini, si è messo a staccare tutti i cartelli stradali del plastico uno per uno».

«Cartelli stradali? Se gli piacciono tanto, procuriamogliene qualcuno a grandezza naturale» propose la nonna. «Sbaglio o sono settimane che Morticia si lamenta che la sua stanza è un po' spoglia?»

«Tu lo vizi troppo» la rimproverò. «Però, a pensarci bene, come idea non è malaccio...»

 

Il gong parve scuotere l'intera casa.

«Chiamato?» si annunciò Lurch con quella sua voce lenta e profonda, quasi non volesse consumarla troppo.

«Bene, gente, dichiaro aperta la riunione d'emergenza. No, un momento, manca qualcuno all'appello». Gomez bussò sul coperchio di un'ornata scatola rettangolare, che fu prontamente sospinto in su da Mano. Nessuno aveva ancora ben capito come facesse una cosa senza faccia ad avere l'aria preoccupata, ma ce l'aveva.

«Emergenza?» saltò su Fester, schizzando via e tornando con il suo fido archibugio alla mano.

«Calmati! A meno che non ti sia venuta una voglia improvvisa di uccidere tua nipote, non c'è nessuno a cui sparare, né alle spalle né di fronte».

«Ah». Quello tirò un sospiro di sollievo, ma non andò a rimettere l'arma al suo posto. Così, per precauzione.

«Come avrete notato, questa mattina Morticia si è svegliata... diversa. Credevo che fosse malata, ma il nostro genio qui presente mi ha suggerito che potrebbe essere solo una fase dovuta alla gravidanza. Ci ho pensato su, e la mia conclusione è che ci toccherà assecondarla finché le sarà passata».

Nel basso grugnito di Lurch fu riflesso l'orrore di tutti. Sarebbe stata una guerra aperta.

«Assecondarla?» mugugnò Fester. «Ma l'hai sentita? Alla prossima vorrà lo zucchero nel tè al posto del suo solito cianuro!»

«Stringiamo i denti. Quanto può durare ancora?»

Mano estese tutte e cinque le dita, in atteggiamento visibilmente speranzoso. «Cinque minuti? Abbiamo un ottimista in famiglia...»

«Per quel che ne sappiamo, potrebbe durare da qui a quando nascerà la bambina. Anche se preferiremmo tutti quanti i cinque minuti» disse la nonna, sgonfiando le loro speranze.

«Gomez, caro? Ho avuto un'idea meravigliosa!» risuonò la voce di Morticia dalla stanza accanto. Lo scambio di sguardi che intercorse tra gli altri parlò da sé.

«E allora assecondiamola» bofonchiò il marito, affrettandosi a raggiungerla. Entrare tutti insieme probabilmente era giusto un tantino sospetto, ma era troppo tardi per correggere quell'errore da dilettanti.

«Oh, benissimo, siete tutti qui. Voglio dare una festa!»

«Una festa?» A volte lo zio Fester era capace di illuminarsi più delle sue lampadine. Non fisicamente, non ancora, almeno, ma era un paragone che calzava a pennello. «Dai, forse non sarà così male...» aggiunse muovendo appena le labbra.

«Ma sì, per la bambina! È tradizione, no? Mano, ti dispiacerebbe scrivere gli inviti?» Quello spuntò da una delle sue numerose scatole, penna in resta. «Vediamo un po', dovrà venire la mamma, naturalmente, e poi anche Ofelia, e poi... mmm, questo genere di cose di solito è per sole donne, ma per il cugino Itt si farà uno strappo...»

«Finora non è un disastro» osò sussurrare Gomez, più a se stesso che agli altri. «Be', a parte Ofelia...» Si massaggiò il braccio al pensiero, già pronto a scommettere che se lo sarebbe slogato subendo una delle spettacolari mosse di arti marziali che erano la sua idea di un saluto.

«... ah, e poi la signora Magruder, la signora Digby, e spero che la signora Courtney possa farcela... le dirò di portarsi dietro il suo Robespierre, Pugsley ha proprio bisogno di un compagno di giochi...»

Un brivido collettivo percorse il gruppo. La casa sarebbe stata invasa dalle medaglie d'oro delle Olimpiadi del pettegolezzo! Era forse impazzita? Già l'idea di dare una festa per la nascitura prometteva cose terribili come palloncini e incessanti cinguettii di congratulazioni, ma almeno era attenuata dal fatto che fosse un pretesto per rivedere i parenti. Questo però era davvero, davvero troppo!

Ma non ci fu nulla da fare. Tutti gli inviti, dal primo all'ultimo, furono inviati, sia quelli graditi sia quelli che sarebbe stato meglio non scrivere affatto, e i sintomi di Morticia fecero rimpiangere a tutti la fase relativamente poco allarmante di quella mattina. Ignorò la sua adorata strangolatrice africana Cleopatra così a lungo che si scoprì con un certo stupore che perfino alle piante carnivore poteva brontolare lo stomaco, dovunque ce l'avessero. Fu sorpresa a ritagliare bamboline di carta assolutamente impeccabili, tutte rigorosamente identiche e prive di gambe o teste extra che nessuno sapeva come fossero saltate fuori e che rendevano la serie tanto più originale. Rifiutò con garbo il suo shamisen, dichiarando in tono insopportabilmente dolce che si era resa conto che la musica giapponese non andava molto d'accordo con le loro povere orecchie americane. Sempre a proposito di musica, pretese che Lurch si mettesse al clavicembalo e li torturasse tutti quanti con stucchevoli motivetti che, a suo dire, era il suo dovere di madre ascoltare e riascoltare fino a impararli perfettamente, per far addormentare la piccola in arrivo. Infine, colmo dei colmi, non ci fu verso di convincerla che le sue rose avevano un gran bisogno di essere tagliate un'altra volta, perché “erano carine così come stavano”, quindi si dovettero sorbire la presenza di quell'orrido pugno in un occhio finché Fester, ormai in preda a uno dei suoi famigerati mal di testa, ebbe la brillante idea di prenderle di peso e rivoltarle, cacciando le corolle nel vaso con gran soddisfazione. Nella stanza dei giochi, tutti si mostrarono particolarmente zelanti nel curarglielo a forza di olio di gomito, infilando la parte offesa nella sua amata pressa e alternandosi industriosi alla ruota fino a farlo passare con un sonoro pop e un gran sospiro di sollievo. Era un modo come un altro per ringraziare.

 

«Dormito bene, querida?» chiese Gomez, preparandosi al peggio.

«Oh, no!»

«Fammi capire: “oh, no” nel senso che hai dormito male?»

«“Oh, no” e basta, Gomez. Che mi è preso ieri? Quando la bambina nascerà avrà un bel po' di spiegazioni da darmi! Ah, a proposito, ho avuto un incubo assolutamente memorabile stanotte, caro, grazie».

«Sei di nuovo tu! Oh, Tish, finalmente si resp... ehm, volevo dire, è una buona notizia, significa che sei in salute».

«Dillo pure, devo essere stata insopportabile...»

«Va bene, sì, ma solo un pochino...»

«Oh, no!» ripeté Morticia. I ricordi della strana giornata appena passata le stavano piovendo addosso gradualmente, e non le piacevano affatto.

«Stavolta che c'è?»

«La festa! Annullarla sarebbe tremendamente maleducato. Finché si tratta di mia sorella passi, ma non oso pensare alle altre. Sarà un modo per mantenere rapporti di buon vicinato, immagino, ma non saprò che farmene dei regali. E poi... oh, Gomez, si aspetteranno una casa tutta decorata a tema. Con i palloncini. Che cosa ho fatto?»

«Ci inventeremo qualcosa».

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > La famiglia Addams / Vai alla pagina dell'autore: SimplyMe514