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Autore: fifi15    05/11/2007    5 recensioni
Breve one-shot su una delle coppie meglio conosciute del libro. Ambientata nel periodo natalizio del sesto anno dopo una lite tra Ron ed Hermione, scruta profondamente i sentimenti di questi due personaggi, riporta il loro rapporto analizzandolo da un punto di vista particolare, al caldo di una discussione, al freddo delle verità più intime di entrambi. Allora, saranno ancora dissipori o...no?
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ron

Mi era venuta un’idea e così ho buttato giù qualcosa. Vi lascio alla lettura!


Le vacanze natalizie erano agli esordi la sera in cui Harry, salito presto nel dormitorio comune, aveva deciso di dare una lucidata alla sua scopa. Quello era stato l’ultimo giorno di lezioni e i professori si erano molto impegnati nell’assegnare loro compiti da svolgere durante i giorni di festa. Piton ,in particolare, aveva ordinato alla classe di consegnare una relazione lunga oltre trenta centimetri su un argomento che non si era nemmeno dato pena di spiegare.
Ron ed Hermione erano rimasti in sala comune, l’uno a giocare con Dean alle magiche carte, ultimo dei giochi illegalmente portati dentro la scuola, l’altra ad accarezzare Grattastinchi leggendo un immenso tomo sulle più frequenti tecniche di avvelenamento tra grandi maghi della storia. Neville e Seamus erano andati via quello stesso pomeriggio. La nonna di Neville era venuta a prenderlo direttamente a scuola, intrattenendo una lunga e udibilissima discussione sui profitti scarsi del nipote con ogni professore riuscisse a bloccare prima che sparisse oltre le scale. Neville aveva trascorso quelle ore in un angolo, accanto al proprio bagaglio, con la testa china e le guance rosse. Infine, dopo quelle che erano parse settimane, la vecchia donna aveva afferrato il nipote per l’orecchio e, con la grande borsa al braccio, aveva oltrepassato con lui le porte della scuola. Seamus, subito dopo cena, era andato via con i genitori. Harry sarebbe rimasto ad Hogwarts per le vacanze e, quell’anno, anche Ron ed Hermione avrebbero fatto lo stesso. Glielo avevano riferito proferendo centinaia di scuse differenti, Hermione era arrivata addirittura a dire di dovere recuperare qualche lezione arretrata, ma Harry, più scocciato che altro, aveva loro detto che sapeva benissimo perché non sarebbero partiti. Dopo la morte di Sirius non gli era quasi più concesso rimanere solo per oltre un paio di ore. Pensavano forse che avrebbe potuto commettere una qualche azione inconsulta. In realtà ,Harry lo sapeva bene, ciò che tutti credevano era che fosse come una bomba ad orologeria: pronto a scoppiare da un momento all’altro. Aveva soltanto dovuto imparare a convivere con l’avere sempre qualcuno alle spalle o qualcun altro a chiedergli se fosse tutto a posto. Non era difficile, bastava avere pazienza e una certa dose di autocontrollo, doti che Harry aveva imparato ad affinare.
Così quella sera ,nel clima di generale sollievo che ogni vacanza portava inevitabilmente con sé, aveva deciso di dedicarsi qualche ora a ciò che gli era più caro e restare così un po’ da solo. Dopo aver declinato le offerte di compagnia degli amici, tra i due Ron si era mostrato particolarmente tenace, era riuscito a sgattaiolare di sopra e gettarsi sul proprio letto, godendosi quell’attimo di pace.
Scattò la mezzanotte nell’attimo stesso in cui si accinse a posare il kit di manutenzione per manici di scopa nel baule aperto ai piedi del proprio letto. Lo lasciò però dov’era ,aperto sul materasso, per potere godere ancora qualche attimo di quella visione, e, sbadigliando e chiedendosi che fine avessero fatto Ron e Dean, afferrò il pigiama a righe da sotto il cuscino e se lo infilò piano. Fu in quell’attimo che la porta del dormitorio si aprì e ne sbucò indefinita una massa di rosso, con movenze confuse e frenetiche. Ron, quasi non accorgendosi che c’era anche Harry all’in piedi vicino al proprio letto a osservare silenziosamente la scena, lanciò imperterrito un calcio al baule aperto dell’amico e, inconsultamente, imprecò a gran voce. Infine, dopo essersi placato, si sedette sul davanzale della finestra mentre le gocce prendevano ad incrostare lentamente i vetri trasparenti. Harry, incapace di formulare un pensiero logico o una frase qualsiasi, si sedette gettando le coperte ai piedi del materasso e rimboccandosele sulle gambe. Ron nel frattempo non accennò a muovere discussione così che Harry, sospirando rumorosamente per farsi ben udire dall’amico, si mise a giocherellare con una piuma trovata sul comodino. Annoiato incrociò infine le braccia sotto la testa enumerando le crepe del soffitto, le botte possenti del vento incalzante contro i muri della stanza, i grandi e sofferti respiri dell’altro. In realtà, non sapeva se aveva o meno voglia di chiedere lui cosa ci fosse che non andava. In quegli ultimi tempi, poi, Ron aveva avuto sempre qualcosa di cui lamentarsi, dal cibo che peggiorava ai professori che si incattivivano contro di lui. Harry lo ascoltava polemizzare senza muovere un muscolo, scostandosi ogni tanto da quei discorsi e seguendo il filo logico di qualche pensiero più interessante, annuendo con la testa e proferendo un “si, hai ragione” “ davvero, è proprio così, già…” nei momenti in cui l’amico sembrava aspettasse una conferma. Ma quella faccia, quei respiri che parevano sofferti all’inverosimile…gli davano proprio sui nervi.
Cercò di voltarsi dall’altra parte e chiudere gli occhi ma gli fu impossibile concentrarsi su altro allorchè Ron, ancora sospirando fremente, cominciò a parlare da solo, sottovoce. Stringendo forte la presa sul cuscino e serrando all’inverosimile le palpebre si voltò verso la finestra contro la quale il rosso, che ancora parlava da solo, si era seduto.
- Ron…che c’è?-
Ma Ron non rispose, neppure lo guardò. Come se nessuno avesse parlato continuò a contorcersi le mani e a divenire paonazzo di tanto in tanto. Harry, dopo aver atteso qualche secondo, si rimise sotto le coperte tirandosele sin sul mento.
- Lasciami dormire quantomeno-
- Vuoi davvero sapere cosa c’è che non va?! Lo vuoi sapere davvero?!-
Il tono di Ron si fece altero e arrivò a divenire stridulo all’apice della domanda. Harry, che avrebbe voluto rispondere che non gliene importava niente, annuì risistemandosi seduto e poggiando la testa al muro dietro di se. Quella serata era stata fin troppo perfetta per restare tale nei suoi ricordi.
- Ho litigato con Hermione, ecco cosa c’è che non va! Ti giuro che io non la sopporto, non la sopporto più!-
Ormai Ron urlava quasi e Harry, capendo quanto lunga sarebbe divenuta quella discussione, si sistemò comodo. Hermione…sempre la solita storia. A volte si chiedeva quando quei due l’avrebbero smessa di litigare, di punzecchiarsi, di offendersi reciprocamente per ogni seppur minima questione.
- Lei è insopportabile! E’ odiosa!-
- Lo so, ma mi chiedo perché te la prendi tanto. Lo sai anche tu come è fatta Hermione-
- No, guarda Harry, tu non puoi capire che cosa mi ha detto stasera…ha superato ogni limite-
- Peggio di dirti che un troll rimbambito sarebbe comunque più intelligente di te?-
- Peggio?! Questa le supera tutte, ma questa volta non la perdonerò tanto facilmente…lei e quel suo gattaccio!-

Il quadro della Signora Grassa si aprì lasciando entrare una piccola figura con dei lunghi capelli rossi. Ginny osservò la sala comune e si accorse che era deserta. D’altronde era piuttosto tardi, solo pochi minuti prima era suonata la mezzanotte. Cercando di non fare rumore si avanzò nella stanza osservando i libri e fogli di pergamena lasciati in giro, le carte gettate in terra, le poltrone riunite in piccoli crocchi. Il fuoco nel camino ardeva però ancora ardente e Ginny, sorridendo, si andò a sedere sulla poltrona più vicina a quello, protendendo le mani verso le fiamme rosse. Fu in quell’attimo che sentì dei singulti alle sue spalle. Si voltò di scatto, irrequieta.
- Chi…chi c’è?-
Chiese con appena un filo di voce, la mano già sulla bacchetta riposta sotto il maglione. Ma la figura che giunse alle sue spalle fu conosciuta sebbene trasfigurata dal pianto. La folta chioma scura di Hermione sbucò dall’oscurità e Grattastinchi, sornione, si andò a posizionare sul camino, stiracchiando le corte zampe.
- Hermione! Ma che ci fai qua? Io pensavo non ci fosse nessuno…e poi, perché piangi?!-
Hermione prese posto sul puff più vicino al camino e si soffiò rumorosamente il naso in un grande fazzoletto.
- Tu dovresti essere a letto,sai bene che il coprifuoco è alle dieci…!-
Nonostante tutto, pensò Ginny, Hermione era sempre Hermione. Anche in lacrime non smetteva di far rispettare le regole.
- Si, lo so, ho avuto un contrattempo. Ma adesso vuoi dirmi perché piangi?-
La bruna alzò gli occhi fissandoli sul gatto rosso che ormai si godeva il calduccio muovendo la coda all’in su.
- Tu…mi prenderai per una stupida…lo so…-
- No, non lo farò, promesso-
- Sicura?-
- Sicura…ora dimmelo, però-
- Va bene…- la risposta fu nasale e appena udibile ed Hermione, tirato fuori un altro fazzoletto da un grosso pacco magicamente comparso dal nulla, si asciugò il naso con fare rumoroso.
- Io ho litigato…con tuo fratello…-
Ginny corrucciò la fronte. Possibile che piangesse soltanto per quello? Ron ed Hermione litigavano almeno dieci volte al giorno ma mai l’aveva vista piangere per una cosa del genere. Era quantomeno ridicolo. Tentò comunque di affrontare l’argomento con cautela. Hermione, se infastidita, reagiva davvero male.
- Beh, non è una novità…-
- Stavolta è stato diverso…-
- Diverso? Perché? Di la verità, mio fratello ne ha sparata una delle sue, vero?! Io l’ho sempre detto che è un insensibile maleducato! Non capisco proprio da chi abbia preso, ha il tatto di un elefante! Ma appena lo vedo, giuro che…-
- No, sta tranquilla…non è stata colpa sua…non del tutto, almeno…-
Ginny voltò gli occhi nocciola e guardò l’altra. Sembrava più calma, adesso, e anche la sua voce aveva assunto un tono pacato e mite.
- Se non è stata colpa sua, allora…-
- Gli ho detto che preferirei cento volte avere grattastinchi come amico rispetto che lui…che non vale niente e che per me può andare al diavolo…-
Ginny ascoltò perplessa le parole dell’amica. Beh, effettivamente quelle non erano proprio le cose più gentili da dire, però ricordava anche scambi di battute peggiori tra quei due, e sentire quello non la sconcertava più di tanto.
- Scusa, forse non capisco io…ma non è una cosa tanto grave, no?-
- No, in effetti no, però…-
- Però…?-
- Aveva attaccato un’altra volta ad insultare Grattastinchi, enumerando le sue centinaia di stupide teorie secondo le quali il mio gatto lo detesta. Ho cercato di dirgli che non è vero, che è un paranoico, ma alla fine…non ce l’ho fatta più a stare zitta e lui ha rimbeccato urlando che l’unica persona capace di sopportarmi era Krum…allora io ho concluso col proferire che lui non sarà mai al suo livello, nonostante lo desideri…-
Ginny spalancò gli occhi.
- Così…tu gli hai detto questo?-
E la sua voce assunse una cadenza divertita. Hermione la guardò in tralice. Non era divertente, affatto.
- Si, sapevo che se la sarebbe presa…-
- E ha funzionato?-
Un ghigno attraversò il viso della rossa. Era sbagliato ridersela, lo sapeva bene, ma ormai le liti tra suo fratello ed Hermione erano tanto frequenti da non suscitare altre reazioni. E il motivo per cui la bruna stesse piangendo non era difficile da immaginare: si sentiva semplicemente in colpa perché, nonostante dicessero sempre di non sopportarsi, era tutt’altro ciò che provavano. Ci stavano sempre peggio, soffrivano ogni volta di più dopo aver litigato e Ginny si interrogava sul perché non si decidessero a capire.
- Fin troppo bene, credimi…-
Rispose infine Hermione prendendo un lungo respiro.

 
-… pensa di sapere sempre tutto di tutti, pensa che ogni cosa le è dovuta e che nessuno potrebbe mai competere con lei! Vuole sempre mettersi in prima fila, essere al centro dell’attenzione! Non sta mai un attimo zitta e vuole avere l’ultima parola in ogni discussione! Osserva ogni persona dall’alto in basso come venisse da un altro pianeta, ha sempre qualcosa da ridire su ognuno e se le piace che fai una cosa in un certo modo e non lo fai allora per lei puoi anche sparire dalla circolazione!-
Harry ascoltava quella strafila di commenti ormai da dieci minuti. In realtà non credeva di stare ascoltando nulla che non aveva già sentito qualche altra volta. Era sempre così, ogni qualvolta litigavano quei due…finiva che Ron sproloquiasse un’ora su tutti i difetti di Hermione prima di accordarle il suo perdono. Anche quando capitava fosse in torto, e succedeva certamente più spesso.
- Ma questa volta non gliela faccio passare così alla buona! Stavolta non riuscirà a corrompermi, non sia mai detto! Gliela faccio vedere io, le faccio capire una volta per tutte che sono una persona e pertanto deve trattarmi come chiunque altro! Come trattava quella sottospecie di scimmione muto!-
Ron gettò pesantemente dalla bocca il fiato che si condensò in una nuvoletta davanti i suoi occhi.
- Non dovresti prendertela tanto…non capisco neppure perché litighiate tanto spesso, in realtà…e poi, chi sarebbe lo scimmione muto?!-
- Chi, secondo te?! Quella mummia di Krum!-
Harry scosse la testa, sull’orlo della disperazione. Krum era un altro degli argomenti preferiti dai suoi amici. 
- A volte sembra che lo facciate apposta, come se cercaste pretesti sempre diversi per punzecchiarvi…-
- Io non cerco dei pretesti, è lei che lo fa. Ogni cosa che faccio, ogni cosa che dico… sempre tutto sbagliato. Non potrò mai competere con lui, non potrò mai essere al suo livello…è così che la pensa!-
Il tono del ragazzo si fece d’un tratto amaro e affranto. Harry non avverti la cadenza mutare perché, ormai, stava scivolando nel sonno. Ma Ron, convinto che l’altro lo ascoltasse ancora, continuò.
- Forse sono davvero io ad essere sbagliato. È vero, so benissimo di non essere intelligente o arguto come lei, però…chi lo è, in fondo? E’ difficile competere con Hermione, lei è la migliore in tutto. Mi piacerebbe solo che si accorgesse che io…che io non sono poi tanto stupido, ecco…e che sono molto meglio di Krum-

 
-… perché a volte mi chiedo se faccia lo stupido apposta! Non riesco a capirlo, non so, è come se parlassimo lingue differenti, come se vivessimo su pianeti diversi. E se lo tratto male non è per cattiveria, davvero, ma solo perché non riesco a parlargli in nessun altro modo. Con tutti gli altri non mi succede, ma con lui…è come se non trovassi altre parole per dirgli ciò che desidero se non quelle più cattive!-
Ginny accarezzò il folto pelo di Grattastinchi che, annoiato, si era appollaiato sulle sue gambe. Il fuoco del camino si era già un po’ estinto, ma ardeva ancora forte e luminoso.
- Anche stasera, io volevo solo intrattenere con lui una discussione normalissima, ma deve sempre complicare tutto! Se avesse voluto avremmo potuto chiacchierare senza problemi, e invece come al solito ha dovuto rovinare ogni cosa dicendomi di Grattastinchi, di tutte le congiure architettate alle sue spalle e del fatto che a me non importi nulla se un giorno morirà per colpa del mio gatto…ma è solo un gatto! Non capisce niente, non capisce…-
Hermione sospirò a lungo e profondamente. Ginny sorrise senza farsi notare dall’altra. Era da un pezzo che quei due facevano in quel modo, e non era difficile comprenderne il motivo. Chissà se e quando si sarebbero trovati.
- Vorrei solo, per una volta, riuscire a parlargli come faccio con tutti gli altri. Ma lui è Ron, il re dei re, e nessuno può dirgli come fare una cosa, non sia mai! Il suo orgoglio supera ogni altra cosa, sul serio…non ascolta ragioni né riesce a vedere oltre il suo naso. Se solo provasse a farlo, si accorgerebbe che a me importa della sua vita, e che non penso affatto sia peggio di Krum-
- Non credi che anche il tuo orgoglio superi molte cose?-
La bruna la guardò meravigliata.
- Che intendi dire?-
- Beh, l’orgoglio può fare del bene, spesso è così, però capita anche che ci offuschi la vista. Ad esempio, non ci fa capire come in realtà siano forti e diversi da quelli che pensiamo noi i sentimenti versi qualcuno…-

 
-… chissà se un giorno riuscirò a dimostrarle quanto valgo, perché io valgo, lo so, è solo che con lei…mi sento una mezza cartuccia. Continuamente sotto esame-
Un tuono rombò facendo tremare il vetro e Ron, gli occhi sul pavimento, li alzò per assistere allo spettacolo che la finestra intarsiata di pioggia gli offriva.

 
-… penso dovresti guardare più a fondo nel tuo cuore e chiederti il vero motivo di ciò che ti accade quando sei con Ron. Sono sicura che ti accorgerai di cose inaspettate. Buonanotte, Hermione, e pensaci-
Rimasta sola con Grattastinchi, che si appisolò sul tappeto sotto i suoi piedi, Hermione si alzò dal puff e si avvicinò alla vetrata. Fuori pioveva e riusciva a sentire, in lontananza, i rumori dei tuoni. Poggiò la fronte al freddo vetro e socchiuse gli occhi.
Ron…
Perché tutto con lui appariva tanto complicato? Perché?! Perché quando si poggiava alla sua spalla in cerca di conforto trovava molte più cose, molte più emozioni di quelle che riuscisse a controllare? Perché ogni suo sorriso, ogni sua seppur ebete espressione la facevano in fondo felice? Perchè non riusciva a non pensarci, a scordarlo, a rinnegare la risposta ad ogni suo interrogativo?
E lui c’era, lo conosceva da sei anni, ormai, ma non capiva, non capiva… sapeva, purtroppo, che se un giorno non ci fosse più stato nella sua vita, se non l’avesse più fatta andare su tutte le furie come faceva, non sarebbe stato lo stesso.  Diceva di essergli solo amica, a volte diceva di sopportarlo per forza maggiore, quella sera gli aveva urlato che non sarebbe mai stato al suo livello, che avrebbe preferito scambiarlo con uno stupido gatto…
Era cresciuta con lui ed Harry, insieme avevano oltrepassato difficoltà inaudite, avevano litigato, si erano riappacificati. Erano i suoi migliori amici.
O, quantomeno, Harry era un suo amico. Non lo aveva mai detto a nessuno, neppure a Ginny, ma lei sapeva, ne era più che cosciente... mentiva ad ognuno perchè ammetterlo sarebbe stato stupido, e ciò che ne avrebbe ricavato sarebbe stato il nulla. E, ogni giorno, si scontrava col dolore che quella decisione comportava.
Sospirando si protese e afferrò da un angolo una busta. Ne uscirono due pacchetti di uguale forma e colore. La ragazza, guardandosi intorno, ne aprì uno. Chiuse allora gli occhi, si concentrò a fondo e, infine, osservando il pacchetto, lesse.

 ***

La amava. Sapeva benissimo di amarla da chissà quanto tempo. Ma lei non se ne accorgeva e, in ogni caso, anche se se ne fosse accorta, nulla sarebbe cambiato. Lei era troppo per uno come lui, Hermione era troppo. Meritava di più  e, come quella sera gli aveva ribadito, non era alla sua altezza. Comprendeva benissimo di non poter essere alla sua altezza, lo accettava e restava in silenzio ogniqualvolta lei glielo diceva. La verità era che non aveva nulla da ribattere, perché la amava ma sapeva benissimo non avrebbe mai potuto averla. Amava un sogno, l’idea che aveva di Hermione. E lei, che pure camminava a un passo da lui, non se ne rendeva conto. Non lo aveva mai detto ad Harry, né lo avrebbe mai fatto. Lui non avrebbe capito, forse lo avrebbe preso in giro, forse gli avrebbe detto di lasciar perdere. Ma quello poteva farlo benissimo senza che Harry glielo venisse a suggerire. Lo stava in fondo già facendo. Perché litigare era l’unico modo che aveva di sentirsi qualcuno in sua presenza, l’unica maniera che aveva di starle vicino. Perché ogni volta che la vedeva ridere, che la vedeva sfiorare Harry, baciarlo seppure nel modo più ingenuo che esistesse, gli si contorcevano le viscere. Perché era sua, avrebbe voluto gridare al mondo, sua, sua, sua…ma in realtà di Hermione nulla aveva se non quelle parole spregevoli che lei gli indirizzava in ogni loro lite. Avrebbe semplicemente rimosso quel sentimento dal suo cuore, dalla sua testa. Avrebbe fatto finta di nulla, come sempre. L’avrebbe sfiorata quando lei gli si avvicinava, l’avrebbe abbracciata quando lei ne aveva bisogno. Sarebbero state rari ed effimeri momenti, ma sarebbero stati tutto ciò che per sempre di lei avrebbe posseduto e conservato. L’avrebbe guardata ad un palmo di cielo per vederla con qualcun altro, e avrebbe maledetto quelle mani che potevano toccarla, quegli occhi che potevano guardarla proprio come in ogni momento aveva maledetto Krum. Perché lui nulla era, nulla rappresentava se non un suo amico. Forse caro, forse insignificante, ma questo a Ron non importava. La cosa che contava era che Hermione era e sarebbe sempre stato tutto quello che di più bello ed impossibile avrebbe sognato di possedere. Si alzò dal davanzale della finestra e, convinto che non sarebbe riuscito a prendere sonno, uscì dal dormitorio comune, lasciando Harry e Dean, salito poco prima, intenti nei loro sogni. Scendendo le scale vide baluginante il fuoco che ardeva ancora nel camino. Attraversò veloce la distanza che mancava a raggiungere quel calore necessario e si bloccò allora, pietrificato. Hermione era distesa sul divano, i capelli come una confusa massa attorno al viso, la giacca aperta sul davanti, le labbra indifese ed esposte. Ron mosse incerto un altro passo nella sua direzione e, senza pensarci, si andò a inginocchiare dinanzi a lei. Ma lei dormiva, ed era bellissima, e quel fuoco creava sulla sua pelle mille increspature, e mai se ne sarebbe andato. Avrebbe passato forse l’intera sua vita in quel modo, a guardarla dormire, vicina e possibile persino a uno come lui, nel silenzio che avvolgeva in quell’attimo il suo desiderio ancora imberbe. Sentiva il proprio cuore battere, e afferrò titubante una delle mani di Hermione. Lei non se ne accorse neppure. Ron strinse la sua pelle bianca tra le mani a coppa e si sentì immediatamente pervadere l’intero corpo da un senso di beatitudine e perfezione a lui estraneo. Lui che nella vita non aveva mai posseduto nulla, che mai aveva potuto vantare qualcosa di proprio, che aveva sempre preso e avuto dagli altri, adesso poteva dire di avere lei. In quell’attimo aveva Hermione, ed era la cosa più bella potesse desiderare. Si chinò, allora, per completare quel senso di appartenenza, per fare ciò che mai più avrebbe potuto. Sfiorò le sue labbra e sentì che tutto ciò di cui aveva bisogno per andare avanti era lei. Era Hermione. Era quella sensazione che lei gli donava. Mantenne vivo quel caldo contatto per ancora qualche attimo, intento a tenerla per sé il più possibile. Se non avesse potuto mai più possederla, quel momento doveva quantomeno essere infinito nei suoi ricordi. Si accinse infine a distaccare le labbra da quelle della ragazza, a rompere quel magico istante, conscio che mai più, mai più...sarebbero semplicemente stati. Ed Hermione sempre a un passo da lui.
Ciò che Ron mai si sarebbe aspettato e che nei suoi futuri ricordi sarebbe sempre apparso come un qualcosa di impossibile anche solo da pensare accadde quando, già a pochi millimetri dalle labbra di Hermione, una piccola mano gli si intrufolò tra i capelli e lo attirò di nuovo a sé. Spalancò gli occhi, allora, e rimase fermo. Il bacio si rese vivo, concreto, ed Hermione si issò a sedere tenendo i suoi capelli stretti tra le dita.

***

Fu però un attimo, prima che ogni cosa svanisse. Hermione con un leggero movimento della bacchetta dissipò la nuvoletta dentro la quale tutto quello aveva preso vita. “Nuvole dolci sogni” le avevano chiamate i fratelli Weasley, e lei, un po’ per curiosità un po’ per rimprovero, ne aveva prese un paio. Ma solo quella sera, dopo la lite con Ron, dopo le parole di Ginny, aveva deciso di usarne una. Bastava pensare intensamente a qualcosa, a qualcuno, pronunciare infine una breve frase riportata sulla confezione, e il sogno prendeva vita da solo. E lei aveva sognato Ron, aveva sognato ciò che desiderava lui pensasse di lei, ciò che desiderava, forse, diventasse realtà. Ma sapeva bene sarebbe rimasto tutto un dolce sogno ancora a lungo. Si alzò dal divano e raccolse le proprie cose. Infine, lanciando un’ultima occhiata alla scala che conduceva al dormitorio maschile, si chiese se stesse dormendo. Un sorriso dolce si allargò sulle sue labbra a quel pensiero, perché era tenero, perché era Ron…
Ci sarebbe stato tempo, ci sarebbe stata occasione. Lo sapeva, bastava avere pazienza. Aveva aspettato così tanto che, ormai, qualche giorno in più non faceva di certo la differenza. Lo aveva aspettato rifiutando persino Krum, perché non sarebbe riuscito ad amarlo come lui meritava. Non ce l’avrebbe fatta perché sapeva di amare qualcun altro, qualcuno che però doveva ancora crescere. 
Ci avrebbe messo un mese, forse un anno, forse una vita... ma, prima o poi, sarebbe stato pronto. E quel giorno Hermione lo avrebbe atteso con un sorriso in faccia, con una battuta pronta, con la solida convinzione che nulla li avrebbe divisi. 
Solo in quel momento avrebbe realizzato il suo dolce, dolce sogno.
 

 
Questo è ciò che sono riuscita a scrivere...allora, cosa ne pensate? Mi piacerebbe confrontarmi con le vostre idee e ricevere consigli per migliorarmi, o, semplicemente, leggere le vostre opinioni! Recensite in molti, mi raccomando, un bacio

Fifi

 

 

 

 

  
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