Era da tanto che Liam non vedeva Zayn.
Aveva smesso di contare i giorni e le ore e i minuti solo quando aveva preso la poco saggia decisione di affogare il dolore nell'alcol e aveva perso la cognizione del tempo. Era il solo modo per non fissarsi su quanto gli mancasse e sul fatto che non riuscisse a respirare senza averlo vicino a sé durante i concerti, senza poter scambiare occhiate con lui durante le interviste, senza respirare il suo profumo ogni volta che ne aveva voglia, o bisogno, senza sentire il calore della sua pelle ogni notte.
Era da tanto che non lo vedeva, e di certo non avrebbe immaginato di incontrarlo un pigro sabato pomeriggio in una libreria semideserta, mentre cercava un manuale di cucina da regalare a sua sorella per scherzo.
«Liam» aveva detto semplicemente, toccandolo leggermente sulla spalla con una mano e facendolo voltare verso di lui. Gli sorrideva. Liam ci mise qualche secondo a capire che, sì, era effettivamente possibile che Zayn fosse lì, davanti a lui.
Il suo ciuffo una volta striato biondo era stato sostituito da un'acconciatura più semplice e decorosa, fu la prima cosa che notò Liam. Il sorriso era più misurato ora, più sereno e consapevole, ma vederlo sul suo viso era sempre un pugno nello stomaco per Liam. Sembrava meno nervoso, e Liam ricordò come prima tenesse sempre tra le dita sottili una sigaretta che fumava velocemente, come se così gli facesse meno male. Rideva, quando lui gli diceva di smettere e poi lo baciava con quella bocca che sapeva di fumo, cosa che, ma Liam non l’avrebbe mai ammesso, adorava. Adesso invece tra le mani stringeva un libro che sembrava pesante, “Letteratura Inglese del settecento”, sbirciò Liam non appena riuscì a staccare lo sguardo da lui. Di sicuro aveva ormai smesso di fumare. I suoi occhi, dietro le lenti di un paio di occhiali da vista dalla spessa montatura nera, invece, erano gli stessi di una volta: caldi di un calore leggermente infantile, luminosi, allarmantemente belli. L’aveva chiamato per nome e gli sorrideva come se non si vedessero dal giorno prima, come se l’ultima volta non fosse stata quella volta.
***
«Liam…» aveva quasi urlato, perché voleva che lo
ascoltasse, perché aveva bisogno che
capisse bene quello che gli stava dicendo. Nella sua voce non c’era traccia
della dolcezza che ogni tanto spuntava nel suo tono solo quando parlava con
lui, sotto mille strati di durezza e freddezza. Nella sua voce non c’era
speranza, solo dolore. Nella sua voce non c’era già più niente di loro due. Il
viso di Zayn era solcato da lacrime copiose. Le dita affusolate, che
stringevano con troppa forza una sigaretta accesa che non aveva intenzione di fumare,
tremavano visibilmente. Liam non l’aveva mai visto così e per qualche secondo
si era chiesto, attonito, se era possibile che fosse stato davvero lui a
causare quel suo stato. Si era maledetto per questo.
Ma aveva già preso la
sua decisione, Zayn, e Liam non aveva potuto far altro che annuire con gli
occhi vuoti e le mani che tremavano nascoste in tasca, mentre gli sentiva dire
che così non andava, che non potevano continuare. Seduto a un tavolino di
fronte a lui fuori da quel bar, non aveva detto una parola. L’aveva guardato
piangere, mangiarsi le parole per la rabbia, sbattere i pugni sul fragile
tavolino, insultarlo e insultarsi, perché come due stupidi non avevano capito
che non si poteva, che due ragazzi in una boyband non potevano stare insieme. Era
troppo difficile, aveva detto con voce spezzata, era impossibile. Lui non ce la faceva, aveva ammesso poi
imbarazzato, addolorato, con gli occhi che imploravano pietà, che reclamavano
una pausa da tutto quella sofferenza. Liam l’aveva osservato senza espressione
dire tutte quelle cose che nella sua testa avevano un senso, ma non nel suo
cuore; e alla fine l’aveva guardato alzarsi in fretta, prima di poter cambiare
idea, e andare via senza voltarsi, il viso nascosto dal cappuccio della felpa
nera con i lacci bianchi, la sua preferita. Quella su cui Liam qualche volta
respirava forte, perché era ormai impregnata del suo profumo, del profumo del
ragazzo che amava.
Non aveva pianto, e
per circa un’ora era rimasto seduto nella stessa posizione in cui l’altro l’aveva
lasciato, davanti a lui solo una tazza di tè che andava piano piano
raffreddandosi, intatta. La giovane cameriera bionda che l’aveva servito non
aveva avuto il cuore di mandarlo via, né di rivolgergli la parola: aveva visto
tanti cuori spezzati e sapeva riconoscerne uno.
Liam non aveva pianto
finché Harry non era passato di lì per un caso assurdo e, notando che era solo
e chiaramente sconvolto, si era fermato e gli aveva chiesto cosa fosse
successo. Vedendo lo sguardo perso dell’amico, poi, l’aveva semplicemente
abbracciato. Solo a quel punto, Liam, non appena l’altro l’aveva stretto tra le
braccia, era scoppiato in singhiozzi sempre più forti, che gli scuotevano tutto
il corpo.
***
E ora Zayn era lì, davanti a lui, in carne e ossa, con quel suo sorriso sereno e strafottente, a prendersi gioco di lui e di quanto aveva sofferto. Perché Liam avrebbe affrontato tutto, cazzo, tutto pur di stare con lui; e invece lui si era arreso subito a causa di qualche stupido articolo di giornale su di loro e di qualche fan ancora più stupido che aveva avuto il coraggio di criticare la loro relazione. Liam si era convinto che il ragazzo non l’amasse come lui lo amava, si era convinto di non essere abbastanza per lui, aveva ripercorso con la memoria ogni momento, cercando di capire dove avesse sbagliato. Aveva sperato per molto tempo che Zayn chiamasse e gli dicesse che era stato un errore, uno scherzo, un attimo di smarrimento, ma non era successo. Era sparito dalla sua vita, e da allora tutto era andato a rotoli: la band, la sua vita, il suo cuore…
Per molto tempo era stato arrabbiato con tutti, di certo con Zayn, ma soprattutto con se stesso: per non aver saputo gestire la situazione, per non aver detto niente quel giorno, per averlo lasciato andar via. Da poco Liam aveva ritrovato una sorta di equilibrio, anche se, letteralmente, portava ancora i segni della rottura. Si era fatto tatuare la frase “they don’t know about us” sul polso, di modo da poterla sempre avere davanti agli occhi, ben visibile, per non permettere al dolore di portargli via tutto e per ricordarsi sempre che niente è impossibile, se lo si vuole.
Tuttavia, quel giorno, in quella polverosa libreria, Liam si rese conto che ogni volta che Zayn pronunciava il suo nome era ancora una tortura, com’era sempre stato. Non poteva farci niente, gli si attorcigliava qualcosa dentro quando gli occhi di lui si illuminavano mentre pronunciava quelle quattro lettere. Lo diceva come se lui fosse l’unico, come se credesse che lo sarebbe stato per sempre. Il suo nome in bocca a lui era qualcosa di ultraterreno, qualcosa a cui, davvero, davvero, non poteva resistere.
La seconda volta che l’aveva sentito ancora pronunciare il suo nome quel giorno, «…Liam…», era stata quasi in un sospiro soffocato, mentre Zayn, dopo averlo spinto maldestramente contro uno scaffale nel retro della libreria, quello dei libri rosa, lo baciava con urgenza malcelata.
N.d.Summer
Ugh. No dico, ugh. Questi
due non ne fanno una giusta, vero? Ma dai che lo sapevate che finiva così, ditelo…
E poi con quel titolo, insomma…
Dunque, ho creato una
serie, So read
your books, but
stay out late some nights, e ci ho messo questa storia e Somewhere I have never traveled , che è una Larry di cui sono mooooooolto fiera,
perché in qualche modo sono entrambe ambientate in luoghi dove ci sono libri,
lol, vabbè. Quindi ora manca solo Niall, peccato che non lo posso più
accoppiare con nessuno perché sono dispari, penserò a qualcosa su di lui… da
solo. Non pensate male! Io intendevo tipo lui che mangia un panino mentre legge
un libro, cose così.
Non so perché metto sempre
Harry a consolare Liam, sarà perché Niall RIDE e Louis è già occupato con Numero
sbagliato.
Per chi non lo sapesse,
ultimamente ho scritto anche una collezione infinita di Ziam:
Delirious
Zayn ha l'influenza e come tutti gli uomini
malati è una piaga sociale. Anzi, Zayn malato è più una calamità naturale che
coinvolge chiunque non sia così furbo da scappare lontano a gambe levate dopo
il primo starnuto. Harry, Louis e Niall sono così furbi.
Liam no. Ma, restandogli accanto e accudendolo, il ragazzo
scoprirà un segreto che potrebbe cambiare la vita a entrambi...
Because I
love him
Zayn non ci pensa un secondo, stringe la mano
destra finché le nocche non gli si sbiancano, finché le unghie non si
conficcano nella pelle tenera del palmo. Entra nell'appartamento senza troppe
cerimonie e come una furia afferra il colletto della polo del ragazzo e la
stringe, sollevandolo un po’ da terra. Lo spinge contro il muro e gli avvicina
il viso all'orecchio, sussurrandogli: «Non voglio mai più vedere la tua faccia
da stronzo, hai capito?».
Colorblind
Zayn è daltonico, ma a volte ripetersi i colori
degli oggetti lo aiuta a stare più tranquillo.
Disclaimer: non ho idea se esista un daltonismo come quello
che ho immaginato in questa storia, prendetela come una licenza poetica (o
fanfictionistica).
Tattoo
Zayn ha un nuovo tatuaggio.
[Non ci crederete ma è stata scritta esattamente il giorno
prima che il suddetto si facesse il nuovo tatuaggio, quello sul petto]
Dai, non era poi così
infinita :P Baci