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Autore: clo_smile    17/04/2013    3 recensioni
... Malocchio puntò il dito su una persona nella foto che raffigurava L'Ordine della Fenice originario, intimando agli altri maghi e streghe raffigurati in questa di spostarsi. Poi guardò Harry con l'occhio sano, mente l'altro vagava per la stanza, soffermandosi più volte su Sirius.
-Questa è Dorcas Meadowes... Voldemort la uccise personalmente...
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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VOLDEMORT KILLED HER PERSONALLY

Ci sono giorni in cui le sensazioni ti salgono al petto, imprecise, soffocanti, formando un nodo alla gola che ti rende incapace di respirare. Per Dorcas Meadowes era uno di quei giorni.
Si era svegliata la mattina, sudata e scarmigliata, vittima di incubi che non ricordava e che colpivano lei e gli altri componenti dell’Ordine della Fenice: incubi di morte, dolore e disperazione.
Si era alzata e dopo un rapida doccia si era preparata il caffè, come ogni mattina. Per Dorcas la routine era importante. Fare le stesse cosa con precisione metodologica le permetteva di pensare liberamente mentre le faceva. E di pensieri , Dorcas, ne aveva veramente tanti.
A soli vent’anni, da poco uscita da Hogwarts, era una delle streghe più in vista dell’Ordine della Fenice di cui era diventata membro appena terminati gli studi, assieme a coloro che l’avevano accompagnata nei sette anni di scuola: Marlene McKinnon, Peter Minus, Remus Lupin, Lily Evans, James Potter, Alice Prewett , Frank Paciock. E Sirius Black . Lily e James assieme a Frank ed Alice si erano sposati appena terminata la scuola, troppo innamorati e in lotta con il presente per attendere. Erano tutti membri dell’Ordine, ed ognuno di loro aveva la propria lista di imprese compiute, e Dorcas non faceva eccezione, anzi. Testarda e abile era un vero incubo per i Mangiamorte, che spesso non uscivano illesi dagli scontri contro lei e il suo compare, Sirius.
Lei, Sirius. Una coppia strampalata, dominata da eccessi di ira e gioia, amore e odio, frustrazione e serenità, ma un coppia che sin dai tempi della scuola funzionava bene, come i meccanismi di un orologio. Attacchi efficaci e precisi, i loro. Studiati bene, nei minimi particolari.
Bevve il caffè bollente, sperando che quel calore le sciogliesse il nodo pesante che si era formato all’altezza del cuore. Erano ansia, fermento,eccitazione,timore, sensazioni non definite, ma che la stavano sovraccaricando. Sensazioni non definite che le trasmettevano un senso di negatività soverchiante. 
Per tutta la mattinata si occupò dei mestieri domestici, per tenere la mente impegnata, per non focalizzarsi sulle sensazioni.
“ansia, solo ansia” si diceva. “ultimamente l’Ordine ha perso colpi. Sei solo in ansia … è da un po’ che non senti gli altri e sei preoccupata. Ma stanno tutti bene, te l’ha detto Silente, nell’ultima lettera. E anche Sirius. Stanno tutti bene. Stanchi ma vivi. Questo è l’importante.
Dopo un rapido pranzo si sedette sulla comoda poltrona del salotto e presa una pergamena, una piuma e dell’inchiostro viola, prese a scrivere.
“Caro Felpato,
mi sono svegliata con una sensazione talmente opprimente che faccio quasi fatica a respirare. È tutto apposto vero? State tutti bene? io, qui in isolamento mi sento tremendamente sola. La casetta in campagna è si tranquilla e sicura, anche troppo, per i miei gusti!!
Ti prego, appena sei libero, passa a trovarmi. Mi sento così sola qui, e mi annoio. Per Godric, muoio dalla voglia di fare quattro chiacchere con qualcuno. E in più mi manchi. Quindi muovi le chiappe e vieni a trovarmi Felpato! Manda un grosso bacio a Ramoso e alla Evans e di loro che non vedo l’ora di conoscere il nuovo Potter … e dimenticavo! Anche il nuovo Paciock! Quindi salutami anche Frank ed Alice. E Lunastorta. E Codaliscia. E Marlene, se li senti.
E manda a tutti un grosso bacio ed un abbraccio. Di loro che gli voglio un sacco di bene. e infine mando un grosso, grosso bacio a te, Felpato che mi manche tanto. Ti voglio Bene, cagnaccio.
Tua Dorcas”

Attese che la lettera fosse asciutta e la arrotolò, la legò alla zampa del suo gufo reale e lo portò alla finestra. Lo guardò negli occhi -portalo a Sirius. Poi spalancò la finestra e lo lanciò, facendogli spiccare il volo, urlandogli di andare. Lo guardò allontanarsi finché non divenne un puntino nel cielo e richiuse la finestra, e le tende.
Si sedette sulla poltrona, intenzionata a leggere un romanzo Babbano che le aveva consigliato Lily, ma non fece in tempo a prendere in mano il libro, il Signore degli Anelli, che si appisolò rannicchiata sulla poltrona.

“Era in un corridoio, buio stretto. Non sapeva dire dove fosse, e nemmeno come ci fosse arrivata … sapeva solo che stava scappando, che DOVEVA scappare e che era braccate. Cominciò a sentire voci fredde, metalliche terribili che la chiamavano. Sentì qualcosa strisciare ai suoi piedi e appena abbassò lo sguardo vide un enorme serpante verde dalle fauci spalancate. La bestia la squadrò con quegli occhietti neri, maligni e crudeli, poi si diede una spinta e la azzannò il collo. Dorcas di sentì morire, sentì l’orrendo animale avvinghiarsi a lei in una stretta mortale, che le torse la forza di resistere, di lottare. E mentre moriva, di sottofondo,assieme alle voci agghiaccianti che gridavano il suo nome, sentì un gelida risata che divertita accompagnava la sua fine”

Dorcas si svegliò ansimando, l’eco dell’orribile risata le rimbombava nella mente, la sensazione di terrore che le attanagliava le viscere salì a raggiungere il macigno che già le appesantiva il petto.
Sei era fatto buio. Guardò l’orologio che aveva al polso, sgranchiendosi il collo. Sgranò gli occhi, sorpresa: aveva dormito l’intero pomeriggio.
Si alzò dalla poltrona, totalmente indolenzita e zoppicò fino alla cucina, sciogliendo i muscoli. Si preparò un panino, giusto per chiudere il buco allo stomaco che sentiva, sebbene sospettasse che non avesse niente a che vedere con la fame. Fece il solito giro di tutta la casa, bacchetta sfoderata, ripetendo, come ogni sera gli incantesimo protettivi. L’intensità del grumo di sensazioni sul petto cresceva minuto dopo minuto, fiaccandola. Si sedette nuovamente sulla poltrona, ed accese il camino.
Cominciò ad analizzare le sensazioni di cui era vittima, giocherellando con la bacchette, trasfigurando il fermacarte davanti a lei in una colomba e viceversa, senza badare realmente a quello che faceva. Poi, improvvisamente, le sensazioni che le appesantivano il petto si fecero opprimenti, comunicandole un senso di urgenza, di fretta , di PERICOLO.
In un solo istante Dorcas spense il fuoco nel camino e qualunque altra forma di illuminazione in casa, e si gettò in un angolino della stanza nascosta tra il muro e il divano, la bacchetta pronta a colpire, il respiro appena affrettato che si impose di regolarizzare. Qualche secondo di silenzio poi la porta di ingresso saltò via, spinta verso l’interno da una forza invisibile. 
Dorcas non riuscì ad evitare di tremare. Lanciò su se stessa un incantesimo di disillusione, facendosi piccola piccola nel suo nascondiglio. Si sforzò di dominare il fiume di emozioni che la travolgeva, facendo prevalere la ragione e la lucidità, cosa di cui aveva assolutamente bisogno in quel momento. Inspirò ed espirò profondamente, senza fare il minimo rumore, sentendo avanzare qualcuno. Chiuse gli occhi. Contò i passi che avanzavano sul parquet. Erano tre Mangiamorte.
“ok, sono tre. Li hai già affrontati tre Mangiamorte, e ne sei uscita quasi del tutto indenne, c’è la farai anche questa volta”
“si, ma non ero da sola, ero con Sirius” le ricordò l’antipatica e pessimista vocina nella sua testa
“ stavolta Sirius non c’è. Ci sono io, sola, e devo farmi valere, se voglio che ci possa essere un domani” pensò torva, rivolta alla vocina “ quindi, zitta e lasciami pensare!”
Dorcas aveva imparato a rispettare la paura, a conoscerla e a considerarla sua compagna, in modo da non farsi dominare da lei. Quella sera sentiva il freddo fiato della paura alitarle sul collo, tagliente e secco come la lama di una scure, ma si limitò a considerarla limitatamente: se si fosse fatta dominare, sarebbe stata la fine. I tre uomini, perché sicuramente erano uomini a giudicare dai pesanti passi, cominciarono a girare per la casa, cercandola. Dorcas si fece ancora più piccola, ragionando freneticamente. Due dei tre uomini salirono al piano superiore, mentre il terzo gironzolava per il salotto. Dorcas uscì appena dal suo nascondiglio, puntando la bacchetta verso l’uomo. - silencio!”appena l’incantesimo colpì l’uomo, rapida ne lanciò un altro - pietrificus totalus!. L’uomo cadde sul divano, che attutì il rumore. Delle funi, sbucate dal nulla lo legarono. Poi appellò la bacchetta e la nascose sotto il divano. 
Sentì gli altri due scendere le scale, -
-ehi, hai trovato qualcosa giù? Sopra non c’è quella strega è …
Dalla bacchetta di Dorcas, che era ancora nascosta, partì un lampo di luce rossa che colpì il secondo uomo in pieno petto, facendolo ruzzolare giù per la scala.
-maledetta!!
“Nott” pensò Dorcas.
Sentì l’uomo avvicinarsi. Un passo, un altro passo. Era sempre più vicino.
Dorcas respirò profondamente, poi si sporse.
-expelliarmus! la bacchetta del Mangiamorte volò via.
- brutta maledetta! Vide l’uomo alzare la manica, rendendo visibile il proprio Marchio Nero.
- Impedimenta! L’uomo si bloccò. Dorcas lo colpì con uno schiantesimo in pieno petto.
- salva … mormorò Dorcas.
Appellò le bacchette dei due Mangiamorte e le nascose sotto il divano. 
Puntò la bacchetta sui tre corpi immobili e li sollevò per poi farli librare verso lo sgabuzzino delle scope. Li legò con delle corde, per sicurezza e chiuse la porta, chiudendola con degli incantesimi di rinforzo, in modo che solo i membri dell’Ordine potessero aprirla.
Evocò il suo Patronus e lo spedì a Silente con un messaggio: tre mangia morte chiusi nello sgabuzzino delle scope a casa mia. Li venite a prendere? Non mi va di dormire con questi brutti ceffi in casa. L’aquila, il suo Patronus volò via. Dorcas sperò che Silente si sbrigasse ad arrivare, perché temeva che Nott fosse riuscito a richiamare il suo Signore. Puntò la bacchetta contro la porta – reparo!, La pesante porta in pochi istanti era al proprio posto. Stava sistemando gli incantesimi di protezione , quando nel cortile sentì il suono di una materializzazione.
“ possibile che siano già qui? Ho mandato il Patronus a Silente meno di due minuti fa …”
Uscì dalla porta con la testa – già qui? Che velo … Voldemort.
Davanti a lei, nel bel mezzo cortile di casa sua, il Signore Oscuro la stava fissando con un a smorfia divertita.
- Dorcas Meadowes, che piacere vederti.
- Non è il caso che io dica la stessa cosa, vero, Voldemort?
- Osi chiamarmi per nome? Sei stolta come tutti i membri dell’Ordine … non mi temi? Non hai PAURA di me?
- Certo che ti temo … ma sai … mi hanno sempre insegnato che bisogna affrontare la paura. E, anche se ho paura di te, ti affronto. Ti temo, certo, ma non mi faccio dominare dalla paura che ho di te. Rispose la strega, semplicemente, con tono neutro, quasi annoiato.
- Stolta Grifondoro.
- Viscida serpe vigliacca. Perché non sei altro che questo. Che uomo è, uno che teme una strega appena uscita da Hogwarts e che manda ben TRE Mangiamorte ad ucciderla?
Un guizzo dalla Bacchetta, un lampo verde.
Dorcas rotolò a terra schivando l’Anatema che Uccide, che colpì una pianta dietro di lei che si afflosciò.
Una risata gelida riempì l’aria circostante.
- Scappi, piccola Grifondoro?
Dorcas si voltò, colpita nell’orgoglio la sua più grande pecca.
- Dorcas Meadowes non scappa mai.
Lanciò uno schiantesimo, ma venne parato dall’incantesimo di protezione di Voldemort.
- Per Merlino!, Esclamò.
Si voltò e schivo un’altra maledizione del Signore oscuro.
- Impedimenta!, Gli urlò contro.
Evocò un Patronus “ Silente! Voldemort è qui!”
Il Patronus sparì.
- Stupeficium!
- Che incantesimi banali, Dorcas … crucio!
Dorcas sentì un dolore incredibile percorrerle il corpo. Migliaia di spilli che le infilzavano ogni centimetro del corpo, più e più volte. Cadde in ginocchio, stringendosi convulsamente le braccia e mordendosi a sangue la lingua. Non avrebbe mai permesso che quell’uomo, no, non uomo: quell’essere, quel mostro, udisse un solo verso che non fosse un insulto. Non un gemito. Non un supplica.
- È un peccato Dorcas. Una strega come te, tra le mie fila, saresti stata un ottimo elemento. Un vero peccato che tu abbia deciso di schierarti dalla parte di quel mollaccione di Silente. 
Le disse Voldemort, interrompendo la maledizione. 
Il dolore le attraversava ogni centimetro del corpo, ma si rialzò, combattendolo.
- Non. Hai. Il . Diritto. Di. Pronunciare. Il. Nome. Di . Silente.
Sibilò Dorcas.
- E dov’è Silente ora? Non viene ad aiutarti il tuo caro Silente, eh? Lascia morire te e salva la sua pelle, vedi Dorcas? Hai sprecato energie per l’uomo sbagliato!! 
La sbeffeggiò Voldemort.
- Non. Meriti. Nemmeno. Di . Pensarlo. Il. Nome. Di. Silente … anche se tu mi uccidi ora, disse poi a fatica la giovane Grifondoro, prima o poi verrà la tua fine. E ti auguro, lord Voldemort, che tu tema fino all’ ultimo la persona che ti ucciderà. Che tu abbia il terrore di questa, che il solo pensiero della sua esistenza ti consumi. E ti auguro di patire mille volte il dolore che hai causato. E soprattutto, ti auguro di provare rimorso.
La rabbia esplose negli occhi del signore Oscuro, che con un movimento secco scagliò L’Anatema che Uccide. Dorcas non ebbe la forza di schivarlo. Vide la maledizione senza perdono abbattersi su di lei e sentì il nodo che aveva al petto sciogliersi, svanire. Comprese che quell’ accumulo di sensazioni che l’aveva accompagnata era il suo subconscio che aveva tentato di avvertirla che quella sarebbe stata la sua ultima giornata.
Mentre la maledizione la colpiva pensò che in fondo, sebbene fosse giovane aveva vissuto ed era contenta delle esperienze di vita che aveva fatto, e non si pentiva di nessuna delle scelte che aveva compiuto.
L’ultima cosa che i suoi occhi realizzarono, prima di cadere nell ’ oblio della morte, furono Silente e Sirius, appena materializzati, li vicino a lei e Voldemort, che alla vista dell’anziano mago dalla barba argentata si smaterializzava, fuggendo.
Dorcas cadde a terra, burattino senza più fili.
Sirius si lanciò verso di lei, stringendola, scuotendola, urlando il suo nome, mentre Silente piangeva silenziosamente.
Ma Dorcas non era più. Era volata via da tutti coloro che l’avevano amata, lasciando loro il ricordo di una vita di avventure ed emozioni che la giovane Grifondoro aveva vissuto pienamente, e il rimpianto di non esserci al momento delle sua dipartita. Ma, in fondo, si sa … ognuno muore solo.
  
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