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Autore: OurNamesRhymeWithForever    17/04/2013    1 recensioni
San Pedro Sula è la città più violenta al mondo. Si trova in Honduras, non troppo distante dal mare. Zacarias e Manuel appartengono a due maras diverse, passano la vita nelle strade, spacciano droga ed uccidono. Sono accomunati solo da Elisa, per la quale vogliono entrambi un futuro diverso, futuro che però si prenderà gioco di loro.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Manuel alzò gli occhi verso il sole, proteggendosi con una mano.
“Se questo carico andrà a buon fine diventeremo la Maras più forte di tutta la città”.
Oliverios, di fianco a lui, tolse la sigaretta dalla bocca e la gettò poco lontano.
“Sei sicuro che finirà tutto per il meglio?”.
Manuel controllò l’orologio.
“Seguo gli spostamenti della Maras di Santos da più di tre mesi”.
“Cosa aspettiamo?”.
“Un carico di cocaina e due di hashish”.
“Quanto, Manuel”.
“Centocinquanta”.
“Centocinquanta?”.
“Ottanta, trenta e quaranta, il tutto diviso fra due auto di grossa cilindrata”.
“Non abbiamo mai boicottato il carico di un’altra Maras” osservò Juanito.
“Santos ha ucciso mia madre, solo che lui non ha una madre”.
“Occhio per occhio, dente per dente” commentò German.
“O, in questo caso, madre per cocaina”.
Garcia indicò la strada sconnessa.
“Eccoli”. Il suo fu poco più che un sussurro, il sussurro di chi è troppo stanco sia per vivere che per lasciarsi morire.
“Garcia, Juanito e Oliverios la prima, io e German ci occuperemo della seconda”.
Juanito sfilò un coltello dallo zaino mentre Garcia caricava la sua pistola.
“Ragazzi”.
Alzarono tutti gli occhi, concentrandoli su quelli freddi di Manuel.
“Non voglio che nessuno di loro possa raccontare ai nipoti di questa giornata… non voglio che nessuno di loro possa avere nipoti”.
“Li uccidiamo tutti?”.
“Tutti, non voglio che nemmeno le loro ombre vi sfuggano”.
Le macchine si avvicinavano sempre di più, due jeep nere. Garcia si fece un veloce segno della croce e si gettarono tutti sulla strada. L’uomo alla guida della prima jeep frenò, sorpreso, ma la sua sorpresa durò un solo secondo: l’attimo seguente una pallottola aveva attraversato il suo petto. Manuel fece un segno a German che si era già incamminato al suo fianco e sparì dietro alla jeep.
“Esci dalla macchina!”.
“è armato, cazzo!”.
“Giù, giù!”.
“Spara Manuel, spara!”.
Due, tre, sei colpi.
Silenzio.
Manuel tornò dai suoi compagni.
“Quel bastardo ha fatto fuori German”.
Garcia si segnò.
“Quella roba funziona?” chiese Manuel.
“Che cosa?”.
“Quella cosa che fai con le mani, dico, funziona?”.
Garcia abbassò lo sguardo, imbarazzato.
“Mi aiuta a essere più forte”.
“Può riportare German in vita?”.
“A tutti è concessa la vita eterna dopo la morte”.
“Intendo qui, intendo adesso”.
“No.”
“No?”.
“No, non può”.
“Allora è inutile, smetti di farlo, m’infastidisce. Forza, apriamo i bagagliai”.
Centocinquanta chili di droga ordinatamente impilati di fronte a loro.
Oliverios fischiò sommessamente.
“Già” mormorò Manuel “amici miei, questa è andata: andremo all’infermo, ma ci arriveremo come Maras più potente di tutta San Pedro Sula, di tutto il dipartimento di Cortès per la miseria”.
 
Elisa strinse forte le braccia attorno al corpo del ragazzo sdraiato sopra di lei.
“Mi dispiace per tuo fratello”.
Zacarias ricambiò l’abbraccio, stringendo a sé tutto ciò che gli era rimasto di prezioso al mondo.
“Manuel pagherà per quello che ha fatto, te lo prometto”.
Il ragazzo sciolse l’abbraccio e si sedette stancamente sul letto.
“Manuel è il tuo fidanzato”.
La ragazza chiuse i pugni, respirando lentamente.
“Tu chi sei invece?”.
“Zacarias: sono il tuo migliore amico, facciamo sesso alle spalle del tuo fidanzato e, più di tutto, non appena compi diciotto anni voglio portarti via da questo posto”.
“Via da 13 Avenida nord?”.
“Via da San Pedro Sula, dall’Honduras, dall’America, dalla terra se necessario”.
“Ho sempre sognato vivere sulla luna”.
“Davvero?” domandò Zacarias sorpreso.
“No, solo da quando me lo hai promesso un attimo fa”.
“Non scherzo Elisa, non voglio vederti spendere la tua vita in questo buco”.
“I ragni passano la loro vita nei buchi, attirano le loro prede e vivono nascosti, nel buio, ma vivono”.
“Tu non sei un ragno, tu sei la mia piccola mariquita”.
“Non c’è abbastanza spazio per volare qua, Zac”.
“Per questo ti porterò via, a Parigi, a Londra, a New York, ovunque tu preferisca”.
“Come?”.
“Passaporti falsi”.
Zacarias si alzò e attraversò la stanza, tornando poco dopo con una bottiglia di vetro in mano.
“Dove li hai trovati, Zac?”.
Il giovane svitò il tappo e rovesciò il contenuto della bottiglia sul letto.
“Sono venticinquemila Lempira”.
“Dove le hai trovate?”.
“Non importa il dove”.
“Zacarias, per favore… ti prego”.
“Un paio di rapine e un omicidio su commissione”.
“Hai ucciso una persona solo perché potessi andare via da qua?”.
“Non è la prima volta, avevo già ucciso in precedenza”.
“Promettimi che non ti accadrà mai niente”.
“Non posso farlo”.
“Perché siamo nati in questa città, nella città più violenta al mondo? Perché le nostre famiglie si odiano? Perché facciamo parte di due Maras diverse?”.
“Perché mio fratello è morto oggi, per strada, perché dei chili di cocaina valgono più di una vita umana, perché si punta alla tempia di un uomo una pistola con la stessa facilità con la quale si chiederebbero indicazioni ad un passante?”.
“Non lo so”.
“Nemmeno io, Eli. Nessuno lo sa. Saperlo vorrebbe dire prendersi gioco della nascita, deridere la morte e possedere tutto ciò che è nel mezzo”.
“Ma noi possiamo farcela”.
“Come?”.
“Con l’amore: sconfigge ogni male”.
Zacarias rise, rise, rise forte e gettò la testa indietro, ed Elisa non si sentì offesa.
“Questo lo pensano solo quelle coppie perfette che vanno in viaggio di nozze a Parigi e l’unica cosa che devono sconfiggere è la noia”.
La ragazza si portò le mani in grembo e fissò il pavimento.
“Credi che ce la faremo?”.
“Non lo so Eli, davvero non lo so”.
“Mi puoi fare una promessa? Una sola?”.
Il ragazzo si passò una mano fra i capelli e si alzò dal letto.
“Chedi”.
“Promettimi che staremo sempre insieme”.
“Questo te l’ho già promesso centinaia di volte”.
“Intendo sempre”.
Zacarias parve per la prima volta spaventato in vita sua. Lo stesso ragazzo che non aveva esitato a uccidere per pochi chili di hashish si ritrovò a dover firmare la sua condanna a morte. Non sarebbe mai riuscito a portarla fuori da quel buco, e lo sapevano entrambi troppo bene. Santos non avrebbe permesso che se ne andasse, e i controlli nella città si stavano intensificando ogni giorno di più. Sarebbero morti lì, forse prima che riuscisse a chiederle si sposarlo, e Parigi sarebbe rimasta solo una lontana speranza. Meno di una speranza. Poco più di un vago miraggio. Gli stava chiedendo di morire, ma era lei a chiederglielo, era Elisa, la sua piccola mariquita, la stessa ragazza che la Maras di Antonio aveva raccolto dalla strada sei anni prima, la stessa ragazza della quale si era innamorato, la stessa per la quale apriva gli occhi ogni mattina e si addormentava con una pistola sotto il cuscino ogni sera, erasua, non di Manuel né di nessun altro. Non gli stava chiedendo troppo. Quanto contava la sua vita? Dubitava anche che avesse un valore. Valeva diverse centinaia di Lempira per Santos per tutta la droga che gli procurava; valeva una gravidanza indesiderata e un parto difficoltoso a diciotto anni per sua madre; valeva il suicidio di suo padre, per colpa sua; valeva pochi minuti di felicità di Elisa; valeva la vita delle sette persone che aveva ucciso. Basta. Il valore della sua vita poteva essere riassunto in queste poche righe. In fondo perdere la sua vita per Elisa ne avrebbe solo aumentato il valore.
“Promesso” sussurrò alla ragazza che lo guardava apprensiva “se te ne vai me ne vado anch’io”.
 
Elisa sopportò in silenzio le botte di Manuel e versò una singola lacrima quando la chiamò “puttana” ripetutamente.
“Dove sei stata?”.
“Con delle amiche”.
“Chi?”.
Elisa si morse il labbro già insanguinato.
“Ti ho chiesto chi!” urlò Manuel strattonandola per i capelli.
“Flor…”.
“Flor e?”.
Un altro pugno, dritto allo stomaco.
“Dominga”.
Manuel la lasciò e si sedette per terra, di fianco a lei.
“Te lo chiederò per l’ultima volta: dove sei stata?”.
Elisa non rispose. Rispondere avrebbe significato la morte di Zacarias.
“Oliverios ti ha vista con Zacarias, il fratello di quel bastardo che ho ucciso ieri”.
Non rispose. Ancora.
La picchiò. Ancora.
“Non importa, tanto fra una settimana concludiamo l’affare con Michael e poi ti porto via”.
“Dove?”.
“Non lo so, Elisa, ma via. Ti voglio lontana da Zacarias e vicina a me, voglio sposarti”.
 
La guardò. Era seduta all’angolo della strada, un bicchiere di plastica per l’elemosina davanti a sé e un coltello a serramanico nascosto nello stivale destro.
“Sei nuova?”.
“Sono di Antonio”.
“Non ti ho chiesto a chi appartieni”.
“Non posso parlarti”.
“Perché?”.
“Fai parte della Maras di Santos”.
“Santos e Antonio non lo verranno mai a sapere. Qual è il tuo nome?”.
“Sono fidanzata”.
“Non ti bacerò”.
“Non vuoi baciarmi?”.
“Prima voglio chiederti il tuo nome, sono un galantuomo”.
Fece un leggero inchino, e la ragazza alzò gli occhi al cielo.
“Il mio nome è Elisa”.
“Elisa e Zacarias, suona bene”.

“Suona come una malattia infettiva”.
“Perché così acida?”.
“Non ho fatto colazione, non ho nemmeno cenato e non voglio tornare da Manuel”.
“Chi è Manuel?”.
“Il mio fidanzato”.
“Bene, allora posso essere quello che ti offre il pranzo?”.
“Dipende, cosa mi offri?”.
“Panino al prosciutto o toast col formaggio, la scelta è tua”.
Elisa alzò una mano verso Zacarias.
“Prosciutto, lancia”.
Il ragazzo si tolse lo zaino dalle spalle e, tolto un involucro di carta, glielo lanciò. Elisa lo afferrò al volo e iniziò a mangiare avidamente il panino.
“Puoi andartene ora”.
“Non voglio”.
“Perché?”.
“Perché sta per farsi buio e ho paura ad andare a casa da solo”.
Elisa alzò gli occhi dal panino e inarcò un sopracciglio.
“Sono le due del pomeriggio”.
Zacarias abbassò lo sguardo al suolo e calciò una pietra lontano.
“Non puoi semplicemente venire a casa con me? Due ore, non di più”.
“Quanti anni hai?”.
“Diciotto, tu?”.
“Sedici, sono illegale”.
“Ti piace Parigi?”.
“Non lo so, non ci sono mai stata”.
“In camera mia ho un poster di Parigi”.
“Ora che ci penso credo di preferire Londra”.
“Posso disegnare il Big Ben sulla Tour Eiffel”.
Elisa ingoiò l’ultimo pezzo di panino e si guardò intorno.
“Fra un’ora Manuel tornerà”.
“Fra cinquantasette minuti sarai a casa, promesso”.
Elisa si alzò e pulì i jeans dalle briciole.
“Sei simpatico, ma devi lavorare sulla galanteria”.
Zacarias le passò una mano attorno alle spalle.
“Animale preferito?”.
“La cavalletta”.
“Okay, allora sarai la mia mariquita”.
“Ho detto cavalletta, non coccinella”.
“Sì, ma la coccinella è il mio di animale preferito”.
 
Eloy e Paco lanciarono un paio di pietre nel fiume.
“E se Manuel lo venisse a sapere?”.
“Manuel ha ucciso mio fratello, la mia relazione con la sua fidanzata è molto più che semplice amore per me, è anche vendetta”.
“Santos non ha mai approvato”.
“Santos ormai ha più nemici che amici, lo faranno fuori nei prossimi mesi e sarò io a prendere il suo posto”.
“E poi cosa farai?”.
“Me ne andrò”.
“Te ne andrai?”.
“Sì, e porterò Elisa e chiunque voglia venire con me”.
“Dove?”.
“Non lo so, ma voglio uscire dal giro”.
“Non si può uscire dal giro, ti perseguiteranno e ti daranno la caccia ovunque andrai”.
“Non importa, voglio che Elisa sia al sicuro”.
Paco lanciò un altro sasso nel fiume. Uno, due, tre rimbalzi. Affondò.
“Santos vuole catturare degli ostaggi per riavere indietro la cocaina” mormorò poi.
Zacarias s’irrigidì visibilmente.
“Manuel, voglio solo lui. Voglio ucciderlo con le mie mani”.
“Santos vuole puntare più in basso, forse Oliverios o Garcia. Rapire il figlio di Antonio sarebbe troppo rischioso”.
“Lo ucciderò io da solo, allora”.
Eloy guardò l’amico, in evidente disagio.
“Santos vuole che sia tu a uccidere gli ostaggi nel caso in cui non si accordino con noi riguardo al renderci la cocaina”.
“Per me va bene, qualsiasi cosa voglia Santos”.
Paco lanciò l’ultimo sasso nel fiume, poi il tramonto arrivò, in un silenzio macabro tinto di sangue.
 
“Li hanno rapiti, vogliono un riscatto”.
Antonio bestemmiò e sbatté un pugno contro il tavolo.
“Non possiamo permetterci di perdere quei chili di cocaina, ci faranno guadagnare migliaia di dollari americani”.
“Vuoi… lasciarli morire, papà?”.
“Non abbiamo altra scelta”.
“Ma…”.
“Mi dispiace, ho pagato la mia vita con decine di morti. Sono arrivato a essere il capo della Maras più potente di San Pedro con anni di delitti. Ho visto bambini morire per mano mia e donne piangere i mariti persi. Non posso fermarmi adesso, la vita di due persone vale meno dell’affare che sto per concludere con Michael. Diventeremo ricchi e ce ne andremo, vi porterò tutti con me”.
Si assicurò che tutti lo stessere ascoltando.
“Chi rimane indietro deve pensare a se stesso da solo”.
 
La porta era chiusa, da una parte gli ostaggi, dall’altra Zacarias, una pistola in mano.
Antonio era stato fin troppo chiaro. Avrebbero potuto fare ciò che volevano degli ostaggi, la cocaina era già in viaggio verso il New Mexico e non sarebbe tornata indietro. Chiunque ci fosse dietro quella porta vi era rimasto per tre giorni. Paco si avvicinò a Zacarias e gli passò una carica.
“Sono due. Santos vuole un lavoro veloce e pulito”.
“Chi sono?”.
“Oliverios e qualcun altro, non lo so”.
“Garcia?”.
“Forse”.
Zacarias si portò le mani al viso e respirò profondamente. Aveva paura.
“Cosa c’è Zac?”.
“Sono amici di Elisa”.
“Santos viene prima”.
Zacarias annuì, ma non disse niente.
“Fra cinque minuti entri e spari”.
Il ragazzo annuì ed estrasse il cellulare, componendo un numero.
“Chi chiami?”.
“Elisa”.
La ragazza non rispose.
Zacarias allontanò il cellulare dall’orecchio e imprecò sottovoce. Voleva dirle che l’amava, aveva un bisogno fisico di farle sapere quanto significasse per lui, quanto vederla felice lo avrebbe riempito di gioia.
“Quattro minuti”.
Il giovane si guardò intorno, osservò la stanza spoglia e anonima e per un secondo pensò di lasciar perdere tutto. Erano solo due colpi di pistola.
“Tre minuti Zac”.
Il tempo scorreva, non sapeva perché si sentisse così agitato, perché l’omicidio che stava per compiere lo riempisse di tanto sdegno. Erano amici di Elisa.
“Un minuto”.
Tirò fuori il cellulare dalla tasca, le mani sudate. Cadde a terra. Si piegò e lo raccolse, tremando. Scrisse un messaggio, un messaggio breve.
Ho quasi finito. Ci vediamo dopo a casa. Prepara tutto, domani ti porto via. Ti amo mia piccola mariquita.
Lanciò il cellulare in un angolo della stanza, mentre Paco estraeva il suo. Poche parole.
“Santos ha detto che puoi andare”.
Zacarias chiuse gli occhi.
Ti amo.
Li riaprì e prese la maniglia in mano. La abbassò con estrema lentezza e spalancò la porta.
Non respirò.
Non guardò.
Sparò.
 
Santos era chinato su un foglio.
“Antonio e Manuel sono esclusi, non possiamo catturarli”.
Il suo braccio destro, Angelo, annuì.
“Di Oliverios che ne dice?”.
“è troppo forte”.
“Juanito?”.
“Non me la sento, è così giovane e inesperto…”.
“Garcia?”.
“Garcia è perfetto”.
“E poi?”.
Santos parve riflettere per un secondo.
“La ragazza, come si chiama?”.
“Elisa”.
“Ecco. Garcia ed Elisa”.
 
Il cellulare era in un angolo, abbandonato. La schermata era illuminata, unica luce nel buio dopo la tragedia.
Errore, messaggio a MARIQUITA non inviato.
 
N.d.A.: San Pedro Sula (dipartimento di Cortès, Honduras) è effettivamente la città più violenta del mondo, anche se non vi scorre un fiume. La via nominata si trova nella città. Maras è il nome dato alle piccole gang che si occupano soprattutto dello spaccio di droga, e mariquita, come credo si sia capito, significa “coccinella”. Ho pensato a diversi finali prima che questo mi venisse in mente. Non sono molto sicura riguardo a questa one shot: rileggendola mi sono resa conto che avrei potuto fare molto meglio, quindi ogni vostra impressione positiva e, soprattutto, negativa, è più che gradita.
  
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