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Autore: Phenex    18/04/2013    1 recensioni
Nel mondo di Engarden, luogo di pace dove il male viene ripudiato e dove la natura è libera di crescere senza limiti, vive una ragazza di nome Dianne. Ella ha un passato ricolmo di dolori causati dall'umanità e la sua unica amica è una splendida bambola di porcellana di nome Cleopatra. Ma cosa si nasconde in quella fetta di paradiso? Come può esistere un luogo così perfetto e distaccato da un mondo caratterizzato da guerre e potere?
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Adesso era lontana dai rumori della morte.

Lontana dai boati della collera.

Lontana dallo stridere dell'ingordigia.

Lontana dagli assoli di dolore.

Lontana dall'uomo.

I lunghi capelli castani le caddero sul volto quando scivolò in ginocchio.

Si trovava ad Engarden adesso, dove ciò che temeva era proibito e punito.

Gli occhi verdi percorsero con curiosità e stupore il paesaggio circostante.

Ad Engarden c'erano solo animali e piante.

Enormi distese verdi di fiori, erba ed alberi.

Davanti a lei c'era però qualcosa di sconosciuto:

una bambola di ceramica.

Gli occhi vermigli, la pelle bianca con le gote rosse, i capelli di media lunghezza abbelliti da splendidi boccoli dorati.

La guardava esterrefatta, mentre i bulbi oculari di vetro le comunicavano un misterioso bisogno di attenzioni.

Cleopatra, era quello il nome della bambola.

Non che Dianne, ritrovandosi sola ad Engarden, necessitasse di dare un nome all'unica cosa che le ricordasse una persona.

Semplicemente quello era il suo nome e Dianne lo sapeva.

Come lo sapesse però, era un mistero che solo quello sguardo morto poteva svelare.

Eppure, nel momento in cui si era avvicinata a lei, era certa di aver visto le sue palpebre sbattersi producendo un dolce e delicato "clack".

 

 

La Bambola di Dianne

 

Dianne aveva diciotto anni. Non era molto alta. Fisicamente piuttosto magra perché si cibava solo di frutta e verdura. Aveva lunghi capelli castani e splendidi occhi smeraldo. Indossava solo i vestiti lasciati da quelle persone che, in passato, avevano abitato Engarden, quindi sempre si trattava di lunghi abiti eterei di colore verde chiaro che riflettevano la luce solare. Quelli erano i vestiti che avrebbe comodamente accomunato a degli Dei un tempo, ma adesso le sembravano all'ordine del giorno. Forse era proprio per quello che, mentre passeggiava lungo le sconfinate pianure verdi di Engarden, circondata da ogni forma di animale, era rimasta alquanto interdetta di fronte a ciò che si era ritrovata davanti.

Inizialmente si era spaventata, temeva si trattasse di un soldato, di un umano esploratore pronto a portargli via la pace che quella fetta di paradiso gli aveva donato. Però in quell'essere stroncato dalla fame e dalla stanchezza, disteso a terra proprio di fronte a lei, c'era qualcosa di unico e particolare. Engarden non era aperto a tutti, solo alcuni potevano varcare i cancelli di quel mondo e se provavi ad infiltrarti allora la natura esso si torceva contro di te, assalendoti sino a punirti per la tua trasgressione. Dianne amava quel posto, perché gli aveva donato anni di pace dopo un'infanzia circondata da guerre e violenze. Soprattutto però, Dianne amava la sua migliore ed unica amica: Cleopatra.

« Cleopatra. »

Mormorò la ragazza, quasi in tono divertito. Si chiedeva come l'amica potesse prendere l'arrivo di uno straniero. Certo, non doveva venirlo a sapere per forza, però una voce dentro Dianne gli diceva che poteva fidarsi di quell'individuo che era steso ai suoi piedi. Ora era certa che non fosse umano. Aveva lunghissimi capelli color cremisi che andavano addirittura oltre la vita. Il volto coperto da una folta peluria del medesimo colore e lo stesso valeva per le mani e per i piedi. Questi ultimi erano molto particolari e rivelavano, senza ombra di dubbio, la provenienza dello sconosciuto.

« Non sei umano. »

Sussurrò Dianne, piegandosi sulle ginocchia per controllare meglio con chi aveva a che fare, anche se ora mai era certa che si trattasse di un membro della specie degli paniscus: esseri molto simili all'uomo, noti per il loro stile di vita da selvaggi e che rappresentano nell'aspetto tratti scimmieschi, di fatti, i piedi del misterioso individuo sembravano essere prensili, utilizzabili quindi per migliorare l'abilità nell'arrampicarsi.

Dianne notò anche, con una certa angoscia, che anche i denti del paniscus erano decisamente più animaleschi ed affilati di quelli di un umano. Tuttavia non si spaventò, non più del dovuto. Sapeva che la loro era una specie pacifica, calma e gentile, del tutto differente dall'uomo. A Dianne l'umanità non piaceva. Ogni volta che aveva avuto contatti con essa si era ritrovata in mezzo al dolore da questa causata. Quello era il motivo per cui si era isolata ad Engarden. Voleva lasciare lontano il resto del mondo da lei. Da lei e da Cleopatra.

Quando finalmente, passate circa un paio di ore, il paniscus si svegliò dal suo stato vegetativo. Dianne lo aveva già appostato con la schiena contro il tronco di uno splendido albero pieno di frutti maturi che aveva provveduto a raccogliere nell'attesa.

« Devo... essermi addormentato ancora mentre camminavo. »

Borbottò con insolita naturalezza, lanciando un forte sbadiglio a cui fece eco l'ansimare del suo stomaco vuoto.

« Non ci si addormenta mentre si cammina. Sei svenuto dalla fame. »

Lo corresse Dianne, accogliendolo con uno splendido sorriso e mettendosi in ginocchio di fronte a lui per porgergli la frutta che aveva raccolto. La reazione del primate però la sorprese al punto tale da farle rovesciare il cibo sull'erba. Il paniscus fu talmente sorpreso e spaventato di ritrovarsi tra le mani di una sconosciuta che non riuscì a trattenersi un ruggito scimmiesco seguito da una più che animalesca posizione di guardia.

« Calma! Calma! »

Esclamò la ragazza, imbarazzata ed impaurita allo stesso tempo. Solo in quel momento si rese conto che, dagli abiti in cuoio del suo “ospite” si poteva dedurre il suo ruolo nella società da cui proveniva: doveva trattarsi di un guerriero.

« Eri svenuto e ridotto all'osso dalla fame! Quindi ti ho spostato dal cammino e portato qui! Non voglio farti del male! »

Cercò poi di spiegare, nel tentativo di calmare la situazione. Dianne era brava con gli animali, ma non era certa che trattare con un uomo-scimmia sarebbe stata la stessa cosa, per sua fortuna però tutto sembrò andare per il verso giusto, dal momento che il paniscus cominciò ad abbassare, anche se di poco, la guardia per agguantare la frutta caduta a terra.

« Ora ricordo! »

Esclamò improvvisamente lui, ingozzandosi di tutto quello che Dianne era riuscita a raccogliere. La sua voce era sguaiata e maleducata, ma per qualche motivo la ragazza la trovò così divertente da non poter trattenere una piccola risatina.

« Stavo seguendo l'odore di un demone, poi mi sono ritrovato in un lungo varco luminoso e... non ricordo altro. »

Dianne sospirò.

« Hai trovato l'entrata per Engarden, tutto qui. Eri troppo provato per il viaggio ed hai perso conoscenza. Però temo di doverti deludere, non troverai alcun demone qui. I malvagi non possono entrare e se ci riescono allora fanno una brutta fine. »

Il paniscus ascoltò distrattamente la spiegazione poi, notando che il cibo era terminato, schizzò con un balzo sopra l'albero alle sue spalle e, arrampicandosi con maestria, iniziò ad appropriarsi di tutta la frutta che riusciva a raggiungere.

« Il demone che sto cercando io è uno tosto. Poi il mio naso non sbaglia mai! Lui si trova qui, anche se adesso non so dove. »

Disse in tono sicuro, tra una masticata e l'altra, per poi tornarsene a terra di fronte alla sua soccorritrice.

« Mi chiamo Keizen. Tu chi sei? »

Dianne si lasciò sfuggire un sorriso. Il nuovo ospite di Engarden era davvero simpatico e, nonostante i tratti animaleschi, anche piuttosto carino.

« Sono Dianne. »

Rispose dolcemente, scrutando come il suo nuovo amico avrebbe potuto non sembrare più una bestia della giungla, se solo avesse concesso ad una mano esperta di rimetterlo in sesto.

« Potresti aiutarmi a trovare il demone? Sono certo che non sia andato lontano. »

La invitò lui, guardandosi intorno e saltellando con impazienza.

« Quindi vuoi restare qui? »

« Solo fino a quando non lo scoverò. Quel dannato continua a sfuggirmi da mesi! »

Dianne sospirò, poi diede le spalle al nuovo arrivato e lo invitò con un cenno del capo a seguirla.

« Engarden è molto grande, ci metterai molto tempo a cercare ovunque, meglio che prima ti porti a vedere casa mia dove potrai stare la notte. Ti farò conoscere anche la mia amica Cleopatra, sarà felice di sapere che non siamo più sole io e lei! »

Keizen rimase per un secondo immobile a pensare. Per quelli della sua razza era raro ricevere cortesie dagli umani, che invece spesso li utilizzavano per lavorare o per lottare, schiavizzandoli in modi orribili. Aveva avuto prova della spietatezza umana durante i suoi viaggi alla ricerca del demone, dove aveva dovuto celare la sua identità di paniscus per non essere cacciato e braccato come un animale. Lui detestava essere trattato come una sorta di gorilla furioso, però spesso l'uomo non gli dava molta scelta. Ironico che le scimmie fossero più civili dei loro parenti, biologicamente parlando, più evoluti.

« Perché sei alla ricerca di questo demone? C'è una taglia sulla sua testa? »

Chiese Dianne, dopo qualche minuto di viaggio dove avevano regnato silenzio ed imbarazzo. La ragazza era ora mai satura dei motivi per cui la gente uccidesse, ma le sembrava l'unico modo che aveva, in quel momento, per socializzare un po' di più.

« Affatto. O meglio, forse sì, ma non mi importa. Devi sapere che nel mio villaggio viveva un umano particolare. Adorava la nostra specie e continuava a dire che l'uomo avrebbe potuto apprendere da noi e viceversa. Era un grande sognatore e molti lo prendevano in giro, ma quando riuscì finalmente a ricevere l'approvazione da parte di un importante esponente della società umana, tutti cominciarono ad amarlo. »

« E' morto vero? »

Sussurrò Dianne, suscitando lo stupore di Keizen che, dopo averla guardata per qualche secondo interdetto, annuì con rammarico.

« Le persone buone muoiono sempre. »

Sentenziò la ragazza. L'esperienza le aveva insegnato quella terribile legge del mondo esterno, oramai non se ne sorprendeva più di tanto, anche se il suo cuore veniva comunque trafitto dal dolore per l'amarezza della realtà.

« Venne ucciso da un demone che si cibava dei rimpianti e dei sogni troncati degli esseri viventi per accrescere il suo potere. Per lui, un uomo con grandi sogni ed una forte voglia di realizzarli rappresentava il piatto più succulento. Gli umani però non vollero credere a questa versione, perciò ci lasciarono un ultimatum: consegnare il responsabile o pagare con la consegna del villaggio sotto il loro dominio, altrimenti guerra. »

« Che storia triste. »

Commentò Dianne.

« Vorrei che gli esseri viventi la fuori smettessero di odiarsi e che trovassero un loro equilibrio. Mi piacerebbe vederli smettere di cercare il potere per loro stessi, ma per rendere il mondo un posto migliore. »

Confessò poi. Si sentiva quasi stupida ad esporre la sua fantasia più grande ad una persona che aveva appena conosciuto, ma era l'unico argomento che potesse esporre riguardo quanto le era stato raccontato.

« Sarebbe bello. »

Sospirò Keizen scettico.

Dopo pochi minuti, i due iniziarono a familiarizzare. Si raccontarono di come era stato il viaggio per raggiungere Engarden, di ciò che li emozionava e di ciò che li spaventava. Dianne rise di gusto del fatto che un essere così grosso ed animalesco avesse il terrore delle api che invece con lei erano tanto armoniose e calme quando si trattava di prendere il loro miele.

Alla fine giunsero all'abitazione di lei. Un grosso tempio di legno abbandonato, un tempo appartenuto ai vecchi abitanti di Engarden.

Dianne fece da guida al suo ospite, mostrandogli prima dove avrebbe potuto alloggiare e spiegandogli alla domanda “perché ti fidi così tanto di uno sconosciuto?” illustrando le capacità di Engarden sul tenere lontani o eliminare i malvagi. Alla fine, lo portò di fronte ad una spessa porta che, una volta varcata, portava a quella che doveva essere la stanza dell'amica di nome “Cleopatra”.

Keizen dedusse immediatamente che qualcosa non quadrava dal momento che la stanza di questa misteriosa ragazza era montata nel luogo dove vi era l'altare per i ringraziamenti al dio del tempio. Notò poi, sulla sommità dell'altare stesso, una bambola di ceramica dai capelli d'oro, vestita con uno splendido completino rosso e bianco. I suoi occhi vennero successivamente attratti da un'immagine nell'oscurità, che veniva debolmente affievolita solo da alcuni spiragli di luce solare provenienti dalle divisioni delle assi che componevano le mura, seduta proprio sulla gradinata che portava alla bambola di ceramica.

« Chi sei?! »

Quella domanda, fatta con voce strozzata ed impaurita, da parte di Dianne fece capire all'uomo-scimmia che qualcosa non andava e che di certo l'immagine nell'ombra non era la fantomatica Cleopatra.

« Soltanto qualcuno che ama le bambole. E tu ne possiedi una davvero stupenda signorina. »

Sibilò una voce calma e colma di arroganza, mentre lentamente la figura si rendeva visibile agli occhi dei due. Si trattava di un ragazzo sui vent'anni. Occhi vermigli e capelli completamente neri, fatta eccezione per un codino intrecciato rosso cadente sulla spalla sinistra. La corporatura sembrava piuttosto gracile ed era coperto con una camicia di seta nera ed un paio di sottili pantaloni bianchi. Dietro la schiena poi si ergeva quella che, a causa dell'oscurità, poteva sembrare una sorta di croce. In realtà il ragazzo possedeva una lunga spada priva di guardia, dal manico rivestito di pelle nera e la lunga lama color argento adornata sulla cima con quattro anelli dorati che si trovava appesa parallelamente alla spina dorsale. Una seconda spada, una piccola katana di media lunghezza, ricurva, dal fodero rosso ed il manico nero, di piazzava poi proprio a metà della lama della precedente che si trovava posizionata parallelamente alla spina dorsale, dando l'impressione che si trattasse proprio di una croce e non di due armi distinte. A prima vista, il tipo poteva essere scambiato per un umano ma, mentre questi si portava una mela scarlatta alla bocca, dopo averla accuratamente lucidata sulla manica della camicia, Keizen aveva già riconosciuto il suo odore ed aveva capito che di fronte a lui c'era il demone a cui stava dando la caccia.

« Dianne... stai attenta è lui il demone. »

Avvertì immediatamente il paniscus, notando lo sguardo interdetto dell'amica che non sembrava capace di darsi una spiegazione di come una creatura così pericolosa potesse viaggiare con cotanta tranquillità dentro Engarden.

« “Il demone” »

Sbottò il ragazzo con le spade, dando un secondo morso alla mela.

« Queste scimmie hanno quanta fantasia quanta civiltà. Mi sarei aspettato un nome molto più teatrale visto come ho stroncato i vostri sogni. »

Di fronte a quelle parole, Keizen non poté fare a meno di digrignare i denti in una sorta di grugnito di collera.

« Io sono Vanilla, il demone dei rimpianti e delle ambizioni deluse. »

Si presentò l'altro, lanciando a terra con disinvoltura il torsolo della mela che aveva appena trangugiato. Tuttavia, la sua iniziazione drammatica alla sua identità sembrò ottenere l'effetto contrario su Keizen che, da una posizione di guardia ed un'espressione di rabbia, si era messo a ridere sguaiatamente indicandolo con una delle grosse dita pelose.

« Ma che accidenti di nome hai? Sei una specie di ballerina ?! »

Di fronte a quella pesante presa in giro da parte dell'uomo-primate, il demone strizzò un occhio e fece un passo in avanti, ponendosi con collera alle parole di scherno.

« Fa silenzio stupido scarto dell'evoluzione! I demoni come me non hanno una sessualità definita, fatta eccezione per il loro aspetto umano! E ti assicuro che non mi piace affatto essere uomo! Trovo ripugnante avere quel qualcosa che dondola tra le gambe di continuo! »

Tuttavia l'aggressività in quella reazione da prima donna non servì ad altro se non ad incrementare le risate di Keizen, che adesso si stava tenendo la pancia e lottava per non mettersi a piangere di fronte ad una situazione che avrebbe dovuto essere più seria possibile.

« Certo certo! Scusami per aver preso in giro la tua super natura diabolica! Possente demone delle fiabe finite male Vanilla! »

Lo schernì poi ancora, incurante del fatto che Dianne si fosse come estraniata dalla situazione. La mente della ragazza era totalmente assuefatta dal pensiero che potesse succedere qualcosa di brutto alla bambola, alla sua cara e dolce Cleopatra. Non capiva come fosse possibile che un demone si trovasse in casa sua, dentro Engarden, senza neppure essere minimamente minacciato da ciò che lo circondava e questo la spaventava da impazzire. Fu però ancora più terrorizzata dal momento in cui il misterioso nemico portò la mano alla piccola katana che teneva sistemata orizzontalmente dietro la sua schiena.

« Abominatio: squarci dell'oblio. »

La corta lama dell'arma sibilò eseguendo tre fendenti nell'aria, dai quali presero vita tre archi d'aria neri a forma di falce che si diressero minacciosamente verso Dianne e Keizen. Quest'ultimo però, nonostante non avesse fatto altro che ridere fino ad un secondo prima, si dimostrò pronto di riflessi e si lanciò di fronte alla nuova amica sostenendosi con le mani e mantenendo una posa verticale con le gambe prensili divaricate.

« Tecnica numero novantotto! Piedi pugili! E Tecnica numero quarantatré occhio del ciclone! »

Le mani del paniscus si mossero assieme ai piedi ed in questo modo riuscì a deviare l'attacco dei primi due fendenti corvini, colpendoli reciprocamente con un calcio ciascuno e spedendoli contro le pareti di legno che vennero tagliate così perfettamente da non riportare danni di crollo alla struttura. L'ultimo attacco fu poi rispedito al mittente da parte di colpo slanciato con entrambi i piedi e Vanilla riuscì, per una fazione si secondo, a scansarsi in tempo, quel tanto che gli bastò da vedere tranciata solo una piccola ciocca di capelli neri.

Il volto del demone si contorse in un'espressione seccata ed ulteriormente adirata, incapace di ragionare lucidamente e di comprendere come avesse potuto quella mezza scimmia deviare i suoi fendenti d'ombra, affilati come rasoi, usando semplicemente qualche calcio.

« Sono un genio del combattimento! »

Si esaltò Keizen, rimettendosi dritto sui piedi ed incrociando le braccia.

« Ho imparato sin da giovane l'arte paniscus di rendere tangibile e materiale il nostro spirito animalesco, per poi utilizzarla al meglio con la creazione di centocinquanta mosse! E' grazie a questo che le tue abilità risultano inefficaci! Ricordati che qui la minaccia sono io! Non tu! E' inutile che fai la gradassa Vanilla! »

« Gli animali hanno l'istinto pronto, ma il loro cervello è tonto. »

Lo canzonò il demone, roteando con abilità la sua spada sul solo dito indice e facendo notare a Keizen che Dianne aveva approfittato di quel momento per giungere in fondo alla stanza per stringere la sua bambola tra le braccia con fare protettivo e premuroso, come una madre con la propria figlia in pericolo.

« E' una bella bambola sai? »

Mormorò Vanilla, portando lo sguardo su Dianne che ricambiò con un'occhiata truce che sembrava non poter proprio appartenere al suo carattere gentile ed altruista.

« Mi piacerebbe averla. »

Confessò poi, accennando un sorriso malizioso che si spense subito dal momento in cui si accorse che la bambola aveva appena sbattuto autonomamente le palpebre emettendo un sinistro “clack”, quasi come se stesse rispondendo alla collera provata dalla sua padrona.

« Capisco. »

Sbuffò, rinfoderando la katana nell'esatto momento in cui Keizen lo aveva quasi raggiunto e stava tentando di travolgerlo con un pugno, approfittando della sua distrazione per Cleopatra. Vanilla però si dimostrò più che attento a quanto gli accadesse intorno e, con un movimento impercettibile, saltò a piedi uniti sulla testa del paniscus e spiccò un balzo verso il tetto dove aprì un varco triangolare, usando semplicemente il movimento della mano destra, per poi usarlo come uscita verso l'esterno.

« Maledetto finocchio! »

Ringhiò Keizen di collera, perdendo l'equilibrio a causa della mossa evasiva del nemico e sbattendo il volto sul pavimento di legno, per poi esibirsi una perfetta manifestazione animalesca di se sbattendo i pugni a terra come un gorilla e ruggendo come una scimmia.

Dianne non fece molto caso alla scenata del suo nuovo amico, anche se realizzò comunque di dovergli la sua incolumità e quella della sua preziosa Cleopatra. Era tuttavia ancora spaventata, perché aveva intuito fin troppo bene la brama di Vanilla nel volersi impossessare della sua amata bambola che la aveva mantenuta sana di mente in tutti quegli anni che aveva trascorso isolata dal mondo.

« Mi sento umiliato! Sono stato usato come zerbino dalla mia preda e per di più si tratta di una checca col nome da principessina! »

Urlò furibondo l'uomo-scimmia, adesso tornato in posizione eretta ad imprecare contro il foro sul tetto lasciato dal suo nemico. Dianne non riuscì a trattenere una dolce risatina nel vedere quella reazione così esageratamente fuori luogo e la collera che egli stava provando nei confronti di un demone decisamente poco virile.

« Riusciremo a trovarlo tranquillo! »

Cercò di rassicurarlo. Lui la fissò con espressione confusa e disorientata, domandandosi il perché di tanta sicurezza.

« Vedi, lui vuole la mia amata Cleopatra e da Engarden non si può uscire senza aver ottenuto ciò che si vuole. Questo posto rispetta i desideri nobili, tu volevi salvare il tuo villaggio ed è per questo che ti è stato concesso entrare... però... »

Dianne dovette interrompere la spiegazione. Per quale motivo Vanilla era riuscito ad entrare? Era un demone malvagio, perché Engarden avrebbe acconsentito alla sua presenza?

« Però? »

Ripeté Keizen.

« Però... non capisco come mai abbia consentito a quel demone di entrare e di agire indisturbato. »

Confessò, tremendamente confusa a sua volta.

« Forse vuole davvero solo quella bambola, insomma lo hai sentito no? “E' una bella bambola sai? Mi piacerebbe averla.” »

Ipotizzò lui, scimmiottando la voce seria ed arrogante del demone. Dianne sorrise dolcemente, poi strinse forte al grembo la sua bambola.

« Mi dispiace per lui, ma anche se fosse solo questo non potrei mai. Cleopatra è la mia migliore amica e non la lascerei in mano a nessun altro. Mi è sempre stata accanto nella solitudine e non voglio tradirla. »

Spiegò, facendo capire all'altro che Cleopatra non era affatto una persona, ma una semplice bambola di ceramica priva di vita.

« Facciamo così allora. »

Propose Keizen, portandosi il piede destro fino alla testa ed iniziando a grattarsi con euforia un lato della testa.

« Tu mi porti a vedere Engarden e portiamo a spasso anche Cleopatra. Se Vanilla vuole averla dovrà per forza manifestarsi no? Allora io lo prenderò a pugni e la questione sarà risolta. »

Dianne si mostrò titubante di fronte a quel piano così poco ingegnoso ed abbastanza superficiale. Tuttavia era certa che non sarebbe stata in grado di dormire sogni tranquilli sino a che quel demone avesse passeggiato con tranquillità per Engarden.

« Ok. Però consentimi di fare una cosa per ricambiarti della tua protezione. »

In quel momento, i pensieri del paniscus andarono a ben altro. Era stato così affamato, così impegnato nella sua missione e così infuriato con Vanilla che non aveva minimamente notato quanto effettivamente carina fosse quella ragazza. Nell'udire “consentimi di fare qualcosa per te” la sua mente vacillò tra numerose fantasie proibite e perverse che, per un secondo, temette di dare a vedere che la sua salivazione era aumentata. Cominciò a pensare che in effetti i guerrieri erano spesso presi ben in considerazione dalle ragazze, specie quando erano molto forti e lui lo era! Lo aveva appena dimostrato combattendo contro il demone di poco prima.

« Certamente! »

Riuscì a balbettare con nervosismo, con il cuore che palpitava in attesa di una frase che stava combinando in mille modi diversi dentro la sua testa.

« Consentimi … »

Cominciò la ragazza. Il cuore di Keizen si fermò.

« … di darti una lavata e magari una depilata. Non volevo essere volgare, ma puzzi e sei più disordinato degli orsi che si inzuppano nel fango prima di andare in letargo. Probabilmente avrai anche le pulci. »

L'espressione del paniscus si deformò in una maschera di delusione e tristezza, mentre non si rendeva conto di dare conferma alle insinuazioni igieniche di Dianne continuando a grattarsi la testa con i piedi.

« … Credo... si possa fare. »

Sospirò deluso e sconfortato, mentre lei interpretava quella reazione come una sorta di ripudio dell'acqua da parte del lato scimmiesco del suo nuovo amico.

Quella giornata e le successive furono trascorse dai due con l'intento sempre meno accurato di trovare la minaccia che incombeva su Engarden. Passavano il tempo a vagare per le sconfinate pianure e foreste di quel luogo da sogno a parlare della loro vita ed a conoscersi meglio. L'aspetto di Keizen, dopo le attenzioni della ragazza, era divenuto notevolmente più umano. Adesso il suo viso era stato ripulito da tutti i peli superflui e, fatta eccezione per la dentatura, non aveva niente da invidiare a quello di una persona normale. L'unica peluria rimastagli era stata accentuata e si trovava sui piedi, sulle nocche e sulle gambe. Infine i capelli erano stati raccolti in una lunga coda rossa, fatta eccezione per alcuni ciuffi ribelli che non sembravano minimamente intenzionati a starsene in altri luoghi se non sopra la fronte.

Dianne raccontò al suo amico di come era scappata da tutti i luoghi che aveva visitato a causa delle continue guerre e violenze, scatenate da uomini troppo ingordi per dare freno alla loro brama di potere. Gli narrò come, da piccola, si inoltrò ad Engarden e di come aveva incontrato Cleopatra abbandonata nell'erba. Keizen trovava assurdo riporre così tanto affetto in un essere inanimato, ma lasciò correre la cosa perché la presenza di quella ragazza lo faceva stare meglio e lo costringeva, egoisticamente, a dimenticare il peso che gravava sulle sue spalle. Certo, non si era scordato l'importanza del suo compito, tuttavia era certo che Vanilla sarebbe venuto da loro prima o poi, perché il suo odore era nell'aria e, a detta di Dianne, non si poteva lasciare Engarden senza aver ottenuto ciò che si desiderava quando ci si è entrati. Di conseguenza anche lui avrebbe dovuto prendere Vanilla per poter tornare a casa.

« Tu cosa cercavi quando sei venuta qui? »

Chiese un giorno alla ragazza, mentre questa era impegnata a scrutare la bellezza di tre splendide farfalle caelestia, una specie molto rara dai colori delle ali che riprendevano l'azzurro del cielo primaverile.

« Qualcuno che non mi giudicasse e che non portasse devastazione nella mia vita. »

Disse con una certa riservatezza lei, mentre una delle splendide creature alate si posava sulla sua mano, sbatteva le ali un paio di volte, quasi a volergliele mostrare, e poi se ne andava nuovamente a danzare tra i soli.

« Non hai trovato nessuno? Per questo sei ancora qui? »

Ipotizzò Keizen. Lei si lasciò sfuggire una piccola risatina, socchiuse gli occhi ed indicò Cleopatra, seduta poco distante da lei in mezzo ai fiori appena sbocciati.

« Ho trovato lei. Sta sempre con me, non mi ferisce e non fa del male a nessuno. »

Spiegò, facendo inevitabilmente torcere il naso al paniscus che non sembrava poter accettare che una ragazza così dolce sprecasse la sua vita da sola a parlare con una bambola di ceramica biologicamente e spiritualmente morta.

« Non penso fosse quello che cercavi. Altrimenti te ne saresti andata no? »

Disse, senza dare troppa gravità alle sue parole, quasi come se stesse cercando di esprimere una semplice opinione priva di rilevanza. La reazione di Dianne fu però comunque alquanto scontrosa.

« Lei è quello che cercavo. Le persone la fuori hanno sempre cercato di farmi del male! Di Cleopatra posso fidarmi. »

« Sei mai riuscita a trovare la fine di Engarden Dianne? Sei mai stata in grado di... uscire? »

Azzardò lui. Non stava parlando in quel modo per cattiveria, ma perché in quei giorni si era affezionato alla ragazza e non gli piaceva l'idea di andarsene da un momento all'altro e lasciarla lì ad una dubbia infelicità per tutta la vita.

« Io... »

Mormorò lei, accostandosi alla propria preziosa bambola per poi andare a fissarla negli occhi privi di vita che altro non scrutavano se non ciò che si parasse loro di fronte.

« Non avrebbe senso uscire. Io sto bene qui con lei, con lei e con nessun altro. »

Sentenziò quasi in tono nevrotico e rude. Keizen storse la testa ed inarcò le sopracciglia dubbioso.

« Quindi, la mia presenza è una rottura per te? »

Il volto della ragazza ebbe una sorta di sussulto, come se ella si fosse appena ripresa da una specie di trance. Il paniscus notò che qualcosa nei suoi occhi era cambiato, un secondo prima avrebbe giurato che fossero diventati scuri e vuoti come quelli della stessa Cleopatra.

« No! »

Si sbrigò a scusarsi lei.

« Perdonami, io non volevo dire questo. E' solo che lei ha bisogno di me e io... di lei. »

« Perché? »

« Perché... io so che è così. »

Il ragazzo-scimmia assunse un'espressione confusa e disorientata. Aveva sempre visto Dianne comportarsi in modo razionale ed esprimere pensieri intelligenti e coerenti, ma in quel momento le sembrava come in preda ad una sorta di delirio.

« Senti un po'. »

Esordì poi, avvicinandosi all'amica e porgendole le mano con dolcezza.

« Ti va di venire con me fuori da questo posto una volta che avrò preso Vanilla? Porterai anche Cleopatra e verrai a vivere insieme a me. Vedrai, nessuno ti ferirà e se accadrà ci penserò io a difenderti. »

La proposta sembrò quasi allettante. Il volto di Dianne si accese di una luce nuova, di speranza rinata. Però improvvisamente anche altro si attivò in lei. Dalla larga manica del suo vestito uscì qualcosa di luminoso e di impercettibilmente veloce. Keizen fu sicuro di intravedere una farfalla schiantarsi sul suo petto, prima di venire scagliato via con forza da una sorta di scarica elettrica che lo spedì a sbattere violentemente contro un albero poco distante. La grossa quercia tremò a causa dell'impatto ed il paniscus si ritrovò a massaggiarsi, dolorante, la testa e le spalle.

« Cleopatra non me lo lascerà fare. »

Balbettò Dianne, come se fosse impaurita da se stessa. Delle farfalle attorno a lei avevano iniziato a danzare. Erano simili alle caelestie, ma sembravano come composte da scintille azzurre che le rendevano materiali ed immateriali, accese e spente, come tante luminosi e sinistri fuochi fatui.

« Ma lei lo fa per il mio bene. Abbiamo promesso di essere solo io e lei e così resterà! Sono stanca di essere guardata come un mostro, di essere etichettata come una fonte di potere e non come una creatura con dei sentimenti! Cleopatra ha fatto sì che, grazie al mio amore, io non debba più soffrire. »

Adesso la voce di Dianne sembrava quasi più non appartenerle, come se la sua intonazione originale fosse divenuta la cornice di una più sinistra e demoniaca.

Clack”. Gli occhi della bambola si mossero da soli, mentre attorno alla sua padrona danzavano le numerose farfalle spiritiche.

In quel momento, mentre era ancora seduto con la schiena contro la grossa quercia, Keizen comprese che Dianne non era affatto umana, non del tutto almeno. Ella era una maga. Era raro che accadesse, ma in quel mondo gli umani erano il centro da cui poi si diramava ogni altra specie e spesso nascevano individui speciali. Così comprese veramente l'inferno che quella ragazza aveva dovuto patire, continuamente braccata da eserciti e uomini potenti che volevano usare i suoi poteri a proprio vantaggio. Costretta a nascondersi per non essere discriminata ed aggredita dalle persone che avevano paura di ciò che lei era, come se ne portasse la responsabilità sulle proprie spalle.

« Che errore grave che ho commesso. Attribuivo la tua paura ad una semplice esperienza di vita sfortunata, come ho potuto essere così superficiale. »

Mentre si auto criticava con quella frase, Keizen si accorse di quanto stava accadendo. Engarden stava marcendo. Il sole era svanito e l'oscurità adesso regnava sovrana. I fiori stavano appassendo e gli alberi stavano perdendo il loro splendido fogliame. Ogni cosa attorno stava morendo sotto un cielo senza luna ne stelle, ma erano dettagli superficiali per lui, che invece era preoccupato dal fatto che Cleopatra aveva iniziato a fluttuare nell'aria.

La bambola emise un nuovo “clack” sbattendo gli occhi, poi si lasciò sedere sulla spalla della sua padrona che altro adesso non rappresentava se non una sorta di burattino informe di se stessa. La pelle candida e delicata era stata sostituita dalla ceramica ed i legamenti dei muscoli erano solo delle viti che emettevano cigolii sinistri al solo movimento. Il volto era marcato da due grosse sfere informi che erano gli occhi, fissi e morti su tutto ciò che c'era di fronte a loro. La bocca era ridotta ad un semplice disegno di un paio di labbra fanciullesche, così come il naso. In un secondo di terrore, l'immagine della dolce Dianne era morta ed era stata sostituita da un essere nato dal più recondito degli inferi.

« Engarden è davvero una meraviglia, giusto Signor Scimmia? »

Canticchiò la bambola Dianne, muovendo la testa a scatti e producendo infiniti “clack”.

« Un sogno di un mago che è divenuto il mio svago.

Una dispensa d'amore che io renderò in dolore.

Lei era sola quando trovò questa bambola.

Subito mi bramò e desiderò.

Perduta in una landa corrotta.

Della reliquia del tempio abbandonata ella niente si è domandata e subito mi ha amata.

Quanto amore può nascere dal dolore?

Non so se ne ha mai avuta vista, Signor Scimmia.

La mia ascesa sarà segno di resa.

Lei mi darà potere ed io le darò amore, non le sembra lo scambio migliore?

Ha paura? Signor Scimmia? »

Keizen rimase inchiodato ad ascoltare quella cantilena tetra e sinistra, poi si mise in piedi completando la traduzione logica di quanto gli fosse stato appena riferito. Engarden era un mondo nato dalle mani di un mago che, con tutta probabilità, viveva nel tempio dove adesso invece alloggiava Dianne. Cleopatra doveva appartenere a questo mago che la aveva amata così tanto da volersi isolare dal resto del mondo e rimanere solo con lei. La bambola forse lo costrinse a questa terribile azione, portandolo a morire. Perché non c'era nessun demone che lasciasse viva la sua vittima, non importa se vive di amore o di sogni distrutti come Vanilla, un demone restava sempre artefice di dolore.

Dianne si sentiva sola quando era stata in grado di accedere ad Engarden e così Cleopatra si era presentata a lei. Forse per agire autonomamente quel demone aveva bisogno di un corpo di qualcuno vittima dell'amore. Una cosa era certa, ne aveva trovato un più che valido.

« Potere in cambio di amore? »

Sussurrò il paniscus, notando che il suo corpo si era ripreso dall'intorpidimento dovuto all'attacco precedente.

« Quello che gli hai dato tu... non è amore. »

La bambola emise numerosi “clack” muovendo la testa a scatti.

« Non è amore. »

Ripeté Keizen, per poi lanciarsi con collera verso la bambola di Dianne. Sapeva di non dover esitare, non era partito a caccia di demoni senza preparazione. Non ci si deve mai lasciare intimidire dalla forma che essi riescono a prendere, si deve sempre attaccare. Lo spirito di Dianne sarebbe stato bene e di conseguenza anche il suo corpo, ciò che Cleopatra gli mostrava era tutto di sua proprietà adesso.

Durante la sua carica, il paniscus, non riuscì a fare a meno di imbattersi nella rete di farfalle lucenti che invadeva il luogo dello scontro. Ogni volta che una di esse riusciva a toccarlo era per lui come venire punto da una intera flotta di meduse, ma ignorò il sangue che cominciava a versare e continuò a muoversi.

« Signor Scimmia non vada in preda alla follia.

Non c'è supremazia per uno come lei quando si tratta di magia. »

Ciondolò Cleopatra, facendo cigolare tutte le articolazioni fittizie che la componevano. Keizen la ignorò, superò con un balzo uno sciame di farfalle e atterrò sulle proprie mani, per poi darsi la spinta verso l'alto dove eseguì una capriola e si trovò a pochi metri di distanza dal suo bersaglio, sospeso in aria a testa in giù. Comprese subito che non poteva tirare per le lunghe quello scontro, perché gli attacchi nemici lo avevano già danneggiato provocandogli forti paralisi e danni per niente trascurabili, perciò tentò il tutto e per tutto con una delle tecniche che ancora non era in grado di padroneggiare alla perfezione perché troppo potenti. Posizionò il braccio destro di fronte a se, con la mano chiusa a pugno, mentre ritrasse il sinistro come se stesse brandendo una sorta di arco invisibile pronto a scoccare.

« Quanta bramosia Signor Scimmia, se non è follia a muoverla è forse l'idiozia?

Lei non vuole d'altri la presenza! »

« Fa silenzio demone. Hei! Dianne! Voglio darti un consiglio! Se vuoi davvero vivere allora... ascolta la mia voce e... afferra la mia mano!

Tecnica numero quattordici: Arciere Titano! »

Il braccio sinistro di Keizen si proiettò in avanti ed, al suo seguito, una forte scarica d'energia invisibile si schiantò addosso alla bambola, incrinandole il corpo e stroncando tutti gli alberi e le rocce che si ergevano alle sue spalle. Tuttavia l'attacco non sembrò affatto abbastanza potente da piegarla sul colpo, ma sufficiente a farla infuriare. Il sinistro demone, di quella che solo all'apparenza sembrava ceramica, sollevò il braccio destro sotto il suono di infiniti “clack!” e su questo prese forma una enorme falena azzurra che si scagliò su Keizen sbattendo le enormi ali che schizzavano ovunque livide scintille, immensamente luminose nella notte. Il ragazzo-scimmia, incapace di muoversi liberamente in aria, non poté fare a meno di incassare il colpo che elettrizzò tutto il suo corpo, avvolgendolo in una enorme vampata di fiamme azzurre.

« Perdete la speranza e l'inferno divampa!

Cedete al dolore e l'aldilà di voi non avrà più terrore.

Ora cada in allegria Signor Scimmia!

Del suo amore ho già fatto il pienone. »

Canticchiò Cleopatra, mentre il corpo esanime di Keizen crollava di fronte ai suoi piedi, in mezzo a quel prato dalla vegetazione morta, adornata dalle numerose farfalle spirituali che danzavano dolcemente nell'aria dando una falsa impressione di fragilità ed innocenza.

« Quelli come te … »

Riuscì a mormorare il paniscus, sorprendendo la bambola.

« … io non li sopporto. »

Debolmente, il ragazzo si rimise in piedi. Il suo corpo era segnato da infinite bruciature scure e faticava a restare in posizione eretta. La coda di cavallo si era slacciata ed i capelli gli cadevano sulla schiena e sul viso provato ed affaticato.

« Le persone come me, quelli del mio villaggio, come Dianne. Esseri con un dono che potrebbe cambiare in meglio le vite degli altri, vengono trattati come mostri e portati all'odio. Diamo la colpa all'uomo, ma non è un pensiero corretto. L'umanità, le persone deboli ed incapaci di difendersi, hanno dovuto straziare la loro esistenza a causa di mostri come te, come Vanilla e molti altri. Egoisti bastardi che si sentono onnipotenti e fanno del male al prossimo anche per il solo gusto di farlo. Se io continuo ad essere trattato come un animale pericoloso e Dianne come un oggetto da usare per schiacciare i propri nemici la colpa è solo tua e dei tuoi simili! Non parlo dei demoni, ma di tutti quelli che si sentono al centro del mondo, tanto da permettersi di rovinare l'esistenza degli altri! »

« Di fiato ne ha sin all'agonia, poniamo fine a questa melodia. »

Mormorò tragicamente la bambola, ponendo le mani a mo di preghiera, in modo che tutte le farfalle spirituali cominciassero ad abbattersi come stelle cadenti su Keizen. Il cielo oscuro e l'ambiente furono cosparsi da infinite scie luminose, che andavano tutte ad incontrarsi in un unico punto: Keizen. Il ragazzo sollevò il pugno sinistro verso il cielo, a pochi secondi dal colpo che avrebbe segnato la sua fine, quella di Dianne come schiava di un demone e quella del suo villaggio a causa dell'uomo.

« Dianne! »

Urlò, con tutto il fiato che aveva in corpo.

« Non ti chiedo di venire con me! Anche se vorrei che tu lo facessi! »

Le farfalle schizzarono ancora più velocemente verso il bersaglio, ora mai si era generato una sorta di alone di una potenza luminosa pari a quella di un fulmine.

« Non ti chiedo neppure di continuare ad aiutarmi nella ricerca di quel finocchio di Vanilla! »

Il volto della bambola Cleopatra cigolò come a simulare una risata contorta e malvagia.

« Non ti chiedo neanche più di essere mia amica! Nonostante io abbia iniziato a volerti bene in questi ultimi giorni passati insieme! Mi sarebbe piaciuto uscire da qui con te! Avrei voluto mostrare che l'uomo morto nel mio villaggio non era solo un fanatico! Far credere a tutti che effettivamente uomini e paniscus potrebbero vivere in armonia e cessare così ogni forma di violenza insensata! Però c'è comunque una cosa che voglio che tu faccia! Non permettere a questo mostro di vincere! Non permettere che a causa sua altri provino quanto hai provato tu! Quelle brutte esperienze possono diventare la tua forza! Trasformale nei tuoi sogni! Il mondo di equilibrio privo di potere fine a se stesso dei tuoi sogni tu puoi crearlo se solo lo desideri! Ed io sarò al tuo fianco se mi sarà da te concesso! »

Il rumore provocato dall'impatto delle farfalle divorò la voce di Keizen trasformandola prima in un sussurro, poi in un semplice disturbo dell'esplosione di fiamme e fulmini celesti. L'intero paesaggio venne illuminato di nuovo e la bambola Cleopatra emise una risata metallica ed acuta. Tuttavia il suo esulto fu troncato dalla vista della vegetazione, tornata improvvisamente verde e vitale. La luce non era più provocata da dall'attacco di poco prima, ma da un astro giallo e lucente in un cielo azzurro. Ed infine, lì dove dovevano esserci solo i resti di un paniscus troppo debole per lo scontro a cui era andato incontro, adesso si ergeva un Keizen con il pugno sinistro avvolto da una compatta massa di energia spirituale bluastra.

« No... »

Riuscì solo a mormorare l'essere di presunta ceramica, roteando gli occhi come se quella visione l'avesse fatto completamente impazzire.

« Dianne non ti vuole più. »

Sentenziò Keizen, ritraendo il braccio sinistro carico di energia e stendendo invece il destro, puntando dritto verso il suo nemico.

« No... »

Ripeté Cleopatra, facendo percepire, anche nel suo tono sterile e meccanico, le note della paura.

Keizen la fissò per un secondo seriamente, poi vide il dolce sorriso della sua amica ed allora capì che quella potente magia era dalla sua parte. Aveva reso nuovamente il cielo splendente e la vegetazione viva, solo per lui, solo per garantirgli di portare a termine quel favore verso un utopistico mondo privo di sofferenza.

« Tecnica numero quattordici modello fulmine: Arciere dell'Olimpo. »

« No... »

Sibilò ancora la povera bambola, prima che un impatto di spirito ed elettricità la avvolgesse in un abbraccio di devastazione al quale non avrebbe mai potuto resistere.

 

 

Quando Dianne riaprì gli occhi, si accorse che di Engarden non c'era più nulla. Su di lei si ergeva un cielo diverso. Niente era più armonioso e perfetto, ma le andava bene così. Senza la presenza di Cleopatra sentiva il suo corpo libero e persino respirare si era trasformato in un piacere che avrebbe descritto degno solo per il più grande degli imperatori. Era finalmente priva di quell'attaccamento morboso provocatole dall'influsso demoniaco. Keizen le chiedeva come si sentisse, ma lei per i primi dieci secondi volle spontaneamente evitare di rispondere, giusto per godersi quell'inaspettata rinascita. Osservò il corpo del suo amico ancora colmo di ferite, ma questi sembrava totalmente assorto nelle condizioni di lei tanto da non curarsene. Finalmente la sua avventura ad Engarden si era conclusa, aveva trovato ciò che cercava. Non le importava se quel posto fosse realmente esistito o se si trattasse solo di una sorta di fantasia creata da un Dio fastidioso, era felice.

« Complimenti scimmia. E' stato un bello scontro, come presumevo quel demone era troppo potente per me, grazie per aver fatto il lavoro sporco. »

Esordì poi improvvisamente una voce arrogante. I due, Keizen dolorante e Dianne appena riuscita a mettersi seduta, si voltarono alle loro spalle e videro Vanilla seduto con le gambe incrociate su di un'arida roccia. Nella sua mano destra vi era la piccola Cleopatra in perfette condizioni, come se non si fosse mai imbattuta nello scontro che la aveva portata alla morte.

« Priscilla! Sei stato a guardare tutto il tempo senza fare un cazzo? »

Esclamò Keizen allarmato. Il demone si lasciò sfuggire un'espressione colma d'ira, ma si sbrigò a farla svanire.

« E' “Vanilla”, sottosviluppato animale. »

Lo corresse, notando poi lo sguardo allarmato della ragazza nei confronti della bambola che stringeva tra le mani.

« Tranquilla. E' stata assopita. »

Spiegò il demone, portando i suoi occhi su quelli vitrei di Cleopatra.

« I suoi sogni di divorare amore delle creature magiche sino a divenire invincibile sono stati stroncati ed io sono divenuto più potente. Tuttavia, non mi va di lasciare una splendida bambola come questa alla mercé dei vagabondi. Ve lo ho detto o no? Io amo le bambole. »

« Lo sappiamo principessa. »

Lo canzonò Keizen. Questa volta però Vanilla non lo prese in considerazione, si mise in piedi e strinse la bambola in un abbraccio.

« Tranquilli, se è di amore che vive, con me non si sveglierà mai da questo assopimento. »

Ghignò malignamente, mentre una nube di fumo nero sembrò come farlo svanire nel niente.

« Io lo trovo simpatico. »

esordì Dianne, sorridendo nel vedere lo sguardo alquanto disgustato di Keizen.

« Meglio così. »

Sbottò lui.

« Perché?»

« Perché se verrai con me sarà ovvio che lo rivedrai o la rivedrai... quello che è. »

Dianne fissò il suo amico per qualche secondo, i suoi occhi si velarono di lacrime, ma per la prima volta erano causate da qualcosa di diverso, qualcosa di piacevole.

 

 

 

   
 
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