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Autore: sweet_hyra_97    18/04/2013    0 recensioni
[Questa fanfiction ha partecipato al contest "Opzioni per 4 gusti... +1" di Eloise_Hawkins.]
E sarebbe stata con Ted fino alla fine dei suoi giorni: con lui avrebbe affrontato tutto, ne era sicura, anche la propria famiglia, se era necessario, perché per una volta nella vita voleva fare le sue scelte. E nessuno gliel’avrebbe più impedito.
|Probabile Ooc, lascio il giudizio finale a voi|
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Black, Bellatrix Lestrange, Narcissa Malfoy, Ted Tonks | Coppie: Ted/Andromeda
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Nickname sul forum: Saruccia97_LTD
Nickname su Efp: sweet_hyra_97
Titolo della storia: Non vivo per accontentare nessuno!
Opzione scelta e relativi elementi inseriti: Pacchetto quattordici della quarta opzione 
Introduzione: E sarebbe stata con Ted fino alla fine dei suoi giorni: con lui avrebbe affrontato tutto, ne era sicura, anche la propria famiglia, se era necessario, perché per una volta nella vita voleva fare le sue scelte. E nessuno gliel’avrebbe più impedito.
NdA: Non sono sicura di aver seguito correttamente le indicazioni datemi col pacchetto e qualcosa non sono riuscita nemmeno ad inserirla, ma ho fatto del mio meglio.
Qui Ted è più grande di tre anni rispetto ad Andromeda e di conseguenza lui va al settimo anno mentre lei va al quarto.


[EDIT giorno pubblicazione (18/04/2013): mi rendo conto che questa storia non è il massimo, che ci sono vari errori sparsi e probabilmente vi potrà sembrare Ooc, ma preferisco lasciarla per come l'ho scritta. Ci sono legata molto, è la prima long che finisco (perché è già finita, quindi nel giro di un paio di settimane avrò finito di pubblicarla).
Inoltre ha partecipato al contest "Opzioni per 4 gusti... +1", classificandosi dodicesima, indetto da Eloise_Hawkins sul forum di Efp e la ringrazio tantissimo, anche qui, per il giudizio molto accurato.
Non so che altro aggiungere, spero solo che, in qualche modo, possa piacere a qualcuno... Detto questo, buona lettura!]

___

Capitolo 1
Un freddo giovedì pomeriggio del mese di gennaio, una ragazza del quarto anno di Serpeverde stava uscendo dall’aula di Incantesimi e, avendo finito  le lezioni per quel giorno, iniziò a camminare per il corridoio: non stava andando in Sala Comune, si stava dirigendo al secondo piano e, arrivata lì, si poggiò al muro di fronte ad un’aula con la porta ancora chiusa. Poggiò un piede al muro, rischiando di cadere per colpa del peso della borsa, quel giorno strapiena di libri, e incrociò le braccia al petto.
La ragazza si chiamava Andromeda Black, era mediamente alta e aveva lunghi capelli castano chiaro e ricci; sembrava stesse aspettando qualcuno.
Stava già cominciando ad agitarsi, quando finalmente la porta si aprì: uscirono alcuni ragazzi e ragazze, ma lo sguardo di Andromeda cercava qualcuno in particolare, fin quando non uscì un ragazzo alto, dai capelli biondi e con una vistosa spilla bronzea appuntata al petto, che aveva la forma di una “C” e stava per “Caposcuola”.
«Ted, finalmente...» esclamò Andromeda, allontanandosi dal muro e di conseguenza avvicinandosi al ragazzo; lui abbassò leggermente la testa per guardarla direttamente negli occhi, poi le sorrise.
«Andromeda, che sorpresa!» disse semplicemente.
«Volevo vederti! Per caso ti ha dato fastidio che sono venuta?» rispose immediatamente lei, un po’ preoccupata.
Iniziarono a camminare, uno accanto all’altra.
«No, assolutamente no. Perché dovresti darmi fastidio?» disse dolcemente il ragazzo. Era di Tassorosso, una Casa diversa da quella di Andromeda, e per questo non si vedevano spesso, ma erano diventati molto amici da quando si erano conosciuti.
Lei sorrise, non sapendo cosa dire: gli voleva davvero bene, come non ne aveva voluto a nessuno; l’aveva conosciuto alla fine dell’anno precedente, l’estate scorsa gli aveva scritto molto spesso, di nascosto dalla madre, e ora era diventato per lei speciale, perché innanzitutto la capiva, come nessuno. Se avesse potuto, l’avrebbe barattato per la sorella maggiore, che non sopportava proprio, e pensava non avrebbe sopportato mai: a parte l’aspetto, erano totalmente diverse, a partire dal carattere e il modo di pensare.
«Non lo so!» rispose la ragazza, continuando a sorridere, contenta di aver finalmente rivisto l’amico dopo tempo; infatti non si vedevano dall’inizio delle vacanze di Natale, durante le quali ognuno era tornato a casa propria.
In effetti, dopo che la sorella maggiore di Andromeda, Bellatrix, aveva scoperto l’amicizia tra i due, le aveva assolutamente vietato di rivederlo, innanzitutto per preservare la nobiltà della sua Nobilissima famiglia, che disprezzava tutti coloro che non erano puri di sangue, ma non le dava assolutamente retta. Pensava che Bellatrix, nonostante fosse sua sorella maggiore, non era nessuno per dirle chi doveva e chi non doveva esserle amico: in fondo, ad Andromeda non piacevano gli amici della sorella, ma non s’impicciava, non le diceva di non frequentarli e voleva che facesse la stessa cosa con lei.
A sua insaputa, quindi, continuava a rivederlo, e non avrebbe smesso, nonostante Bellatrix le avesse minacciato di dire tutto alla madre: non le importava ciò che gli altri pensavano, non condivideva le convinzioni dei propri familiari perché, come quasi tutte le famiglie Purosangue, disprezzavano coloro che erano nati Babbani o che avevano comunque uno dei due genitori Babbani, e che etichettavano come Mezzosangue. Non l’aveva mai detto apertamente per paura, certo, ma non condivideva affatto questo modo di pensare, lei non discriminava nessuno e non avrebbe cominciato proprio in quel momento solo per un capriccio della sorella.
Camminavano per il corridoio tranquillamente e parlottavano: andavano piano, come a rallentatore, in mezzo a tutta quella folla che correva, che aveva fretta, come se ogni cosa stava per finire. Ad un certo punto si fermarono in mezzo al corridoio, poiché ognuno doveva tornare alla propria Sala Comune, che si trovavano in due parti del Castello opposte: Andromeda lo abbracciò improvvisamente, alzandosi in punta di piedi per poter raggiungere con le braccia il collo di Ted.
Lui rimase un po’ spiazzato dall’abbraccio improvviso, quindi si irrigidì un po’, per poi lasciarsi andare lentamente e cingerle i fianchi.
«Mi sei mancato durante tutte le vacanze...» disse Andromeda, con le braccia ancora attorno al collo del ragazzo. Lui sorrise spontaneamente: adorava la dolcezza di quella ragazza che, seppur più piccola di lui, era più matura rispetto a quelle della sua età.
Le voleva un bene dell’anima, ma sapeva che le procurava delle grane il solo fatto che si salutassero, e non voleva che lei soffrisse per il solo fatto che non era come la famiglia di lei voleva che fosse. E in merito a questo, qualche volta aveva pure avuto qualche discussione con la sorella maggiore di lei, che pretendeva che non si vedessero più: lui aveva provato a parlare ad Andromeda di questo, senza ovviamente fare riferimenti a Bellatrix, ma Andromeda continuava a persistere, facendolo arrendere nell’impresa. Lui non voleva farla finire nei guai, non voleva farla soffrire senza motivo.
L’abbraccio durò qualche minuto intenso, che parve ore intere, e quando Andromeda decise finalmente a sciogliere l’abbraccio, si allontanò molto lentamente e nel frattempo diede un bacio leggero e veloce sulla guancia di Ted, facendolo arrossire leggermente: chissà quando avrebbe avuto di nuovo la possibilità di stare con lui lontano da occhi indiscreti.
Prima di andarsene lo guardò negli occhi, un po’ triste, perché avrebbe voluto passare con lui più tempo possibile, ma sapeva che non poteva, era consapevole dei rischi che avrebbe corso.
Sussurrò flebilmente un “Ciao” con amarezza, e abbassò gli occhi, per poi girarsi e andarsene; Ted la guardò, un po’ dispiaciuto: quanto la capiva, ma non poteva far nulla.
Nello stesso momento Bellatrix gli stava passando accanto, e lo guardò con puro disprezzo. Si stava dirigendo nello stesso posto dove stava andando Andromeda, ne era sicuro, perciò sperava che non li avesse visti, altrimenti sarebbero stati guai per la ragazza.
Nel frattempo, Andromeda stava già scendendo le scale per andare nel sotterraneo, e di conseguenza in Sala Comune: camminava a testa bassa, guardando i gradini delle scale e i propri piedi che li scendevano. Era sovrappensiero, era triste, voleva essere libera di scegliere, ma era come un uccello in gabbia, si sentiva prigioniera della propria famiglia, che non le permetteva di fare ciò che voleva, ma ciò che le imponevano, perché doveva preservare la purezza e la nobiltà della famiglia, continuavano a ripeterle. Ma lei era stufa di tutto, della superiorità che pensavano di avere ma che li rendeva solamente ridicoli.
Voleva solo essere felice almeno una volta, essere consapevole del fatto se sbagliava o no, e che se sbagliava, ne doveva pagare le conseguenze da sola: in questo modo, invece, doveva pagare le conseguenze degli errori dei genitori.
Pensando non si accorse di aver rallentato il passo, e che quindi doveva sbrigarsi a scendere le scale, poiché talmente erano strette che avrebbe potuto bloccare chi scendeva o saliva, quindi riprese a camminare.
Arrivò quindi in un corridoio illuminato leggermente, quel poco che bastava per poter vedere dove stava andando: dopo alcuni passi una mano si poggiò su una spalla di Andromeda, facendola sussultare; la ragazza si girò, per vedere chi fosse stato, per poi rabbuiarsi in volto alla vista della sorella Bellatrix.
«Che ci fai qui?» chiese, anche se sapeva che la risposta era ovvia.
«Vado in Sala Comune, no? Altrimenti dove dovrei andare?» rispose Bellatrix, trattenendosi dal ridere per la domanda stupida, solo perché era la sorella.
«E che vuoi da me? Perché non vai dai tuoi amichetti?» continuò Andromeda, un po’ seccata.
«Ma sentila, cerca di darmi ordini la mocciosetta!» esclamò Bellatrix più a sé che ad Andromeda. «Comunque cosa dovrei volere da una sorella stupida come te? Volevo solo dirti di stare attenta a cosa fai, altrimenti te la faccio pagare cara... Capito?» continuò poi, alludendo a Ted e al fatto che continuava a vederlo nonostante tutto.
Poi prese a camminare più velocemente, lasciando Andromeda sola in mezzo al corridoio, arrabbiata, che borbottava qualche imprecazione contro la sorella e qualcosa sul fatto che non prendeva ordini da nessuno.
Immersa nelle proprie riflessioni e pensando agli insulti che avrebbe potuto dire alla sorella la prossima volta che le avrebbe dato ordini, che le avrebbe lanciato minacce con vaghe allusioni che lei aveva colto al volo, ricominciò a camminare lentamente.
  
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