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Autore: funinthecorner    19/04/2013    2 recensioni
Il dolore assordante della quiete assoluta le riempie le orecchie e stringe la cornice temendo di sputare il cuore da un momento all'altro.
Ma è solo un sogno.
Genere: Dark, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: Violenza
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Inizia tutto con un battito di ciglia e un raggio di sole che ferisce gli occhi.
Agata strizza le palpebre e serra le labbra, reprime un singhiozzo e artiglia la stoffa del vestito. Sa cosa l’aspetta e vorrebbe morire all’istante, perché sa anche che sarà tutto uguale e diverso alle altre volte.


Lo vede, è testa in giù, le gambe ancorate al ramo dell’albero. La stessa espressione dipinta sul viso, lo stesso sorriso che mostra denti bianchi e perfetti, i capelli che come una cascata dorata gli coprono parte del viso.
È lui che osserva il mondo alla rovescia.


I movimenti sono gli stessi, sono le parole che cambiano sempre. E vorrebbe che non fosse così, perché se sapesse cosa sta per sentire si preparerebbe; indosserebbe il guscio giusto per pararsi dagli affondi crudeli e farebbe meno male.
Ma tutto questo non è programmato per non far male, semmai il contrario. Il solo scopo è quello di distruggerla, di farla a pezzi con cautela e la precisione di un chirurgo che opera senza anestesia.


Inizia tutto con un battito di ciglia e un albero di plastica.


L'appeso si cala a terra senza suono e l'erba (è come vetro, come tanti spilli di ghiaccio e Agata può sentirli nella schiena) non si piega, non si muove e lui è accanto a lei in una frazione di tempo così esigua che Agata vorrebbe urlare.


È l'odore di carne decomposta che colpisce per primo le narici. E quello del miele nel té. E dello shampoo alla frutta. E il retrogusto metallico del sangue (quello che le esce dalla schiena, perché lui ha una mano sul suo stomaco e preme. Forte. E l'erba entra nella carne ma dalla bocca non esce niente se non parole come aria).


    «No no no no. Ti prego, no.»


Agata stringe istintivamente la presa sulla fotografia stretta al petto: la cornice rossa e sotto il vetro due sorrisi che non esistono più. Uno spigolo della cornice preme sul cuore e lì sotto fa male. Il dolore assordante della quiete assoluta le riempie le orecchie e stringe la cornice temendo di sputare il cuore da un momento all'altro.


    «Mi ami?»


Lui preme sempre più forte col palmo della mano e Agata può giurare di sentire le sue dita nello stomaco e la sua voce nelle ossa. E la sua rabbia (non esiste veramente però Agata sa che c'è, da qualche parte) esplode con violenza improvvisa e lei non riesce più a respirare; è in una scatola stretta, chiusa con una chiave gettata in un angolo troppo lontano da raggiungere.


    «Mi ami?»


Le sue dita sono lame e Agata sa che, se alzasse la testa per guardare in basso, vedrebbe la sua mano immersa nel suo stomaco fino al polso. Fa male.
Agata chiude gli occhi, stringendo le palpebre, ed inizia a piangere.


    «Avanti, avanti. Puoi fare di meglio.»


Allora Agata apre la bocca e urla e sotto le palpebre è tutto rosso e non sente niente e fa male.


Lui appoggia l'orecchio al suo ventre, cercando il respiro, la vita, un battito.


    Tu non hai un cuore. Tu ami col fegato. E rigetti tutto.


È lui che osserva il mondo alla rovescia.


    Your eyes in the glass wear your face as a mask.


Inizia tutto con un battito di ciglia e un raggio di sole che ferisce gli occhi.
Agata vorrebbe morire all’istante.
Sempre.








note: questa è una storia vecchissima che non era andata oltre il lucchetto del mio livejournal; ho deciso di farle prendere aria.

   
 
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