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Autore: Little Black Dragon    19/04/2013    2 recensioni
Una convention. E mille ricordi.
Genere: Fluff, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Give a little time to me 
I'll burn this out
We'll play hide-and-seek 
To turn this 'round 
All I want is the taste that your lips allow
My my, my my,
oh give me love.

- Ed Sheeran.





Lucy osservò Ren correre al suo fianco per i corridoi, senza nulla ai piedi nudi, le scarpe in mano, il respiro leggermente affannoso e un gran sorriso su quelle labbra tenere.

E per poco non andò a sbattere contro una colonna.

-          Idiota – l’apostrofò la bionda in un mugolio divertito – guarda dove metti i piedi.
-          Ma mi distrai – sospirò Luce, le scarpe che ondeggiavano fra le dita.
-          Pensa a trovare una stanza vuota – replicò l’altra, senza accennare a rallentare.
-          Fanculo – annaspò la mora, afferrandole un braccio e tirandola a sé, nascondendosi dietro un angolo.
Un istante dopo, osservarono una Hudson Leick leggermente su di giri saltellare per il corridoio, seguita da un’orda di fan festanti e altrettanto saltellanti.
-          … Occhei. – Commentò perplessa Lucy, il respiro ancora corto mentre si esponeva per sbirciare.
Ren scoppiò a ridere.
-          Lì c’è un posto. – Indicò.
Le due si catapultarono dentro un magazzino e chiusero la porta a chiave, per poi accasciarsi a terra.
Lucy gemette e Reneé sorrise.
-          Stai diventando vecchia.
-          E tu stai ringiovanendo? – Sbuffò. – Ma come ti viene in mente di nasconderti nei bagni?!   
-          Non mi stavo nascondendo – protestò la più piccola – mi stavo dando una sistemata. E poi è arrivata la Puttana.
-          Quindi ti sei nascosta.
-          No. Ho impedito al suo naso di rompersi. E’ stato un gesto di gentilezza.
-          Oh, certo. Perché tu arrivi al suo naso.
-          Se salto sì. Piuttosto, spiegami quando è arrivata Hudson, perché me la sono proprio persa.
-          Vorrei saperlo. Avevo appena finito di ballare con Robert, quando si sono spente le luci e abbiamo visto questa sagoma assatanata cominciare la lap dance…
-          Così. All’improvviso.
-          Puff. Non era neanche tanto male da ved--- ouch!
-          Evita commenti del genere.
-          Ahia – mugugnò la mora massaggiandosi la costola dalla recente gomitata.
-          … Ti sta bene.

Lucy la fissò per un momento, poi abbassò lo sguardo e le cinse la vita con le braccia.
-          Mi dispiace. Mi dispiace, giuro. Lo sai.
Reneé si accoccolò appena contro di lei e chiuse gli occhi, senza rispondere.

-          Gli ho chiesto il divorzio. – Aggiunse la mora dopo qualche secondo.
-          Cosa?!
-          Ha detto che non firmerebbe.
Reneé rimase ancora in silenzio, lo sguardo vuoto.
-          Ho minacciato di denunciarlo… E ha detto che sarei finita. La cosa peggiore è che ha ragione, ha ragione, quel pezzo di merda ha ragione. Lo odio, Reneé, davvero.
-          Non… - Reneé batté ripetutamente le palpebre, cercando le parole adatte. – Che facciamo?
-          Non lo so. Ucciderlo?
-          Mi sembra una buona idea. Ci sono spranghe nelle vicinanze?
-          Dobbiamo farlo sembrare un incidente!
-          La spranga che gli casca accidentalmente in testa!
-          Pffff – replicò Lucy ridendo. – Mh, io gli lancerei addosso Adrienne. Con una bomba. Legata alla schiena.
-          Ottimo – approvò Reneé con un enorme sorriso diabolico.
Lucy inarcò le sopracciglia.
-          Scherzavo…
-          Ah.
La mora rimase immobile qualche secondo.
-          … Ok. In ogni caso… Io voglio lasciarlo, d’accordo? Io voglio lasciarlo, tremendamente, perché non lo sopporto! E’ così… così…
-          Irritante? Arrogante? Stupido? Stronzo? Disgustoso? Grasso?
-          Sì. Pallone gonfiato.
-          Mi chiedo come dannazione Adrienne abbia fatto. Non è possibile che si siano incontrati così, all’improvviso, per strada, e poi…
-          E poi bumbumbum? Sotto il mio naso? In effetti…
Reneé non rispose più.
Troppi intrighi, troppe bugie – maschere e inganni – e solo una serata per poter chiarire. Perché lo sapeva: quella sera, appena tornate in sala, sarebbe accaduto l’inferno.


 
-          Adrienne.
-          Dimmi.
-          Che… Come? Cioè... Perché?
Robert e Adrienne erano stesi sul letto della casa di lei, le lenzuola completamente sfatte, al termine della sessione di sport settimanale. Lui, appoggiato alla spalliera, fumava placidamente una sigaretta, lo sguardo vacuo come quello della donna rannicchiata accanto a lui.
-          Perché cosa?
-          Perché… perché sei qui. – Rob spense la sigaretta e si girò su un fianco, a guardarla. – Insomma, è strano. Tu… tu vuoi qualcosa? Cerchi qualcosa?
Adrienne rimase in silenzio per qualche secondo.
Si era spesso ritrovata a guardare dall’altra parte del letto chiedendosi perché quell’uomo fosse lì in quel momento, perché ci stesse andando – era un uomo sposato, dannazione – perché non sentisse niente, e non era riuscita a trovare risposta.
O almeno fino al giorno prima, quando aveva colto da un discorso fra passanti, e aveva capito.
-          Coazione a ripetere. – Rispose.
-          … Cosa?
-          … Coazione a ripetere. Freud…. Freud ci ha fatto degli studi, sai. Si tratta dell’elaborazione di un trauma da parte del nostro cervello, che ci spinge a ripetere la situazione in modo da neutralizzarne l’impatto. Il tutto, inconsciamente.
-          … Oh. E… quale sarebbe il trauma in questione?
Adrienne strinse le labbra – che bella domanda. Si alzò e si affacciò alla finestra, una figura nuda e sottile contro la luce del sole che brillava ancora a fatica.
-          Thomas. – Sussurrò.

 
Lucy accarezzò la spalla di Reneé, nel buio della stanza.
-          Andrà tutto bene – mormorò. – Te lo prometto.

 
Robert si alzò, avvolgendosi in una coperta, e si affacciò accanto a lei.
-          Parlamene.
-          Non… - cercò le parole. – Non…
-          Se non te la senti…
-          Un anno fa, anche meno. Un anno fa. Lo conobbi, ed era probabilmente l’uomo più bello che avessi mai visto. Non so come accadde di preciso, sai… Né quando, né perché, ma me ne sono innamorata subito – la sua voce si fece flebile – forse fin dalla prima volta che ci siamo visti. Forse, per il semplice fatto che si trattava di lui. Mi bastava questo, credo.
Rimasero in silenzio per qualche attimo.
-          Che successe?
-          Successe che pensavo. Successe che ci mettemmo insieme. Successe che, per un po’, ho creduto di poter essere felice, perché credevo di poterlo rendere felice, anche se… anche se spariva sempre. In continuazione. E morivo. – Fece una piccola paura, mordendosi il labbro e tremando. - Successe che un bel giorno mi lasciò un biglietto. “Scusa, mi sono innamorato di un’altra donna. Perdonami. Perdonami, per favore”.
Le passò una mano fra i capelli.
-          Hai una sua foto? – Bisbigliò.
Adrienne gli indicò il comodino. Nascosta, fra le cornici, la piccola immagine di un uomo castano e dal viso mascolino risplendeva come oro.
Robert schiuse le labbra, immobile. Soffocato dall’incredulità. Strano che non se ne fosse mai accorto prima.
Poi tornò a guardare Adrienne, lasciandosi alle spalle la fotografia di Steve Muir, una nuova luce nello sguardo sempre stato così freddo, congelato dal sangue secco delle sue ferite, e le cinse la vita con un braccio, mentre lei scoppiava a piangere.
-          Andrà tutto bene – mormorò – te lo prometto.
 
  
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