Capitolo IV
La dura verità
«Alla buon’ora! Ormai non ci speravo più!» esclamo
sarcastica.
«Potevi anche chiamare tu! - rispose una voce con lo
stesso tono – prima dormivi».
«Ma’ stavo scherzando, come state?»
«Ma sì, diciamo che va. Passiamo le giornate a goderci le
bellissime spiagge delle Maldive e a fine mese andiamo a Londra a trovare tuo
fratello e a goderci dal vivo qualche gara olimpica»
«Che bello! Poi descrivimi anche nel dettaglio il colore
dell’acqua e le varie sfumature presenti nella sabbia, giusto per farmi rodere
il fegato ancora di più! Se non fosse per questi inutili esami di stato sarei
potuta venire anch’io alle Maldive» pronuncio mettendo il broncio.
«A proposito, com’è andato l’orale?»
«Beh è andato. I prof erano cortesissimi e cercavano di
aiutarmi, devo dire che la nostra commissione era fantastica. Poi sono riuscita
anche a tradurre un’intera frase di latino! Il bello è che dopo averlo fatto,
mi sentivo così realizzata che volevo alzarmi ed esultare come allo stadio, ma
poi ho pensato che non sarebbe stato molto opportuno» sento delle risate
provenire sia dall’altro capo della cornetta, sia dall’interno dell’abitacolo.
«Almeno adesso puoi fare quello che vuoi tutto il giorno.
Ascolta dopo puoi sentire tuo fratello? Ho provato a chiamarlo, ma non risponde,
sicuramente avrà lasciato il telefono in giro come sempre»
«Sì, tranquilla lo chiamo e poi ti mando un messaggio.
Papà come sta?»
«È già a dormire, qui è quasi l’una di notte domani te lo
saluto. Voi ora che fate?»
«Lo zio ha deciso di portarci fuori a cena per
festeggiare, quindi stiamo andando in qualche posto sperduto in Lomellina,
anche se credo che ci porterà in pizzeria»
«Sempre a fare la bella vita voi! E con chi andate?» alzo
gli occhi al cielo, sempre la solita impicciona.
«Con Cooper e Charlie no?» dico seccata, odio rispondere
a domande ovvie.
Ian che si trova al mio fianco mi da un colpo sulla
spalla e mima con le labbra “e io?”. Sbuffo.
«E c’è anche Ian il figlio della governante» aggiungo.
«E perché non…» cerca di dire, ma io la interrompo.
«Oh guarda siamo arrivati! Mamma ti saluto e ti chiamo io
tra qualche giorno perché se no spendi troppi soldi. Ciao ti voglio bene» fa
appena in tempo a rispondermi “anch’io”
che io riattacco.
Neanche farlo apposta siamo arrivati veramente poiché l’auto
si ferma e Cooper si volta.
«Ragazzi iniziate ad entrare, noi cerchiamo parcheggio.
Dimenticavo è prenotato a nome Alonso»
«Oddio zio sei un grande!» riesco a dire tra le risate.
Ian ed io scendiamo e l’insegna della pizzeria si para
davanti a noi “Il Timone” originale
come nome se consideriamo il fatto che si trova nel bel mezzo della pianura
padana.
«Ci sei mai stata?» domanda Ian indicando il locale.
«Certo che sì! Fanno una pizza sottile fantastica, è la
mia seconda pizzeria preferita» affermo con l’acquolina in gola.
«E quale sarebbe la prima?»
«Beh non mi ricordo come si chiama, però è in Liguria in
un paesino vicino a Sestri Levante. Ci sono andata quest’estate quando ho
passato qualche giorno a casa di una mia amica».
Entriamo e una ragazza molto carina si avvicina a noi
sorridendo «Ragazzi scusate, ma a meno che non abbiate prenotato non troverete
un posto»
«Abbiamo un tavolo riservato a nome Alonso…Fernando
Alonso» rispondo cortesemente sorridendo di rimando.
La ragazza mi guarda stupita, o meglio è come se dovesse
svenire da un momento all’altro.
Sta a vedere che è una patita di formula uno come me! Mi dispiacerà
dirle che lui non ci sarà …
«È lu…lu…lui il pilota?» domanda indicando Ian.
Lui scoppia a ridere.
Ma sei scema?
La guardo malissimo.
Esigo un fucile, anzi una mina anti-pirla, è più signorile.
«Stai scherzando vero?» riesco a domandare.
«No, perché non è lui il famoso Fernando Alonso?» domanda
sorridendo.
I miei occhi sono spalancati.
«No, non sono io» si affretta a rispondere Ian prima che
faccia scatenare un putiferio.
«Ma lui verrà?» domanda di nuovo speranzosa.
«Guarda mi dispiace, ma ha avuto un imprevisto
dell’ultimo minuto. Non verrà» continua Ian.
«Oh che peccato – dice con aria dispiaciuta – Seguitemi»
e ci conduce al nostro tavolo.
Ian ed io ci accomodiamo e la ragazza torna per lasciarci
i menù.
«Ora questo dovrò lasciarlo a te» dice ammiccando
guardando il ragazzo al mio fianco e poggiando qualcosa vicino alla sua mano
prima di andarsene.
«Ti prego dimmi che non è quello che penso» sussurro
allibita.
«Invece è proprio quello» dice guardando attentamente il
bigliettino.
Ci guardiamo seri per poi scoppiare a ridere insieme.
«Ehi ragazzi che cosa c’è di così divertente?» domanda
Cooper mentre aiuta Charlie ad accomodarsi.
«La cameriera ha…ha scambiato lui…ha scambiato Ian per
Alonso» riesco a dire tra le risate, loro ci guardano e si aggregano alle
nostra risate.
Dopo qualche minuto riesco a calmarmi, finché la ragazza
torna per prendere le ordinazioni. Fortuna vuole che mio zio sa quello che
prendo perché io non riuscirei a parlare.
«Strano che la mia pizza sia l’ultima» sbuffo notando che
il cameriere ha portato solo tre pizze.
«Ian cos’è quel foglietto?» domanda Charlie incuriosita.
«Ah giusto devo finire di raccontare – intervengo – praticamente
dopo aver scambiato Ian per Fernando la cameriera gli da quel biglietto con su
scritto il suo numero dicendo “Ora dovrò lasciarlo a te”, ti giuro che stavo
morendo» concludo.
«Oh oh il nostro Don Giovanni si dà da fare!» sorride
malizioso mio zio.
Ian ricambia lo sguardo di intesa.
«Ma andate a quel paese» dico prendendo il biglietto
mentre il ragazzo sta mangiando.
«No, no ferma!» esclama a bocca piena mentre lo stappo.
«Ma per favore, quella è solo una zoccola! Non dai il
numero ad uno se vedi che è accompagnato da una ragazza» affermo seccata.
«Non è che qualcuno qui è geloso?» chiede Cooper mentre
sulle sue labbra compare un odioso sorrisetto.
Gli faccio la linguaccia, poi noto la stessa cameriera
che si avvicina al nostro tavolo portando una pizza.
Involontariamente inizio a parlare.
«È quella che è irritante! Primo non sa neanche cos’è la
formula uno, ma voleva solo tentare di rimorchiare il pilota, ridicolo; secondo
– alzo un po’ la voce – ci sta provando spudoratamente con il mio futuro
marito! Lui era lì tranquillo che se la rideva, poi non contenta gli ha
lasciato pure il numero e lui la fissava fermo come uno stoccafisso!»
Noto che la ragazza è arrivata al tavolo, ma fingo di non
vederla.
«Amore come minimo per farti perdonare mi regali un
cucciolo di Husky» dico mentre poso la mia mano su quella di Ian e lo guardo
dolcemente.
«Scusate, la pizza con le patatine di chi è?» ci
interrompe la cameriera che ormai è diventata completamente rossa in viso.
«Oh è la mia! Grazie cara» sorrido con un sorriso più
falso dei soldi del monopoli mentre lei appoggia il piatto, poi se ne va con
sguardo basso.
Ian mi guarda interdetto.
«Amico capita» dico poggiando una mano sulla sua spalla.
Charlie scoppia a ridere.
«Logan che hai da ridere?» domanda mio zio chiamandola
con il suo secondo nome.
«Beh sono riuscita a capire che Emma lo ha bruciato!»
esclama divertita
«Che?» chiede Ian
«Ti ha bruciato. Emma ha visto la cameriera arrivare e
per questo ha iniziato a dire che voi due state insieme. Nipote sei un genio
del male» conclude battendomi il cinque.
«Ecco perché la ragazza era rossa come un peperone…»
riflette Cooper.
Annuisco mentre mangio la mia pizza.
«Lo sai che ti odio?!» mi domanda retorico il ragazzo.
«In realtà ti ho fatto un favore, poi abbiamo appurato
che finalmente Charlie sa l’italiano! Perciò possiamo abolire l’inglese…vero
zio?» chiedo speranzosa
«Adesso non esageriamo! Parleremo un po’ di più in
italiano, comunque lo faccio per te: l’inglese ti serve» ribatte lui serio.
Sbuffo.
«A proposito di inglese…come ti è andato all’orale?» dice
Charlie.
Merda…
«Guarda com’è tardi, meglio se provo a chiamare Ryan…»
«Signorina non ci provare!» mi interrompe Coop.
Panico!!
Mi schiarisco la voce.
«Allora prima mi ha chiesto la parte sul news of the
world della mia tesina e l’ho detta decentemente…»
«Poi?» mi incoraggia.
«Poi…poi mi ha chiesto chi è stato il primo scrittore ad
introdurre la figura dell’investigatore ed infine mi ha chiesto una delle
storie di Poe»
«Sì, ma come hai esposto?»
Prendo un respiro profondo.
«Una merda! Ero così agitata che sparavo parole a caso,
frasi senza soggetto, tempi verbali buttati lì usati un po’ al passato ed un
po’ al presente; poi quel deficiente di Poe che va a chiamare un gatto nero
Pluto, ma cazzo chiamalo Fuffy no?» le parole escono tutte di getto dalla mia
bocca.
«Sweety hai detto che dopodomani verranno a stare dai noi
due tue amiche?» domanda Cooper, il suo viso ormai è oscurato.
«Sì, sempre se non ci sono problemi» chiedo cauta.
«Non ci sono problemi. Solo avvisale che in casa nostra
si parlerà solo inglese. Tra di voi parlate pure in italiano, ma con noi si
parlerà solo inglese. Ah con “noi” includo anche Maria, Ian ed Ingrid»
«È proprio necessario?» ribatto
«Sì, hai detto che vuoi incontrare alcuni attori ed
aiutarmi durante qualche ripresa? – annuisco – bene, quando parlerai la lingua
in modo fluido potrai aiutarmi, prima no»
«Ma zio…»
«Ma zio un bel niente! O così o ti mando in collegio in
Svizzera per tutta l’estate, ne ho già parlato con i tuoi genitori e loro
concordano con me»
«Okay» dico sconsolata.
«Ora se volete scusarmi ho una chiamata urgente da fare»
conclude prima di alzarsi ed uscire dalla pizzeria.
Il silenzio che si è creato viene interrotto dalla donna
che mi trovo davanti.
«Perché è sempre così esagerato? Addirittura ha pensato
ad un collegio in Svizzera»
«Emma mi dispiace, ma Coop ha ragione. È essenziale che
impari bene l’inglese»
«Ma io lo so parlare. È che a volte l’ansia mi assale e
vado in palla» dico sconsolata guardando quegli occhi castano scuro posti al
centro di quel viso così fine ed angelico, prima di addentare l’ultima fetta di
pizza.
Ian scoppia a ridere.
«Cazzo ridi?!» sussurro dandogli un calcio sotto al
tavolo.
«Ahia!» si massaggia la gamba.
«Così impari»
«Cucciola lei» scherza il ragazzo abbracciandomi e
lasciandomi un bacio sulla nuca.
«È meglio se ora chiamo Ryan» tiro fuori il telefono e
compongo il numero.
Il telefono suona e suona.
Dopo un po’ risponde una voce un po’ roca.
«Pronto?»
«Hi, English boy! How
are you?» esclamo.
«Emma vai a cagare! Stavo dormendo rompipalle!»
«Mamma mi ha detto che non rispondevi allora ho provato
io – controllo l’ora – scusa ma tu vai a dormire alle nove?» domando allibita.
«Qui sono le otto e poi mi sono addormentato dopo cena.
Devo uscire tra mezz’ora»
«Okay allora ti lascio, buona serata Ciop. Un bacione»
«Se, notte Cip! Salutami gli zii» conclude prima di
riattaccare.
Passa un’altra ora durante la quale parliamo
tranquillamente e ci portano pure il dolce, ma dello zio non c’è traccia.
«Zia io inizio a preoccupami» mi affretto a dire.
«Tranquilla sai che quando fa una telefonata di lavoro
può parlare anche per ore ed ore»
«Giusto, comunque non credo che Cooper prenderà altro. Io
direi che possiamo pagare ed andare» propongo, così mentre prendo la borsa
Charlie si è già avviata alla cassa per pagare.
Una volta usciti dalla pizzeria notiamo che Cooper non è
lì fuori.
Decidiamo che mia zia sarebbe rimasta lì fuori ad
aspettarlo, nel caso fosse tornato, invece io ed Ian avremmo provato a cercarlo
al parcheggio. Iniziamo ad avviarci uno accanto all’altra lungo le strade
deserte del piccolo paesino nel silenzio della notte.
«A parte inglese come ti è andato il resto dell’orale?»
domanda ad un tratto il ragazzo.
«Diciamo che alcune cose che non me le ricordavo, però
per il resto abbastanza bene. Spero di aver preso almeno venti»
«Ma sì, dai stai tranquilla. Secondo me esci con
settantacinque!»
«Oh addirittura! Zio ha detto che se riuscivo ad arrivare
ad ottanta mi regalava la Maserati, peccato che non mi sono impegnata
abbastanza» concludo amareggiata.
«Beh può sempre regalarla a me!» esclama lui felice.
«Lo proporrò allo zio. Comunque che esame hai dato oggi?»
«Inglese»
«Ecco perché non ti basta il ventotto, ma lo hai accettato
comunque?»
«Sì, non avevo voglia di ridarlo, poi è già tanto se non
ho mandato a quel paese il professore»
«Addirittura, come siamo violenti oggi» scherzo dandogli
un pugno sulla spalla, lui per tutta risposta mi mostra uno dei suoi bellissimi
sorrisi dopo di che il silenzio cala su di noi.
«Ah perché tu pensi?» lo guardo stranita.
Lui mi cinge le spalle con il suo braccio ed avvicina il
suo viso al mio
«Sempre niña» dice fermandosi, con voce suadente.
Mi guarda per qualche secondo e poi ride.
Se potessi in questo momento
diventerei bordeaux, anzi facciamo che inizio a scavare una fossa
profondissima per raggiungere Dante
all’inferno.
Lui ride per la mia faccia da ebete: bocca semiaperta e
sguardo perso, mi manca solo la bavetta che esce e sono a posto!
«Stavo dicendo che pensavo ad oggi…» riprende a dire lui.
Ahia.
«…quando stavamo parlando…»
La vedo brutta.
«…e poi ti ho fatto una semplice domanda…»
Lo sapevo io che poi arrivava lì.
«Quindi?» cerco di salvarmi.
«Quindi mi aspetto una risposta»
Sono spacciata, completamente, inesorabilmente spacciata!
Riprendiamo a camminare.
«Beh a dire il vero non mi ricordo neanche tanto bene
cosa mi hai chiesto» cerco di guadagnare tempo.
Zio dove cazzo sei? Uomini, quando servono non ci sono mai!
«Oggi ti ho chiesto se ti piaccio» ripete guardandomi.
Distolgo lo sguardo da lui.
«Allora?» mi esorta.
«Beh…ovvio che sei una bella persona, sei simpatico,
intelligente, andiamo d’accordo…» inizio a dire guardando un punto fisso
davanti a me.
Ad un tratto mi sento voltare e mi ritrovo ferma con lo
sguardo fisso sul suo petto.
Io non ho il coraggio di guardarlo, ma lui poggia
l’indice sotto il mio mento e solleva il mio viso finché i nostri occhi si
incontrano.
«Non era quello che intendevo» sussurra piano.
Prendo un respiro profondo.
«Vuoi
proprio la verità? La dura verità?» chiedo, lui annuisce così io continuo.
«Io…io credo…credo che…»
«Ragazzi che ci fate qui!» esclama mio zio guardandoci
dall’interno dell’abitacolo, non mi ero neanche accorta che un’auto si era
accostata a noi.
Qualcuno ha ascoltato le mie preghiere.
«Dai salite che torniamo a casa» conclude.
Ian scuote la testa mentre sale dietro.
«Coop posso guidare io? Per favore» domando sfoggiando la
mia versione angelica.
Lo zio mi guarda male «Tu che guidi il Cayenne?» annuisco
speranzosa.
Mi fissa per qualche secondo.
«Dai okay. Per oggi va bene» conclude cedendomi il posto
del conducente, mentre lui fa il giro per sedersi accanto a me.
Sistemo lo specchietto retrovisore e noto Ian che, divertito,
mima con le labbra un “ti è andata bene”.
CCNL
Scusate per il super ritardo, ma sabato scorso sono andata al mare ^^ e il giorno dopo mi sono accorta di non aver scritto tutto il capitolo!!
Lo so sono stordita --.--
Oggi invece sono troppo contenta perché ieri sera sono andata al concerto di Conor Maynard!!!!!!!!!! Giuro che è BRAVISSIMO!!!!
Lo so che starete dicendo che non ve ne frega niente, però avevo voglia di scriverlo...
Tornando al capitolo abbiamo capito che Emma non ama parlare solo inglese, ma meglio quello piuttosto che finire in un collegio in Svizzera per l'intera estate!
Poi l'intesa tra Ian ed Emma cresce...maybe, forse, magari...chi leggerà vedrà ;)
Ho finito di scrivere cavolate...
Un bacione...e al prossimo capitolo!
BlakeT