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Autore: Luna Malfoy    01/09/2004    6 recensioni
Quando mi sono accorta di provare, ciò che la gente chiama “qualcosa di sbagliato”, esattamente non saprei dirlo neppure io. Mi sono ritrovata a formulare pensieri, a provare sensazioni (non so nemmeno cosa, tuttora), per una persona che fino a qualche tempo fa avevo a malapena notato.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ron Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 An improbable crush

 

Quando mi sono accorta di provare, ciò che la gente chiama “qualcosa di sbagliato”, esattamente non saprei dirlo neppure io. Mi sono ritrovata a formulare pensieri, a provare sensazioni (non so nemmeno cosa, tuttora), per una persona che fino a qualche tempo fa avevo a malapena notato. Persona che, ne ero certa, non avrei rivisto mai più, dopo il mio diploma ad Hogwarts, se non durante le festività.

 

 

E fu proprio durante il Natale di quest’anno, che lo ritrovai. Se ne stava seduto sotto l’immensa quercia di casa Weasley, o la Tana che dir si voglia. Aveva il capo reclino sulla corteccia, le braccia stancamente abbandonate accanto al corpo e gli occhi, blu come quelli dei suoi fratelli, chiusi. La stessa posizione in cui, per anni e anni, avevo visto suo fratello, ogni qual volta si litigava e lui mi chiedeva di lasciarlo solo per un po’. Non mi ci volle molto per fare due più due.

 

“Litigio?!”

 

Dovetti averlo svegliato, notai, osservando i suoi movimenti. Lo vidi riaprire gli occhi a fatica e tirarsi su con uno sbuffo, puntando gli occhi in tutte le direzioni possibili, ma non verso di me. Credetti fosse un gesto dettato dalla timidezza, ma quando si voltò, incrociando il mio sguardo… non notai alcun cenno di imbarazzo in quelle iridi oltremare.

 

“Voi ragazze siete un vero enigma.” Mi disse con garbo, sorridendomi appena.

 

Mi sedetti accanto a lui, facendo attenzione a non sporcarmi i pantaloni di velluto bianco, con la terra. “Anche voi ragazzi non scherzate!”

 

“Forse…”

 

Stemmo in silenzio per qualche minuto, lanciando occhiate in cielo e commentando la forma delle stelle e delle costellazioni, che aveva imparato durante i primi quattro mesi del suo sesto anno. Quello che stava frequentando attualmente. Incredibile! Mai e dico mai, avrei creduto di ritrovarmi a parlare con un mocciosetto di sedici anni… io, diciottenne convinta che qualsiasi persona al di sotto della mia età, fosse una gran seccatura.

 

Lui non lo era.

 

All’apparenza dava l’idea di essere un gran timido (sebbene nessuno mi abbia mai confermato questa teoria che, sì lo ammetto, pare essere solo mia), con quella tendenza alle espressioni da cucciolo tipica dei fratelli Weasley. Eppure lui era l’esempio lampante che l’apparenza inganna. Lui, ultimo maschio di una progenie che pareva infinita, fratello maggiore di una ragazzina iperprotetta, figlio di mezzo e di conseguenza, anche un po’ sottovalutato forse.

 

Parlammo di tutto in quei pochi minuti e mi accorsi, con enorme stupore, di quanto l’età non conti per misurare la maturità di una persona. Devi sbatterci il muso sulle cose, a volte, per rendertene conto.

 

Era dotato di grande senso pratico, intuito, forza e carattere, nonché di quella spiccata e sana impulsività, che come era stato per tutti i fratelli Weasley, lo avrebbe condotto ad avere dei problemi. Come in quel momento.

Mi confidò di essere stato colto da un moto di gelosia, forse eccessivo, nei confronti della sua migliore amica: Hermione. Furono inutili i miei tentativi di farlo sbottonare e soprattutto fargli capire che, con quella scenata, si era automaticamente dichiarato alla giovane strega.

 

Mi rispose con un semplice “oh beh, spero che stavolta lo abbia capito, perché altrimenti non so più che fare per farmi notare. Non sono certo come il suo Vicky, io!”

 

Mi venne spontaneo, e mi duole ammetterlo, ridere. Tutta quella sincerità non ce la si aspetta da un ragazzino in piena crisi ormonale, pronto a tutto per nascondere i sentimenti che prova e a mascherare l’interesse per una ragazza. Specie se la ragazza in questione è la sua migliore amica!

 

E tu come mai qui fuori?” Domandò all’improvviso, cogliendomi di sorpresa. “George sta facendo lo spuntino di mezzanotte?!”

 

Fui tentata di scoppiare a ridere di nuovo, ma mi trattenei. “No, abbiamo discusso.

 

“Sai che novità!” Esclamò con tono strano, passandosi una mano tra i capelli rossi e ormai lunghi. “Non fate altro dalla mattina alla sera e siete qui da appena tre giorni…”

 

Aveva ragione. Ronald Weasley, appena sedicenne, aveva palesato ciò che tutti aspettavano di dire da quando avevamo messo piede il primo giorno alla Tana. Angelina inclusa, che più volte era stata trattenuta da occhiatacce di Fred, che però non erano passate inosservate ai miei occhi.

 

“Sì, lo so… ma tuo fratello, come dire, manca di-”

 

“Tatto?!”

 

Annuii. Sì, George Weasley mancava di quella buona dose, che ogni uomo dovrebbe avere, di tatto e sensibilità. Mi chiese se avevo mai provato a farglielo notare e fui costretta ad ammettere che il motivo della discussione era proprio quello. Io cercavo di farlo ragionare, lui mi dava dell’esagerata.

 

“Esagerata?!” Fece sorpreso, sgranando gli occhi color del cielo. “Ah beh sì, vedi… George è un tipo che prende la vita con un sorriso. Tutta la vita, ogni suo singolo aspetto. Anche quelli che non dovrebbe.”

 

Lo disse in maniera così… spontanea, no forse dovrei dire vera, che mi resi subito conto, di quanto avesse ragione. Ron aveva centrato il problema.

 

“Sì, me ne sono accorta. Purtroppo però io non sono così…”

 

Il ragazzino mi rivolse un sorriso un po’ intimidito, che mi fece cadere di nuovo in trappola. “Neanche io, ma ci sono momenti in cui vorrei esserlo… probabilmente ha ragione lui, ci si stressa meno.

 

Era vero. Mi trovai immediatamente d’accordo con lui. Su tutta la linea… ma era pur vero che un simile atteggiamento, danneggiava un qualsiasi rapporto di coppia. Glielo spiegai. Di come suo fratello glissava qualsiasi argomento troppo pesante, qualsiasi tentativo di fargli capire cosa mi dava fastidio nel suo comportamento… rimase interdetto, ma non replicò.

 

Chiacchierammo tutta la notte, o quasi. Solo intorno alle tre, incominciammo ad avvertire i primi segni della stanchezza e ci demmo la buonanotte. Io, Alicia Spinnett, non avevo ancora capito in cosa ero andata ad impelagarmi.

 

* * *

 

L’indomani mattina, quando aprii gli occhi, trovai George perfettamente sveglio. Era disteso accanto a me, con il gomito piegato e la testa poggiata sulla mano aperta. Un tiepido sole invernale rischiarava i suoi capelli color rame e accentuava le lentiggini sul volto bianco.

 

“Buongiorno, stella.”

 

Mugugnai appena una risposta, prima di ritrovarmi le sue labbra appiccicate alle mie. Non ero in vena di effusioni, non ancora, dopo la sera prima. Mi sembrò brutto, però, staccarmi all’improvviso e senza motivo… ragion per cui lo baciai, con meno di foga di quanta riuscissi a impiegarne in realtà. Fu quando sentii le sue mani sotto la camicia da notte, che mi scostai e lo guardai seccata.

 

“…non mi sembra il momento. Tua madre ci aspetta per la colazione. Mentii spudoratamente, alzandomi dal letto e infilandomi come una furia in bagno.

 

George, come sempre, non fece una piega. Non era tipo da supplicare una sveltina, né io ero una ragazza così semplice da far capitolare.

 

Ferma, sulle scale del secondo piano della Tana, ascoltai le voci che provenivano dai piani inferiori. Ginevra parlava animatamente col fratello maggiore, Bill. George e Fred ridevano per non sapevo e non volevo sapere quale motivo. Individuai la sua voce, tra tutte e sentii le guance prendere fuoco.

 

Perfetto, Alicia… ti sei bevuta il cervello…

 

Scossi la testa, dandomi mentalmente della cretina. Andiamo, stavo pensando a quel modo del fratellino (per giunta minorenne) del mio ragazzo! Era il primo passo, verso la catastrofe e me ne accorsi, quando percepii uno sfarfallio all’altezza dello stomaco e uno stupido, inutile, quanto imbarazzante batticuore.

 

Batticuore che peggiorò, quando incontrai i suoi occhi blu. Mi fermai qualche istante ad osservarli. Avevano una tonalità più scura dei miei, quasi notturni, ma quando un raggio di sole li baciava, si schiarivano magicamente. Mi sorrise incoraggiandomi a scendere gli ultimi gradini e, guardandolo giocare con i ciuffi color rame, pregai che non si accorgesse che era la sua presenza a farmi quel cavolo di effetto.

 

“Ah George, George… la tua dama si è finalmente decisa a svegliarsi. Benvenuta nel mondo dei mattinieri, Alicia-dormigliona-Spinnet!” Scherzò, passandomi una mano sui lunghi capelli biondi.

 

Era molto più alto di me e sicuramente più robusto dei gemelli. Troppo vicino e troppo sorridente. Un mix che mi fece aumentare i battiti cardiaci. Ero una grande attrice, lo devo ammettere. Mi stupii di me stessa, quando riuscii a fargli una linguaccia e a sedermi accanto a George, borbottando qualcosa in direzione di Angelina che mi guardava.

 

Un gufo irruppe nella cucina di casa Weasley, disturbando la colazione. Probabilmente (e ribadisco, probabilmente!) nessuno, a parte me e Ginevra, si rese conto che quella missiva, per Ronald, gli aveva tolto il sorriso dalle labbra. Tutto d’un tratto pareva scocciato, infastidito… cupo.

 

Dovevo avere una faccia più seria della sua, però, visto che quando i nostri occhi si incrociarono, mi rivolse un sorriso che aveva del confortante. Gliene fui grata, non so neanche perché. Io stavo bene, cioè, stavo bene per quanto mi riguardava… ero solo in pensiero per lui, ma dubito che se ne fosse accorto.

 

Quella mattina, il mio ragazzo, il suo gemello e altri due componenti maschili della famiglia, si diressero a Diagon Alley, per prelevare dal negozio di scherzi, un po’ di fuochi artificiali, per allietare la serata. Angelina e Ginny, mi chiesero di andare con loro, per un giro di compere natalizio. L’idea non mi andava a genio neppure lontanamente.

 

“Ron vieni anche tu?!” Domandò la sorellina, sfrecciando verso il salottino per recuperare il cappotto di panno nero.

 

Sentii la voce ovattata del piccolo Weasley, provenire dai piani alti. “Un momento! Arrivo… sono pronto.”

 

Cambiai idea. Sapevo che ero decisamente sciocca, inopportuna e… oddio, chissà quante altre cose. In fondo, stavo andando a fare una passeggiata per quelle vie non per smania di compere e neanche per passare del tempo con George. No, io avevo accettato nella speranza di trovare qualche minuto libero per ritrovare quel feeling della sera prima, con Ronald. Rabbrividii dei miei stessi pensieri.

 

Brividi o meno, però… un’ora dopo ero da Madama McLain, annuendo o scuotendo la testa, come unico parere sui vestiti che si stavano provando le mie accompagnatrici. Ignorai persino un commento poco galante di Marcus Flitt, che ebbi la sfortuna di incrociare fuori dalla boutique, in un attimo di pausa che mi ero concessa dalla sfilata di moda delle due.

Non so come mi convinsero a provare un abito, che Ginevra aveva pescato nel mucchio. Era lungo, nero, aveva una sola bretella e mi fasciava peggio di una pellicola per alimenti, ma dovetti ammettere a me stessa che era bello.

Ovviamente, non fui dello stesso parere quando lo vidi addosso a me. Nonostante sia la rossa, sia la mia amica del cuore, cercassero di farmi capire l’esatto contrario, io mi intestardii, sciorinando difetti su difetti.

 

“Complimenti!” Commentò una voce, sulla porta del negozio, accompagnato da un fischio. “Quel vestito ti sta veramente bene!”

 

Inutile specificare di chi fu il commento, se vi dico che dieci minuti dopo, il vestito era in una busta appesa al mio braccio. E no, non era di George.

 

Quando tornammo a casa, metà famiglia sparì dedicandosi ai preparativi per la serata. Angelina mi disse che era stanca per tutto quel camminare e, sinceramente, la capii. Solo, non mi andava di andare a dormire. Odiavo riposare al pomeriggio, mi metteva una strana angoscia. Optai per un libro, comodamente seduta sul divano della Tana.

 

“Ora intellettuale?!”

 

Avvertii di nuovo quello sfarfallio e quell’accelerazione dei battiti cardiaci. Alzai lo sguardo sulla causa di tutto quello scompiglio dentro di me e, non ne sono certa, ma sentii un forte calore all’altezza delle gote. Ebbi paura di arrossire.

 

Annuii piano. “Sì, sai… dopo lo shopping, un po’ di relax! Come mai non sei con gli altri?!”

 

Ron si scostò un ciuffo da davanti agli occhi, sorridendomi. “Perché quando si tratta di scherzi e affini, George e Fred sono i protagonisti e io mi sento perfettamente inutile.

 

“Capisco.” Presi un forte respiro, chiudendo gli occhi e trattenendo il fiato, quando lo sentii sedersi accanto a me e afferrare un lembo del plaid che avevo usato, per coprirmi le gambe. “Come… come mai eri in negozio, oggi?!”

 

“…ma no, passavo di là!” Rispose subito, tranquillo e sorridente. “Vi ho viste tutte prese dai vestiti e mi è sembrata una buona cosa. Stamani eri parecchio a terra.”

 

Si alzò per andarsene e non feci nulla per impedirlo. Non che non lo volessi là con me. Tutt’altro, ma non potevo farlo. Mi ero appena accorta che non riuscivo a fare a meno di ascoltare la sua voce e che avrei dato chissà che cosa, per rivederlo dopo due minuti al massimo, che era andato nella stanza accanto.

 

Il culmine della pazzia però, lo raggiunsi quella sera.

 

* * *

 

George non mi aveva prestato attenzione per tutto il pomeriggio e nulla faceva presagire che la situazione sarebbe cambiata, entro sera. Specie se si considera che, intorno alle venti, qualcuno aveva suonato alla porta e con grande gioia dei gemelli, l’inaspettato visitatore altri non era che Lee Jordan. Potevo dire addio all’idea che il mio ragazzo si accorgesse che c’ero anche io a casa sua.

 

Mi ero rifugiata in veranda, avvolta nel mio cappotto di panno, impegnata a giocherellare con la bacchetta. Niente di che, facevo lievitare qualche oggetto e lo richiamavo a me, per poi rilanciarlo lontano. Ero pur sempre una Cacciatrice eh!

 

“Beata te che puoi usare la bacchetta!”

 

Mi si ghiacciò il sangue nelle vene e, credetemi, come sensazione è mille volte migliore di quella che ci si accorge di provare, per un ragazzino che è poco più di un bambinetto e ti attira come le api sul miele. Scossi la chioma bionda e gli rivolsi un sorriso.

 

“Tra un po’, potrai farlo anche tu. Devi solo aspettare il diploma… non ti manca poi molto!”

 

Ron sedette accanto a me, posando su un tavolino, due tazze di thé calde. “Ginny si è accorta che eri giù di morale e mi ha incaricato di portarti queste. Voleva farlo lei, ma un gufo di Dean l’ha bloccata.

 

“E’ sempre gentile, Ginevra.”

 

“Fin troppo!” Esclamò con tono geloso e lievemente accigliato lui.

 

Mi venne naturale sorridere. “Dai su non fare il fratello iperprotettivo, lasciala respirare quella povera ragazza, oppure te ne combinerà di tutti i colori.

 

Lo vidi sgranare gli occhi, spaventato. “Dici sul serio?! Oddio, mi sa che è il momento di aprire la gabbia, allora!”

 

“Direi di sì…”

 

Ridacchiammo per un po’, interrotti solamente dal botto dei fuochi artificiali e dallo spettacolo che ci offrivano. Un miscuglio di colori inimmaginabili, arricchiti da forme ed effetti speciali, creati con la magia dai gemelli. Era tutto molto… no, non romantico… d’effetto. Un gioco di luci, molto simile a inchiostro, schizzato su un manto nero.

 

Col senno di poi, mi rendo conto che forse fu l’atmosfera e quel famoso feeling che si era creato, a far sciogliere un po’ il ghiaccio. Più di quanto già non fosse stato sciolto in quei giorni.

 

Ron mi sorrise, nascondendo malissimo una nota di rossore. “Mi trovo bene a parlare con te, Alicia. Non sei poi così… esagerata.

 

Anche per me è lo stesso.” Risposi contenta… felice che qualcuno non trovasse in me, il difetto che mi veniva attribuito più di altri.

 

E lo sentii, in quegli attimi mi resi conto che c’era una sola cosa che mi balenava in mente. Un gesto che avrei voluto compiere, ma che sebbene fosse travolgente come un fiume in piena, avrebbe rotto gli argini di rapporti molto delicati. Avrebbe rovinato entrambi. Indugiai sulla sua figura, soffermandosi su quegli occhi chiari, scuriti dalla notte, così vivaci e luminosi. Così… giovani. Troppo giovani, per me. Eppure magnetici. Così profondi che rischiai di perdermici.

 

Nell’ombra della veranda, avvertii il mio cuore accelerare i suoi battiti, ancora. Mossa da una forza che non riuscii a controllare, mi avvicinai al volto del ragazzino che mi stava seduto di fianco e cancellai quella già breve distanza, posando le mie labbra sulle sue. Fu un contatto intenso, passionale… eppure breve. Durò qualche istante, prima che entrambi ci accorgessimo di cosa stava accadendo.

 

Quando ci staccammo, mormorammo uno “scusami” e allontanammo gli sguardi, prendendo a godere dello spettacolo pirotecnico che ci veniva offerto dai suoi fratelli.

 

Dio, quanto mi sentii stupida! Avevo appena baciato… un bambino. Cioè non proprio, in fondo la differenza è di soli due anni, ma per me non cambiava poi molto. Ronald Weasley, il fratello minore del mio ragazzo, era ancora un ragazzino e io… io mi ero lasciata trasportare dalla situazione, finendo per lasciarmi attrarre da quella parte “Weasley”, che George non aveva… forse per l’età, forse per il carattere, così diverso da Ronald.

 

“Ho sbagliato…” Mi dicesti, una volta terminata la serata.

 

Rimasi spiazzata, lì… ferma a metà tra la veranda e l’entrata del salottino. Un venticello leggero, ma gelido mi sferzò il volto, bruciandomi la pelle. “Non è una tragedia, è stato un attimo…”

 

“…non è stato solo un attimo. E’ stato il culmine… lo sfogo di tanti momenti belli, passati con te, ma è sbagliato. Io… amo Hermione.

 

E io George… Ron, davvero… tranquillo.” Cercai di rassicurarti, sorridendoti e posandoti una mano sulla spalla solida. “Non so dirti cosa ci ha portato a quel… bacio… forse solo uno sbandamento, può capitare, ok?!”

 

Ti vidi incerto, timoroso, incupito. “Ho tradito… lei.

 

“No che non l’hai tradita, non più di quanto io abbia tradito tuo fratello. Affermai secca, incrociando le braccia al petto e sentendomi immediatamente meglio. Come se avessi sfogato, qualcosa che tenevo represso in me, da troppo tempo. “Benvenuto nel mondo dei grandi… resterà un nostro segreto, Ron.

 

“E’… una promessa?!”

 

Ti sorrisi e mi accorsi che era un sorriso fraterno… no, forse materno, a dirla tutta. Niente batticuore, niente rossore, niente sfarfallio. “Certamente. D’altronde… è qualcosa di impossibile.”

 

“Già…”

 

 

Corsi tra le braccia di George e per qualche minuto, prima di riprendere il controllo delle mie emozioni, mi sentii sporca. Durò poco. Mi accorsi che in fondo entrambi avevamo sbagliato. Lui si era lasciato prendere dalla sua “tranquillità”, dimenticandosi che non bisogna mai dare nulla per scontato. Io, mi ero lasciata andare ad una cotta… improbabile. 

 

L'importante era aver fatto chiarezza.

 

FINE

 

 

Ennesima OneShot. Tra i personaggi ho inserito Ron Weasley, perché non era presente il nome Alicia Spinnett e non mi pareva il caso di mettere “un po’ tutti”. Comunque va bene così, in fondo la cotta è di entrambi, quindi ci sta anche bene. No, non sono per la coppia Ron/Alicia… infatti se avete notato non finisce bene, ma lui torna da Hermione… =) Mi serviva come… incidente di percorso, diciamo ^^

 

Alla prossima =)

 

Luna Malfoy

 

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