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Autore: Dira_    21/04/2013    7 recensioni
Sono trascorsi cinque anni da quando Al, Tom e Lily hanno messo fine alla vicenda terribile che ha segnato la loro adolescenza. Grazie al mondo fuori da Hogwarts sembrano essersi lasciato tutto alle spalle. Chi è un promettente tirocinante, chi si è dedicato alla ricerca e chi, incredibilmente, studia.
Un'indagine trans-continentale, il ritorno di un vecchio, complicato amico e una nuova minaccia per il Mondo Magico li porteranno ad affrontare questioni irrisolte.
"Perchè quando succede qualcosa ci siete sempre di mezzo voi tre?"
Crescere, per un Potter-Weasley, vuol dire anche questo.
[Seguito di Ab Umbra Lumen]
Genere: Azione, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga'
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Capitolo XVIII

 



 
All my fear is coming home, And it’s ripped out for the show.
You can’t be me, I will become you.
(Crush, Pendulum)
 
 
Londra, Diagon Alley. Laboratorio di Rupert Stevens.
Pomeriggio.
 
 
Those who came before me lived through their vocations
From the past until completion they will turn away no more¹…

 
“Non dovresti essere a casa a quest’ora, Thomas?”
Tom si impose di non sobbalzare quando sentì la voce del proprio datore di lavoro invadere il suo spazio personale; doveva essere un po’ che tentava di attirare la sua attenzione, perché di solito l’uomo si guardava bene dal fare quell’errore.

“Perdonami.” Disse infatti quando abbassò di malavoglia le cuffie con cui aveva cercato di isolarsi dai clienti; non si era accorto che se ne fossero andati. “Ti ho chiamato tre volte.”
“Stavo leggendo.” Chiuse il plico di fogli spillati, copia delle cartelle mediche che Albus ormai si portava in giro come se fossero un’estensione di sé stesso. “Non volevo essere interrotto.”
“L’avevo capito.” Sorrise l’altro sfiorando con dita leggere la carta sparsa sul tavolo. “Non mi sembra una bacchetta.”
Perché non lo è.” Convenne per niente turbato dall’essere stato scoperto a non lavorare.

Se sono qui, non è per guadagnarmi un salario. Sono qui perché amo l’Arte delle Bacchette. 
Che al momento non è una mia priorità.
“Stai battendo la fiacca?” Ironizzò infatti senza acrimonia. “Di cosa si tratta? Non è un libro, sembrano documenti.”
“Sono referti medici.” Alla sua espressione sorpresa si strinse nelle spalle. “Sto dando una mano ad Albus con un caso.”
L’artigiano aggrottò le sopracciglia. “Questo tipo di documenti non è coperto da segreto professionale?”
La domanda non meritava neanche una risposta e quello dovette intuirlo, perché fece un mezzo sorriso. “Cosa ha attirato la tua attenzione, Thomas?”

Quello che gli piaceva di Rupert Stevens era la curiosità: se gli interessava qualcosa non c’era niente che potesse frenarlo: in questo erano maledettamente simili.
“In teoria, nulla.” Fece una smorfia tirata, aprendo il blocco degli appunti su cui aveva annotato i suoi pensieri. “Il sergente auror dell’unità di James è stato contagiato da una malattia apparentemente mai vista né sentita … e ovviamente, neppure curata.”
“Albus non si occupa di Lesioni da Incantesimo?” L’artigiano Appellò una sedia e vi si sedette sopra, avvicinandola al suo tavolo da lavoro. Tom non poté nascondere un sorriso: era un miracolo che riuscissero a finire le proprie consegne con solo qualche mese di ritardo data la reciproca propensione a distrarsi.

“Sì, ma hanno chiesto un consulto al suo Capo Guaritore e lui ha colto l’occasione … Sai com’è con la sua famiglia.”
“Niente viene prima, niente viene dopo .” Convenne divertito. “E tu come rientri nell’equazione? Albus ti ha chiesto di aiutarlo a smaltire del lavoro? Non sembra da lui.”

“Non sa che ho copiato le sue cartelle.”
“L’ha fatto di nascosto, mentre dormiva?” Non si scompose. Era per questo che aveva deciso di bussare a quella porta e mettersi al suo servizio: Stevens non faceva mai domande sui mezzi a volte opinabili che adoperava, solo sui risultati che raggiungeva. Non era stato affatto sorpreso – piuttosto rinfrancato – quando aveva scoperto che aveva militato nelle file gloriose dei verdi-argento.  

“Pensavo la Medimagia non ti interessasse.”
“Infatti, la trovo noiosa.” Confermò. “È tutto un distillare pozioni, ascoltare idioti convinti di avere morbi incurabili e sopportare le loro lamentele. Non è come voglio impiegare il mio tempo e la mia intelligenza. Però … questo caso è diverso.” Serrò le labbra, perché in quel rompicapo vi era caduto con tutte le scarpe: aveva sempre amato le sfide mentali e Medimagia o meno, quei referti urlavano battaglia di ingegni ad ogni riga.
Capisco perché Al si sia convinto che è un’opportunità d’oro per il suo curriculum.
“Di solito una malattia altera o indebolisce le capacità magiche di un mago … questa no, le aumenta al punto che la persona perde coscienza di sé e diventa un agglomerato di potere fuori controllo.” Spiegò riassumendo quando aveva appreso in quei giorni di letture e riflessioni. “Il periodo di incubazione è breve e i sintomi non sono stati riscontrati in nessun altra malattia conosciuta fin’ora … Quelle che ho copiato sono cartelle di casi provenienti da tutti i Ministeri del Mondo che presentano casistiche simili.”
“Ma non uguali, quindi sono state un buco nell’acqua.”
“Esatto.” Guardò la propria bacchetta posata sul tavolo, silente e fedele compagna da quando era diventato un mago. “La cosa più sconcertante è l’uso di magia senza bacchetta … Né Samuel Howe, il primo paziente, né il Sergente Flannery, l’auror che è stato contagiato, erano capaci di usarla eppure hanno fatto magie che hanno messo in difficoltà degli agenti armati.”
“Non sembrerebbe una malattia se non facesse ammalare.” Ironizzò l’artigiano.

Tom ricambiò il sorriso, pensando a cosa si doveva provare a padroneggiare il proprio dono senza il bisogno di avere un ausilio.
Non esistono molti maghi al mondo capaci di esser tali senza una bacchetta.
Sia Harry che Hermione, rispettivamente il mago e la strega più potenti e precisi nei loro incantesimi che conoscesse, non vi riuscivano e lui stesso, con tutto ciò che era stato in un’altra vita, a meno che non fosse in preda alla rabbia sapeva a malapena scaldarsi una tazza di the.
“È stato ipotizzato che si tratti di un esperimento di Magia Oscura andato storto …” Aggiunse per radunare i pensieri. Avere un interlocutore, aveva scoperto, aiutava. “Ma non si riesce a capire come si sia passati da un esperimento Oscuro ad una malattia.”
“Pensi di riuscirci tu?”
Era una domanda neutra e non vi era sarcasmo, tuttavia Tom si sentì a disagio: non era un guaritore né un auror e non aveva le competenze né il diritto di mettersi in mezzo.

Solo che lo stai già facendo, vero? E ti piace.
Hai tanto criticato Albus perché si è immischiato rinunciando alla vostra serenità… Ma tu? 
Ipocrita. Questa faccenda ti affascina, non negarlo.
“Penso di aver affrontato misteri e problemi peggiori.” Si limitò a dire.
Stevens non commentò, limitandosi ad un cenno della testa simpatetico; quell’uomo dai sensi offuscati ma dalla mente brillante era la perfetta spalla per pensare. Tom non l’avrebbe mai ammesso apertamente – non era nelle sue corde né mai lo sarebbe stato – ma tornare a casa dopo una giornata in laboratorio e realizzare di aver fatto un discorso più lungo di qualche frase con qualcuno che non fosse Albus o Meike era … gradevole.
“E come la si contrae?” Gli chiese. “Perché è il punto della faccenda, non credi? Una malattia sconosciuta e per ora senza cura … C’è da chiedersi se il mago della strada debba preoccuparsi.”
“Non hanno ancora scoperto la modalità di contagio.” Fece una smorfia. “L’unico ad essersi ammalato della squadra auror è stato Flannery.” Scosse la testa. “Cos’aveva di diverso?
Era una frase che aveva sentito borbottare ad Albus durante quei giorni ed era la stessa che gli era rimbalzata tra le sinapsi, in gran segreto, per lo stesso lasso di tempo.
Perché Flannery e non James … o Malfoy?
Stevens si strinse nelle spalle. “Una predisposizione?” Suggerì. “A costo di sembrare razzista, differenza tra Purosangue e Mezzosangue? È cosa nota che alcune malattie, come il Vaiolo di Drago, colpiscono i Purosangue con maggiore incidenza.”
“Perché vi è una predisposizione ereditaria.” Obbiettò. “È per via degli incroci tra consanguinei, non accade solo ai maghi. Non è questo. Non riesco…” E gli costava dirlo. “… a capire.”  

“Perché non sei un guaritore, Thomas, né lo sono io. Siamo artigiani.” Sospirò l’altro alzandosi in piedi e orientandosi per tornare al proprio tavolo da lavoro. “Capisco la curiosità e la tua voglia di aiutare Albus, ma temo che non riusciremo a venirne a capo con il solo aiuto dei nostri, seppur notevoli, cervelli.” Concluse con un sorriso che sfumò in una palese frecciatina.
Tom non la contestò, per quanto trovasse frustrante esser finito di fronte ad un muro che non era capace di superare. “Con le bacchette non mi è mai successo.” Sbottò sentendosi piuttosto ridicolo e non riuscendo comunque a frenarsi.
Stevens inarcò le sopracciglia. “Questo perché, se permetti, hai avuto chi ti ha guidato e ti ha introdotto all’arte. Molto rimane inavvicinabile da autodidatti  senza qualcuno che si prenda sulle spalle la responsabilità di introdurti ad uno studio o ad una professione.”
Se l’accendersi della famosa lampadina – o Lumos – non fosse stata solo una figura retorica, Tom se la sarebbe vista apparire davanti. “La responsabilità.” Mormorò. “Il Sergente Flannery aveva la responsabilità della squadra.”
Ricordò di colpo quanto James aveva raccontato durante il compleanno di Malfoy; Al lo aveva obbligato a sedersi allo stesso tavolo del fratello e Lupin (‘Perché non possiamo passare tutta la serata a ignorare gli altri, sì, anche se li consideri capre indegne della tua regale attenzione, razza di misantropo’) e aveva così finito per ascoltare l’intero resoconto della battuta di caccia all’americano.
“Liam Flannery è stato l’ultima persona a colpire Samuel Howe.” Si alzò in piedi e fece levitare i fogli fin dentro la la sua tracolla, passandosela su una spalla. “So qual è il veicolo di contagio.”
Stevens batté le palpebre in piena confusione, ma quando lo sentì muoversi verso di lui e in direzione dell’uscita si scostò per lasciarlo passare. “Temo che il filo logico mi stia sfuggendo completamente …”
“È stata davanti al nostro naso e a quello dei guaritori per tutto il tempo. Naturalmente era invisibile.” Prese la bacchetta per Smaterializzarsi, perché aveva fretta di condividere la scoperta con Albus: se fosse stata corretta - e lo era – sarebbe stata un’informazione da pestare nella zucca degli auror il prima possibile.

O rischiamo di avere una maledetta epidemia.
“È la magia.”
 
 
“È la magia.”
Chiunque conosceva Tom quanto lui sapeva quanto adorasse le entrate ad effetto; annunciarsi e far capire ad un’intera platea che era lui l’evento era una delle sue gioie segrete. Al lo aveva sempre saputo, come aveva sempre saputo di essere mago.
Una di quelle certezze della vita.
Alzò lo sguardo dalla cartella medica del paziente che stava seguendo, un brutto caso di Spaccamento che aveva lasciato il poveretto di fronte a lui privo delle orecchie e di due dita della mano.
“Sto visitando un paziente…” Tentò indicando l’uomo che ad onor del vero non sentiva assolutamente nulla e fissava Tom come se fosse un’allampanata apparizione.

Sospetto trauma cranico? Bene … quello o trova il mio ragazzo interessante.
Propendeva per la prima ipotesi considerando che Tom non era molto attraente nella sua tipica, sebbene ormai rara, aria allucinata.
“Il tuo paziente può aspettare!”
“No, non direi.” Incrociò le braccia al petto. “Cosa succederebbe se entrassi nel laboratorio di Rupert gridando così quando lavori?” Non aspettò la risposta. “Mi trasformeresti in un pollo o mi sbaglio?”
L’altro ebbe il buongusto di non ribattere. “È importante.” Ripeté cocciuto, passandosi la tracolla da una spalla all’altra: era così piena che le cuciture erano sotto sforzo ed era strano, visto che padroneggiava con disinvoltura l’incantesimo di Estensione Irriconoscibile.

Era così di fretta da non lanciarlo sulla roba che ci ha messo dentro?
Forse la faccenda era meritevole di qualche domanda in più. Sospirò, agganciando la cartella al lettino del paziente e mimando che sarebbe tornato tra qualche minuto.
“Non provare mai a prendere la patente per la Materializzazione per corrispondenza … Questi sono i risultati.” Disse. L’altro per tutta risposta lo tirò nell’angolo più buio del corridoio guardandosi attorno con fare sfuggente.
“Che hai combinato?” La domanda era inevitabile e venne ricompensato da uno sguardo da gatto che si era fatto le unghie sui mobili.
“Premetto che ho preso le cartelle mediche che hai portato a casa e le ho copiate con un Gemino.”
Cosa?” Si impose di non urlare né di mettersi le mani nei capelli, perché il reparto Lesioni aveva occhi e orecchie ovunque. “È un reato!”

“Solo se viene scoperto.” Fu la sconfortante replica. “E prima che tu decida che debba dormire sul divano per il prossimo mese…”
“Troppo tardi.”
Tom fece una smorfia irritata ma continuò come se non l’avesse ascoltato. “… forse ti interesserà sapere cos’ho scoperto.”

Oh.
Non sciolse però le braccia che aveva serrato al petto, in un’imitazione che avrebbe reso fiera nonna Molly. “Hai fatto una scoperta dall’alto della tua profonda conoscenza della Medimagia?”
“Si tratta di ragionare.” Ritorse e non fu una sua impressione, benché le luci del piano fossero soffuse, arrossì. “E se permetti…”
“Taglia corto, ho un paziente senza orecchie che mi aspetta e Morgana solo sa come farò a mimargli di prendere le pozioni senza infilarsele dalla parte sbagliata.” Poi fece mente locale sulla frase con cui il disgraziato era entrato in scena. “Cosa c’entra la magia?”

Il suddetto si stampò in faccia un sorrisetto soddisfatto che gli sarebbe valso un pugno, se non fosse stato tremendamente affascinante.
Ho un debole per il suo cervello. Un tremendo debole.
“È il veicolo del contagio. Il virus si è trasmesso attraverso di essa.” Spiegò come se fosse ovvio e lui fosse scemo: erano in momenti come quello che gli prudevano le mani dalla voglia di pestargli in zucca un po’ di diplomazia.
O almeno insegnargli come non far sentir cretino l’umano creato. Un giorno qualcuno gli farà saltare le chiappe con una Maledizione.
E sarebbe un peccato.
“In che senso?”
“Liam Flannery è stata l’ultima persona a scagliare uno Schiantesimo su Samuel Howe, giusto?” Gli chiese ed era retorico dato che sapevano entrambi com’era andata grazie al resoconto cruento di James la sera della festa di Malfoy.
“E con questo?”
“Uno dei sintomi è l’aumento abnorme di capacità magica … Come se il sergente fosse una pila e fosse stato caricato oltre la sua capacità di tolleranza. Albus, immagina un fulmine che colpisce una centralina elettrica!” Si stava spazientendo e avrebbe tanto voluto dirgli che nessuno di quei paragoni aveva senso per lui, ma cercò invece di ricordare qualcosa della massa di nozioni Babbane che l’altro gli vomitava a getto continuo a casa, pretendendo anche che se le ricordasse.
Ah. Già. La faccenda dell’elettricità…
La realizzazione lo colpì come un Bolide. “Vuoi dire che la magia dell’americano è entrata dentro Liam facendo impazzire la sua?”
“Non è quello che succede quando un mago si scontra con un altro?” Gli chiese, afferrandogli una mano e premendosela sul petto, quasi volesse simulare l’atto. “Attraverso le bacchette si scontrano i flussi magici, e una parte della magia dell’uno finisce addosso all’altro … Pensa a quello che è successo a tuo padre, alla sua cicatrice e al motivo per cui ha imparato il Serpentese.”
Al boccheggiò perché quelli erano paragoni che poteva capire, finalmente. “Ma … Liam ha poi attaccato la sua squadra, e nessuno si è ammalato.” Obbiettò perché qualcuno doveva fare la parte dell’avvocato del diavolo. “La persona che lo ha fermato alla fine è stato Prince, ma i suoi livelli di magia sono stati testati ed erano nella norma. Sta bene.”
Tom scosse la testa. “Prince non è un mago normale.”
“Non spiega tuttavia perché non si è ammalato.” Replicò, ma quella teoria aveva senso, più senso di qualsiasi altra vagliata fino a quel momento. “A meno che, certo, non siano cambiate le tempistiche … Il Sergente Flannery si è ammalato nel giro di pochi giorni mentre Sam Howe era in Inghilterra da settimane. Non è arrivato qui con qualcosa di conclamato.”
“Non con i controlli del Ministero all’entrata di ogni mago straniero tramite Passaporta Continentale.” Convenne Tom: entrambi conoscevano quelle procedure dato che Meike prima di prendere la cittadinanza ufficiale del Ministero Inglese aveva passato anni a fare da spola tra Londra e la Germania.
“Quindi Prince dovrebbe esser già malato, se il periodo di incubazione si è ridotto. Non lo è, quindi è sano.” Tom non concluse la frase e Al vide un guizzo di sollievo affacciarglisi nello sguardo.
Non hanno rapporti e non si sono considerati alla festa di Sy … Però è pur sempre suo cugino.
Abbandonò ogni proposito di fare il suo lavoro per quel giorno e sospirò. “Vieni con me.”
Scesero fino a Malattie Infettive e non trovarono nessun ostacolo nell’oltrepassare l’auror di guardia alla stanza del sergente Flannery.
Perché non c’è?
Capì il motivo della defezione quando vide che James era seduto al capezzale dell’uomo. “Ehi.” Lo salutò disimpegnato, sperando che l’altro non si ricordasse che quella stanza era accessibile solo agli auror e agli addetti ai lavori: voleva evitare di veder lui e Tom arruffare le penne.
“Che ci fate voi qui?”
Dannata memoria da elefante.
“Il mio reparto segue questo caso in congiunzione con Malattie Infettive.” Gli rammentò pazientemente. “Sono venuto a visitarlo.”
James sbuffò, stringendosi nelle spalle. “Non me lo ricordavo.” Indicò con un cenno della testa Tom dietro di lui. “E Tommy?”
“Ha una teoria.” Si limitò a dire. Si avvicinò al capezzale del sergente e gli prese il braccio destro esaminandolo con attenzione.
Al!” Lo richiamò l’altro affiancandoglisi, ricordandosi improvvisamente che il suo compito era far rispettare le regole. “Non dovreste stare qui! Tu dovresti essere accompagnato da Sam e lui è un aggiusta - bacchette, non un medico!”
È meno scemo di quanto uno pensi … me ne dimentico sempre.
“Come, prego?”
“Chiudete il becco. Entrambi.” Li fermò esasperato prima che potessero mettersi a misurare la lunghezza delle rispettive bacchette. Quando ebbe trovato ciò che cercava non poté frenare un’imprecazione. “Tom, hai ragione. È la magia.”
L’altro si avvicinò, ignorando lo sguardo di fuoco che gli venne lanciato da James. “Cosa ti ha convinto?”

Per tutta risposta gli mostrò una bruciatura che ricalcava le vene che dall’incavo del braccio si diramavano fino all’attaccatura del polso. “Avevamo pensato che si trattasse di una semplice bruciatura da contraccolpo di incantesimo.” Spiegò. “Ne vediamo di continuo sulle braccia degli auror e in quelle dei Tiratori Scelti…”
James aggrottò le sopracciglia, chinandosi per studiarla. “E non è così? Perché a me sembra quello!”
“Liam è stata l’ultima persona ad aver lanciato un incantesimo a Samuel Howe prima che si riducesse in cenere, giusto?”
Suo fratello spalancò gli occhi. “È per questo che si è ammalato?”
Al si scambiò uno sguardo con Tom e poi riassunse quello che l’altro gli aveva detto, spiegando e approfondendo il discorso quando vide che James era un osso assai più duro da convincere. Ma il ragionamento era corretto e alla fine suo fratello si risedette sulla sedia accanto al capezzale del sergente Flannery, fissandolo inespressivo. “Merda.” Commentò passandosi una mano trai capelli. “Questo non facilita le cose.”
Non c’era una risposta che non rendesse la situazione ancora più angosciante. “Ne devo parlare con Finnigan e Smethwyck.” Si risolse a dire. “Per ora sono solo speculazioni.”
James annuì. “C’è sempre più puzza di Magia Oscura, eh?” Non aspettò risposta, forse perché la poteva indovinare dalle loro espressioni. “Quante malattie magiche nascono dagli intrugli Oscuri?”
“Non molte. Le poche che sono state documentate sono state create centinaia di anni fa, da stregoni che volevano sottomettere villaggi o farla pagare a re che avevano fatto loro un torto. Storie… Il problema è uno solo.” Si strinse nelle spalle ma non poté impedirsi un leggero brivido. “Tutte le malattie attuali derivano da quelle.”
“Quindi si può guarire!”
Fece un sorriso dolente. “Da quelle attuali.” Sottolineò. “Dopo anni di studio per trovarne la cura.”

Suo fratello sgranò gli occhi, mentre il peso delle sue parole lo investiva a pieno. Poi masticò un’imprecazione tra i denti. “Perché creare una roba del genere? Prince dice…” Si fermò, stupito lui stesso dal voler quotare quello che riteneva il depositario ultimo di tutti i suoi malumori. Con un grosso sospiro si fece forza e continuò. “Prince dice che potrebbe essere stato un incidente, qualcosa venuto fuori per sbaglio cercando di creare qualcos’altro.”
“Non sarebbe la prima volta che il Mondo Magico deve affrontare un problema per via di uno sbaglio di laboratorio. O di chi usa la Magia oscura come se fosse il Piccolo Pozionista” Osservò Tom con una smorfia ironica che Al capì fin troppo bene e lo spinse a stringergli appena la mano nella sua.
Prima che potessero però esplorare ulteriormente quel pensiero un Gufo batté violentemente il becco contro la finestra, agitando le ali per farsi dare udienza.
James slegò la pergamena che l’animale aveva tra le zampe. “È dall’ufficio.” Sbuffò rompendo il sigillo con l’unghia. “A volte vorrei che si ricordassero che abbiamo degli Specchi Comunicanti e i cellulari, e tutti e due sono molto più veloci!”
“Il Ministero è un’istituzione reazionaria per principio, dubito che cambieranno certe modalità in tempi brevi.” Osservò Tom.
“Reache?”
“Lascia perdere, Jamie.” Al dovette frenarsi per non ridere, perché conosceva fin troppo bene la coda di paglia del fratello e la sua propensione a diventare fisico quando questa gli veniva pestata.

Ci manca si mettano a litigare per concludere in gloria questo siparietto orrendo.
James scorse le righe della lettera e sbiancò di colpo. “Merda.” Ripeté. “Ne abbiamo un altro!”
“Cosa?!”
Com’è possibile? Non torna con le tempistiche, Howe è morto da troppo tempo e il Sergente si è scontrato solo con …
“È qualcuno che conosciamo?” Mormorò sentendo il cuore battere come un tamburo.
“No.” James afferrò la giacca e se la infilò, controllando con un movimento oliato di avere la bacchetta e il distintivo, da come premette le dita sulle tasche. “È partita una segnalazione dall’Accademia di Duello, pare sia uno degli allievi.” Fece una smorfia. “La chiamata è stata fatta in via prioritaria, tramite un numero di distintivo, c’è un agente lì. Ci ha chiamati Prince.”
Tom fallì miseramente nel sembrare disinteressato. “Prince è all’Accademia?”

James prese la bacchetta e fece un sorriso storto, indecifrabile se non nella sua rassegnazione.“E dove diavolo non è, quel tipo, ultimamente?”
Albus lo afferrò per un braccio prima che si Smaterializzasse. “Cercate di non fermarlo usando la bacchetta.” Gli raccomandò: se il loro ragionamento era corretto, era la prima cosa da non fare.
James lo guardò stralunato. “E come dovremo fare secondo te? Siamo maghi!”

“Potreste rischiare di venire contagiati!” Tenne duro. “Trovate un modo, James … per favore.”
L’altro esitò, ma finì per annuire perché si fidava del suo cervello quanto lui si fidava dei suoi muscoli. Era sempre stato uno scambio equo. “Va bene.” Sospirò. “Tu cerca conferma dal tuo capo … o da Sam, da chiunque possa darci delle risposte concrete e non speculazioni da cervelloni.” Rivolse a Tom l’occhiata che gli riservava quando era colpito dalle sue intuizioni ma troppo infastidito per volerlo ammettere.
Cioè come lo guarda sempre.
“Va bene. State attenti Jam.” Lo pregò. “Tornate tutti interi.”
“Sei un po’ naïve se lo dici ad un auror, sai.” Ghignò l’altro. “Piuttosto, voi due … vedere di non cacciarvi nei guai.” Sbuffò. “Anche se dirvelo pare che non serva mai ad un cavolo.”

Detto questo si Smaterializzò con uno schiocco potente, lasciandoli soli.
“Naïve … Non pensavo avesse un vocabolario che sorpassasse le quindici parole.” Esordì Tom dopo uno scomodo silenzio fatto di pensieri poco felici, almeno da parte sua.
Suo malgrado sorrise. “L’avrà sentita dire da Teddy.” Guardò il sergente Flannery, manifesto stesso della situazione orribile che si stava delineando. “Usciamo.” Decise. “Ho bisogno di prendere una boccata d’aria.”


Il tetto del San Mungo, nascosto dalla giungla di palazzi della City, ma comunque sufficientemente assolato per esser gradevole, era il rifugio di tutti gli assistenti e studenti stressati  e normalmente Al, sedendosi su una delle panchine, vi avrebbe trovato sollievo.
Non stavolta. Un altro ammalato. Un altro ammalato che non riusciremo a curare e che potrebbe mettere in uno dei nostri letti la squadra di James. O James.
Tom gli si sedette a fianco senza dire niente e gliene fu grato, perché in quel momento qualsiasi tentativo di conforto sarebbe suonata stupido.
Fu lui alla fine a prendere la parola, perché gli era rimasto un quesito che doveva esser soddisfatto. “Pensavo non volessi essere coinvolto…”
L’altro si strinse nelle spalle. “Mi conosci. Ho un debole per i rompicapo.”
Tom.”

L’interpellato distese le gambe, fissandosi la punta delle scarpe con profondo interesse. “Vorrei dire che l’ho fatto per te, per aiutarti.” Aggrottò le sopracciglia. “Ed è così. È il motivo per cui ho…”
“Rubato.”
“Copiato…” Corresse con un borbottio. “… quelle cartelle in prima istanza.”

Gli fece scivolare la mano lungo la gamba. “Lo so.” Mormorò sporgendosi per baciargli la linea della mascella, perché in fondo se lo meritava. “Le intenzioni le avevo capite.”
“Immagino quindi dormirò sul divano per i mezzi.”
“Ci puoi giurare.” Sorrise. “E cosa ti ha fatto continuare invece?” Lo vide mordersi le labbra, in bilico tra la confessione e il riottoso desiderio di tenersi tutto per sé. “Ti era mancato, vero?” Indovinò perché era quello il segreto inconfessabile. “Essere nel bel mezzo della tempesta.”

La tranquillità è meravigliosa. Ma … tranquilla. E non è una parola che alla lunga, per chi siamo, rimane totalmente positiva. Dovrebbe essere così … ma non lo è.
Questa faccenda mi toglie il sonno, ma l’adrenalina …
“Morgana, abbiamo dei problemi.” Mugugnò. “Seri.”
“Non mi manca la parte in cui uno di noi due rischia la vita.” Replicò l’altro tentando di dare una parvenza di sanità mentale all’intera rivelazione. “La parte…”
“… in cui scopri l’inghippo e fai scacco matto al nemico, qualunque esso sia?”
“Smettila di finire le mie frasi.” Inarcò le sopracciglia sardonico. “Ci fa sembrare una vecchia coppia sposata.”
“Solo sembrare?” Gli posò una testa sulla spalla, perché per quanto magra e spigolosa, era la spalla di Tom e seppellirci senza ritegno il naso era molto più consolante del sole che gli scaldava il viso. “La qual cosa, per inciso, rende ridicola la nostra propensione a finire nei guai.” Gli borbottò contro il collo.
“Non farlo sembrare come se ci inciampassi sopra … Tu li attiri.” Ghignò passandogli le dita trai capelli corti che gli si arruffavano sulla nuca. “E in questo caso, li hai addirittura cercati.”

Touché.” Si scostò per guardarlo in viso e doveva ammetterlo, per quanto quella situazione fosse brutta, averlo a fianco la rendeva meno spaventosa. “Grazie.”
L’altro sorrise passandogli un dito lungo la linea della sopracciglia, spianandogli la ruga di preoccupazione che doveva essergli di sicuro spuntata. “Per aver evidenziato la demenza che contraddistingue voi Potter?”
“Lo sai per cosa, vanesio rompiscatole.” Replicò sporgendosi a sfiorargli le labbra con le sue per ringraziarlo, ma non abbastanza per dargli ad intendere che aveva già scusato i suoi metodi ambigui. “E comunque dovresti piantarla visto che coinvolge anche te. O vuoi essere definito un Potter?”
Tom fece una smorfia che avrebbe potuto commentarsi tranquillamente da sola. Specie perché era piuttosto rassegnata.
 
 
****
 
Diagon Alley. Accademia Nazionale di Duello.
 
James si Materializzò di fronte all’imponente edificio vittoriano che ospitava l’Accademia Magica di Duello, controllò di avere la bacchetta a portata di mano, ma non in mano ed inspirò.
E come faccio a non usare la magia per fermare un mago?

Tuttavia non se la sentiva di ignorare le raccomandazioni della coppia d’oro di Serpeverde; per quanto fosse un insopportabile saccente, la Medimagia era il suo campo e la secchionaggine quello di Tom, quindi prendere sottogamba le loro intuizioni sarebbe stato da stupidi.
Rompipalle…
Sorpassò l’ingresso dove erano custodite bacchette appartenute a Duellanti leggendari e trofei vinti dagli stessi: da bambino aveva sognando di vincerli come aveva sognato di avere tra le mani qualsiasi cosa luccicasse e potesse portare il suo nome sopra.
A volte penso che avrei dovuto buttarmi sul Quidditch. Diamine, sarebbe stato una perdita per il Ministero, ma mi sarei risparmiato una tonnellata di schifezze!
“Jimmy!” Si sentì chiamare, e si voltò per trovare la testa ricciuta e gli occhi intelligenti di Bobby. Si salutarono con una pacca vicendevole, troppo tesi per sorridersi ma comunque rassicurati dalla presenza dell’altro. Si guardò attorno, cercando l’ultima e familiare testa bionda che componeva il loro terzetto.
“Dov’è Malfoy? Se è rimasto tra le sottane di mia cugina…”
“Quanto sei irrispettoso, Potty, dovrei Schiantarti! Sono arrivato prima di voi e ho efficacemente diretto la folla terrorizzata.”Gli rispose la chiacchiera querula dell’interpellato mentre li accoglieva in fondo alla scala dell’ingresso, quasi fosse un padrone di casa venuto a fare gli onori della sua magione. “Sono tutti in una sala al piano terra.”

Sbuffò per darsi un tono di comando, togliendogli con una manata lo stupido cappello di feltro che si ostinava ad indossare anche quando non era opportuno. “Perché non hai fatto evacuare l’edificio?”
Scorpius inarcò le sopracciglia. “Con un aggressore che può aver infettato chiunque?”
James schioccò la lingua, rendendosi subito conto della sciocchezza pronunciata.
Siamo in un Accademia di Duelli … qui la gente si lancia incantesimi addosso in continuazione.
Merda. Potrebbero essere stati tutti contagiati.
“Già, la situazione è piuttosto incasinata.” Gli fece eco Scorpius giocherellando con la bacchetta per mettere freno al movimento nervoso delle mani. “L’aggressore si è asserragliato in una delle sale … Prince è con lui.”
E ti pareva.
“La situazione dentro com’è? Siete riusciti a contattarlo?”
Scorpius scosse la testa tradendo un’espressione inquieta. “Dionis mi ha detto che Sören ha fatto allontanare tutti e poi si è chiuso la porta alle spalle.”
Cosa?
“Ha senso, se si vuole limitare il contagio. Il Sergente Flannery si è ammalato proprio così.” Osservò Bobby con tono grave, ma realista come sempre. “Ha meno senso se si pensa che è da solo e che la persona che sta affrontando non riesce a controllare la propria magia.”
“Quel coglione!”  

Potrebbe rimetterci la pelle. Dannazione!
Soffocò un’imprecazione, mentre la necessità di trovare un piano in tempi brevi si faceva improrogabile. Fece cenno a Scorpius di far loro strada e quando, sfilandogli affianco, lo vide tirar fuori la bacchetta capì che doveva mettere tutte le carte in tavola.
“Quell’impiastro di mio fratello se n’è uscito con una teoria…” Esordì.
“Mini - Potter sta curando il Sergente, giusto?” Scorpius emise un lamento, salendo due a due la scala che portava al piano superiore e alle sale d’allenamento. “Perché so che non mi piacerà?”

“Cervello fino, Malfuretto.” Ghignò amaro. “Albie crede che il contagio avvenga scaricandosi addosso incantesimi. Se incroci la bacchetta con un malato, c’è rischio che ti ammali.”
Bobby boccheggiò, prima di porre La domanda. “E come facciamo a fermarlo se non possiamo usare la magia?”

“Bella domanda.” Fermò l’ennesima corsa verso il fodero della bacchetta; prenderla ed afferrarla era un movimento talmente rassicurante che non poterlo compiere gli stringeva lo stomaco in una morsa. “Fatevi venire in mente una risposta.”
 
 
Sören impattò per l’ennesima volta contro il muro cercando di frenare la caduta senza rompersi le ossa. Cercò anche di ricordare come si respirava mentre sentiva il dolore irradiarglisi lungo la schiena e le costole.
Dannazione.
Affrontare da solo l’Infetto non era stata un’idea poi così brillante.
Il mondo smise di danzargli attorno e mentre la vista gli tornava a fuoco vide il suddetto avvicinarsi a lui con la cadenza di un ubriaco ma la tenacia di un maledetto Infero.
Diede un colpo di reni e si rimise in piedi, ignorando il lampo di dolore alla testa che lo lasciò quasi senza fiato.
Commozione cerebrale, qualche costola ammaccata…
Non era il momento di fare il conto dei danni, lo capì in tempo per erigere una barriera quando un lampo violaceo gli saettò a fianco, puntando verso il lato sinistro del suo corpo, verso la bacchetta.
Vuole disarmarmi. E poi?
Non riusciva a capire la logica delle azioni del suo opponente, perché non ve n’era alcuna; l’allievo Duellante non era in sé, immerso in una sorta di trance in cui la magia che gli scorreva nelle vene faceva da padrona. Ogni volta che tentava un incantesimo offensivo la barriera attorno alla pelle dell’altro mago crepitava, inglobando il suo attacco come una Chimera che veniva nutrita dopo giorni di digiuno.
Si nutre della mia magia.
Arrivare a quella realizzazione era stato spaventoso, perché significava che per quanto spingesse la leva sulla sue capacità e sulla potenza dei suoi incantesimi non avrebbe mai potuto farcela con le sue sole forze: Flannery doveva essere caduto perché sotto il fuoco di ben quattro agenti.  
Non importa. Non puoi farlo uscire di qui. Fuori di qui ci sono civili, civili che potrebbero essere attaccati, uccisi … o contagiati.
Con l’aiuto di Radescu era riuscito ad entrare nella sala e a farla sgomberare, ma non sapeva cosa stava succedendo fuori; sperava che gli auror fossero arrivati, anche se non aveva idea di come farli entrare, avendo chiuso la porta con un Colloportus tenace.
Falla finita, hai sempre lavorato da solo, anche quando c’era Johannes. Hai sempre combattuto e vinto le tue battaglie senza l’aiuto di nessuno.
Perché adesso dovrebbe essere diverso?
Perché lo era, pensò in una frazione di secondo, schivando l’ennesimo fiotto di magia incontrollata e letale del Duellante, rispondendo con uno Schiantesimo che si infranse in un centinaio di scintille rosse che colpendo un paio di vetrine le fecero esplodere in una miriade di schegge.
Prince!” La voce di Potter era fastidiosa quanto la sua persona, roboante e impossibile da ignorare. Fu un sollievo sentirla. “Prince, sei lì dentro?”
“Affermativo!” Rispose. “L’infetto è con me!”
“Lo so, razza di idiota! Che ti è saltato in testa di entrare da solo?!” Insultarlo pareva un esercizio quotidiano per l’auror, ma stavolta si trovò nella posizione di non poterlo biasimare. “Hai qualche malattia mentale?!”

Sören serrò un’ingiuria trai denti, allontanandosi con passi misurati dal mago di fronte a lui. Respirava come una belva braccata, gli occhi bianchi rivolti verso nessun punto in particolare: uno spettacolo inquietante persino per i suoi standard.
Che non sono quelli di una persona normale, suppongo.
“Dovevo mettere in sicurezza i civili!” Urlare non era il suo metodo preferito di comunicazione, ma la pesante porta in noce che lo separava dalla squadra era una barriera non indifferente. “La priorità…”
“La priorità era non farsi ammazzare o beccarsi quella schifezza, coglione!” Ci fu una pausa, poi il testimone della conversazione passò a Malfoy.

“Sören, ci sono brutte notizie.” Esordì la voce pacata del biondo. “Pare che il veicolo del contagio sia la magia … Più rispondi ai suoi attacchi e incroci i flussi magici, più rischi!”
Cosa?
Guardò la bacchetta e realizzò di colpo la portata dell’informazione.  
Come faccio ad uscirne vivo?
“Facci entrare!” Il tono di Potter aveva senso nella sua urgenza. “Non ti vogliamo rispedire in America in una scatola da scarpe!”
Sören guardò la pesante porta alle sue spalle, a troppi metri di distanza perché potesse tentare una corsa per andare ad aprirla. Se avesse tentato un Alohomora invece avrebbe lasciato il fianco scoperto per un attacco.
“Prince, non fare l’idiota! Apri!”
Non posso!” Gridò di rimando, alzando la voce come raramente gli capitava. Era frustrazione e una buona dose di panico. “Non sono abbastanza vicino e mi avete appena detto che non posso usare la bacchetta!” 
Potter non doveva aver aspettato che quella frase perché il portone venne fatto esplodere in un nugolo di schegge e segatura. Vide poi tre figure entrare nella foschia causata dall’esplosione, ma come le notò lui lo fece anche l’Infetto che con un ringhio si avventò sui tre. Sören non ci pensò due volte prima di puntare un grosso armadio e spedirlo a schiantarsi tra di loro, in una sorta di barriera improvvisata.

“Ti avevo detto niente magia!” Sbottò Potter quando lo ebbero raggiunto sani e salvi, anche se impolverati fino alla punta dei capelli. “Sei sordo o cosa?!”
“Avevi idee migliori?” Ritorse. “Come non la posso usare io, non la potete usare voi.”

L’inglese lo guardò storto, ma non ribatté. Guardò poi verso il cumulo di macerie che ostacolava l’Infetto dal raggiungerli. “Non reggerà per molto … Dobbiamo trovare un modo per stenderlo!”
“A mani nude?” Sbottò con forse troppa acredine. Si sentiva sbilanciato, nudo con quella sconcertante consegna.

Perché, diciamocelo, cosa sei senza magia?
“Beh, i Babbani catturano criminali dall’alba dei tempi e se la sono sempre cavata alla grande.” Osservò Malfoy inarcando le sopracciglia come a voler sottolineare la loro scarsa capacità di riflessione. “Cosa farebbe un Babbano al nostro posto?”
“Scapperebbe a gambe levate perché un tizio lancia lampi dalle mani?” Replicò Potter alzando gli occhi al cielo. “Dai, sii serio Malfuretto, che cazzo…”
La frase fu interrotta da un lampo violento che spedì la carcassa dell’enorme armadio che fino a quel momento li aveva protetti sopra le loro teste. Sören si sentì afferrare per il retro della camicia e trascinare via. Quando fu sbattuto sotto una serie di panche, in compagnia degli altri, al sicuro, capì che James Potter lo aveva appena salvato dall’essere schiacciato vivo da una quintale di legno, vetro e ferro. Si scambiarono uno sguardo.
“Vedi di non crepare.” Sbottò questo con evidente malavoglia. “C’è fin troppa gente che mi farebbe il culo se succedesse.”
“Ragazzi, ci serve un piano.” Si inserì Jordan rimasto in silenzio fino a quel momento. “Non ci vorrà molto prima che ci trovi.”
Che ci trovi?” Potter si voltò verso il compagno. “Gli serve una mappa? Siamo proprio qui sotto! Se non è cieco…”
“Appunto. Credo che lo sia, guardate i suoi occhi.” Osservò il ragazzo di colore. “Credo che ci localizzi tramite il rumore. L’avevo notato anche con il Sergente, ma pensavo fosse disorientato per via del black-out.”

“Questo gioca a nostro favore!” Si inserì Malfoy con gli occhi che saettavano da un lato all’altro della stanza. “Finché rimaniamo immobili per lui siamo invisibili, giusto?”
“Non possiamo rimanere sotto una panchina in eterno però.” Borbottò Jordan. “Può sentirci se ci muoviamo o lanciamo incantesimi … Che facciamo?”
Sören cercò di analizzare la situazione; non era semplice perché ai suoi calcoli doveva aggiungere adesso la variabile di altri agenti.
Con Estevez ci siamo sempre divisi, anche quando dovevamo inseguire qualcuno o arrestarlo.
Gli inglesi si erano invece settati su muoversi come un sol mago e così doveva far lui per quanto gli riuscisse difficile riflettere in quei termini.
“Serve un’esca.” Disse infine calamitando l’attenzione dei tre. “Scontrandomi con lui ho notato un punto cieco, dietro al testa. Se riusciamo a distrarlo per un tempo sufficiente ad avvicinarlo…”
“E come pensi di colpirlo se non puoi usare gli incantesimi?” Replicò Potter, scettico. “È come se fossimo disarmati!”

Sören a questo poteva ribattere. Poteva essere manchevole in molte cose, inadatto per natura in altre, ma non in quello; l’adrenalina, il dolore, la magia e un obbiettivo da abbattere erano stati per tanto tempo tutto il suo mondo.
“Ho un piano.”
 
 
Luce. Cercava disperatamente la luce e non la trovava.
Il buio era pieno di dolore, desiderio e fame. Non c’era luce, ovunque guardasse, solo brevi lucciole impazzite verso cui barcollava come un assetato.
Erano in quattro. Due lucciole che non l’avrebbero sfamato e poi due lampi, due lampi che erano pieni di luce ed era ciò che voleva, bramava e desiderava.
L’infetto che era stato Henry Price sentiva la magia mugghiargli nelle vene come vento in tempesta, domandare, pretendere quella luce.
E poi.
Erano sparite. Di colpo, non c’erano più … sapeva che erano lì con lui, ma non riusciva a vederle.
E questo lo faceva infuriare.
Come un pazzo, come un animale – se avesse avuto coscienza tale si sarebbe definito – ringhiò il suo bisogno.
E poi la vide. Una delle luci più grandi, bucare il buio e avvicinarglisi.
“Ehi, sono qui! Cos’è, ti hanno legato le gambe con una Pastoia!?”
Era lì, proprio davanti a lui e quindi vi si scagliò contro con la speranza e la disperazione di chi sapeva che non avrebbe avuto altre possibilità.
Si sentiva divorare, aveva fame.
Si sentiva bruciare, voleva sollievo.
Quindi lasciò ancora una volta che la sua magia avesse la meglio. Del resto era lei sua signora e padrona, lei che comandava.
Era vicino, così vicino alla luce … che non si accorse quando qualcuno spense l’interruttore.
 
 
“Prince!”
James non sapeva se mettersi a ridere o … in effetti, far solo quello. Guardò sbigottito l’uomo a terra, esanime, mentre tutto attorno erano sparsi i cocci di quello che era stato uno dei cimeli decorativi che disseminavano la stanza.

Scorpius che si precipitò assieme a Bobby a controllare che il mago svenuto fosse tale, alzò la testa trattenendo una risata trai denti. “Gli hai spaccato un vaso in testa amico!” Constatò allegro. “Sei un genio.”
Il tedesco parve perplesso dalle loro esternazioni. “Usare l’ambiente che ti circonda e gli oggetti in esso contenuti per difenderti è una delle lezioni base di qualsiasi disciplina marziale. Non ve l’hanno insegnato?”

“Un vaso!” Sottolineò incredulo; non avrebbe mai pensato che un tipo del genere, che sembrava essere nato con un manuale per le istruzioni incorporato, avrebbe mai potuto utilizzare un escamotage creativo. Era quasi disturbante.
Diavolo, lo è.
Bobby, che aveva Materializzato un paio di manette dall’aria Babbana – idea brillante non agitar la bacchetta in prossimità del tipo, per quanto privo di sensi – le serrò con forza. “Beh, ha funzionato … È decisamente nel mondo dei sogni.” Sorrise con aperta approvazione. “Bel colpo Sören!”
Sören?
James si trovò nella scomoda posizione di considerare che in effetti quello era il nome del ragazzo che aveva appena risolto la situazione senza causare ulteriore spargimento di sangue … o di magia. “Sì, già. Bella pensata.” Sbuffò trovandosi tre paia d’occhi puntati nella sua direzione. Era una sua impressione o il bastardo stava gongolando?
È parente del Pipistrello. Ovvio che lo sta facendo.
“Ti ringrazio.” Gli rispose con un sorrisetto che avrebbe voluto cancellargli dalla faccia a suon di calci. Si voltò poi verso gli altri due agenti, dismettendolo per un’espressione seria. “… e vi ringrazio. Senza di voi non sarei uscito vivo da questa sala.”
“Non dirlo neanche!” Esclamò Scorpius alzandosi e dandogli una pacca sulla spalla, gesto che dispensava con oculatezza nonostante la sua natura cordiale. “Siamo una squadra.”
No che non lo siamo!
L’atmosfera cameratesca era però innegabile e James si sentì indeciso: essere indignato per quel cambio di trincea o sentirsi stupido perché era ormai rimasto da solo? Optò per la soluzione meno umiliante, ovvero ignorare l’intera faccenda. “A questo punto direi di chiamare il San Mungo e farlo portare via.” Disse barricandosi dietro al suo ruolo. “A proposito, che diavolo è successo?”
Il tedesco osservò il caos di oggetti distrutti e vetri sparsi tutto attorno a loro. “Ero nell’ufficio di Radescu, non so com’è iniziata.” Spiegò. “Mi è stato detto che ha perso i sensi mentre duellava e quando li ha ripresi… Era fuori di sé.”
“Come il Sergente.” Osservò Bobby. “Ma per essersi ammalato deve aver avuto contatti con lui o con Samuel Howe, no?”
“Howe è morto da più di una settimana e il sergente non frequentava l’Accademia.” Si inserì Scorpius liberando con la punta delle scarpe una porzione di pavimento. Indicò con un cenno della testa la a terra trai detriti. “… Anche se sembra la stessa roba. Niente bacchetta.”
“Le tempistiche non coincidono.” Replicò Prince suonando confuso quanto loro. “Dobbiamo chiamare il San Mungo.”
James annuì, facendo cenno a Bobby che fu lesto a tirar fuori di tasca lo Specchio Comunicante per una chiamata prioritaria all’ospedale. “C’è un altro problema…” Esordì e per una volta non provò nessun piacere maligno a dare una cattiva notizia al tedesco. “… Hai duellato con lui?”
Gli venne rivolta un’occhiata perplessa. “Sì, l’ho…” La consapevolezza parve investirlo come un treno. “Potrebbe avermi contagiato?” Chiese con un tono di voce che gli fece onore, nella sua tranquillità.
Non è un codardo, questo devi riconosceglierlo.
Gli doveva almeno una risposta concisa. “Sì. E come te, possono essere stati contagiati tutti quelli che si sono battuti con lui in questa Accademia.” Si voltò verso Bobby, che aveva sentito la conversazione e restava in attesa, mentre all’altro capo dello specchio una magi-infermiera gli stava chiedendo per la seconda volta generalità e motivo della chiamata.
“Che gli dico?” Chiese lanciando un’occhiata preoccupata verso il tedesco; era ufficiale, che gli piacesse o meno, Jordan e Malfoy lo consideravano della squadra.
E per quanto sei preoccupato? Qualche dubbio lo sollevi anche tu.
Sospirò vinto. “Che ci servirà più di un’ambulanza.”
 
****
 
Giardini di Victoria Embankment,
Pomeriggio.
 
I giardini di Victoria Embankment erano un buon posto per passare il tempo se l’ansia ti rodeva lo stomaco: erano dotati di panchine, fiori e statue di poeti morti da secoli ma cosa ancora più importante di un ameno chioschetto dove fingere che bere the e mangiare pasticcini era tutto ciò che si desiderava dalla vita. Per questo Lily aveva accettato di accompagnarvi Violet ad aspettare l’arrivo di Dominique, che come ogni giorno sarebbe scesa dal traghetto che collegava la comunità magica dell’isola di Skye con la sua gemella londinese.
Gettò qualche briciola ai passerotti accorsi ai suoi piedi non appena aveva deciso che non era abbastanza affamata per voler finire il suo crumble di mele.
Neanche per iniziarlo se è per questo …   
Accanto a lei Rose sembrava ancor meno convinta di ciò che le era stato servito, sorseggiando la sua tisana calmante con le sopracciglia corrugate e lo sguardo sprofondato negli abissi del portatovaglioli.
“Che voi siate silenziose è quasi un’oscenità.” Osservò Violet in quel particolare modo che voleva ostentare disprezzo e gridava invece apprensione da chioccia. “Non è la prima volta che la squadra di Scorpius viene chiamata fuori dal turno ordinario!”  
“Sì, ma quando mi ha riaccompagnato al negozio c’era qualcosa che non andava.” Rose pronunciò le ultime parole con tono drammatico. “Mi stava nascondendo qualcosa!”
“È un auror, Weasley. In teoria stava facendo il suo lavoro.”
L’altra scosse la testa. “Scorpius è una radio rotta, non tace neanche quando dorme. Quando ha letto il Gufo invece ha perso il sorriso e…” Diede un vigoroso sorso della sua tisana ormai fredda. “… e non è che lo perda tanto spesso, ecco. Succede per cose gravi.”
Violet tradì un’espressione compartecipe, prima di serrare le labbra e agitare la mano dismissiva. “Siete esagerate! Capisco che il melodramma sia nei vostri geni, ma non vi ho invitate per annoiarmi di fronte ai vostri musi lunghi!”
“L’hai fatto per preoccuparti assieme  a noi infatti.” Le fece eco Lily, godendosi la sua espressione imbarazzata. “Ti dimentichi sempre che sono una Legimante.” Sorrise. “Sei carina.”
La ragazza arricciò il naso infastidita. “E tu fastidiosa.” Inarcò le sopracciglia. “Per chi sei preoccupata tu piuttosto? Ho sempre pensato che avessi la testa troppo vuota per emozioni simili.”
Lily ridacchiò. “Oh, questa è solo l’eccezione che conferma la regola.” Tentò un morso al suo dolce, dal sapore un po’ troppo artificiale per i suoi gusti. La produzione industriale dolciaria dei Babbani non l’aveva mai entusiasmata. “Quella squadra è parte della mia famiglia. Letteralmente.”
E adesso c’è anche Sören. Peggio di così.

“Almeno voi non convivete con una tizia che si coccola bestioni dall’indole sanguinaria.” Borbottò la francese di rimando. “Mai che resti un giorno a compilare scartoffie, sempre in prima linea a sfidare la morte!”
“Suona un sacco sexy.” Sorrise. “Ma Domi lo è, Merlino la benedica.” 
“Con certe uscite, Potter, rischi l’ambiguità.”
“Tesoro, io la anelo.”

Rose le guardò male, quasi fosse un delitto capitale cercare di alleggerire la situazione e godersi la frescura di quel pomeriggio senza nuvole. Lily le mise una mano sulla sua, sentendo di capirla più del solito.
Mio fratello e quello che considero uno dei miei più cari amici sono stati chiamati per un’emergenza di Magia Oscura.
Che. Ansia.
Fino a qualche settimana prima avrebbe dovuto preoccuparsi solo di James; ora si era aggiunto Sören, che non era più un pugno di lettere, ma una persona vera, che rischiava la vita a neppure un miglio di distanza da dove lavorava e viveva lei.
Voi sponde e margini del bel fiume Doon, Come riuscite a fiorire così fresche e belle? Come riuscite a cantare, voi uccelli, mentre io sono qui, stanca e piena di preoccupazioni²?” Canticchiò, un po’ per scuotere sua cugina dal torpore ansiogeno in cui era sprofondata un po’ per farsi coraggio. “Dai, Rosie, è del Bardo scozzese!” Indicò la statua di Robert Burns che scintillava alla luce del sole proprio alle loro spalle. “Faccio una citazione colta per una volta e non me la cogli?”
“Credo sia sconvolta proprio perché è uscita dalle tue labbra.” Motteggiò Violet con un guizzo grato nello sguardo. Per quanto prendesse in giro Rose le era affezionata ed era protettiva nei suoi confronti; lo testimoniava il fatto le avesse invitate lì. “Il tuo scozzese a letto ti seduce con terzine gaeliche?”
Lily rise senza rispondere, perché in realtà non ricordava se a parlargli del popolare componimento trasformato poi in canzone fosse stato Scott, da bravo abitante della Caledonia … o Sören.
Scotty non è tipo da poesie però, mentre Ren sì, le adora. È un romanticone.
Mi sa che è stato lui.
“I mezzi di seduzione di Domi invece quali sono?” Celiò inarcando le sopracciglia perché sentiva che era meglio spostare l’attenzione da sé. “Ti porta in dono pelli di animali morti e artigli di drago?”
“Non scherzare.” Sbuffò Violet con aria esasperata. “Non sai che ansia prima di ogni San Valentino.”
“Ehi.” La voce di Dominique le fece sobbalzare come uno scoppio di incantesimo, mostrando al mondo intero quanto in realtà fossero tese.
“Tu e questa mania di arrivare alle spalle!” La sgridò la compagna, mentre l’altra pareva orgogliosa come uno scolaro appena lodato dalla propria maestra preferita.
“Ehi, colpa mia se siete tutte nervose come lepri?” Ghignò in un tripudio di  lentiggini, pelle dorata dal sole e pantaloni attillati di pelle di drago; a giudicare dalle occhiate che stava ricevendo metà del caffè doveva chiedersi quale servizio fotografico stesse per esser messo in atto.
Dannati Weasley Delacour, slanciati e affascinanti come ninfe dei boschi. Vi odio.
Lo pensò però con affetto, mentre Violet attirava a sé la guardiana di draghi per un bacio che gridava territorialità ai quattro venti. “Woh, Piggie!” Esclamò l’altra compiaciuta. “Per cinque minuti di ritardo già ti manco così?”
Lily vide l’espressione di Violet aprirsi in un sorriso che conteneva un sacco di parole non dette. “Ma sta’ zitta squilibrata, è un’ora che ti aspetto.” Sbuffò.
Ciò che stava provando Violet le vibrava addosso – quando era agitata le sue capacità si intensificavano – ed era quasi violento nella sua intensità. Le sembrò di entrare in un’intimità che non capiva e questo la mise a disagio. 
Io non so amare così. Non credo neppure vorrei. È … troppo.
Dominique pareva comunque di fretta. “Avete sentito del casino successo all’Accademia di Duello?” Chiese a nessuno in particolare. “Degli auror?”
“Eh?” Cadde dalle nuvole, scambiandosi un’occhiata con Rose. “Con auror intendi Scorpius…”
“La squadra di Jam, sì.” Confermò giocherellando con le chiavi della macchina, quasi fremesse per infilarle nel quadro d’accensione. “Loro stanno bene, sono tornati in ufficio.” Anticipò a Rose, dandole una pacchetta sulla spalla perché in pochi secondi quella aveva perso due toni di colore dal viso. “Mi ha chiamato Rox però … dice che Dionis è stato portato al San Mungo e con lui un’altra decina di perso…”
“Sören dov’è?” La interruppe senza riuscire a frenarsi. E perché poi avrebbe dovuto? “È con mio fratello?”

“Non lo so.” Si strinse le spalle l’altra. “Rox mi ha parlato solo di Dion. Sto andando a prenderla in macchina, non può Smaterializzarsi né usare la Polvere Volante incinta com’è.”
“Vengo con te.” Prese la sua borsa e ignorò le occhiate perplesse e congiunte di Violet e Rose. “Roxie avrà bisogno di me.” Si affrettò a spiegare, anche se non era solo quello che muoveva i suoi gesti; per l’agitazione quasi dimenticò il portafoglio sul tavolo.
Perché diavolo, se era agitata.  
Se Sören non è con la squadra di Jamie … È in ospedale?
 
****
 
Farrindgon, Magazzino Purge&Dowse, ovvero…
Ospedale San Mungo per ferite e malattie magiche.


Avevano chiuso metà intera del reparto Malattie Infettive per non stiparli in una delle stanzette dove di solito alloggiavano i lungo-degenti. Erano troppi, rifletté Sören osservando le persone sedute sui lettini o in piedi a scrutare oltre la barriera di liquida magia impenetrabile che serviva a precauzione sanitaria.
Si sentivano in trappola e non ci voleva una Legimante Naturale come Lilian per capirlo; la situazione era stata spiegata e le famiglie contattate, ma lo spettro dell’epidemia ormai era cosa concreta.
Chissà quanto ci vorrà prima che i giornalisti prendano d’assalto l’ospedale e l’Ufficio Auror…
Non era cosa che sarebbe toccata a lui gestire, e di questo ne era contento.
Devi solo aspettare.
Aveva passato l’infanzia e tutta l’adolescenza a disciplinare la propria impazienza, quindi non gli era difficile; lo stesso valeva per Dionis, attorno a cui gli altri si erano istintivamente radunati cercando di trovare rassicurazioni nell’atteggiamento pacato e propositivo del ragazzo.
Dionis è una persona che dà tranquillità. Io no, temo.
Incrociò le braccia al petto per tenerle da qualche parte, che le sentiva inutili come pezzi di legno e poi alzando lo sguardo incrociò quello del rumeno che gli restituì un sorriso empatico.
Ha una moglie e un figlio in arrivo … Se qualcuno deve ammalarsi, è meglio che sia io.
L’altro, dopo essersi scusato con le persone con cui parlava, si sedette sul lettino vuoto accanto al suo e rilasciò un sospiro che doveva aver imparato ad imbottigliare grazie alla disciplina dell’Istituto. “A quest’ora avranno avvertito Roxie.” Mormorò strofinandosi la fede nuziale con il pollice. “Non le fa bene agitarsi nelle sue condizioni e la conosco …  Sarà già qui con l’intenzione di rivoltare l’ospedale.”
La preoccupazione dell’altro pareva genuina e doveva averla evidentemente occultata a beneficio degli altri.
Si confessa con te perché ti ritiene un amico. Sii supportivo.
Sören si sforzò quindi di trovare le parole giuste anche se pensava a tutt’altro. “Mi hai detto che Lilian è con lei … è brava a tranquillizzare le persone.” Tentò. “Con me ha sempre fatto un lavoro eccellente, anche quando ero ad un passo dal perdere il controllo.”
Gli venne rivolto uno sguardo di amaro divertimento, quasi fosse un ragazzino un po’ tardo. “Sören, Lily non è la persona più indicata da cui cercare rassicurazioni quando è preoccupata per qualcuno.”  
“Né lei né Roxanne hanno motivo per preoccuparsi, starai bene.”
“Ti ringrazio.” Gli sorrise. “Ma per quanto Lily mi consideri un amico, non è per me che sarà sicuramente preoccupata.”

Di chi allo … Ah. Per me?
Il rumeno dovette intuire i suoi pensieri, perché fece un mezzo sorriso indulgente.
Non hai la minima idea dell’effetto che le fai, vero?”
Cosa…
Non fece in tempo a trovare una reazione adeguata a quella frase che sentirono chiamare il nome dell’altro. Dionis scattò in piedi perché oltre la barriera magico - sanitaria c’era nientemeno che sua moglie, accompagnata da Albus Severus Potter in camice verde acido dei Medimaghi  e …
E Lily.
Dragostæ!” Esclamò nella sua lingua madre, in un vezzeggiativo che trovò riscontro nello sguardo sollevato della compagna mentre si fermava ad un passo dalla barriera. Da come serrava i pugni era palese che volesse oltrepassarla per stringerla a sé. “Non saresti dovuta venire …”
“Non dire sciocchezze, come potevo restare a casa mentre tu aspettavi qui da solo? Per che razza di moglie mi hai preso, una che ti è arrivata per piuma?” Sbottò con le lacrime impigliate nelle lunghe ciglia scure. Era bella, considerò Sören, ma mai quanto l’insolitamente silenziosa chioma rossa che le stava affianco.

Non hai la minima idea dell’effetto che le fai, vero?
 
 
Ad onor del vero, aveva provato a mantenere la calma.
Da quando Dominique le aveva scaricate di fronte al grande magazzino in disuso con la raccomandazione ‘di non fare cazzate’ – lei, poi – aveva fatto di tutto per essere d’aiuto: aveva evitato che sua cugina si mangiasse viva la magi-infermiera all’accettazione e aveva suggerito di andare in cerca di Albus, l’unica persona con un camicie che le avrebbe assecondate in tutto, scavalcando la ridicola regola per cui non si poteva visitare un congiunto nel reparto Malattie Infettive a meno che un Guaritore non desse il permesso.
Suo fratello, da bravo parziale ex-Serpeverde, non le aveva deluse: non solo non aveva battuto ciglio, scortandole a destinazione ma aveva anche intercesso per loro con il Capo Guaritore Finnigan – che neanche a dirlo, aveva un debole per lui.
Lily, nella sua posizione di persona non direttamente coinvolta, avrebbe potuto fare effettivamente di più.  
Come far aspettare Roxanne con tutti gli altri familiari dei pazienti invece che far valere le nostre conoscenze, che è sbagliato …
Al diavolo, non potevo. Sören.
Era stato quello il suo unico pensiero da quando Dominique aveva aperto bocca.
Sören deve stare bene.
E vedendo adesso di fronte a lei, con qualche livido e la fronte fasciata, ma in piedi e con un colorito migliore del suo, tirò un sospiro di sollievo.
Bene, favoloso, perché deve stare bene.
Deve stare bene perché dobbiamo vivere tutti e due.
Aveva sempre saputo che se all’altro fosse mai successo qualcosa lei si sarebbe sentita come una sopravvissuta, perché avevano attraversato un inferno assieme e vivi e in salute dovevano rimanere entrambi per la fine dei loro lunghi giorni da maghi. Era un maledetto legame a doppio filo e quando era teso in quel modo repentino faceva male.
Adesso che è qui è ancora più forte, niente da fare …
Se l’era aspettato: ora doveva solo abituarcisi.
Sentiva lo sguardo di Albus su di sé, come sentiva la conversazione tra Dion e sua cugina ma erano rumori di fondo.
Fu Sören ad iniziare la conversazione. “Ciao Lilian.” Era un tentativo incerto, come insicura era la sua espressione. Sembrava non saper che Snaso pescare. “Come stai?”
Le venne da ridere, ma si trattenne perché aveva la sensazione che avrebbe finito per farsi venire gli occhi lucidi. “Tu lo chiedi a me?”
L’altro fece un mezzo sorriso. “Sto bene, non preoccuparti.”

Come no!
Sören ruppe la stasi che si era creata distogliendo lo sguardo dal suo e rivolgendo un cenno formale a suo fratello, che le stava dietro le spalle come un maledetto avvoltoio impiccione. “Albus Severus.”
“Sören.” Al ebbe il buongusto di esser cortese. “C’è qualcosa che possiamo fare? Avete bisogno di qualcosa?” Almeno riusciva a fingere di essere una persona educata. Era un sollievo. “Faremo il possibile per mettervi a vostro agio.”
Lode a lui e alla suo distacco emotivo da guaritore …  

“ … Nulla che mi venga in mente, ma ti ringrazio.” Aveva esitato e non doveva esser stata la sola ad averlo notato, perché Al inarcò le sopracciglia.
“Non farti problemi, so per esperienza che aspettare è logorante.”  Ed era una frecciatina bella e buona.
Distacco emotivo un corno.
Sören la colse quanto lei dalla faccia che fece e Lily dovette frenarsi per non tirare uno schiaffo a cinque dita alla serpe in seno che aveva per fratello.
Sta aspettando di sapere se è ammalato di una cosa orribile, potevi risparmiartelo!
Albie, perché non vai a sentire a che punto sono con le analisi di laboratorio?” Chiese a voce sufficientemente alta perché anche Roxanne e Dionis sentissero.
“Puoi sapere qualcosa?” Si riscosse la cugina, con un cipiglio che prometteva orribili ritorsioni nel caso avesse tentando di mentire o eludere. “Puoi dirgli di dare la precedenza alle loro analisi?”
Al deglutì facendo un passo indietro. “Conosco i pozionisti, sì … potrei…” Aggrottò le sopracciglia. “E comunque è Al.”
No, è Albie se ti comporti da coglione.
Roxanne era ad un passo dall’afferrarlo per il bavero del camice e scuoterlo come un pupazzo, ma Lily finse di ignorarlo. Dionis invece si schiarì la voce, pacifico e solido come sempre. “Roxanne, non metterlo in difficoltà, sono certo che stanno tutti facendo il possibile.”

“Possono farlo anche facendolo in fretta!” Sottolineò l’altra con un borbottio. Poi sbiancò di colpo ed emise un lamento totalmente dal nulla, posandosi una mano sulla pancia.
“Roxie!” Le fu subito accanto, sorreggendola perché le stavano crollando le ginocchia. Cercò con lo sguardo suo fratello e, serpe o meno, lo trovò esattamente dove doveva essere, ovvero dall’altro lato ad afferrare il braccio libero della cugina. “Ehi, che c’è?”
“Credo… È solo una contrazione, non è niente, sono giorni che le ho.” Non guardava loro, ma Dionis, trattenuto per un braccio da Sören; Lily non ne capì il motivo finché non vide la barriera addensarsi e tremare per lo sforzo di bloccare il rumeno.
Sta cercando di uscire e neanche se n’è accorto. È normale, Roxie ha gridato…
Fece un sorriso grato all’amico, che le rispose con un lieve assenso.
Bravo Ren, ha più riguardo e riflessi di tutti noi messi assieme.
“Da quanto hai queste contrazioni?” Chiese Al con il tono attento del medico di professione: sarebbe stato più rasserenante se non fosse apparso terrorizzato.
Ad Al han sempre fatto paura le donne in dolce attesa. Pare che sia un trauma risalente alla mia nascita.
“Sta scadendo il periodo, è normale. Non preoccupatevi, so quando deve nascere mio fi…” Sua cugina si bloccò per lanciare un mezzo grido sorpreso. “Non sono mai state così forti!” Disse con chiaro panico consapevole nella voce.
Perché panico consapevole? Stupido potere. Mi dici che cos’è e non mi dici mai perché!
Si sarebbe date dell’idiota da sola nel momento stesso in cui formulò quel pensiero. Perché era ovvio da come sua cugina le stritolava la mano.
A Roxanne si erano rotte le acque.
 
****
 
 
Note:


Nel prossimo capitolo il mistero di Teddy e di Lunastorta svelato e altre amenità! ;D
Qui la canzone del capitolo.

Così è come immagino l’Accademia.
 
1. La canzone che ascolta Tom qui
2. Le strofe che canticchia Lily sono in realtà di una poesia di Robert Burns ‘Ye Banks and Braes o' Bonnie Doon’. È stata musicata e resa una ballad tipica della tradizione scozzese. Qui per maggior info e questa la versione della canzone che canticchia Lily. Una curiosità: la statua di Burns, considerato Il poeta scozzese, tanto da esser chiamato ‘il bardo di Scozia’, è davvero nei giardini di Victoria Embankment.   Qui una foto.
  
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