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Autore: Supernavy97    21/04/2013    4 recensioni
"È incompatibile e lo sa.
L’ha provato sulla sua pelle, dove ora ci sono le cicatrici di dolori troppo grandi per essere condivisi, problemi che le parole non possono risolvere, segni inconfondibili del male che l’affligge.
E non ci sono cure."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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incompatibile

 

 

 

Incompatibile

 

 

“Ogni creatura sulla Terra è sola quando muore”[1]

Siamo tutti soli, in fondo…

 

***

 

Mirai cammina per le strade del centro, il passo lento, invisibile, come lei.
È una domenica, ma le vie sono quasi deserte: colpa della pioggia. Gocce sottili cadono a rigarle il viso, fini, ma pungenti come aghi; eppure lei non pare accorgersene. Forse i vestiti la riparano più di quanto sembri, forse vi è talmente abituata che ormai non ci fa più caso.
Però le piace la pioggia; cancella tutto: i dubbi, le illusioni, le ferite.
È debole, è forte, è incompatibile, come lei.
I pochi passanti che ci sono la guardano sottecchi, la scrutano, la decifrano, ma cosa possono saperne loro? “Una ragazza sotto la pioggia”, la frase è bella, quasi poetica, ma nella realtà viene considerata una pazzia: una ragazza sotto la pioggia, una ragazza incosciente, problematica, stupida.
Nei libri ne parlano tanto di principesse che danzano sotto i temporali e nessuno le ha mai criticate, ma vedere una ragazza con una felpa addosso ferma sotto la pioggia non è una favola e non può essere accettato.

Mirai non ci pensa e continua a camminare; fa freddo. Gli alberi hanno perso le foglie e il vento sussurra gelido, c’è tristezza nell’aria, ma non importa: è il ciclo della vita, non si può interrompere. Quindi continua a camminare, immersa nei suoi pensieri, vagando per quei luoghi immutabili, grigi, cercando uno spiraglio d’aria in quella città soffocata dai suoi stessi respiri.

È incompatibile e lo sa.

L’ha provato sulla sua pelle, dove ora ci sono le cicatrici di dolori troppo grandi per essere condivisi, problemi che le parole non possono risolvere, segni inconfondibili del male che l’affligge.
E non ci sono cure. C’è solo la solitudine: tutti vogliono aiutare, ma nessuno ci prova davvero.
Autolesionismo lo chiamano. È una droga, ma è l’unica cosa che riesca a darle un po’ di sollievo, l’unica pace che è riuscita a trovare.
Il calore del sangue sulla pelle,
Il rosso che rapisce lo sguardo,
Il cuore che batte più forte,
L’adrenalina in corpo
.
È una dipendenza troppo forte perché possa essere fermata.
E quei tagli sulle braccia, sulle gambe, sono la prova che tu sia ancora vivo, che non ti stia facendo sottomettere: sei un combattente nel tuo mondo, un lottatore, forse anche un eroe, ma agli occhi degli altri non sei che un malato mentale: non ti accettano. Come non comprendono la libertà di camminare sotto la pioggia. È una società contorta la nostra.
E ancora caldo, rosso, adrenalina.
E quel dolore, così tagliente da sfiorarle il cuore, così leggero da volerne sempre di più. L’arma del delitto e allo stesso  tempo l’antidoto alla sua malattia, bianco e nero: grigio.

Il mondo attorno a lei sembra un videogioco: è circondata da robot già programmati per vivere la loro storia, è semplice restare tra le righe, non ci sono problemi se sei nella norma. Un mondo di falliti il nostro, un mondo falso.
Ma lei non vuole essere come loro.
Vuole vivere; disprezzata, odiata, esiliata, ma vuole vivere secondo i suoi desideri.
Non ha paura di essere sola.
Siamo tutti soli, in fondo.

Anche Dio è solo.
Anche Dio è incompatibile.

Mirai raggiunge il parco e si siede su una panchina. Non ci sono bambini, il parco è vuoto, come lo era la sua stanza da bambina, vuota. Le pareti bianche, incontaminate; non ci sono quadri, non ci sono foto, non c’è nessun segno che quella sia la sua stanza.
Ci sono solo i fantasmi.
Spettri che la rincorrono, ancora. La deridono, come tutti, ma fanno più male, perché loro sanno tutto di lei.
La assillano di notte: voci roche, profonde, celate dietro quelli che apparentemente vengono chiamati sogni.
E la riportano a quei momenti della sua tragica infanzia, richiamano quelle sensazioni che, invece, avrebbe voluto scacciare per sempre.
Rannicchiata ai piedi del letto, le urla dei genitori nelle orecchie: vasi rotti, bicchieri in frantumi e ancora, porte che sbattono, lacrime amare e la paura che la prendeva mentre si nascondeva tra le coperte, fingendo di dormire.
Ma non ne parlava, era troppo irreale per sembrare vero: solo alle stelle, a volte, svelava qualcosa. Ma loro non rispondevano.
Fu allora che si rese conto di essere incompatibile: quando nemmeno la natura reagiva ai suoi stimoli; fu allora che si rese conto di essere sola.

L’amore risolve tutto; anche questo lo dicono spesso.
Lei non amava e non si sentiva amata, come poteva crederci?
Era sicura, ormai, che le belle frasi che ci sentiamo ripetere in continuazione, non avessero alcun senso: fantasie, solo questo.
Perché lei aveva sofferto e stava soffrendo.
Perché lei non veniva capita.
Perché lei era incompatibile.
Come poteva sperare di “vivere per sempre felice e contenta”?

 

Il ticchettio incessante della pioggia la richiama dai suoi pensieri; dà un ultimo sguardo al parco, poi si allontana, le mani che affondano nella felpa, la testa che inizia a pesare.
La notte ha rapito la città.
Si chiede perché sia così, se lo chiede spesso. Dove la trova la forza reagire, il coraggio di essere diversa e di non conformarsi alla massa.
Si domanda cosa c’entri lei in quest’era, dominata da pregiudizi e popolata da persone tutte uguali, condizionate in ogni cosa. Giunge alla solita conclusione: è incompatibile, lei.

E allora l’ultima cosa in cui spera è di rinascere.
Desidera appassire, per poi risorgere e provare a capire meglio il mondo che forse lei ha conosciuto solo nel periodo sbagliato, in un’epoca che non le apparteneva.
È proprio quando la sua mente è in bilico tra la vita e la morte che, invece, si rende conto che deve restare, ancora per un po’. Che forse è proprio per questo che l’hanno lasciata in un’era completamente opposta a lei: perché possa trasmetterle quello che altrimenti verrà conosciuto in tempi fin troppo lontani.

Lo dice anche il suo nome: futuro.
Futuro nel passato, ecco cos’è.
Decide di non morire.
Decide di restare sé stessa, incompatibile con la normalità.

Ma della sua intelligenza nessuno aveva compreso niente. L’avevano isolata, senza nemmeno provare a conoscerla davvero. I suoi ideali, le sue certezze, le sue convinzioni erano state coperte dalla paura del diverso. 
Nonostante i suoi sforzi, il mondo non era ancora pronto ad accettarla.

E della ragazza che sussurrava alle stelle non rimase niente, incompatibile anche con la storia.

 

 

 

 

 

[1] Ogni creatura sulla Terra è sola quando muore: Donnie Darko

  
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