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Autore: _dirty_ice    21/04/2013    1 recensioni
Un viaggio senza ritorno le aprirà gli occhi su un mondo nuovo, che non ha mai visto prima perchè è stata bendata da un passato nero. Scopre che si può scappare da qualcuno o qualcosa, ma non dalla propria mente. Megan vuole imparare a vivere, perchè vuole salvarsi.
«Mi rialzai sanguinante e sciaquai le ferite. Guardai lo specchio rotto e pensai che sarebbe stata l'ora di una rivoluzione. Sarei riuscita a conquistare la parte di me che non vedevo riflessa, mi sarei completata. Capii che quello era lo scopo della mia vita.»
Genere: Drammatico, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gerard Way, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Time to Leave
 

Non sentii alcun suono, era tutto immerso nel silenzio, fatta eccezione per la pioggia che cadeva forte sul tetto. Era piacevole quell'atmosfera, adoravo il rumore dell'acqua che scroscia e scivola su ogni cosa, il ticchettìo della pioggia; ma io ero tutt'altro che tranquilla e rilassata. Tenevo stretta la chiave d'ottone, mentre mi dirigevo in silenzio verso la camera.

Quando ero piccola se qualcuno o qualcosa mi faceva arrabbiare andavo dal mio albero. Un piccolo albero, ma pieno di foglie in estate, sul quale riuscivo ad arrampicarmi nonostante fossi veramente bassa. Ricordo che pensavo che prima o poi avrebbe fatto delle mele, ma rimasi delusa dopo aver capito che solo i meli potevano farle nascere, e il mio albero, purtroppo, non era un melo. Una volta mio padre e mia madre litigarono sul serio, quindi mi ero nascosta fra i rami dell'albero. Poi sentii dei passi, e sbirciando fra le foglioline verdi riconobbi mio padre, che osservai stava sotterrando con cura una piccola chiave nel prato. Un po' di tempo dopo mi disse che se un giorno avessi avuto bisogno di un aiuto da parte sua, avrei dovuto dissotterrare quella chiave e aprire il cassetto sotto il lettone. Era solo per me, si era raccomandato di non dirlo a nessuno, tantomeno a mamma. Era il nostro piccolo segreto. Mi sentivo speciale ai suoi occhi.
Compresi dopo che si trattava di fottuti soldi. Io avevo bisogno dell'aiuto di mio babbo, non di quelli. Ero rimasta molto delusa, non me lo sarei mai aspettato da lui. Doveva saperlo che se teneva veramente a sua figlia avrebbe dovuto starle vicino e non allontanarsi da lei e scappare dai suoi problemi, ma affrontarli.

Comunque, era una cosa parecchio stupida tenere il cassetto con un mucchio di soldi sotto il letto, non era difficile da trovare. Sgattaiolai per le stanze e mi imbucai nella camera con circospezione. Mi muovevo bene al buio, avevo una buona memoria ed ero agile come un gatto. Quando mi ritrovai di fronte alla donna malvagia che dormiva, direi avvolta dagli incubi a giudicare dall'espressione preoccupata del suo viso consumato, mi chinai lentamente, mi misi a distesa a pancia in giù per poi strisciare sotto il letto in cerca della scatola di legno. Sentivo l'adrenalina, le mie mani sudavano e per poco la chiave sarebbe caduta e avrebbe spezzato il silenzio. La infilai nella toppa ed emise un piccolo 'toc' quando riuscii ad aprire il forziere. L'agitazione si era appropriata di me, le mie mani veloci frugavano nel vecchio cassetto di papà. Finalmente riuscii a percepire con la punta delle dita un mazzetto di foglietti rettangolari ammazzettati con cura. Aprii lo zaino e ci ficcai più mazzi di banconote che potei, poi richiusi il cassetto e andai a cercare una torcia. Pensai che dovesse essercene una nello scantinato, quindi lo raggiunsi e ne trovai subito una sullo scaffale metallico. Adesso mi mancavano solo delle provviste ed un ombrello; decisi che non avrei avuto bisogno del telefono.

Spalancai lo sportello del frigo. Mi sarebbe piaciuto che ci fossero dei panini o qualcosa del genere, ma il deserto in confronto era pieno di cibo. Insomma, non avrei potuto portarmi un tubetto di ketchup e uno di maionese, giusto? Presi due bottiglie d'acqua, quelle erano indispensabili. Poi mi si accese la lampadina sopra la testa: biscotti. Come avevo fatto a non pensarci? Afferrai un pacco di Pan di Stelle dalla dispensa, i miei biscotti preferiti fra l'altro, ma dato che non avevo una valigia non avevo spazio per un altro sacchetto.

Ero pronta. Mi infilai il cappotto nero, sistemai la sciarpa e misi sopra le spalle lo zaino, che era abbastanza leggero alla fine, considerando ciò che conteneva. Arrivai davanti alla porta di casa e presi un ombrello, quello grigio, era meglio che non fosse vistoso.
E quindi, avevo deciso di lasciarmi tutto alle spalle. Ero una persona piuttosto insicura, ma dopo tutto quello che avevo passato avevo accumulato tutto il coraggio dentro di me e quella notte lo stavo tirando fuori. Aprii la porta, la varcai e la chiusi. Ecco, era deciso ormai. Non avevo più tempo per ripensarci, non potevo tornare indietro. Ma questa volta ero decisa.

Scesi le scale, gradino per gradino, fino a quando non furono finiti. Alzai lo sguardo al cielo scuro, e poi guardai la luna nascosta dai nuvoloni pesanti. Inspirai l'aria gelida dentro ai polmoni, assaporando la libertà. Forse ce l'avevo davvero fatta.

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Helloooo! :D
Bene, questa è la seconda volta che provo a scrivere qualcosa di decente. Diciamo che la storia sono frammenti della mia vita, dei miei pensieri e così via sotto forma di questa...roba. Il tutto è frutto di idee che mi vengono in mente in un qualsiasi momento, quindi aspettatevi di tutto! c':
Devo dire che questa è solo un'introduzione ed è perciò breve, i prossimi capitoli sono più lunghi, obvious. Un tizio con i capelli corvini spunterà dal nulla nel terzo capitolo, ma prima dovete sopportare quest'altra tizia.

Spero che ci siano persone che leggeranno questa storia, ci ho messo impegno e tempo. ♥
Un saluto speciale va alla Bianca, che mi ha costretto a pubblicare entro Domenica. Ciao Biancaaaaa!
 

  
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