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Autore: Shi_Yurei    22/04/2013    3 recensioni
Quarta classificata al 'Naruto Blooby Contest: Come suonano le tue ossa?' + premio per il miglior detective.
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Questa è la storia di quando una promessa non può essere dimenticata. Anche se gli altri non capiranno, tu la manterrai incurante di tutto, sino a che la fredda terra non t'accoglierà tra le sue braccia, vero?
"[...] mi raccomando, è una promessa.”
[...] La vista le si era ormai del tutto sfocata, mentre quella voce fredda e calma le giunse alle orecchie.
-È una promessa.- ripeté mentalmente solo quelle ultime tre parole, mentre vedeva il nero sostituire il rosso.
[...]"Ricordati, è una promessa.” “ tu a chi l’hai fatta?”
[...]L’aveva promesso, ma non credeva che qualcuno lo riuscisse realmente a capire.
[P.S.coppia presente, anche se non approfondita Sasu/Naru]
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sabaku no Gaara , Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: AU | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Nessun contesto
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Nickname su EFP: Shi_Angel
Nickname su Forum: Shi_Angel
Titolo della storia: È una promessa
Rating: arancione
Lunghezza: One-shot
Vittima: Pacchetto n°4 Sakura Haruno
Arma/Modo: Pacchetto H Strangolamento
Avvertimenti: violenza
Note: AU
Note dell’autore:
- nota 1: Naruto avrà prima il cognome Uzumaki rispetto a Namikaze in onore della madre morta poco dopo il parto, per questo Minato ha voluto che Naruto lo avesse come primo cognome.
- nota 2: Mi è stato fatto notare dalle giudici del contest che Sasuke è IC, quindi mi pare giusto avvisare. Il mio, come al solito, sarà un Sasuke teme, provocatore, geloso e possessivo. Se qualcuno pensasse che in certi momenti sia ‘docile’(e qui rabbrividisco) consiglio di tenere conto con chi sta parlando, perché anche il Sasuke del manga quando era ancora al villaggio rispettava coloro che gli erano superiori di grado.


È una promessa

Il suono degli spari creava echi all’interno dell’ampio magazzino, mentre le urla di Sakura s’avvertivano negli intervalli della sparatoria a cui, a volte, si sovrapponevano.

Il biondo imprecava a denti stretti.
La schiena era accostata al legno delle casse che lo proteggevano inutilmente dai colpi, visto che le pallottole le trapassavano con facilità, provocando fori che a loro volta creavano pericolose schegge, ma almeno lo nascondevano ancora alla vista del criminale.

La preoccupazione saliva. Ogni urlo della rosa gli faceva stringere la presa sul calcio della pistola, che attendeva solamente di essere utilizzata, o gli provocava quel fremito che percorreva dolorosamente l’indice posto sul grilletto, che lo implorava di venir azionato.

Il suo intero corpo era rigido. L’adrenalina gli scorreva liberamente nelle vene, facendogli diventare il respiro veloce ed affannato, mentre avvertiva chiaramente il frenetico pompare del proprio cuore nelle orecchie. Si stupiva quasi di non sentire lo scricchiolio dei denti da tanto li stava serrando. Le mani gli dolevano, tanto erano contratte nel tentativo di controllarsi per non saltare fuori da quel ‘riparo’, altrimenti si sarebbe solamente fatto riempire di buchi.

Non poteva fare ancora nulla. Aveva appena perso persino il numero dei colpi sparati, il suo conteggio era rimasto a tredici, ma gli spari continuavano e così anche le grida della collega che lo chiamava.

Accucciato com’era dietro alle casse per via dei proiettili non poteva vederla. Lei era nascosta dietro ad una parete in cartongesso, che si trovava in obliquo rispetto alla sua di posizione, ma più vicina al criminale.

Da un lato era quasi rassicurante che il delinquente sembrasse star scaricando il caricatore solamente su di lui, visto che la rosa era stata disarmata all’inizio e si trovava ora ad essere indifesa. Proprio per questo era ancora più preoccupato per la sua incolumità ed ad ogni sparo temeva che la canna venisse rivolta verso la giovane che era ovviamente impossibilitata a difendersi.

Improvvisamente un attimo di pausa più lungo degli altri.

Il biondo si trovò ad ipotizzare che stesse sostituendo il caricatore, uscendo così dal proprio riparo per approfittare di quell’occasione propizia. Ma pochi istanti dopo essersi scoperto, uscendo lateralmente dalla ‘protezione’ delle casse, quell’improvviso suono fendette l’aria.

Avvertì un forte dolore al braccio destro e le sue ginocchia cedettero, mentre la presa veniva meno e la pistola andò a scontrarsi col pavimento producendo un tonfo che si propagò, in maniera troppo lunga ed assordante per i suoi gusti, a causa dell’acustica di quel magazzino.

Alzò lo sguardo sul criminale che si stava lentamente avvicinando con quel sorriso di scherno ad aprirgli il volto. La canna ancora puntata su di lui.

Lanciò un’occhiata a Sakura. Era rannicchiata a terra con la schiena alla ‘parete’, le mani a coprirle la bocca. Sembrava spaventata, ma almeno stava bene e non pareva ferita al contrario suo.

Osservò bene la pistola in mano al delinquente. Una Stechkin APS russa con pallottole di 9 millimetri e con a disposizione venti colpi più uno in canna.

Era dunque questa la pistola che l’avrebbe dovuto ammazzare? Non si stupiva d’aver perso il conto a tredici, ma non se lo sarebbe mai aspettato, in fondo non è una pistola da tutti.

Questo significava solamente che non aveva di fronte un semplice criminale come pensava, ma un professionista.

Vide quel ghigno ampliarsi, probabilmente l’assassino aveva capito che aveva riconosciuto il modello di pistola e le conseguenti deduzioni, mentre quel dito andava a premere il grilletto.

Il proiettile che doveva attraversargli il cuore non partì mai da quella pistola. Il killer stesso doveva aver sbagliato il conto, convinto che gliene fosse rimasto un ultimo, altrimenti al posto del braccio l’avrebbe colpito in pieno petto.

Il biondo dovette ringraziare l’attimo di sorpresa del suo assalitore per essere riuscito a recuperare la propria pistola, sebbene con la mano sinistra. Tentò di alzare il bracco per cercare di colpirlo, mentre il killer impugnava l’arma sottratta a Sakura e gliela puntava contro.

L’ennesimo sparo rimbombò nel magazzino. L’ultimo. Poi c’era solo il rosso che si allargava velocemente sul grigio e polveroso pavimento di cemento del magazzino, mentre in lontananza il biondo avvertiva dei passi e le urla della rosa, che certamente non sarebbero dovute sembrargli così lontane, assieme alle sirene delle volanti. Avvertiva, poiché la vista si faceva sempre più vacua.

♥♠~~~~♥♠

“Non guardarmi così… Non è colpa mia! Come potevo sapere che quella pausa era una trappola?! Sì lo so che t’ho fatto preoccupare e mi dispiace, ma sono ancora vivo no?... ”

“Non è questo il punto. E tu lo sai. Per prima cosa non saresti dovuto uscire lateralmente, ma quel tanto che bastava per sparargli da sopra la cassa, o per lo meno rimanere ugualmente coperto. Sei un poliziotto e persino un Detective Naruto. Queste sciocchezze ormai non dovresti farle, metti solamente a repentaglio la tua incolumità inutilmente.”

Il tono era controllato come sempre.

Il biondo, sin da quando aveva memoria, non l’aveva mai sentito urlare. Anche quando la sua voce si presentava in modo autoritario come accadeva spesso, ma bisognava anche ammettere che fosse una persona che non parlava se non ve ne era bisogno. Parlava giusto il necessario ed in maniera concisa, venendo quindi considerato da tutti abbastanza taciturno, ma sapeva fare anche dei lunghi discorsi che ti colpivano direttamente al cuore quando, per l’appunto, lo riteneva opportuno. E lui, Naruto Uzumaki-Namikaze, se c’era una cosa che temeva erano proprio le sue ‘ramanzine’.

Non che durassero ore ed ore, ma temeva quello sguardo da cui continuava a tentare di sfuggire. Le parole che gli rivolgeva erano sempre incontestabilmente vere e lo facevano sentire in colpa in maniera disarmante. Sentiva il suo umore sempre sotto la suola delle scarpe, specialmente per il timore d’averlo deluso.

“Mi dispiace Gaara.”

Riuscì a rispondere solamente, con tono depresso, sentendo pochi secondi dopo i passi del rosso che si avvicinavano a lui.

Non osò alzare la testa anche quando le scarpe entrarono nel suo campo visivo, ma si azzardò ad immergersi in quelle due gemme verde-acqua solamente quando quella mano bianca passò tra i suoi capelli nel gesto affettuoso che dedicava solamente a lui. Quegli occhi non erano più freddi come quando lo sgridava, ma si erano addolciti e gli permettevano di vedere la preoccupazione provata.

“Va bene Naru. Che non ci sia una prossima volta. Se non avessi avuto così tanta fortuna come oggi saresti morto, al posto di ritrovarti con solamente un braccio momentaneamente fuori uso. Dovresti davvero ringraziare la dea bendata per essere riuscito a centrarlo prima che anche lui premesse il grilletto… Ora torna alla tua postazione… Comunque puoi venire qua in centrale i prossimi giorni, se non vuoi rimanere a casa, ma ovviamente finché non ti sarai rimesso del tutto niente più missioni od allenamenti. Sono stato abbastanza chiaro?”

In risposta ci fu solamente un lieve cenno del capo, mentre la mano del rosso abbandonava la zazzera bionda.

Gli rivolse uno dei suoi sgargianti sorrisi ringraziandolo con un semplice, ma sincero, ‘Grazie fratellone’ abbracciandolo. Ricevendo in risposta quello che lo faceva sentire la persona più privilegiata del mondo: uno stiramento di labbra che era l’unica cosa più simile ad un sorriso che Gaara sapesse fare e che ancora era l’unico a cui veniva rivolto.

Una volta uscito dall’ufficio del rosso si avviò verso la sua scrivania, ritrovandosi a pensare a quanto fosse fortunato ad avere un fratellone come Gaara. Anche se in realtà non avevano reali legami di sangue, si consideravano fratelli ed il rosso si era sempre preso cura di lui. Sia da piccoli, sia quando era entrato in polizia ed aveva scoperto che invece lui era già un detective e tra poco sarebbe salito nuovamente di grado, in tempo record negli annali polizieschi.

Avevano quattro/cinque anni di differenza e, sebbene gli rodesse di non essere riuscito ad essere altrettanto ‘prodigioso’, in fondo non si poteva lamentare essendo riuscito a divenire Detective velocemente rispetto ad altri ed ovviamente tutto con le proprie forze, visto che Gaara non faceva favoritismi.

“…obe! DOBE! Ma mi senti o gli antidolorifici ti hanno nebulizzato il cervello?”

“Ma cos…? TEME! COME TI PERMETTI! TEME CHE NON SEI ALTRO!!”

“Se non senti nemmeno quando la gente ti chiama… Te ne stai lì con quel sorrisino ebete in faccia, prima di fare delle smorfie ridicole… Mi sembra normale trarre certe conclusioni D.o.b.e.”

“Ero solamente perso nei miei pensieri, o non è più consentito nemmeno quello? Eh teme?!”

“Non quando ci sono io Dobe” Gli sussurrò direttamente nell’orecchio con voce roca, prima di tirarsi indietro con quel suo solito sorrisetto da ‘io sono superiore’.

Intanto il moro contava mentalmente fino a tre. Osservava il volto del biondino farsi sempre più rosso, fino a quando, allo scadere del ‘tre’, questo non cominciò ad urlare come un matto continuando ad intramezzare un ‘Teme’ ogni quattro parole massimo.

L’ufficio assistette ormai abituato alle urla del giovane Detective biondo, c’era chi seguiva ancora le grida, che spesso si rivelavano apparentemente insensate e sconnesse, con divertimento e chi le ignorava perché troppo occupato col lavoro.

Era divertente vederlo gesticolare impazzito con la faccia completamente rossa, ma osservando il braccio destro del collega decise di intervenire, prima che quell’idiota peggiorasse da solo la sua situazione.

“Dovresti calmarti Dobe, o ti devo ricordare che sei ferito?”

Il moro lo osservò mettere quel suo solito broncio, mentre si lasciava cadere pesantemente sulla sedia, borbottando l’ennesimo ‘Maledetto Teme’.

Passarono pochi istanti prima che Naruto gli domandasse cosa ci facesse lì. Istanti di cui l’Uchiha approfittò per sedersi comodamente sulla cattedra del collega.

“Oh, sono solo venuto a controllare come stesse il mio Dobe, visto che mi è arrivata voce che stamattina s’è fatto quasi ammazzare.” Il tono si era fatto più duro al pensiero che sul pavimento di quel magazzino, in una pozza di sangue, per un pelo non c’era rimasto il biondo invece dell’assassino. Vedendo che il collega non accennava a rispondere, scelse di continuare. “Sai Dobe, sono davvero curioso di sapere per quale motivo hai deciso di rischiare di andare all’altro mondo.”

“Ero preoccupato, ok?!” Vedendo l’eloquente inarcarsi d’un sopracciglio corvino decise di spiegarsi meglio. “Era per Sakura, sai la novizia che mi hanno affidato qualche mese fa… era più vicino di me al killer ed era disarmata… Sasuke dovevi sentire come urlava e mi chiamava terrorizzata durante  la sparatoria. Non potevo permettere che l’ammazzasse ed a quella che credevo la mia unica possibilità… ho tentato.” Terminò con una semplice scrollata di spalle che gli costò una lieve fitta di dolore.

“Tzè il solito Dobe.”

“EHI!!”

“Ho solo detto la verità. A proposito credo ti convenga imparare ad utilizzare decentemente la mano sinistra per il momento, sempre se non vuoi che ti dia una mano io.” A quel celeste sguardo confuso proseguì con tono malizioso, avvicinandosi al suo orecchio per assicurarsi che nessuno degli altri agenti potesse sentirlo “…ad imboccarti, a cambiarti, a-”

“TEMEEEEE! Non ho bisogno del tuo aiuto! Sono in grado di arrangiarmi da solo e volendo potrei batterti anche adesso, solo con la mano sinistra.” L’interruppe velocemente il biondino col volto paonazzo, agitando gli davanti il pugno sinistro come se glielo volesse dimostrare.

“Non credo sia fattibile, ma se vuoi tentare… Mi domando solo se sarà d’accordo anche il tuo caro fratellone con questa tua brillante idea” L’osservò impallidire velocemente con soddisfazione, prima di rincarare la dose “O ti devo ricordare il giorno e mezzo che ti ha tenuto chiuso a chiave nella sala degli interrogatori, notte compresa, perché gli avevi disobbedito?”

Doveva ammettere che effettivamente il rosso era una delle poche persone verso cui provava un rispetto sincero. Sì, lui il grande Detective Uchiha Sasuke provava rispetto verso qualcuno che non apparteneva alla propria famiglia, ed ad essere onesti anche timore, visto che non ci teneva a venir castrato dal Fratellone del Dobe, anche se non l’avrebbe mai ammesso nemmeno sotto tortura.

Però non poteva fare a meno di ricordare quella volta nell’ufficio di Sabaku. Era successo poco dopo aver cominciato a provarci col ‘fratellino’ che, una volta finito il rapporto, il rosso, al posto di liquidarlo con un cenno del capo o della mano come al solito, l’aveva trattenuto per chiarire delle cosette. Si ricordava ancora le sue esatte parole.

“Uchiha, mi sono arrivate voci di corridoio che tu stia cominciando a provarci col mio fratellino per via di una stupida scommessa tra colleghi.”

Lo sguardo del rosso si posò su di lui con la sua solita freddezza. Rimase in silenzio, non perdendo nemmeno tempo a confermare, visto che quella non era una domanda.

Lo vide voltargli le spalle e dirigersi verso la finestra. Osservava la pioggia cadere o, magari, guardava in strada i pochi agenti che avevano appena finito il proprio turno dirigersi verso le proprie auto per tornare finalmente a casa, oppure entrambe le cose. Non lo sapeva e non gli interessava neppure.

“Credo sia meglio chiarire le cose Uchiha. Sarai pure un bravo Detective, ma azzardati a far soffrire Naruto e ti posso assicurare che rimpiangerai di non aver prestato ascolto ai miei avvertimenti. Fossi in te mi assicurerei che non sia uno stupido capriccio, causato da questa stupida scommessa o per via della testardaggine dimostrata dalla ‘preda’, a farti continuare. Nel caso ti rivelassi invece serio, ti augurerei buona fortuna per i tuoi tentativi nel farlo cedere e vi potrei concedere la mia benedizione.”

Acconsentì con un semplice cenno del capo. Era comprensibile per certi versi, anche se non se lo aspettava realmente.

“Ora che ci siamo chiariti… Prenditi cura del mio fratellino idiota, faccio affidamento su di te. Ora puoi andare.”

Dopo il breve assenso formale mi diressi alla porta, ma prima che potessi abbassare la maniglia la sua voce pacata ed allo stesso tempo autoritaria mi fermò un’ultima volta.

“Uchiha, mi raccomando, è una promessa.”

“Sì capo.” È tutto ciò che risposi prima d’aprire definitivamente la porta dell’ufficio ed uscirne, portando a termine ufficialmente la mia giornata di lavoro.


Stetti ancora lì a guardarlo per qualche minuto sorridendo felino. Lui era rimasto pietrificato nella stessa posizione, probabilmente per via dello shock. Scesi infine dalla cattedra, soffiandogli un ‘a dopo Dobe’ direttamente nell’orecchio e mordicchiandogli quasi distrattamente il lobo. Per poi andarmene scocciato verso quella piattola rossa, che risponde al nome di Karin, che mi stava irritabilmente chiamando ed a cui non potevo sfuggire essendo questa una mia sottoposta.

Solo un sussurro fuoriuscì gelidamente dalle mie labbra mentre percorrevo il corridoio, ripensando a ciò che era accaduto al mio Dobe.

“Haruno Sakura, ehh?”

♥♠~~~~♥♠


La notte apriva i cancelli che portavano a Morfeo per coloro che lo ricercavano, ma donava anche la possibilità di svagarsi a chi lo desiderava, attendendo il ripristino della routine portata dall’alba, od ancora donava rifugio a coloro che non conoscevano tregua.

In uno dei locali, la cui insegna contribuiva a rischiarare la notte, vi era un gruppo di tre giovani che discutevano ad un tavolo vicino al bancone. La musica assordante faceva sì che le urla, portate dall’ebbrezza dell’alcool ingerito, non attirasse l’attenzione su di loro e sulle loro discussioni.

Era da più d’un ora che la giovane con gli occhi verdi e lucidi continuava a parlare a vanvera, per via dell’alcool, lamentandosi un po’ di tutto assieme all’amica bionda. Anche se questa la seguiva anche lei mezza sbronza. E per finire c’era la pacata mora che, essendo astemia, non aveva toccato nulla d’alcolico, ma che si intrometteva timidamente solo per cercare di calmare la situazione quando questa degenerava, o esprimeva i suoi pareri con la voce bassa ed insicura.

Era più o meno l’una quando le ultime lamentele uscirono dalla bocca della rosa, con gli occhi dello stesso colore d’una foglia ricoperta di rugiada.

“Perché!!! Non è giusto! Dovrebbe guardare me, mica quell’inutile biondino!!”

“Io te l’avevo detto fronte spaziosa, avevi più possibilità d’attirare l’attenzione dell’Uchiha se fossi andata a fare le autopsie, piuttosto del Detective. Non ci sei affatto tagliata, ma tanto non ci dai mai retta, non ho forse ragione Hinata?”

Rispose tranquillamente la bionda col suo solito tono un po’ spaccone nella voce, portandosi il boccale alle labbra. Mentre la mora si limitava ad un timido assenso del capo Ino insistette, forse per via dell’alcool, ignorando lo sguardo infuriato dell’amica d’infanzia.

“E poi non capisco di che ti lamenti. Uzumaki è ugualmente un bel pezzo di ragazzo, sei stata fortunata a finire nella sua squadra. Tanto non saresti mai capitata in quella d’Uchiha e poi lo vedi ugualmente più spesso di tutti, visto che è sempre appresso al biondo… Ho sentito d’una scommessa, mi domando come stia procedendo ihihich” Un singhiozzo terminò la sua risatina.

“MA QUALE FORTUNA E FORTUNA! Sasuke vede solo quel maledetto biondino! Non m’interessano le qualità di Naruto, io voglio che Sasuke guardi me, solo me! Quel maledetto è sempre tra i piedi, se non ci fosse sono certa che Sasuke sarebbe mio! Eppure non pensavo che fosse così duro a morire. Ma quale professionista e professionista, quel deficiente mi ha trovato un idiota che non sa nemmeno tenere il conto dei propri proiettili e io che l’ho pure aiutato. È meglio che mi trovi una soluzione il prima  possibile o lo rispedisco al fresco! Tzè, perché devo sempre avere a che fare con incapaci?”

Le due stettero in silenzio ascoltando l’amica, ma non capendo che stesse dicendo, pensando poi d’accantonare la cosa considerandola uno dei vaneggiamenti insensati portati dalla sbornia.

Ma al bancone qualcuno non la pensava così.

Aveva ascoltato per tutto il tempo la discussione del trio, prestando più attenzione ai ‘vaneggiamenti’ della rosa, sorseggiando con tranquillità il suo Rusty Nail dal gusto nobile e profondo.

Rimaneva lì all’angolo del bancone con quel bicchiere in mano a sorseggiare il liquido ambrato che circondava il ghiaccio. Quasi crudele il fatto che il nome di quel cocktail significasse chiodo arrugginito. Quella sua punta di dolcezza data dal Drambuie e l’aroma del Whiskey che s’armonizzavano nel bicchiere, per poi diffondersi con complessità sulla lingua.

Pareva che nessuno lo vedesse, era ormai da anni un maestro nel divenire come un’ombra che non veniva notata o registrata, sebbene la normalità avrebbe richiesto il contrario. Non l’aveva fatto perché Haruno era entrata in quel locale, quella era stata una coincidenza, era solamente una sua abitudine. E come un’ombra nessuno notò quando lasciò il bancone per seguire il trio che abbandonava il locale. Solamente quel bicchiere, con all’interno ciò che rimaneva del ghiaccio che luccicava sinistramente sotto quelle luci, ed i soldi del conto abbandonati sul bancone erano l’unica traccia rimasta del suo passaggio.

♥♠~~~~♥♠

Il suono della voce dell’Haruno era divenuto rauco, era chiaro che le bruciasse la gola a furia d’urlare ed implorare pietà. Tagli più o meno profondi laceravano la pelle e le imbrattavano di rosso gli abiti. Seduta su d’una sedia, con le mani bloccate dietro lo schienale.

L’ennesimo grido, l’ennesima implorazione e l’ennesimo dito che si tingeva di cremisi, tra cui risaltava l’osso della falangetta di un inquietante bianco.

Le lacrime che scorrevano sul volto della ragazza sembravano non avere fine. Gli occhi erano tanto gonfi che quasi non si vedeva l’iride annebbiata od il bulbo oculare che s’era ormai tinto di rosso.

Ormai la rosa aveva perso persino la percezione del tempo. L’effetto della sbornia le era stato portato via ore ed ore fa dal dolore, dalla paura, mentre stava costretta a sedere su quella sedia di legno che pareva mezza scassata, sebbene avesse resistito per tutto il tempo. Lo sguardo annebbiato era fisso su quel pavimento sporco di quel colore scarlatto.

Poteva urlare quanto voleva, il suo ‘aguzzino’ glielo aveva detto chiaramente, tanto nessuno sarebbe venuto ad aiutarla in quel magazzino abbandonato, dove il giorno prima c’era stata l’aggressione. Ora stava lì a vedere il suo sangue che si sovrapponeva a quello rimasto del mercenario, tanto la ‘scena del delitto’ era stata liberata definitivamente poche ore prima che lui la portasse lì.

L’ennesimo dolore e l’ultimo dito che le rimaneva ancora del suo normale color rosa si tingeva di scarlatto ed il bianco si presentava insolente. Prese un po’ di coraggio, sebbene le paresse d’avere la gola in fiamme e con le poche forze che le erano ormai rimaste riuscì a gracchiare quel “Perché?”.

La rosa lo guardò con fatica mentre raccoglieva il sangue che gocciolava dalle sue dita in un piccolo contenitore che si poteva tranquillamente chiudere senza temere che il suo contenuto si rovesciasse. Era di plastica leggermente opaca, ma si vedeva chiaramente il rosso che ne tingeva le pareti interne.

Lo vide chiudere il piccolo contenitore, il volto ancora impassibile. Non l’aveva nemmeno degnata d’uno sguardo, così insistette.

“P-perché?... T-tutto questo è per Uzumaki, vero?! Cos’ha di così speciale?!!”

Il terrore invase il suo corpo già sconquassato dai tremiti di dolore quando quello sguardo gelido si posò su di lei, facendole desiderare di non aver parlato.

Il suo volto era rimasto impassibile, come lo era stato anche durante le torture che le aveva inflitto. Il suono improvviso di qualcosa che s’incrinava, si frantumava, risuonò nell’aria, seguito subito dalle grida straziate.

Si muoveva come se attorno a lui non stesse succedendo nulla. Si allontanò quel poco necessario per raggiungere la cassa sopra cui erano posati tutti i suoi ‘attrezzi’. Lo guardò tornare con passo lento, permettendole di vedere del semplice tessuto nero tra le sue mani guantate.

Non passò molto che avvertì la stoffa di una cravatta avvolgerle il collo, come quella della sua uniforme, che pian piano si stringeva. Presto l’aria cominciò a mancarle, la stretta si faceva sempre più salda comprimendole la gola. La vista le si era ormai del tutto sfocata, mentre quella voce fredda e calma le giunse alle orecchie.

-È una promessa.- ripeté mentalmente solo quelle ultime tre parole, mentre vedeva il nero sostituire il rosso.

♥♠~~~~♥♠

Era in ufficio prima dell’inizio del suo orario lavorativo, come tutti i giorni, quando il telefono squillò.

La voce della sorella si faceva avvertire agitata, mentre l’informava di un cadavere ritrovato nel bosco da una giovane che faceva jogging. Il sopracciglio gli si arcuò in maniera molto esplicita sebbene nessuno lo potesse vedere.

“Cos’ha questo di così speciale da richiedere la mia presenza?”

Domandò con tono piatto, mentre avvertiva il respiro di Temari bloccarsi, come se temesse di parlare.

Sospirò rumorosamente prima di avvisare la ragazza di prepararsi ed anticiparlo per dare un’occhiata generale al corpo, lui sarebbe sceso tra pochi minuti e l’avrebbe raggiunta con Kankuro; per poi riattaccare.

Finì velocemente di controllare alcune pratiche e lasciare le direttive per evitare l’eventuale caos portato dalla sua assenza.

Scese con passo lento dalle scale, sistemandosi la giacca, vedendo suo ‘fratello’ mentre provava a rimorchiare la giovane al bancone d’ingresso, per poi scattare sull’attenti una volta che l’ebbe notato.

♥♠~~~~♥♠

Dopo aver visto il corpo non gli fu difficile capire perché i piani alti avessero chiesto esplicitamente di lui per quel caso.

I poliziotti di turno erano parsi sollevati quando l’avevano visto arrivare, chi di potersene finalmente andare il più lontano possibile da lì, chi della sua presenza.

Non aveva comunque battuto ciglio quando lo avevano condotto al corpo, capendo anche perché Temari era così reticente: avevano ammazzato un poliziotto.

Osservò il corpo esanime dell’Haruno. L’esibizione inusuale del corpo faceva certo intuire l’accuratezza con cui era stata montata la scena, come se stesse tentando di fare un’opera d’arte. Sembrava quasi una bambola rotta in quella posa.

Il corpo lievemente rialzato da terra pareva come impigliato in una ragnatela di fili che laceravano la pelle mentre lo sostenevano ai rami.

Si legavano sulle articolazioni alzando il polso destro, facendo però piegare la mano ad accostare la testa. Il sinistro invece era lascio più basso e più lontano, con il gomito che veniva alzato al livello dell’altro polso. Mentre l’articolazione angolare dell’arto destro veniva tenuta il più distante ed in alto che l’anatomia potesse concedere.

Osservando meglio l’avambraccio destro si poteva notare una sporgenza che perforava persino la pelle con un puntino bianco, mentre nel sinistro questa strana conformazione era presente sulla parte del braccio. Le dita erano lievemente contratte ed incrostate d’una sostanza rossiccia.

Gli arti inferiori invece erano avvolti strettamente da quei fili trasparenti, così da tenerli uniti, a partire dalla coscia, sino a giungere alle caviglie ed ai piedi, affondando nella carne durante tutto il suo percorso, tenendo i muscoli tesi ed irrigiditi in quella posa.

Sulla pelle bianca-grigiastra risaltavano i tagli cremisi-violacei che la ricoprivano e che si vedeva non essere dovuti alla ‘ragnatela’ che l’avvolgeva. Gli abiti ormai rossicci e quasi brandelli facevano intravedere la carne con cui s’immergevano e quasi si compattavano.

Una cravatta nera annodata alla perfezione risaltava attorno al collo, l’unica cosa in perfette condizioni che avesse indosso, oltre a non essersi ormai tinta di rosso.

Persino il capo era stato messo in posa. Lievemente inclinato verso destra a posarsi sulle dita.

I capelli, che era solita tingersi di rosa, avevano delle ciocche che s’erano sporcate a loro volta con qualcosa d’un color marrone-rossiccio.

Gli occhi erano sgranati dal terrore e resi opachi dalla morte. Tra le ciglia erano ancora imprigionate delle lacrime che avevano tracciato a lungo il volto, come dimostravano le scie che si riuscivano ancora a vedere grazie alle linee nere del trucco della ragazza.

E, come tocco finale, la bocca che era stata certamente spostata così da farla socchiudere, mentre le labbra erano state dipinte di rosso. Certamente col sangue a notare dal piccolo rivolo era sceso dall’angolo sinistro del labbro, facendo così dedurre che l’assassino fosse destrimane e non mancino.

Spostò lo sguardo sulla bionda che, mordendosi il labbro, aveva atteso il suo cenno per parlare.

“Sembra che il decesso risalga a poche ore fa, ma per esserne certa dovrei prima fare le mie analisi… di certo la tortura è durata ore a giudicare dai tagli e dal colore degli ematomi, oltre ai differenti incrostamenti di sangue. Tuttavia al momento posso presumere che la causa definitiva del decesso è lo strangolamento a giudicare dal segno nascosto sotto la cravatta che l’assassino le ha messo post mortem. Chiunque sia stato è uno che conosce bene l’anatomia umana: ha evitato vene ed arterie principali così a evitare che morisse per dissanguamento durante quella che sembra una lunga serie di torture.”

“Quelle che l’avvolgono sono fili di pianoforte?”

La sorella parve sorpresa dalla domanda, che era in realtà solo una richiesta di conferma che lei gli diede, domandandosi ancora una volta come il fratello potesse essere così freddo e calmo anche davanti ad uno spettacolo del genere.

Vide Kankuro avvicinarsi di fretta per avvertirlo del ritrovamento d’un pennello sporco di sangue trovato poco distante.

Tutto lo videro avvicinarsi al corpo componendo un numero, ma nessuno osò avvicinarsi per ascoltarne la conversazione. Sussultando quando, una volta terminata la chiamata, si voltò verso di loro ordinando di tirare giù il corpo se avevano terminato con le foto, in modo tale che il medico legale potesse esaminarlo, per poi salire in macchina ignorando il fratello che lo seguì velocemente.

Ignorando infine il maggiore che gli chiese dove erano diretti, facendogli comprendere che doveva stare zitto.

♥♠~~~~♥♠

Entrò sicuro nell’edificio, proseguendo dritto nel corridoio a sinistra sino a voltare infondo a destra ed entrare nella quarta porta dallo stesso lato, dando direttive al fratello.

Quando entrò nella stanza vi era un ragazzo con gli occhi ed i capelli rossicci che in qualche modo gli somigliava, anche se era chiaramente più grande di lui.

“Devo ammettere che mi ha stupito la tua richiesta, comunque ho quello che volevi… noto che non li hai ancora perdonati. Gaara, sono pur sempre i tuoi fratelli.”

“Fratellastri Sasori, fratellastri. Comunque ti ringrazio per tutto e mi scuso per il poco preavviso.”

“Nessun problema. Vienimi a trovare qualche volta, ok cuginetto?” Gli domandò porgendogli dei fogli.

“Vuoi farmi conoscere quel biondino che correva sgolandosi nel chiamarti?”

Un sorrisetto increspò le labbra del maggiore.
“Non ti si può nascondere realmente nulla. Mi raccomando, prenditi cura anche di te stesso qualche volta”

Furono le ultime parole del cugino prima che lo lasciasse da solo in aula, a prepararsi per la successiva ora di lezione.

Richiamò Kankuro per lasciare l’istituto di belle arti Akatsuki e tornare alla centrale, impartendogli già le direttive delle mosse che avrebbe dovuto eseguire.

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Passarono le ore ed il rosso era incastrato tra indagini, burocrazia e la caccia che i piani alti stavano facendo per tentare d’incontrarlo, felici di sapere che avevano già un sospettato quasi assicurato come colpevole.

Solamente quando non gli restava che attendere andò a controllare la situazione del commissariato.

Tutti si erano informati delle torture subite dalla collega: bruciature, ossa rotte, tagli, lacerazioni, estirpazione delle unghie e della parte finale delle dita, a quanto pare certe ferite erano state anche bagnate con acidi, traumi e per finire lo strangolamento, oltre alla perdita di sangue.

Le due amiche che facevano i medici legali erano ancora singhiozzanti, come quando erano venute a riferirgli dei discorsi della rosa l’ultima volta che l’avevano vista. Naruto pareva incredulo e variava tra momenti d’ira e momenti di smarrimento, tutti ovviamente sopportati e gestiti dall’Uchiha.

Ma da una cosa tutti parevano rassicurati: il caso era assegnato a lui, quindi il colpevole sarebbe stato catturato velocemente.

Quando lo notarono li avvertì che entro pochi minuti il presunto colpevole sarebbe stato scortato nella stanza interrogatori e che lui stesso l’avrebbe gestito.

Solamente Naruto e l’Uchiha rimasero vicino a lui, chiedendo chi fosse e quali prove avesse.

Non avendo voglia di parlare permise a Kankuro di intromettersi fieramente, visto che aveva finalmente capito la strada percorsa dal fratello. Oltre al fatto che questo, spazientito dalle sue continue domande, glielo aveva brevemente esposto durante il viaggio di ritorno dall’accademia Akatsuki.

“Bisogna tenere conto che il corpo era stato ‘preparato’ con estrema attenzione: questo porta a supporre che l’assassino ha una tendenza a credersi ‘un’artista’. In più lo strangolamento è un tipo morte perpetrato da chi ha motivi personali e questo ci porta a considerare che conoscesse ed avesse un legame abbastanza forte con il suo assassino.

In zona ci sarà al massimo un negozio che vende fili di pianoforte e se qualcuno dovesse richiederne una simile quantità darebbe certamente nell’occhio e sarebbe quindi ricordato con più facilità. Allora come può esserne entrato in possesso?”

Fece una pausa che doveva essere ad effetto fissando il biondo, che era l’unico che pareva come pendere dalle sue labbra, per poi continuare.

“Gli unici in zona ad avere sia pianoforte, sia attrezzature messe a disposizione degli studenti è l’istituto d’arte Akatsuki, così Gaara ha chiesto a Sasori di fornirgli degli elenchi.”

“Chi è Sasori?” domandò curioso Naruto fissando il rosso per qualche attimo prima che questo si decidesse a rispondere.

“È mio cugino. Insegna lì.”

“Ehm... stavo dicendo… che in più ricontrollando i casi in cui è stata coinvolta l’Haruno abbiamo notato delle piccole manomissioni fatte da lei e che scagionavano il ‘sospettato’. In più il tutto è stato accertato grazie alle testimonianze delle amiche che ci hanno informato della discussione che ha fatto l’ultima volta che l’hanno vista, fornendo così la motivazione visto che l’Haruno aveva minacciato di far saltare fuori tutto e di spedirlo in prigione.

Questo dovrebbe essere tutto in grandi linee se non sbaglio… e poi è stato così preso dalla fuga che ha persino perso uno dei suoi pennelli vicino al corpo. Errore da principianti.” Terminò tronfio.

“La poliziotta non era proprio immacolata” aveva infine assicurato anche l’Uchiha, per far capire al biondo che era inutile colpevolizzarsi o rattristarsi troppo.

“Probabilmente questa è stata la soluzione migliore, non preoccuparti. Ora va pure dai tuoi colleghi Naruto e sta attento a non fare danni.”

Intervenne anche lui con voce che lasciava trasparire affetto fraterno, mentre gli scompigliava la zazzera bionda, prima di vederlo fare come gli aveva detto. E con un cenno freddo del capo fece allontanare anche il fratellastro.

Quando rimasero soli l’Uchiha volle semplicemente accertarsi se la rosa centrava o meno con l’attentato subito due giorni prima da Naruto, ricevendo da lui solamente un cenno affermativo.

Tutti osservarono Sai Shimura, figlio del politico d’estrema sinistra Danzo Shimura, entrare scortato da Kakashi Hatake e ‘sfilare’ sino alla sala interrogatori. Attendevano che li raggiungesse per vederlo mentre lo faceva crollare, ottenendo così una confessione come di consueto e lui non intendeva certo venir meno al loro programma.

Guardò il detective di fronte a lui per riferirgli ciò che doveva ricordare prima che andasse a compiere il proprio dovere.

“Prenditi cura di lui Uchiha. Ricordati, è una promessa.”

“Sabaku, tu a chi l’hai fatta?”

Passarono pochi attimi di silenzio, in cui lo sguardo si spostò sino a posarsi sul biondo che discuteva in mezzo a Nara, Inuzuka e Hyuuga.

La sua mente tornò al passato in cui non aveva un posto da chiamare realmente casa, perché era un figlio illegittimo. Le botte al posto delle carezze e lo scherno al posto della premura. Sino a che loro non si trasferirono. L’avevano trattato come un figlio, facendogli comprendere cosa fosse l’affetto. Non doveva essere stato facile trattare con lui, specialmente con tutte le barriere che si era eretto attorno, ma loro l’avevano fatto non volendo lasciarlo abbandonato a se stesso. Ricordava lo sguardo preoccupato che gli lanciavano ogni volta che doveva tornare in quella casa piena di sconosciuti che eppure era costretto a rispettare.

Lo avevano anche portato all’ospedale assieme a loro per farlo partecipare alla nascita del loro vero figlio ed era stato quel giorno che gli fece quella promessa. Non aveva importanza che avesse solo quattro anni, lui comprendeva benissimo ed aveva accettato anche per ripagarli di tutto quello che avevano fatto per lui. Tutto, persino la propria esistenza, veniva dopo la vita, la felicità e la sicurezza di Naruto. L’aveva promesso anche a se stesso, ma non credeva che qualcuno lo riuscisse realmente a capire, considerandola solo una promessa di un bambino che non conosce le conseguenze delle proprie azioni.

Ma lui in fondo non era mai stato un bambino ed aveva dovuto imparare sin dall’inizio quali fossero le conseguenze delle azioni e delle parole. Ma nessuno a parte i coniugi Namikaze l’avrebbe mai capito.

“Ai suoi genitori.”

La sua voce giunse bassa alle orecchie del moro, mentre l’osservava voltarsi per raggiungere il sospettato e cominciare l’interrogatorio.

Lo fermò un’altra volta, la voce bassa per non farsi sentire da nessun altro.

“Quindi sei stato tu.”

“Non so di che stai parlando Uchiha. …Non c’è bisogno di preoccuparsi. Stagli accanto nella luce, dell’ombra continuo ad occuparmene io.”

Detto questo si allontanò verso la sala interrogatori. Le labbra gli si sollevarono in un ghigno che non vide nessuno, mentre le urla e le preghiere dell’Haruno gli tornarono alla mente.


Caso concluso.


Angolo della Sadica Sanguinaria

Rieccomi tornare dopo...due anni sul fandom di Naruto.
Spero che mi farete sapere anche il vostro parere.
Comunque sia questa shot l'ho scritta per il contest 'Naruto Bloody Contest: Come suonano le tue ossa?' in cui mi sono classificata 4° su cinque partecipanti, ma a cui ho ottenuto il premio per il miglior detective per il mio Gaara ^-^

(ho dovuto aggiungere un P.S. che si trova dopo i risultati, se non siete interessati hai risultati vi pregherei comunque di saltarli e leggere il mio P.S. grazie)

spero che mi lascerete i vostri pareri, e se vi interessa qui di seguito ci sono i parametri ottenuti dalla mia storia, così da poter approfittarne ancora per ringraziore ancora una volta le giudice per il tempo che m'hanno concesso.


Quarta classificata: È una promessa di Shi_Angel
Ortografia e grammatica: 13,9/20
Hai fatto abbastanza errori.
Vi sono poi frequenti errori di consecutio temporum, in cui dovresti usare il congiuntivo, e di distrazione, che hanno sicuramente aiutato ad abbassare il punteggio.

Stile e Lessico: 10/14
In linea generale è scorrevole e gradevole da leggere, tuttavia in alcune parti hai usato delle frasi troppo complesse e difficili da comprendere, sei andata ad incastrarti in un giro di frasi contorte senza le quali il punteggio sarebbe stato sicuramente molto più alto. Il lessico di cui ti sei servita è adeguato e ben utilizzato.

Intreccio: 8,5/10
L'intreccio rispetta in modo complessivamente pertinente le richieste, all'inizio era anche avvincente, tuttavia con il procedere si perdeva interesse per la storia, per poi alla fine riscatenare un po' d'interesse, questa discontinuità ha penalizzato il punteggio, il che dispiace perchè come idee c'eravamo ed era ben pensata come storia.

Originalità: 8,5/10
Il colpevole è stata una vera perla, mai avrei sospettato di lui! Anche il movente è molto interessante ed è diverso dai soliti schemi fissi e/o tradizionaliste che di solito vengono proposti. La storia non è minimamente banale è c'è sempre questa sottile linea di demarcazione che divide la luce dalle ombre che mi è particolarmente piaciuta.

Legame vittima-assassino: 7,5/13
Sicuramente non c’è nessun legame forte fra Gaara e Sakura, che non sono certamente da definirsi “amici”. Ciò che ti ha penalizzata è però il fatto di aver utilizzato due personaggi che, comunque, si conoscono nel manga. Si sono incontrati infatti numerose volte nel corso della storia, e Gaara è anche un caro amico di Naruto, compagno di team di Sakura.

Efferatezza del delitto: 12/13
Cara mia, questo punto l’hai azzeccato sicuramente. La povera Sakura (che sicuramente non ami, a quanto pare xD) è morta in un modo a dir poco splatter e da vero thriller. La lenta tortura che precede la morte, i fili di pianoforte a tenere il suo corpo sospeso, e alla fine lo strangolamento, per mezzo di una cravatta. Perfetto, direi ;)

Gradimento personale: 7,5/15
9/15 SunliteGirl: La tua storia mi è piaciuta abbastanza. L’ho trovata interessante, ricca di suspance e colpi di scena degni di un thriller. La doppia faccia di Gaara, il segreto che si cela dietro la sua figura, con il suo affetto morboso nei confronti di Naruto, suo fratello, che ha promesso di proteggere. Hai creato davvero un personaggio interessante, pur rimanendo I.C. Inoltre, la descrizione di Naruto è stata a dir poco perfetta, quello era lui di certo, e hai accompagnato il lettore alla conclusione mantenendo sempre e comunque un’aura di mistero, fino al colpo finale. L’unica pecca è Sasuke. Non ho nulla contro il SasuNaru, anzi, in certi casi mi piace come coppia, ma penso che tu abbia stravolto troppo il carattere di Sasuke. Quel ragazzo non morderebbe l’orecchio di qualcuno, in pubblico tra l’altro, nemmeno dopo quarant’anni di fidanzamento xD In ogni caso non mi è dispiaciuta, anche se starei più attenta alla grammatica e ai periodi, in quanto in alcuni casi erano un po’ contorti. Per riprendere una frase della tua storia, “giudizio concluso” ;)

6/15 Bani chan: Sicuramente molto ben congegnato, tuttavia sono rimasta più volte perplessa sulla figura di Sasuke, per carità anche a me piace ogni tanto un Sasuke "tenero e affettuoso" però in questo contesto stonava incredibilmente, anche perchè caratterialmente Sasuke io lo immagino come il "bello e tenebroso" con quella sua pacatezza e l'aria tranquilla, non me lo riesco sinceramente ad immaginare mentre morde l'orecchio ad una persona, soprattutto se è Naruto, e ancora di più se si è in un luogo accessibile al pubblico, a mio avviso Sasuke è una persona più intima e riservata che non reagirebbe mai in un modo simile.


Totale: 67,9/95



P.S. mi è stato proposto di fare un piccolo spin off sul passato di Gaara, solamente che non mi pare il caso di farlo se poi non interessa quasi a nessuno, quindi vorrei sapere a quanti effettivamente interesserebbe, così da saper se ne vale la pena o meno. Ovviamente se è una cosa che interessa ed è attesa lo scriverò anche se più avanti vista la mia mancanza di tempo attuale. spero di non essermi dimenticata nulla e spero che la storia vi sia piaciuta, spero d'ottenere presto le vostre impressioni ed i vostri pareri. grazie ancora per l'attenzione
  
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