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Autore: madeitpossible    22/04/2013    7 recensioni
Castle invita a cena Beckett, peccato per una battuta che forse, andrà a rovinare la serata...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Quel giorno Castle non si era presentato al distretto. Le aveva mandato un messaggio dicendole che era indietro con la scrittura del nuovo romanzo e che si era svegliato con l’ispirazione.
Stavano insieme da diversi mesi ormai e Beckett era felice, stava bene, era più tranquilla.
Stava compilando dei fogli e il suo  turno sarebbe finito tra poco.
Castle nell’arco della giornata non si era fatto sentire, ma sapeva che quando si metteva a scrivere staccava tutti i contatti con il mondo. Però decise lo stesso che sarebbe andata a disturbarlo dopo cena.
Si stava per mettere la giacca per dirigersi a casa, quando le arrivò un messaggio da Castle.
“Come sta la tua lingua?”
Si mise a ridere.
La sera prima erano andati in un pub nel quale non erano mai stati e avevano ordinato una boule alcolica di frutta, tipica di quel posto. Praticamente era una pentola con sotto il drink alcolico e sopra questo vi erano tantissimi frutti diversi, dal cocco, al mango, dal melone verde, all’anguria e al kiwi, dall’arancia, alla banana e molti altri. Le era piaciuta molto.
Solo che non si era ricordata di essere allergica alla maggior parte di quei tipi di frutta e la lingua si era gonfiata, in seguito a una reazione allergica.
Gli rispose che era passato il gonfiore e che era sicuramente stato causato dai kiwi  e dall’ananas, ai quali era particolarmente intollerante.
Mentre era dentro all’ascensore del distretto, le arrivò una chiamata da parte di Castle.
Rispose.
“Ehi!”
“Ciao, scusa per oggi.”
“Tranquillo, ho compilato delle scartoffie tutto il giorno.”
“Meglio che non mi sia perso un caso! Se vuoi comunque possiamo andare a mangiare stasera, se non sei troppo stanca.”
“Per me va bene!”
“Bene, chiamiamo anche gli altri?”
“Come vuoi tu, per me è la stessa cosa! Dove andiamo a mangiare?!”
“No va beh, ho voglia di stare con te. Proporrei di andare in quel ristorantino cinese, giapponese non capisco mai la differenza , al quale passiamo sempre davanti e che dici sempre di voler provare!”
“Uuh si non ci avevo pensato! Bene, non vedo l’ora! Ti passo a prendere alle otto!”
“Anche durante un’uscita romantica tra di noi, vuoi guidare tu?”
“Si Castle. Per prima cosa, tu non sei capace di guidare e poi io amo guidare!”
“Va bene, però prendiamo la Ferrari!”
“Logicamente, tesoro! Non vedo l’ora di sgasartela un po’!”
“Quando parliamo di macchine non so mai chi sia il maschio tra noi due.”
“Quando mi vedrai stasera saprai benissimo chi è il maschio.”
“Non vedo l’ora di vederti allora, bellezza. A dopo!”
“A dopo, femminuccia!”

Arrivata a casa, si fiondò in bagno. Si fece una doccia veloce, si sistemò i capelli, si truccò. Poi si diresse nuda, in camera da letto. Sfiorò il cassetto che aveva regalato a Castle per San Valentino, poi aprì l’armadio e tirò fuori un vestito che non aveva ancora indossato, avendolo comprato la settimana prima durante una mattinata di shopping frenetico con Lanie.

Giunse sotto il loft di Castle, salutò il portiere e, arrivata al piano nel quale abitava il fidanzato, suonò al campanello.
Aveva indossato un cappotto lungo che le copriva il vestito.
Aprì alla porta un Castle super profumato, come piaceva a lei.
Il suo odore le dava alla testa e lui lo sapeva bene. Eccome se lo sapeva bene.
Anche quando aveva il raffreddore sentiva il suo odore.
Indossava anche la camicia rossa scura che lei amava.
E si era fatto la barba. La sera prima effettivamente, lei gli aveva rinfacciato di sembrare un orso.
Era perfetto.
“Sei bellissimo.”
Lui la prese per il fianchi e la baciò.
“Mi sei mancata oggi.”
Un brontolio di pancia interruppe il momento.
“Hai fame vero? Andiamo se no non ti faccio più uscire di qui.”
Castle prese la sua giacca nera, le chiavi della Ferrari e quelle di casa.
Giunti al garage la macchina rosso fuoco li stava aspettando. Beckett si mise al posto guida e Castle in quello del passeggero.
Prima di partire lei gli diede un bacio veloce, probabilmente per rassicurarlo sulla guida che avrebbe avuto.
“Vai piano.”
“Certo!” Lo guardò con un sorriso furbetto e sollevando entrambe le sopracciglia.
Accelerò a gogò, sentendo il motore della macchina vibrare sotto di lei.
Il rumore che sprigionava quella marmitta, le infondeva adrenalina direttamente nelle vene.
Chiuse gli occhi un attimo, prima di mettere la prima e partire.
Nelle curve Castle, senza farsi vedere da Beckett, si teneva alla maniglia.
“Guarda che ti vedo, sai?”
“Cosa?”
“Vedo che ti aggrappi quando curvo! Hai paura?”
“No.. io?”
“Fifone! Mi ricordi mia mamma quando mi insegnava a fare le guide!”
Erano rari i momenti in cui Beckett parlava della madre in modo cosi naturale. Di ricordi allegri, passati da Kate con la madre, Castle ne sapeva ben pochi.
Si guardarono negli occhi e si sorrisero. Lui le prese la mano che era fissa nel cambio.
Era una sua abitudine, quella di tenere sempre la mano destra sul cambio.
Arrivarono a destinazione.
Scesero dalla macchina ed entrarono nel ristorante.
Rick chiese se avessero due posti liberi e il cinesino/giapponesino rispose di si.
Mostrò alla coppia i posti liberi, poi Castle si girò verso Beckett e le chiese quale posto preferisse.
Logicamente lei puntò il dito verso quello più appartato, in un angolino.
Si tolsero i cappotti e quando Kate si girò verso il tavolo, dopo aver appoggiato la giacca sulla sedia, si ritrovò di fronte un Castle imbambolato ad osservarla.
“Mi hai già visto nuda, perché ti faccio quest’effetto anche da vestita?”
“Non ricordarmi come sei nuda, se no ti porto nel bagno del ristorante immediatamente.”
“Andiamo dai! Nuove esperienze per noi!”
“Piantala che lo faccio davvero.”
Lei si mise a ridere e si sedette sulla sedia.
Erano uno di fronte all’altro.
In mezzo una candelina.
Ognuno aveva un piatto con sopra le tipiche bacchette ancora attaccate tra loro. Le ruppero e Castle ci mise una vita.
Un cinesino/giapponesino portò loro il menù.
Lui avrebbe preso il riso con il granchio, lei gli spaghetti di soia con i gamberi.
Kate insistette poi nel far prendere a Castle una “barca”. Era un modellino di legno fatto a barca, ma al suo interno al posto che i marinai, c’era del sushi, del sashimi e dell’ onigiri.
Castle era abbastanza restio nel mangiare del pesce crudo, ma alla fine si lasciò convincere da Beckett che sembrava super entusiasta di mangiarlo.
Arrivarono i primi.
Gli spaghetti di Beckett erano color marrone, ma erano fatti di soia. Rick ringraziò comunque mentalmente il cielo di non averli presi lui.
Si, aveva proposto lui di andare a mangiare al giapponese, ma solo perché sapeva che a Kate piaceva moltissimo.
Beckett fece vedere la sua maestria nell’usare le bacchette a Castle, che invece mangiò il riso con la forchetta.
Assaggiarono il piatto dell’altro e parlarono un po’ del più e del meno.
Arrivò in seguito la barchetta.
Beckett si verso lo
shoyu, la salsa nera di soia nella quale si immerge il cibo prima di mangiarlo.
Obbligò Castle a versarselo anche lui.
“Possibile che a quasi quarant’anni tu non abbia mai mangiato il pesce crudo?”
“Si, se una cosa non mi ispira non la prendo e non la assaggio. Le altre volte che ho mangiato al giapponese, mi sono sempre limitato a mangiare dei cibi cotti.”
“Su su, assaggiale, sono sicura che ti piaceranno. Sono sempre nuove esperienze. Se non ti piace la prossima volta stiamo a casa sul divano con le fragole, la panna e il cioccolato.”
“Mi stai facendo pentire di averti chiesto di uscire.”
“Sarei venuta a farti una sorpresa dopo cena.”
“Non dirmele queste cose, ti prego. Mi fai solo stare peggio.”
“Mi hai portato in un ristorante dove sai che mi piace il cibo, mi hai fatto guidare la Ferrari, ti sei profumato, ti sei messo la camicia rossa, ti sei tolto la barba, se stasera ti dico che rimango da te, mangi questo?”
Beckett prese un pezzo di sushi, lo intinse nel shoyu e lo mise davanti alla bocca di Castle.
Lui l’aprì e lo mangiò.
“Mmh.. ok non devo pensare che è pesce crudo, se non penso mi piace.”
“Cosa ti avevo detto io?”
Mangiarono metà del pesce che c’era nella barchetta, e Beckett rise tantissimo vedendo le facce che Castle faceva mentre si metteva in bocca il cibo.
Vi erano due grossi pezzi di sushi. Uno con sopra delle piccola uova arancioni e l’altro con del pesce tagliuzzato in piccoli pezzi.
Beckett prese con le bacchette un po’ di quelle uova che vi erano sopra al primo.
Le mangiò ma non le piacquero. Non disse nulla a Castle e gli disse di assaggiarle anche lui.
Mangiò e fece una faccia disgustata.
Assaggiarono un pezzetto di quel pesce che vi era sopra l’altro ed era abbastanza piccante.
Ad entrambi non piacque neanche quello.
“Ok, dobbiamo superare noi stessi e mangiare anche quei due pezzi.” Disse Castle, stupendo Beckett.
“Facciamo bim bum bam per chi mangia quello con le mini-uova.” Proseguì.
“Va bene! Pari o dispari?”
“Pari.”
“Bim, Bum, Bam!”
Uscì il sei. Pari. Stava a Castle a mangiarlo.
“Ok al mio tre, intingiamo in quella salsa nera e lo mangiamo tutto.”
“Castle, non ce la faremo mai a mangiarlo intero! Sono molto più grandi dei sushi normali!”
“Basta che apri un po’ di più la bocca, so che ci può stare!” La sfotté Castle.
“Divertente! Davvero divertente!”
Beckett fece l’offesa. Castle pensò di aver esagerato.
Cercò di prenderle la mano che era sul tavolo, ma lei si tirò indietro.
“Vado in bagno un attimo.”
Si alzò e lo lasciò lì a maledire se stesso e la sua bocca.
Beckett tornò e si sedette senza dire una parola.
“Scusa amore, era una battuta non pensavo te la prendessi.”
Kate non rispose, prese un sushi, di quelli di dimensione normale e lo mangiò.
“Sono un coglione, mi spiace aver rovinato la serata.”
“Magari le tue amichette erano felici quando facevi questo tipo di commenti, è l’abitudine, tranquillo, capisco.”
“Di solito sei tu la prima a provocarmi, pensavo la buttassi sul ridere. Davvero mi spiace.”
Kate continuava a non parlare, quindi Rick decise di sganciare la bomba.
“Non rimarrai vero a dormire da me?”
“No, non credo. Meglio che vada a casa.”
Rick sapeva che avrebbe risposto cosi. Il dispiacere però lo travolse lo stesso. E Kate se ne accorse.
Non aveva passato la giornata a scrivere, ma a fare progetti per il loro futuro.
“Ok, senti, se vuoi andare a casa e non hai più fame, possiamo andare.”
“Perché?”
“Come perché? Se dobbiamo stare qui zitti o a insultarci, tanto vale andare a casa.”
“No, intendevo perché hai cambiato espressione quando ti ho detto che non restavo da te stasera. Hai così tanta voglia di vedere la mia enorme bocca in azione?”
Un sorriso amareggiato dipinse il volto di Rick.
“No, veramente se tu fossi salita, anche se non mi avessi ricattato prima, avrei trovato una scusa per portarti su, e se fossi venuta in camera mia, ti avrei fatto vedere cosa ho fatto oggi. Perché non ho scritto e poi ti avrei chiesto di trasferirti da me, ma tu pensi che sia ancora la persona che ero. Quindi portati pure a casa la Ferrari, domani la vengo a prendere. Io prendo un taxi.”
Senza darle il tempo di controbattere, Rick si alzò, prese il cappotto, pagò il conto e uscì.
Beckett rimase li immobile.
Ti avrei chiesto di trasferirti da me.
Il suo cervello si era fermato a quella frase.
Quando si riprese, lui era già andato.
Si maledì. Perché tra loro era tutto cosi complicato?
Bastava una frase sbagliata che lei si arrabbiava.
All’inizio se l’era presa per scherzo. Come aveva detto lui, era lei la prima a scherzare in ambito sessuale tra loro due.
Poi mentre era in bagno, aveva pensato a tutte le donne che erano state con lui. E lo stomacò le si era stretto pesantemente.
Aveva sbagliato lui, ma aveva sbagliato anche lei. Arrivò il giapponesino e  le chiese se poteva portare via il piatto mezzo pieno.
Gli chiese se poteva fargli un favore e mettergli i due sushi più grossi in una busta e se poteva portarli via.
Doveva fare qualcosa, non poteva finire così una serata che poteva diventare una delle più belle fin’ora vissute.
Il cameriere rispose di si. Mentre si preparava le portò la busta.
Lo ringraziò e uscì con in mano le chiavi della Ferrari.
Quando era pensierosa, Kate aveva l’abitudine di guidare piano e con calma.
Arrivò nel garage del loft di Castle e parcheggiò la macchinina rossa.
Usò le scale per arrivare all’ultimo piano.
Mentre saliva gradino per gradino pensò a cosa gli avrebbe detto.
Probabilmente la proposta non gliel’avrebbe fatta ancora. Ma si sentiva in obbligo di chiedergli comunque scusa.
Pregò tutti i santi affinché Martha e Alexis non fossero in casa.
Bussò, non suonò il campanello.
La porta si aprì e per fortuna era Castle.
“Scusa.”
Castle aprì la porta e le disse di entrare.
Andarono verso il divano e lui le prese la mano.
Il cuore di lei fece un giro su se stesso.
Kate si tolse il cappotto e lo poggiò sul divano, insieme alla busta contente i motivi del loro litigio.
Si sedettero e nessuno dei due parlava.
“La cosa che mi fa arrabbiare è che tu non hai capito che sono cambiato davvero.”
“Ero arrabbiata, non lo penso davvero lo sai.”
“No, non lo so. E’ il mio passato e non me lo puoi rinfacciare ogni volta che litighiamo. O mi accetti cosi come sono, con il mio passato, oppure è meglio che la finiamo qui.”
“Vuoi finirla qui?”
“Kate, per l’amor del cielo, ti ho chiesto di venire a vivere con me, secondo te voglio finirla qui?”
“Me lo hai chiesto?”
“Non come volevo io, ma si, te l’ho chiesto.”
“E sei scappato prima che potessi rispondere.”
“In quel momento non volevo la risposta.”
“E adesso la vuoi?”
“Non lo so.”
“Ok, quando sei pronto a sentirmi dire un si, dimmelo.”
Lui la guardò e sorrise.
“Quindi resti?”
“No, stanotte credo che andrò a casa.” Lo guardò, mentre fissava il pavimento.
Si avvicinò alla sua guancia e gliela baciò.
Poi si allungò per prendere la busta.
Si coricò sulle sue gambe.
“Fissa me e non il pavimento. Sono più bella almeno.”
“Modesta la ragazza.”
Si alzò e facendolo si avvicinò al suo viso.
Era a un soffio dalle sue labbra e disse:
“Stai dicendo che sono più brutta di un pavimento?”
“E’ il mio pavimento , è bellissimo.”
“E io sono la tua ragazza e sono bellissima.”
Gli scappò un sorriso e unì le loro labbra.
“Si, sei bellissima.”
“Meno male. Comunque ti ho portato una cosa.”
Gli mostrò la busta.
“Cosa c’è dentro?”
“La causa del fatto che ora non siamo in camera tua, nudi.”
Castle capì al volo.
La fece alzare, prese il suo pezzo enorme di sushi con le mini-uova e le porse il suo con i pezzettini di pesce.
“Quindi questa è stata una sushi-litigata?”
Beckett si mise a ridere.
“Possiamo definirla cosi, si!”
“Pronta?! 3..2..1… via!”
Ed entrambi mangiarono il loro pezzo di sushi, guardandosi negli occhi  e ridendo come due bambini.
Beckett aveva la bocca piena e anche Castle.
“No..non.. ries..riesco a mand..mandare giù!” Disse Beckett.
Castle aveva le lacrime agli occhi. Continuavano a masticare e masticare, finchè lo scrittore decise di ingoiare tutto. La faccia che fece era abbastanza buffa, tanto da far venire le lacrime agli occhi anche a Beckett.
“Dai amore ce la puoi fare.”
E nel frattempo rideva.
“E’.. picc…piccantis..simo!”
Ingoiò anche lei e la fece finita.
“Mai più sushi.” Constatò alla fine la detective.
“Concordo.”
Beckett si gettò fra le braccia di Castle, si baciarono, ma i loro sapori erano mischiati con il pesce.
“Andiamo a lavarci i denti, ti prego.”
“Non ho lo spazzolino!”
“Sicura?”
“Mi hai comprato uno spazzolino?”
“Non solo quello.” Si alzarono dal divano per mano. “Vieni a vedere.”
Prima di entrare in camera le mise le mani sugli occhi e la condusse nel bagno della sua camera.
Le fece vedere che nel porta-spazzolini, ora ve n’era uno arancione e uno viola.
Le porse quello viola e le disse:
“Questo è tuo. Cosi quando sei da me, usi quello.”
Kate ci rimase male quando disse:
quando sei da me.
Castle se ne era accorto, ma doveva farla un po’ penare.
Si lavarono i denti in silenzio.
Poi andarono in camera e Beckett si trovò , dalla parte in cui di solito dormiva, un armadio di normali dimensioni. Vi era una busta chiusa.
La prese in mano si girò verso di lui, chiedendo il permesso con gli occhi.
Lui sorrise.
“Ormai non serve. Sono cinque parole, nulla di più.”
“Le leggo o me le dici?”
“Come preferisci.”
“Dimmele.”
“Vieni a vivere con me?”
“Ora posso rispondere o non vuoi sentire ancora la risposta?”
“Me l’hai già detta la risposta.”
“Non come volevo io.”
Beckett si avvicinò a lui, lo spinse sul letto, gli si sedette a cavalcioni sopra e passando da un orecchio all’altro continuò a dire: “ Si, si, si, si, si, si, si, si, si..” finché Castle la interruppe baciandola appassionatamente.




  
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