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Autore: angelofcaffeine    22/04/2013    4 recensioni
Settimane dopo esser diventato improvvisamente single, mentre siede di fronte a Sebastian Smythe (che sta facendo i suoi compiti, peraltro) ad un tavolo del Lima Bean, Kurt si rende conto di due cose: 1) trascorre troppo tempo in quel locale; 2) finiva sempre per diventare amico di una persona che detestava.
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Dal primo capitolo:
Naturalmente, dato che sembrava vivere lì e con frequenza piuttosto inquietante, l’ombra di Sebastian Smythe si era subito stagliata sul suo quaderno.
Sollevò lo sguardo, disinteressato. “Posso aiutarti?” domandò, lo stomaco che si ribaltava alla vista di Sebastian, quel viscido e bastardo suricata, che incombeva su di lui.
Il giovane non si preoccupò di rispondere, si limitò ad inarcare un sopracciglio alla vista di Kurt tutto solo. “Dov’è il fidanzato carino?” domandò.

Traduzione a cura di therentgirl.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kurt Hummel, Sebastian Smythe
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NdT: Salve a tutti, qui è therentgirl che parla! Ebbene sì, dopo aver annunciato ad alcuni che avrei tradotto questa fan fiction, eccomi qui! È stata una delle primissime Kurtbastian che abbia mai letto (non che legga moltissime fan fiction lo ammetto :p), oltre che la mia preferita in assoluto. Con questa angelofcaffeine penso si meriti di entrare nella rosa delle migliori scrittrici di questo meraviglioso fandom, e non mi sembrava giusto continuare a rimandare il momento della pubblicazione. Essendo ancora una WIP ed essendo di molti meno capitoli di DYR (sebbene siano più lunghi), avverto già da ora che gli aggiornamenti non saranno settimanali! Come sempre, il betaggio è ad opera di @nameless colour, che è davvero un tesoro e a cui farò una proposta di matrimonio. (: Per il resto, non ho molto altro da dire, se non che spero che apprezzerete questa fan fiction quanto l’ho apprezzata io! Buona lettura!

Titolo: As Your Shadow Crosses Mine
Pairings: Kurt/Blaine (passata); Kurt/Sebastian.
Rating/Avvertimenti: Giallo (per il linguaggio)/Arancione (alcune parti future includono discussion su dub/non-con, come anche colpevolizzazione della vittima).
Note: Volevo solamente scrivere una storia in cui Kurt e Sebastian diventano migliori amici. Basata su questo prompt.
Spoilers: va A/U dopo la 3x10: Yes/No
Disclaimer: Glee non mi appartiene e non ottengo profitto da questa storia. Il titolo è tratto dalla canzone di Rihanna “We Found Love”.
Link all'originale

 

CAPITOLO 1

Era stato di nuovo come con Rachel. Kurt non aveva altro modo di spiegarlo. C’era qualcosa di sbagliato in lui, qualcosa che non riusciva ad impedirgli di diventare amico di qualcuno che disprezzava incredibilmente.

Dannazione.

*

Era cominciato tutto a tre giorni dall’inizio della sua nuova vita da single. Era riuscito a malapena a scappare da Rachel e Mercedes, che gli erano state attaccate dalla rottura, ed aveva trovato un angolo relativamente solitario al Lima Bean e cominciato a lavorare sui suoi compiti di Matematica.

Naturalmente, dato che sembrava vivere lì e con frequenza piuttosto inquietante, l’ombra di Sebastian Smythe si era subito stagliata sul suo quaderno.

Sollevò lo sguardo, disinteressato. “Posso aiutarti?” domandò, lo stomaco che si ribaltava alla vista di Sebastian, quel viscido e bastardo suricata, che incombeva su di lui.

Il giovane non si preoccupò di rispondere, si limitò ad inarcare un sopracciglio alla vista di Kurt tutto solo. “Dov’è il fidanzato carino?” domandò.

“Non c’è nessun fidanzato carino,” replicò Kurt, sentendo momentaneamente il cuore pesante e rimpiangendo d’aver scaricato le sue ragazze, che avrebbero capito se avesse sentito bisogno di chiudersi in bagno e piangere. (Era stato bravo comunque, fino a quel momento, ad astenersi dal piangere di fronte a chiunque non fosse suo padre.) “Quindi non c’è ragione di girarmi attorno e asfissiarmi con il tuo puzzo di squallore. Quindi per favore, sentiti libero andare via dal mio tavolo insieme alla tua sordida nuvoletta.”

Sebastian sorrise, gli angoli degli occhi s’incresparono a quel gesto. “Non hai intenzione di fare pipì sul tavolo come con Blaine, vero? Ho sempre pensato che fossi uno str-”

“Sebastian, vattene,” sbottò, improvvisamente più brusco e aspro di quanto fosse stato prima.

Il giovane fece un veloce passo indietro, le sopracciglia inarcate, dunque rispose: “Wow, okay. Ho capito, ho interrotto la tua sindrome premestruale. Ci vediamo in giro, Ladyboy.”

Osservando Sebastian uscire nel parcheggio, tutto ciò cui Kurt riuscì a pensare fu, Ucciderò davvero quell’idiota, un giorno. Lo farò, lo farò e farò in modo che sembri un incidente.

Dunque tornò ai suoi compiti di Matematica, sforzandosi per ritrovare la concentrazione al meglio delle proprie capacità.

*

A una settimana da quell’episodio, Kurt era tornato al suo angolino del Lima Bean. Questa volta era scappato di casa con il portatile, dato che Finn aveva preso confidenza con le loro chiacchierate e aveva voglia di parlare di Rachel e di come stesse scaricando il suo stress per la NYADA sulla loro relazione, e Kurt… Kurt non riusciva a parlare di relazioni in quel momento. Così, aveva portato il suo computer e i suoi compiti al Lima Bean e stava provando a scrivere una relazione di storia.

La prima cosa che aveva fatto era stata spegnere il cellulare. I suoi amici erano un meraviglioso supporto, e aveva bisogno di ognuno di loro, ma non poteva occuparsi del fatto che volessero avere il pieno controllo su di lui quando era occupato a pensare alla scuola invece che al dramma del suo ragazzo (ex-ragazzo).

“Dunque,” disse Sebastian, apparendo da uno spiffero d’aria, perché era un demone e i demoni avevano questo potere e Dio, Kurt stava per ucciderlo, “Ho visto che la situazione sentimentale di Blaine su Facebook è cambiata.”

Kurt sbatté le palpebre in sua direzione, facendo del suo meglio per apparire disinteressato. “Aspetti che io arrivi al Lima Bean per sbucare fuori? È così che trascorri i tuoi pomeriggi adesso? Fatti curare, Sebastian.”

Invece di cogliere il messaggio (che non era affatto subdolo, era praticamente un gigantesco cartello luminoso che diceva VATTENE SEBASTIAN), Sebastian si sedette al suo tavolo e sogghignò. “Dimmi cos’è accaduto, allora,” disse. “Blaine non risponde alle mie telefonate. Avete litigato per colpa mia?”

Kurt lo osservò per qualche momento, cercando di ricordare se il suo cappuccino ipocalorico fosse caldo abbastanza da ustionare l’altro. Inspirò a fondo. “No,” disse. “Non tutto gira attorno a te, per quanto possa sembrarti difficile crederlo.” Sebastian continuò a stare lì seduto con quel fastidioso sopracciglio inarcato, quella fastidiosa faccia da scoiattolo, dunque Kurt decise che parlare fosse meglio che stare in silenzio. “Ha detto,” cominciò, saggiando sulla lingua la ragione che gli aveva dato Blaine, “Che gli piaceva davvero avere un fidanzato, che lo amava, ma che era indifferente che fossi io o qualcun altro.”

“Dici sul serio?” domandò Sebastian, inarcando maggiormente il sopracciglio.

Smise risoluto di prestare attenzione alle sue stupide sopracciglia e, invece, fissò lo sguardo sullo schermo del suo computer.

“Sul serio,” rispose. “Quindi credo che fossi coinvolto. Ha detto che ha capito di amare le attenzioni, non perché fossi tu, ma perché erano attenzioni. Ha capito che era lo stesso con me.”

Deglutì, rifiutandosi di mostrare le proprie emozioni, nonostante tutto ciò che stava pensando fosse non eri speciale, non eri amato, sei stato usato. Sempre e solo usato.

“Huh,” sospirò Sebastian alla fine, e Kurt volse nuovamente la sua attenzione alla relazione. Scrisse alcune parole, senza curarsi che avessero senso, sperando solo che l’altro cogliesse. Aveva avuto quel che voleva… aveva rotto con Blaine, era confuso e ferito… non aveva bisogno di girargli attorno per osservarlo scrivere una relazione. “Deve essere uno schifo per te.”

“Già,” rispose. “Asciuga le lacrime e poi vattene. Sento il mio Q.I. sprofondare ad ogni minuto trascorso nelle tue vicinanze, e ho davvero bisogno di finire questa relazione senza monosillabi.”

Sebastian rise a quelle parole, ma lui si rifiutò di sollevare lo sguardo.

“Per quanto possa importarti,” disse il giovane, un certo divertimento nella sua voce. “Ti disprezzo precisamente perché sei tu. Non perché tu sia qualcuno da disprezzare.”

Kurt provò a trattenersi per un secondo, ma non ce la fece; scoppiò a ridere e serrò gli occhi nel farlo.

Dovette ammettere, quando Sebastian gli rivolse un sorrisetto prima di alzarsi e lasciare la caffetteria, che quella fosse la prima volta che avesse riso sinceramente da quando era stato scaricato.

Bene. Era stato così.

*

A un certo punto, durante i due recenti incontri al Lima Bean, Sebastian doveva aver rubato il suo numero di telefono, perché il giorno dopo a scuola ricevette un messaggio da SMYTHE.

Qualcuno ha investito un gatto mentre andavo a scuola oggi. Ha strillato. Mi ha ricordato te.

Kurt aggrottò le sopracciglia per qualche momento, dunque rispose: Sei un essere spregevole.

Tre ore dopo, mentre Kurt sedeva nella sala del glee in attesa che Mr Shuester giungesse al punto, lo schermo si illuminò a mostrare una risposta.

Un essere spregevole con un magnifico fondoschiena, comunque.

Quando Kurt rise, Finn e Rachel si chinarono avanti per guardare a lui oltre Mercedes. Kurt scrollò le spalle.

*

Per Kurt Hummel, la scuola era stata un Inferno in diverse forme durante la sua adolescenza. Prima c’era stato il bullismo in generale – granite che rovinavano i suoi completi preferiti e lo facevano sentire miserabile, gettato sugli armadietti molte volte come passatempo dei giocatori di football – e poi c’era stato Karofsky, che aveva reso ogni angolo della scuola una minaccia, dato che poteva essere ovunque, e ora c’era Blaine.

Non che l’altro stesse facendo qualcosa di proposito, ma solo il fatto che fosse troppo vicino era difficile. Qualche giorno era più facile di altri (qualche volta si era svegliato ribattendo a quell’inferno con parole come, Sono Kurt Elizabeth Hummel e posso fare qualsiasi cosa), ma altri giorni avrebbe voluto dimenticare tutto, poi vedeva Blaine ridere o dirigersi in classe o solo esistere, e tutto gli crollava addosso.

Era stato in una di quelle brutte giornate (il terzo giorno dopo la rottura che si era chiuso in un fetido cubicolo di un bagno, solo per essere solo mentre si convinceva a non piangere) che Sebastian si fece di nuovo vivo.

Kurt aveva un sacco di pazienza. Viveva con Finn, per l’amor di Dio, certo che aveva un sacco di pazienza. Rachel Berry era una delle sue migliori amiche, e con lei c’era un bisogno quasi costante della regola del “conta fino a dieci”. Era un pacifista, non importava quante volte avesse subito angherie.

Comunque, quando stava attorno Sebastian Smythe, la nuvola di pazienza sulla quale viveva si dissipava immediatamente.

“No,” fu il suo unico saluto.

Sebastian si sedette comunque di fronte a lui. “Ciao, Kurt,” disse con un finto tono allegro. “Mi piace il tuo maglione; penso che la mia sorellina ne abbia uno uguale.”

“La tua sorellina ha ereditato i geni del buon gusto,” rispose, rivolgendogli finalmente lo sguardo. “Come posso aiutarti nei tuoi piani diabolici, oggi, Smythe?”

Il giovane fece un sorriso smagliante. “Stavo solo pensando che mi mancava il suono di autocommiserazione, ed eccoti qua.”

“È buffo,” rispose. “Stavo giusto pensando che mi mancava l’aura di completa mancanza di amor proprio. Grazie per avermi aiutato.”

“Prego, Kurt Hummel,” rispose Sebastian, dunque tirò fuori il suo portatile e si sistemò di fronte a lui.

Kurt rimase a guardarlo per qualche momento, gli occhi sgranati, dunque domandò: “Cosa pensi di fare?”

L’altro sollevò lo sguardo, dunque lo abbassò di nuovo al portatile. “Cosa pensi che stia facendo? Non è abbastanza ovvio da comprendere per il tuo cervellino ricolmo di estrogeni?”

“Sembra che tu voglia stare al computer al mio tavolo,” gli fece notare.

Il sorriso del giovane si fece condiscendente. “Ben fatto, Kurt. La prossima volta impareremo come si allacciano le scarpe.”

“Non ti siederai accanto a me, Smythe,” rispose.

Sebastian abbassò lo sguardo alla sedia, il volto gli si illuminò di falsa sorpresa, e Kurt (che davvero, di solito era un pacifista) ebbe voglia di dargli un pugno su quella stupida faccia. “Buffo, sembra che io lo stia già facendo, a dire il vero.”

Kurt sollevò lo sguardo al soffitto e contò fino a dieci. E poi contò fino a venti, giusto per essere sicuro, prima di tornare a guardarlo e affermare: “Non sei il benvenuto qui.”

“Ma ero qui prima di te,” rispose l’altro.

“No tu…” cominciò, più forte e più aspro di quanto intendesse, dunque inspirò a fondo. “No, non è vero. Sei appena arrivato, io sono stato qui per mezz’ora.”

Il giovane gli rivolse un sorrisetto. “Intendevo al mondo. Sono due mesi più grande di te.”

Kurt chiuse gli occhi. Quando li riaprì, guardò deliberatamente allo schermo del portatile invece che alla sua faccia sorridente da roditore. “Prima di tutto, ciò è irrilevante. Seconda cosa, il fatto che tu sappia quando sono nato è inquietante al massimo.” Sebastian ridacchiò. Si disse di mantenere la calma. “E terzo, se devi studiare, devi stare in silenzio. Devo scrivere un tema.”

Ed ecco come Kurt finì con lo stare seduto di fronte a Sebastian Smythe per un ora. In qualche modo, era riuscito a trattenersi dal dargli un pugno per tutto il tempo. Quando se ne andò, comunque, sedette in macchina per cinque minuti, sbattendo la testa contro lo sterzo.

*

Hai vinto le nazionali di cheerleading cantando Céline Dion in Francese? Chi diavolo SEI?

Kurt fissò il messaggio, dunque abbandonò il telefono durante la sua pulizia del viso. Quando tornò, il messaggio era ancora lì, ed era ancora da SMYTHE.

Sono magnifico, rispose, seguito da: Smettila di perseguitarmi, stalker.

*

Di solito, Kurt era il primo ad arrivare al Lima Bean e Sebastian lo raggiungeva qualche minuto dopo. Non avevano giorni prestabiliti – qualche volta Sebastian non si faceva vivo e dovevano essere giorni in cui preferiva fare i compiti da solo – dato che non erano amici e quella non era altro che una routine fatta di coincidente. Occupavano un tavolo al Lima Bean riempiendolo di roba, e Kurt aveva deciso che i commenti di Sebastian erano un test per la sua pazienza e sarebbe diventato più forte.

Si sedette pesantemente di fronte all’altro studente, dunque inspirò a fondo e costantemente.

In seguito, ritornando a quel momento, Kurt avrebbe realizzato che quella era la prima volta che si fosse avvicinato a Sebastian che viceversa. A quel punto, comunque, le sue mani sembravano cercare qualcosa da fare, così lasciò la borsa sulla sedia e dunque si diresse, stordito, verso il bancone.

Gli sarebbe sopravvenuto anche, guardando indietro, che doveva aver imparato l’ordine di Sebastian per osmosi. Piazzo le due tazze di caffè sul tavolino, dunque vi gettò in mezzo una busta bianca.

Finalmente, Sebastian sollevò lo sguardo, quindi aggrottò le sopracciglia verso una delle tazze. “Uh, grazie,” disse, confuso. “A meno che non siano entrambe per te…?”

Kurt si mise nuovamente a sedere. Le mani gli prudevano ancora. “No, è tuo. Non dire niente.”

“Perché no?” domandò l’altro. “Che cos’è successo? Cos’è quella busta?”

Si sentì male. “Viene dalla NYADA.”

“NYADA? Hai mandato il modulo d’iscrizione alla NYADA?” domandò il giovane, suonando onestamente interessato. “Oh, Gesù. Non potrò andare a New York allora.”

“Huh?” domandò, chiedendosi se fosse in stato di shock.

“La scelta è tra New York o Parigi, non ho ancora deciso,” rispose Sebastian. Ovvio che fosse sicuro riguardo il suo college dei sogni, era Sebastian. Non riuscì a raccogliere le energie per desiderare gli dargli un pugno, perché anche se lo stava osservando era ancora totalmente immerso nel pensiero di quella piccola lettera accartocciata e non ancora schiusa. “Sei entrato?”

Sentì il respiro divenire tremulo. “Non lo so, non l’ho ancora aperta.”

Il sopracciglio di Sebastian scattò in su. “Perché no?” domandò.

Kurt scrollò le spalle, dunque tirò le maniche estremamente lunghe del suo maglione, dato che aveva bisogno di qualcosa da fare. “Io… uh, nessun posto mi sembrava adatto.”

Lo sguardo di Sebastian era indifferente. “Quindi la trascinerai in giro finché non ti sembrerà il luogo adatto?” domandò. “Cristo, Kurt, dirà la stessa cosa, a prescindere da dove la aprirai.”

“Non sono ancora pronto per saperlo,” disse Kurt, ben consapevole di quanto suonasse patetico. Non riusciva neanche a curarsene. “Insomma, cosa succede se non mi vogliono? E se invece mi volessero?”

“Wow,” rispose Sebastian. “I miei compiti sono davvero più interessanti del tuo sclerare sul nulla. Cresci un po’, Hummel. Di cos’hai paura, comunque?”

E poi, siccome l’universo lo stava perseguitando, il giovane prese la busta.

Kurt allungò la mano e l’altro indietreggiò, dunque si alzò in piedi. “Sebastian,” sibilò, alzandosi a sua volta.

Il giovane gli rivolgeva un’espressione di sfida. Quando Kurt non fece altro che guardarlo, strappò la busta con un sorrisetto, dunque cominciò a leggere la lettera.

Kurt si sentiva male. Sentiva come se davvero potesse vomitare, e l’avrebbe fatto puntando alle stupide scarpe di Sebastian se fosse accaduto.

Ad ogni modo, Sebastian tornò a volgergli lo sguardo. “Congratulazioni,” disse.

Si sentì gelare sul posto. Era pur sempre Sebastian Smythe, le congratulazioni potevano significare tutto e niente. “Cosa dice?” domandò.

Sebastian sollevò la lettera, sorridendo. “Sei uno dei finalisti.”

  
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