Fanfic su artisti musicali > Black Veil Brides
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Autore: Winry977    23/04/2013    0 recensioni
"You're voice is found, be a saviour now!"
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Al! Ti muovi a fare quel biglietto?- Layra lo richiamò dalla macchina, mentre la fila dietro di loro strombazzava per salire sul traghetto.

-Arrivo! Un attimo!- fece lui cenno dalla biglietteria, mentre parlava con un ragazzo che non si riusciva a scorgere dal riflesso del finestrino.

-Quanto ci scommetti che si è fermato a parlare con quello perché ha scoperto che gli piacciono i Black Veil Brides?- mugugnò Ellis, guardando il mare. La affascinava. Forse non lo aveva mai davvero visto, quello che circondava l'isola in cui avevano vissuto i suoi amici. Alex rientrò in auto, e Layra si mosse ad entrare nella nave con l'auto.

-Ma di che blateravi con quello lì?- chiese esasperata, voltandosi a guardarlo una volta fermi e sotto una luce opaca. Alex si girò con un mega sorriso.

-The Legacy.- disse soltanto con un mega sorriso a trentadue denti. Ellis e Layra si schiaffarono una mano sulla fronte. Il naviglio cominciò a muoversi. -Beh che facciamo? Mia madre ha detto che appena ci vede organizza una cena divina in nostro onore, e non vede l'ora di conoscerti, El.- disse poi entusiasta.

-Davvero?- chiese sorpresa. -Tua madre mi vuole conoscere? Ma già non me l'avevi presentata in webcam?

-Si, ma... sai com'è... riflesso della luce da me, luci basse da te... non si vedeva granché.

-Beh, allora sarò felice di conoscerla.- sorrise lei.

-Però ora che si fa? Scendiamo dalla macchina? Perché in caso contrario io ho molti CD qui.- cambiò argomento.

-Boh, Lay, tu che vuoi fare?- Ellis si sporse in avanti per guardare in faccia l'amica.

-Eh? Io? Bah, io ho solo voglia di dormire.- disse stancamente. -Se volete, andate.

I due la guardarono un po', impensieriti e chiedendosi se la sua fosse un'effettiva stanchezza o altro... “Altro come ansia di vederlo...” pensò Alex. Layra si calò il cappuccio sulla fronte.

-Facciamo una bella cosa.- riprese l'amico, volgendosi verso Ellis. -Io e tu scendiamo, così puoi assaporare l'odore del nostro mare e lei può riposare; poi torniamo e ascoltiamo qualcosa di fico. Ci stai, El?- lei si limitò ad annuire e a scendere dalla macchina, scrutando Layra. Alex la guidò su per le scalinate. Da dietro il finestrino, Layra li osservò silenziosamente allontanarsi.

 

Un boato, della musica di sottofondo, delle parole appena accennate. Questo bastò a Layra per sobbalzare sul suo sedile. La schiena le scricchiolò. -Cristo...- si massaggiò. -Siamo arrivati?- si girò a guardare i due amici.

-A quanto pare, si.- Ellis indicò il ponte che si apriva davanti a loro per concedere il passaggio delle auto. Layra si accinse ad accendere la macchina ed una volta che la luce del sole forte invase i loro sguardi e l'aria di mare entrò nelle loro narici attraverso i finestrini spalancati, l'unico pensiero che passò per la mente di Alex fu “Siamo tornati.”

Per tutto il tragitto Ellis non fece che tenere gli occhi fissi su tutta la vegetazione che passava davanti i loro occhi, verde, rigogliosa, nonostante fossero in un mese invernale. Il viaggio durò circa due ore, finché non si inoltrarono nel paesino in cui fino a diversi mesi prima i Layra ed Alex avevano vissuto.

-Tappa a casa tua?- chiesero Ellis ed Alex insieme. Layra si limitò ad annuire. Era tranquilla, nonostante un vago senso di macabro attraversava il suo viso. “No, non macabro, di inespressività.” pensò l'amico, guardandola di sbieco.

Salirono per una contrada piena di curve, fino ad inoltrarsi in una viuzza in discesa. Davanti a loro si presentarono una manciata di case e villette a schiera. Si fermarono a metà pendenza, davanti un giardino malandato e rinsecchito. Layra arricciò il naso e scese, e così fecero i due amici. Aprì il cancello, attraversò il corridoio che portava al portone di entrata e dopo un attimo di esitazione, lo aprì.

 

Il caos. Tutto era a soqquadro. Mobili rovesciati e semi distrutti, sedie capovolte per terra, divani sfasciati, il televisore diviso in due che emetteva ancora qualche scintilla. La cucina in subbuglio. Impasti di qualcosa di indescrivibile sparpagliati sul tavolo, frigo aperto, cibo andato a male. Ellis ed Alex fissavano Layra. Lei trasse un respiro profondo, chiudendo gli occhi, poi, al centro del soggiorno cacciò un urlo.

-Papà!- lo chiamò. Poi rimase in silenzio. Niente. Nessuna risposta. Nessun rumore. Nulla. Layra respirò a fondo, poi decise di intraprendere la scalinata che portava alla propria camera. La maniglia era per terra, quel poco che aveva lasciato lì, come letto, scrivania e mobili erano tutti mezzi rovinati. Eppure, sul tavolo c'era ancora qualcosa. Un foglio.

Layra lo prese tra le dita. “Una sua lettera.” pensò seccamente.

 

A Layra.

 

Prese un respiro.

 

Non ho mai saputo di cosa fossi affetto. Probabilmente bipolarismo. Ma questa è una teoria che mi affibbiarono molto tempo fa. Forse per questo ti ho fatto del male e quasi mai del bene.

 

-Forse, eh?

 

Me ne sto per andare. Non so nemmeno se la leggerai questa lettera. Lo spero. Avrai notato il disordine. Uno scatto d'ira per via della tua assenza. Qui mi sono placato e solo qui ho capito tutto il male che ti ho fatto.

 

Layra inarcò un sopracciglio.

 

Ricordi quella sera di autunno?

 

Il respiro di fece corto e gli occhi bruciarono.

 

Gelosia. Volevo che fossi mia. Volevo che appartenessi solo a me e nessun altro. Sapevo che ti frequentavi con quel tipo, e lo conoscevo. Ero convinto che ti avrebbe fatta soffrire, e così ho deciso di precederlo, senza pensare che la sofferenza che ti arrecai fu più pesante della sua. Lo so. Ti ha fatto soffrire vero? Io c'ero quella sera in cui eri seduta sul tetto, con in mano qualcosa che brillava abbastanza alla luce da farmi pensare ad una lama. Ti scrutavo. Rabbioso. Ciò che ti avevo fatto aveva peggiorato le cose e ciò mi faceva imbestialire. Due traumi ti si erano susseguiti a causa mia.

 

Layra strinse un pugno, con la tentazione di stracciare la lettera, ma proseguì.

 

Me ne vado. La tua fuga è avvenuta per causa mia. TUTTO è avvenuto per causa mia. Quando me ne sono reso conto mi sono dato a molti tipi di sofferenza e d'ira. Ero fuori di me. Ti rivolevo. Mi appartenevi. Eri mia... ti chiederai come mai ora sto scrivendo, e sono stranamente calmo. Ho preso una marea di medicinali, che tenevamo in bagno. Tra tipo mezzora faranno effetto ed io scomparirò dalla faccia della terra. Mi rendo conto dei miei errori. Mi dispiace Layra. Saluterò tua madre per te. Vivi felice per me.

Tuo padre.

 

Le lacrime ormai scorrevano per il suo viso, lente, rabbiose. Quanto era passato da quando le aveva scritto? Anni della sua vita andati a male per colpa sua. Si morse il labbro inferiore fino a farlo sanguinare. -Tutto questo per colpa sua!- urlò tra le lacrime, lanciando la lettera sul pavimento. Strinse i pugni, guardando rabbiosamente il muro. La tentazione di prenderlo a pugni era fortissima e lentamente ci si avvicinò.

In tutto quel tempo, Ellis ed Alex erano stati alle sue spalle, leggendo anche loro la lettera. Ellis conosceva gli istinti di Layra. Non appena la vide avvicinarsi alla parete le corse contro, sovrastandola e bloccandola.

-No! Ferma! Sta calma!

-Come faccio a stare calma, El? É impossibile! Troppa sofferenza. Quell'uomo ha avuto tante occasioni di porre fine alla mia sofferenza e come lo fa ora? In uno dei modi più codardi del mondo! Scrivendomi una lettera! Una lettera! E pure prima di suicidarsi! Che bruci all'inferno! Io... io lo odio!- cacciò il viso tra le mani. Ellis non perse tempo, temendo un'altra reazione. La strinse tra le proprie braccia, e in poco tempo ci si unì anche Alex a quel triste abbraccio.

-I-io... io desideravo solo un padre normale. Una famiglia. Una vita normale. E lui cosa fa? Se ne spunta, senza nemmeno salutarmi dal vivo, aspettandomi, con una lettera. Forse un giorno mi passerà per l'anticamera del cervello di perdonarlo, ma ora delle sue belle parole non me ne faccio niente!

Ellis ed Alex non dicevano nulla. La cullavano e basta, in attesa che si calmasse. Che tutto passasse.

  
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