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Autore: Ely 91    23/04/2013    4 recensioni
"Prendete pure posto, popcorn alla mano.
Stiamo per shakerare un po’ di vite… mischiate una rossa un po’ sensitiva con due migliori amici, aggiungete una brunetta sexy e un professore un po’ impacciato, con un pizzico di dolcezza bionda (o ipocrisia?). Mescolate e non dimenticate l’ingrediente finale: una buona dose di misteriosi occhi chiari.
Cos’hanno in comune tutte queste persone? Un biglietto.
Signori e signore…nulla è come sembra a Red Country, e un po’ di maschere stanno per cadere, perché questa…è una vita terribile!"
Un nuovo anno scolastico sta per cominciare, ma per Grace, Brandon,Finn e i loro amici, ogni cosa sta per cambiare: è giunto il momento di affrontare i propri sentimenti, le paure ben radicate e il passato mai dimenticato.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Red Country '
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It’ s a terrible life!

 

1- THE FIRST DAY

Prendete pure posto, popcorn alla mano.
Stiamo per shakerare un po’ di vite… mischiate una rossa un po’ sensitiva con due migliori amici, aggiungete una brunetta sexy e un professore un po’ impacciato, con un pizzico di dolcezza bionda (o ipocrisia?). Mescolate e non dimenticate l’ingrediente finale: una buona dose di misteriosi occhi chiari.
Cos’hanno in comune tutte queste persone? Un biglietto.
Signori e signore…nulla è come sembra a Red Country, e un po’ di maschere stanno per cadere, perché questa…è una vita terribile!


“Ciao, sono Grace! Non posso rispondere, lasciate pure un messaggio! Se siete Brandon o Finn, evitate, vi sento e vedo già troppo!”
Finn roteò gli occhi, trattenendo una risata, e lasciò cadere il telefonino sul letto.
Guardò nuovamente la sveglia sul comodino.
Le otto del mattino.
Un nuovo anno scolastico stava per iniziare e lui era già arrabbiato.
Non era nel suo stile essere di malumore costantemente, ma nell’ultimo periodo persino per lui era stato difficile mantenere i nervi saldi.
Il suo migliore amico Brandon aveva trascorso l’estate in California, con la sorella maggiore e il marito di quest’ultima, e non avevano passato nemmeno un dannato giorno insieme.
Non era abituato a passare tutto quel tempo senza la costante presenza di Brandon. Erano amici fin  dall’infanzia; fin da quando Brandon non l’aveva preso a calci e non gli aveva ordinato di essere il suo migliore amico perché era nuovo e odiava i convenevoli.
Nonostante il modo, quello era il ricordo che Finn custodiva più gelosamente, perché aveva segnato l’inizio di una grande amicizia.
Una grande amicizia a cui chiunque, dall’esterno, avrebbe guardato con scetticismo.
Brandon e Finn erano l’uno l’opposto dell’altro.
Brandon era uno dei ragazzi più popolari della scuola, il più ammirato dalle ragazze. Era sicuro di sé, estroverso, bravo nel basket - nonché capitano della squadra- e in qualsiasi altro sport.
Finn non era popolare. O meglio, lo era in quanto migliore amico di Brandon. Era più introverso, impacciato e la metà delle volte non aveva minimamente idea di cosa stesse effettivamente facendo. Lasciava che l’istinto lo guidasse, semplicemente.
Tuttavia non si era mai sentito all’ombra di Brandon. Perché Brandon in realtà, proprio come lui, si sentiva perso senza la loro amicizia.
Funzionavano bene, ma insieme.
Oltre ciò, il loro legame, durante il primo anno di liceo, aveva subito una bella scossa.
Era entrato nelle loro vite quello che amavano definire il loro “piccolo raggio di sole”.
E aveva un nome.
Grace.
Forse era per via dei capelli rosso rame, o dello sguardo sempre accesso o dei vestiti dai colori vivaci, ma Grace illuminava davvero le loro giornate.
Per questo non avevano faticato a passare dallo status di “duo” a quello di “trio”.
Anche Grace, però, era stata motivo del suo malumore nell’ultimo periodo.
Grace già normalmente era lunatica. Brandon era, infatti, solito definirla un’isterica quando lo faceva infuriare con uno dei suoi comportamenti impulsivi.
Tuttavia, ultimamente, aveva preso a uscire con un tipo dell’ultimo anno e tutti i suoi malumori erano spariti.
Finn non l’avrebbe mai ammesso, ma si preoccupava più quando Grace era di buon umore, che quando non lo fosse; e non gli piaceva che il suo piccolo raggio di sole si vedesse con un tipo come Thomas Moss, il cui unico obiettivo era sfilarle via le mutandine.
Sbuffò nuovamente e alzandosi diede un calcio al piccolo cestino pieno di pagine di quaderno strappate e accartocciate.
“Ehi!” sbottò una voce femminile alle sue spalle.
Si voltò, osservando sua sorella fare capolino nella stanza.
Alexandra si chinò e raccolse il cestino.
“Sei ancora in pigiama!” asserì stupito il fratello.
Alexandra annuì, come se la cosa non avesse dovuto sorprenderlo.
Indossava un pigiama rosa, con i pantaloncini e una canotta, e ai piedi le sue ciabatte con i cuori.
I capelli castani erano legati in uno chignon che risaltava i tratti delicati del suo viso e i suoi occhi color nocciola.
Alexandra aveva quindici anni, un anno in meno rispetto il fratello, ed era una delle ragazze più ammirate della scuola.
Col suo bel faccino aveva fatto strage di cuori fin dal primo giorno che aveva varcato la soglia della Red Country High School.
La ragazza fece spallucce e si tuffò sul letto del fratello, affondando il volto nel cuscino.
“Non voglio andare a scuola” si lamentò.
Finn la guardò stupito.
Sua sorella amava il liceo, le amiche, il club di ginnastica artistica, gli sguardi pieni di ammirazione dei ragazzi, persino le lezioni di chimica!
“Cosa succede? Di solito sono io a voler fuggire dall’inferno chiamato liceo!” le fece presente il fratello, sedendosi accanto a lei e accarezzandole i capelli.
“Mi hanno cacciata” confessò Alexandra, una nota di imbarazzo nella voce.
Finn aggrottò le sopracciglia, confuso.
“Sei stata espulsa da scuola? Ma se ancora deve cominciare!”
“No, stupido!” lei scosse la testa e alzò il volto dal cuscino, per poi mettersi a sedere a gambe incrociate.
“Mi hanno cacciata dal club di ginnastica artistica! E’ stata Betty! E’ sempre stata invidiosa, ha messo tutte le ragazze contro di me!” confessò la ragazza, stavolta il tono arrabbiato.
“Betty è un’oca! Anzi lo sono tutte le tue amiche del club! Lasciatelo dire!” affermò Finn.
Odiava le amiche di sua sorella. Erano delle pettegole, e anche delle civette. Sempre lì a fare gli occhi dolci ai ragazzi dell’ultimo anno come Thomas Moss.
Non l’avrebbe mai confessato, ma in parte la notizia lo aveva tranquillizzato.
“Si può sapere cosa ha detto Betty per metterti tutte contro?” domandò a quel punto, incuriosito.
Alexandra arrossì vistosamente e saltò giù dal letto, dirigendosi verso la porta.
“ E’ tardissimo! Vado a prepararmi!” esclamò, sparendo oltre la soglia e chiudendosi nel bagno che dava sull’altro lato del corridoio.
Finn scosse la testa, confuso, e guardò nuovamente la sveglia.
Le otto e un quarto.
Ancora quindici minuti e la campanella avrebbe annunciato l’inizio del primo giorno di lezioni.
E anche del suo primo ritardo se Grace non si fosse fatta presto viva. Aveva detto che sarebbe passata a prenderlo lei.
Brandon invece li avrebbe aspettati a scuola.
Il suo cuore sembrò fare una capriola.
Finalmente lo avrebbe rivisto.
E il suo malumore sarebbe svanito,non appena Grace gli avrebbe sorriso e Brandon gli avrebbe dato il solito pugnetto scherzoso sulla spalla.

Samuel poggiò lo scatolone sulla cattedra, per poi guardarsi attorno, godendosi quegli ultimi istanti di tranquillità prima dell’inizio del nuovo anno scolastico.
L’aula di matematica era vuota, i banchi e le sedie perfettamente allineati illuminati dai raggi di sole che filtravano dalle tapparelle abbassate a metà.
Tirò fuori dalla scatola alcuni nuovi libri di testo con i quali avrebbe affiancato le sue lezioni e un piccolo abaco decorativo, che ricordava le care vecchie basi dell’elementare aritmetica.
D’un tratto dei passi lo fecero voltare.
“Sammy” il suo diminutivo, accennato con quel fare seducente e sfrontato tipico di Perry Hall.
Samuel roteò gli occhi e le diede nuovamente le spalle, concentrandosi sulle cose da sistemare.
“Come mai mi ignori?” chiese lei, sedendosi affianco a lui sulla cattedra e accavallando le gambe.
Indossava una minigonna e degli stivali col tacco. Era sexy. E invitante.
“Tanto per cominciare, anche se sei amica di mia sorella, io sono il professor McQueen per te. Non Sammy. Nemmeno Samuel.
Si può sapere cosa vuoi? Fatti passare i tuoi capricci da ragazzina e seduci quelli della tua età”
Perry si accarezzò i capelli castani, facendo una smorfia.
“Parli come un vecchio! Hai ventisette anni, abbiamo undici anni di differenza e non sono poi così tanti!” affermò lei, decisa a non desistere.
Samuel McQueen era il fratello della sua migliore amica, professore di matematica nel loro liceo…e maledettamente,dolcemente, affascinante.
Aveva il tenero fascino del bravo ragazzo e lei era più che stufa di quei stupidi teppistelli che credevano fosse una ragazza facile. Che pensavano bastassero due azioni da ragazzaccio per farla cadere ai loro piedi.
“Accidenti, Perry, ma non puoi arrivare in ritardo a scuola come tutti? Devi per forza darmi il tormento?” sbottò Samuel, portandosi una mano ai capelli con fare disperato.
“Sparisci! Ora!”
Perry si mordicchiò un labbro, risentita. Scese dalla cattedra e si diresse alla porta, per poi voltarsi ancora una volta.
“Non sai cosa ti perdi!” affermò, per poi girare i tacchi e sparire oltre la soglia.

Claire si sistemò i capelli dietro le orecchie. Indossava gli orecchini color perla della vecchia prozia Stephanie, divenuti il suo portafortuna.
Stava per iniziare il suo secondo anno alla Red Country High School e non ne era affatto felice.
Non era tra le ragazze più popolari, anzi, non era proprio tra le ragazze.
Quasi come se una maledizione l’avesse colpita fin dalla nascita, aveva la grande capacità di passare inosservata, come se fosse stata invisibile.
Magari qualcuno aspirava veramente ad esserlo, peccato che l’unica cosa che lei desiderasse, invece, fosse essere finalmente notata.
Essere guardata dritta negli occhi e sentirsi dire: “Si, esisti. Ti vedo”.
Ricacciò indietro le lacrime e si guardò un’ultima volta nello specchietto della sua vecchia ford.
Tra poco anche la marmitta di quell’auto sarebbe caduta a terra. Era un vecchio catorcio che sua madre le aveva rifilato tirando in ballo le mille spese che dovevano affrontare e la mancanza di soldi.
Sbuffò e scese giù dal veicolo, chiudendolo a chiave.
“Ehi Segal, inutile chiuderla a chiave, nessuno te la ruba!”
Claire roteò gli occhi.
Peccato che per alcuni cazzoni lei era tutt’altro che invisibile. In quel caso le sarebbe piaciuto passare inosservata.
Un gruppetto di ragazzi rise alla battuta di Mike Smith, del terzo anno.
“Tappati la bocca Mike!” sbottò una voce femminile. Dalla folla di studenti che si trovavano ancora nel parcheggio emerse una brunetta vestita con un gonnellino a fiori e una camicia a maniche corte bianca.
Le si avvicinò e le sorrise, guardandola dritta negli occhi.
Claire si sentì avvampare.
Era davvero una bella sensazione, proprio come aveva immaginato.
Quella ragazza le si era avvicinata, senza secondi fini. Niente ricerche scolastiche, niente prese in giro, nessun motivo che l’avesse spinta contro la sua volontà ad avvicinarsi a lei.
“Non starlo a sentire, Mike è solo uno stupido” sentenziò la ragazza “ti ha offesa?”
“Oh no,tranquilla” si affrettò a rispondere Claire, agitando una mano, improvvisamente nervosa “è tutto ok, davvero”
“Meno male” sorrise a quel punto la brunetta “io sono Alexandra Masters, piacere”
Claire strinse la mano che Alexandra aveva allungato verso di lei.
“Claire. Claire Segal” disse semplicemente.
“Che anno frequenti?” le domandò Alexandra, affiancandosi a lei mentre si dirigevano verso l’ingresso dell’istituto.
“Il secondo anno”
“Anch’io!” annunciò entusiasta la brunetta, giocherellando con il ciondolo a forma di rosa che portava al collo, intonato con il tema floreale della sua gonna “strano che non ci siamo mai conosciute prima! Forse abbiamo pochi corsi in comune! Fammi vedere il tuo programma di studi!” esordì, con fare entusiasta.
Claire non disse nulla sul fatto che non si fossero mai notate prima.
Nessuno notava Claire.
Nessuno.
Un groppo le salì in gola.
“S-si, ora ti mostro i corsi che frequento, oltre quelli obbligatori”

La scappottabile inchiodò nel parcheggio della scuola, colpendo una bici e facendola cadere.
“Ops!”
Finn roteò gli occhi, fulminando la ragazza dai capelli rosso rame accanto a sé.
Grace si voltò e gli sorrise.
“Dai, perdonami per il ritardo, te l’ho detto, mi ci è voluta mezz’ora solo per decidere cosa indossare!”
Finn sbuffò e scese dall’auto, sbattendo lo sportello con poco garbo.
Grace recuperò la sua borsa dai sedili posteriori e si affrettò a raggiungerlo, correndo sulle zeppe.
“Finn!” lo chiamò più volte, inutilmente.
Si fermò solo quando lo vide avvicinarsi ad un ragazzo seduto di spalle, intento a fumare.
Preferiva restare in disparte e godersi quel momento.
L’avrebbe impresso nella sua mente, come una foto: Finn che sorrideva dando una pacca a Brandon e quest’ultimo che sobbalzava, sorpreso, per poi alzarsi di scatto e abbracciarlo. Ancora qualche pacca, prima di staccarsi, quasi imbarazzati per quel moto di affetto incontrollato.
“Ehi piccioncini, potreste anche darvi un bacio, no?” scherzò Grace, avanzando di qualche passo fino a raggiungerli.
Brandon si accarezzò i capelli mori, con fare imbarazzato, mentre Finn le aveva alzato il dito medio in tutta risposta.
“Davvero divertente, McQueen”
Ci fu qualche attimo di silenzio, prima che Grace sbuffasse incrociando le braccia.
“Allora, mi degnate di un saluto decente o devo andarmene?” si lamentò.
Brandon sorrise e l’abbracciò, baciandola sul capo.
“Ciao raggio di sole, nemmeno la California è luminosa quanto te!” le disse, facendola arrossire e ridere al contempo.
Finn roteò gli occhi, poi l’abbracciò subito dopo.
“Non so nemmeno perché ci stiamo abbracciando visto che ci siamo visti tutta l’estate” borbottò il ragazzo, arrossendo leggermente.
“Ci abbracciamo perché ci vogliamo bene!” sentenziò la ragazza, per poi dargli un bacio sulla guancia.
“E davvero, mi dispiace per il ritardo”
Finn arrossì ulteriormente e la scacciò.
“Smettila e entriamo, manca un minuto prima che suoni la campanella” sbottò, superandola e dirigendosi verso l’ingresso.
Grace guardò interrogativa Brandon, che in tutta risposta fece spallucce e gettò via la sigaretta, dopo aver fatto un ultimo tiro.
“Non dovresti fumare, ti serve il fiato per giocare a basket!” lo rimbeccò la ragazza, incamminandosi anch’essa verso l’ingresso.
“E tu non dovresti preoccuparti per il tuo Thomas?” Brandon le fece il verso, strappandole una risata.
“Ehi, non è il mio Thomas! Ci siamo solo visti un paio di volte” spiegò Grace, immergendosi nella folla di studenti presente in corridoio.
Finn stava già riempiendo l’armadietto di scartoffie varie.
Grace gli diede le spalle, aprendo il suo armadietto sul lato opposto del corridoio.
Brandon affiancò Finn per aprire il suo.
“Che ti prende? Sembri arrabbiato con Grace” gli sussurrò Brandon, perplesso.
“Non sono arrabbiato”
L’amico lo guardò scettico.
“Oh andiamo bro, ti conosco bene. Tu non sei mai scontroso con Grace!”
“E’ che ultimamente è sempre schifosamente di buon umore, non la riconosco più!”
Brandon trattenne una risata.
“Ma se non vedevamo l’ora che placasse il suo caratteraccio!” esclamò incredulo.
“Forse mi da fastidio quel cazzone di Moss”
Brandon rimase in silenzio qualche attimo, prima di sospirare.
“Non piace nemmeno a me” ammise.
Grace si voltò leggermente.
Di cosa parlottavano quei due?
Inarcò un sopracciglio, poi si concentrò sul fondo dell’armadietto ancora vuoto.
Un pezzo di carta bianca catturò la sua attenzione.
Allungò la mano perplessa e afferrò quello che si rivelò essere un bigliettino.
Lo aprì e lesse.

Parcheggiò l’auto sollevando una nube di polvere. Il terreno era secco, la terra spaccata in tante zolle.
Scendendo dall’auto, mise il piede su un escremento.
“Dio, che schifo!” sbottò.
“E’ fortunato” asserì una voce divertita alle sue spalle.
L’uomo fulminò la signora anziana con i suoi limpidi occhi verdi.
“Davvero divertente” disse sarcastico “lei è la signora Sanders?”
“Esattamente. La stanza nella mia pensione è già pronta. Domani entrerà in servizio, sceriffo Combs?”
Lui annuì e tirò fuori dal bagagliaio un paio di borsoni da viaggio neri.
“E’ tutta qui la sua roba?” si informò la signora.
“E’ tutto quello di cui ho bisogno.” annunciò con un sorrisino.
“E la prego,mi chiami pure Logan”.
Il sorriso sul suo volto si espanse. 

Ciao a tutti!
Era da tempo che avevo intenzione di pubblicare questa long, ma per un motivo o per un altro ho sempre rimandato. Non so come possa essere questo primo capitolo che funge da "pilot", ma spero in qualche modo di conoscere la vostra opinione al riguardo:) Alcuni di questi personaggi hanno già fatto la loro entrata in scena su efp diverso tempo prima, nella one-shot Forty-three
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1430887&i=1 ).
Alcune piccole "curiosità":
- il titolo della storia è stato preso da un episodio di "Supernatural" della quarta stagione, in cui i due protagonisti vivono una vita completamente ordinaria, lontana dalle solite vicende paranormali;
- la prima bozza della storia è stata scritta ad agosto, in una giornata 'completamente ordinaria' ;
- la vicenda è ambientata in South Carolina, in una cittadina chiamata "Red Country", ovviamente frutto della mia fantasia.
Credo di aver detto tutto...al prossimo capitolo!
Un bacio, Ely 91

ps: per l'immagine ringrazio la Perry toscana, RoseNek_MYF <3


   
 
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