Falling down like Snow
La neve calava in silenzio dal cielo, lieve e lenta come una scena al rallentatore e leggera come
spore danzanti nell'aria primaverile, nonostante la primavera fosse una stagione ancora
abbastanza lontana.
A Dawn piaceva l'inverno.
Le piaceva la grande sciarpa bianca, l'allegro soprabito rosso con i grandi bottoni rosa, gli
stivaletti del medesimo colore e il suo inseparabile cappello bianco, tutti capi d'abbigliamento
che le calzavano alla perfezione.
A Rupepoli, poi, l'inverno era ancora più bello.
Forse perché la neve riusciva a smorzare la durezza che trasmetteva nel complesso la città,
ammorbidendola come una dolce coperta bianca e soffice.
Forse perché la neve era bianca e riusciva a lenire anche le ferite più profonde, penetrando
nell'anima degli infelici e facendo dimenticare loro tutti i problemi.
Ma a Dawn non serviva quel silenzioso e straordinario rimedio.
Lei non voleva dimenticare il suo problema.
Lei voleva stringerlo a sé, dirgli che lo amava nonostante l'astio nei suoi confronti.
Lei voleva essere la neve che smorzava la sua durezza, rivelandone la parte più bella.
Lei voleva Paul, il ragazzo scontroso che non l'aveva mai vista come più di una qualsiasi passante.
Si sedette su una panchina, sospirando e guardando con gli occhi blu scuro vitrei e vuoti i
fiocchi bianchi e puri.
Pensò che la colpa fosse sua, per non aver rivelato al viola i suoi sentimenti prima che si
perdessero di vista.
Forse era andata a Rupepoli proprio per poterlo rivedere, inconsciamente.
Lasciò che un fiocco di neve le scivolasse sulle dita, per poi raccoglierlo con l'altra mano e
soffiandolo al vento, come una speranza riportata in vita.
Dawn si riconobbe nella coltre bianca come non mai.
Del resto, cos'era la neve senza una superficie su cui poggiarsi? Niente.
Come si sentiva lei senza Paul? Vuota.
Perché con i loro caratteri contrastanti si completavano a vicenda, Dawn attingeva da Paul e
viceversa e i loro litigi, in fondo, le riempivano le giornate.
Ma l'avrebbe dovuto capire prima, che sarebbero stati perfetti insieme, perfetti come ogni
singolo fiocco di neve candida e pura che il cielo stava regalando alla città.
Una lacrima scese solitaria sulla guancia destra di Dawn, riscaldandole il viso, che si stava
mano a mano infiammando non tanto esternamente, ma internamente.
Voleva piangere, proprio come stava facendo il cielo in quel momento.
I rimpianti erano troppi, e la ragazza di Duefoglie proprio non ce la faceva a resistere.
Si era limitata solo a sorridergli, arrossire in sua presenza, parlargli come avrebbe fatto
un'amica, preoccuparsi per lui.
Aveva avuto paura di osare, aveva avuto paura di perderlo.
E quello fu il risultato, una panchina per due occupata solo da uno, con una ragazza in lacrime.
Perché la neve non riusciva a coprire gli edifici di Rupepoli proprio come Dawn non riusciva a
mascherare le lacrime.
-
Che c'è, Dawn, ti si è forse spezzata un'unghia?
Una voce inaspettata e sbeffeggiante comparve da dietro il Centro Commerciale, con le
mani nelle tasche e il solito abbigliamento che lo accompagnava sempre, di qualsiasi
stagione si trattasse. -
Anche se fosse?
Mentì borbottando la Coordinatrice, senza nemmeno essersi ancora resa conto di chi fosse il
suo interlocutore.
Il tempo di alzare lo sguardo che le si inaridì la bocca, come se la neve che li circondava non ci
fosse stata.
Spalancò gli occhi blu notte, trovandosi improvvisamente ad ammirare sorpresa quelli pece di
Paul, che si sedette vicino a lei.
Subito la ragazza abbassò lo sguardo, nascondendosi la mano destra in quella sinistra per
salvare la scusa dell'unghia rotta.
-
Che ci fai qui?
Gli chiese mugugnando, nascondendo il viso ancora un po' inumidito dalle lacrime nella
grande sciarpa bianca. -
Questa è la mia città, dovrei chiederlo io a te.
La ragazza non rispose, del resto non sapeva nemmeno lei quale fosse il reale motivo per cui si
trovasse lì.
I due, poi, non riuscirono a scambiarsi una parola.
Dawn aveva tante cose rivelargli, eppure non sapeva da quale cominciare.
Se ne avesse avuto il coraggio, avrebbe iniziato a sommergerlo con una valanga di parole, di
sicuro annoiandolo.
Per cui, perché non parlare del tempo?
-
Sai, Paul, mi piace la neve. È del colore della purezza e ti accarezza gentilmente come se
fosse una lacrima del cielo.Quindi se piangi quando nevica sai di non essere solo.
Dawn si asciugò le lacrime, accennando appena ad un sorriso candido e guardando davanti a sé. -
A me non piace, invece. È fastidiosa e non fa altro che rompere le scatole. E per di più è frivola, non ci vuole nulla per distruggerla, eppure ritorna imperterrita.
Commentò di rimando il viola, a braccia conserte.
“Non fa altro che rompere le scatole, è frivola, non ci vuole nulla per distruggerla, eppure
ritorna imperterrita.”
-
Come la timidezza. Anche quella fa le stesse cose della neve.
Sai, forse hai ragione tu. La neve è un qualcosa di incerto, che un secondo c'è e quello dopo
non c'è.
Secondo me potrebbe essere più bella una pietra, che anche se viene sepolta dalla neve c'è sempre, non si distrugge mai.
È come un sentimento, anche se si nasconde sotto la timidezza, rimane.
Dawn fece spallucce, alzando finalmente lo sguardo verso Paul.
-
Tu che ne pensi?
Gli chiese, con il cuore che le batteva a mille nonostante fosse una semplice e banale
domanda.
Lui continuò a guardare dritto, come se fosse alla ricerca di qualcosa.
-
Che non ho capito niente di quello che hai detto, di questa roba non me ne intendo.
C'era da aspettarselo, l'Allenatore non era mai stato un sentimentalista.
La blu sospirò appena, pensando di aver fatto probabilmente una brutta figura nell'aprire il
proprio cuore al ragazzo, nonostante volesse dirgli quello che provava per lui.
Aveva paura, ma non voleva che la neve coprisse il suo cuore, ghiacciandone i sentimenti.
Doveva prendere coraggio e affrontare la cosa, sarebbe stato meglio un rifiuto di un rimpianto
per il resto dei suoi giorni.
-
Se vuoi, te lo spiego diversamente.
Mormorò a voce bassa Dawn, che, tremante, si stava avvicinando sempre di più al ragazzo di
Rupepoli.
Per pochi istanti esitò, ma con uno scatto deciso annullò la distanza tra le loro labbra,
prendendo le mani gelide di Paul tra le proprie, più calde.
Una sensazione piacevole prese il sopravvento su di lei, mentre le loro labbra si muovevano
all'unisono, completandosi.
Dopo una mezza dozzina di secondi, la ragazza dissolse il contatto per un attimo, guardando
negli occhi neri l'amato.
Voleva dirgli che provava qualcosa per lui da secoli, che aveva aspettato quel momento magico
per tutta la vita.
Ma non ne ebbe il tempo, perché stavolta fu proprio il rivale dell'amico a riprendere il bacio, in
silenzio.
C'erano solo loro e basta, niente fiocchi gelidi calanti dal cielo.
Per la prima volta dopo tanto tempo, la Coordinatrice sentì la neve nel suo cuore sciogliersi.
A Euphemia, la ragazza più milis del mondo.~
Probabilmente questa fanfiction non è abbastanza per farti capire quanto in due settimane
mi sia già affezionata a te.
Ti dedico questa One-Shot perché sopporti i miei scleri, perché sopporti i miei “Aggiorna!
Aggiorna! AGGIORNA!” come nessun altro, perché pensi che Feralis stia meglio con Blue
(wtf!?), perché sei dolcissima, ed è per questo ti chiamo Milis.
Con tanto aMMore,
la tua Zia AlligatorA del corazón~