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Autore: meggie681    24/04/2013    3 recensioni
Un ritratto un po' inedito, almeno per le mie corde, di Jared Leto e della sua vita, molto caotica.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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THEREALLLLJAY

One shot  -  TheRealJared

 

 

Siena,   primavera 2013

 

 

Il ribervero della piscina è distante dalla terrazza, da cui Jared Leto si sta affacciando, però la sua figura ne è come accarezzata, in piedi, appoggiato alla balaustra, a scrutare il giardino, intorno allo specchio d’acqua.

Balthazar Getty lo sta guardando.

Ammirando, ad essere sinceri.

 

“E’ quasi pronta”

“Cosa?” – il cantante si gira verso di lui, con un sorriso.

“La cena, Jared …”

L’uomo gli si avvicina, con un bicchiere di vino rosso.

Leto ne beve un sorso – “Grazie … Molto buono, come sempre”

Prende un respiro, chiudendo la porta finestra, l’aria di fine aprile è ancora fresca.

Va a sedersi sul letto, in un fascio di luce, adesso, dai toni arancio, rimandato dall’abatjour e dagli stucchi nel colore della terra senese.

Giocherella con il cellulare, sono inseparabili, Getty lo pensa, sorridendo.

 

“Che c’è Balt?”

La domanda, accompagnata di nuovo da quegli occhi zaffiro, lo attraversa.

“Quell’affare … sempre in mano” – replica imbarazzato.

Jared gliela tende, libera da quell’affare.

 

Lui gli si avvicina, sedendosi, facendo quello che Jared vuole, come al solito.

Si baciano.

Il vino dov’è finito?

Ah già, sul comodino e Getty avrebbe anche voluto spegnere quella dannata lampada, perché poi ricordarsi il corpo di Jared, sotto di sè, dopo che lui aveva deciso di scopare, lo avrebbe ferito per settimane, mesi, durante i quali l’amico sarebbe sparito.

Come da copione, di una vita di corsa, dove Leto si ferma raramente, poi riparte, più veloce di prima ed in quelle brevi pause, metabolizza inquietudine, depressione, inadeguatezza, a cui Balthazar Getty pone un rimedio placebo, facendolo sentire in  famiglia, con i propri figli, che lo chiamano zio Jay, tra Los Angeles e l’Italia, in ogni caso distante dalla moglie del milionario americano.

 

“Ja Jared il preservativo …”

“Lascia stare” – gli ansima nel collo, mordendone una piega, che lo stava eccitando.

“No Jared io …”

Leto lo fissa, finendo di spogliare entrambi – “Lascia stare”

Ok.

Come vuoi tu.

Tanto non avrei deciso comunque.

 

Lo stava sentendo troppo e Balt non avrebbe voluto che accadesse.

L’intimità non era mai stata un problema, anche se baciarlo già valeva a dire andare in pezzi.

Ora, per giunta, a Getty stava scoppiando il cuore, nel petto, nella testa, venendogli dentro, avvinghiato a lui, che stava facendo altrettanto, senza neppure essere toccato, se non in quella porzione di carne, così viva e bollente, dove il seme di Balt dilagava, tra ansiti ed urla soffocate nell’incavo della spalla di Jared.

Poi finì tutto.

 

Getty si sarebbe chiesto se era la sua ricompensa, per averlo ospitato, per il jet, che gli mandava ogni volta Jared ne avesse l’esigenza, anche per scappare da luoghi dove non voleva più stare, non per un capriccio, ma per quei casini sentimentali sempre più ingestibili.

Ad essere sinceri: uno solo.

Da anni.

 

 

Respiro mozzato.

Sudore.

Un bacio.

Strano, a Jared sembra persino piacere.

In qualche strano modo, lui c’è e Balt ci annega, così, tanto per fare qualcosa, ripetendosi, anche con una certa pena, che non ha alcuna importanza.

Per Jared, ovvio.

 

Doccia.

Jared ci si infila subito, almeno dopo averlo fatto con lui.

In altri casi, Balt rimugina, restando a pancia in giù sopra il materasso, è probabile che Jared rimanga abbracciato a …

E poi si addormentano.

E sognano.

Si svegliano a metà della notte, rifanno l’amore.

Sì, loro due, fanno l’amore: uno è Jared, ma l’altro non è Getty.

 

“Fanculo …” – ringhia piano, caso mai Leto potesse sentirlo.

Basta paranoie.

 

“Io scendo” – gli grida dalla camera.

“Ok, a dopo” – Jared gli risponde dal box, sembra persino allegro.

 

 

I bambini.

Chiasso, racconti che si accavallano, a zio Jared piace ascoltarli, ride con loro, condivide giochi, mostra foto, si inventa persino dei giochetti di prestigio.

Tutti ridono.

Jared è bellissimo.

Incredibile abbia quasi quarantadue anni, Getty pensa.

Pensa un casino, quando Jared è nell’orbita dei suoi giorni, pochissimi, mai abbastanza.

 

Il bberry vibra.

Jared sorride.

E’ Terry.

 

“Sì, sono arrivato nel pomeriggio …”

“No, dai, magari quando torno … e dove?”

“Terry non dovevi passare da Malibu? A New York non mi fermo questo mese … Non lo so ancora … No, non l’ho sentito, poi sai cosa”

“Se ti dico che non me ne frega niente di”

“Ma te ne vuoi stare un po’ zitto?”

Risata nervosa di Leto, ma Terry lo conosce troppo bene e contesta ogni bugia di Jared con la consueta schiettezza.

Anche Getty vorrebbe esserlo, con lui e vomitargli addosso quello che sente e quello che pensa sull’argomento ora al centro della conversazione tra il cantante ed il fotografo.

 

Jared saluta, riattacca, sbuffa.

“Problemi?”

“No, Terry ha la lingua lunga, si facesse un po’ i cazzi suoi”

I bimbi sono già nella sala giochi.

Niente parolacce davanti a loro.

 

“Su cosa?”

Jared lo fissa.

Quello sguardo sa di fatti pure tu i cazzi tuoi, Balt, non mi rompere, ringrazia che sono qui, che mi faccio scopare due o tre volte l’anno da te, che sei un ipocrita, che non lasci tua moglie, nemmeno per …

Getty avvampa.

“Io lo farei se tu” – balbuzie odiose.

“Che dici, Balty?”

Leto ride, Getty muore.

Uno a zero.

Palla in centro.

 

“Faccio un tuffo, che dici mi busco una polmonite?”

“E’ riscaldata, lo sai … Prendi l’accappatoio.”

“Sì papà ahahah”

Leto sparisce.

Getty lo è già da un pezzo.

 

 

Una mattina di sole.

Colazione in veranda.

Getty ha assunto un baby sitter, uno studente, molto abbronzato, chiacchierone, simpatico e riccioluto.

Un bel fisico, Jared ci butta un occhio, tanto per vincere la noia.

E’ già stufo di stare lì, forse perché aspetta qualcosa.

Una telefonata.

Un messaggio.

Una e-mail.

 

“Credevo rimanessi a Berlino”

Inizio conversazione senza senso, pensa Getty.

“A fare cosa Balt?”

“Non saprei … Milano ti è piaciuta?”

“Sì, come sempre, un po’ grigia … avevo fretta”

“Niente shopping?”

Che cazzo sto dicendo?

 

Jared lo guarda.

“Un tizio mi ha mandato dei vestiti, una sua nuova collezione, tipo questa casacca …”

“Ti sta bene”

“Trovi? Tu non sei obiettivo Balt”

Ride.

Rabbia.

“Ora mi prendi anche per il culo, Jay?”

Ok, doveva succedere, prima o poi, quindi quel POI è adesso.

 

Jared sgrana i suoi fanali, capelli tirati indietro, volto scoperto, pulito, sincero, sembra urlare, nel silenzio

Quando mai l’ho fatto? Ti ho mai illuso? Diciamo che per cinque fottuti minuti ho pensato che tu mollassi il tuo bel nucleo fasullo, PER ME, ok Balthazar Getty?

Tu mi usi?

Io ti uso.

Discorso chiuso.

 

“In che senso Balt?”

Sembra mortificato.

Getty si alza, gli dà una carezza sulla spalla – “Perdonami”

Svanisce.

 

 

Una caratteristica di Jared Leto è di non lasciare le cose in sospeso.

Detesta farlo e quando succede, è solo una parentesi, una pausa, perché presto o tardi riprende il discorso, la lite, una discussione, qualsiasi fottuta cosa sia rimasta appesa.

E’ tipico, per chi ha un elemento, un chiodo fisso, da un pezzo, piantato nel cuore, che non trova soluzione, sbocco: peccato non riguardi Getty, quella situazione del cazzo, su cui Jared spende raramente qualche considerazione e se accade, è Terry il suo interlocutore.

Nessun altro.

 

 

“Cosa ti ho fatto Balthazar?”

E’ alle sue spalle.

“Non voglio discutere … Lasciami in pace”

Lo dico per dire, ti prego non farlo, Jared, non uscire dalla mia vita, ne morirei.

“Balt se abbiamo un problema, anche se non capisco quale, tu ed io”

Getty si gira, ora basta.

BASTA!

“Io ti amo. OK? TI AMO JARED!”

Il tempo cade.

Le pareti si sciolgono.

Come lo zucchero filato, al luna park di San Diego, la prima volta che sono usciti insieme, dopo avere girato un pilota, finito chissà dove, quindici anni prima, forse di più, di certo di più.

Jared, però, sembra sempre uguale, almeno negli occhi, le sopracciglia, la bocca perfetta, piena di zucchero filato, poi della lingua di Getty, a strusciarsi sulla sua Porsche nuova di zecca.

Una domanda cretina, non da Jared.

“Ma sei gay?”

“No e tu?”

Risate.

Potrei essere qualunque cosa tu mi chieda, Jared, stanotte e per sempre.

Stop.

Non glielo dice, ma lo sguardo non mente.

E Jared Joseph Leto, angelo piovuto da Bossier City, capisce il prossimo dagli occhi: non mentono.

Soprattutto quando tremano.

 

Come ora, nella sala degli arazzi di casa Getty, tra le colline toscane.

“Mi dispiace …”

“Lo dici a tutti, eh Jared?!”

Leto annuisce.

E’ a disagio, odia non avere il controllo, l’ira di Getty è troppo seria per essere smorzata da un sorriso dei suoi, da un abbraccio, che proprio non gli viene di concedere ad uno degli uomini più ricchi del pianeta.

Jared, povero in canna, quella Porsche gli aveva fatto un certo effetto, ora non più, è cresciuto, è un arricchito pure lui, molto diverso dal nascere nella bambagia.

Elucubrazioni del cazzo.

 

Il cellulare suona.

Una melodia gradevole.

Jared controlla il nome sul visore, le sue labbra si tendono, poi se le morde.

Risponde.

 

Sì?

Sono in Italia … E non ne ho idea, ok?

Ma quale aereo, dove … cosa cazzo ti inventi?

No non … io non lo sapevo, ok?

Esisteva solo una persona, che gli faceva quell’effetto.

Ed era terribilmente vicina, anche se in un altro stato.

Oltre la Manica.

 

Io sono calmo, Colin, ma tu non vuoi proprio capire quello che ci siamo detti a Los Angeles!

Sai che sforzo, interrompere le riprese per un pomeriggio e …

Certo che sono stato bene … ho apprezzato il gesto … Una rarità!

No sei tu quello stronzo, non io e piantala di rinfacciarmi

Ecco, ora piange, inevitabile, incazzato sino al midollo, perché tanto non lo lascerà mai.

In qualche modo, giusto o sbagliato, si ritroveranno sempre, lui e quel dannato irlandese.

 

Getty ride mesto.

Vinto.

Si allontana.

Jared ora sta sorridendo, accartocciato sul divano in damasco verde.

A Balthazar sembra di vederlo, Colin James Farrell, tizzoni accesi, un po’ languidi, voce calda, nel cervello di Jared Joseph Leto, nel suo corpo, che gli fa l’amore senza preservativo …

Quindi Getty ha avuto anche troppo, questo giro.

Quasi un’illuminazione, dovrebbe tornare di là, prostrarsi ai piedi di Jared, con gratitudine, come un miracolato.

 

Cazzate.

 

E’ di nuovo alle sue spalle, Jared, parla alla sua schiena, prima di ripartire.

Le mani in tasca.

 

“Colin mi ha … mandato il suo jet … Credo sia impazzito a comprarne uno, cosa gli serve?”

Getty si volta, lo guarda.

Se fossero solo amici, potrebbero sparlare di questa novità, come due coglioni.

Dettaglio: il coglione è solo lui, ma anche Jared, questo giro, non ne esce per niente bene, come direbbe il panettiere giù in paese.

 

“Per te si fanno follie, nessuno sa dirti di no, Jay”

Finché dura.

Sorride.

“Faccio i bagagli, tolgo il disturbo”

E’ impacciato.

In fondo anche vederlo così, è una triste rivalsa, un po’ vuota ad essere onesti.

Meglio che niente.

“Ok, buon viaggio, salutami Dublino …”

 

Getty torna all’aperto, il sole lo investe, fa davvero caldo.

Quasi si soffoca.

Come cerca di fare con il singulto, che gli tormenta la gola.

Poi passa.

Passa sempre.

Più o meno.

 

F i n e

 

 

 



JARED LETO E BALTHAZAR GETTY
   
 
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