*Erin
la strega *
Capitolo 1
Le prime luci del mattino, fanno
capolino tra le tende della finestra che dà nella mia stanza.
-Ci siamo..- penso tra me
e me, è ora di alzarsi.
Mi tiro su dal letto
stancamente, delle ciocche, brune, mi ricadono sul viso, con un gesto distratto
le porto nuovamente dietro l’orecchio, è un vizio che ho fin da bambina.
Indosso le pantofole e stringendo la veste sgualcita contro la mia pelle ancora
calda, mi avvicino alla finestra e la
spalanco. La stanza viene inondata di luce, e devo portarmi una mano
all’altezza degli occhi per evitare di rimanerne accecata. Sospiro e abbasso le
palpebre, una sferzata di aria fresca mi colpisce il viso, c’è un non so che di
strano nell’aria, tra poco accadrà qualcosa, me lo sento.
Un lieve bussare alla porta mi
fa girare di scatto, è Sarah, mia madre. La guardo come se la vedessi per la
prima volta; i lunghi capelli neri le arrivano alla vita, delle ciocche
scomposte le incorniciano il viso, stanco ma sempre bello, porta una lungo
abito di stoffa trasandata e sorride. La osservo mentre si avvicina a me e mi
posa una mano sulla spalla.
Lo capisco dal suo sguardo
malinconico che quello che dovrà dirmi non mi piacerà. Sospiro e chino il capo,
intenta a guardarmi i piedi. La sua voce dolce risuona nella stanza:
- Erin, piccola mia…- subito la
interrompo per puntualizzare una cosa.
- Mamma, non chiamarmi
“piccola”, ormai ho sedici anni!-
Lei annuisce e sorridendomi
continua:
- C’è una cosa che devo dirti….
ti ricordi quando da piccola ti raccontavo le avventure e le sofferenze di
Haley, la piccola strega?-
Annuisco, e alzando lo sguardo,
punto i miei occhi nei suoi, e la guardo confusa.
- Ecco, quella bambina di 11
anni ero io… e i viaggi che ti ho narrato, li ho compiuti realmente…-
Prima che lei possa continuare,
allontano la sua mano da sopra la mia spalla, e scuoto violentemente il capo,
no non può essere, penso, mentre i racconti che più volte ho ascoltato, mi
riaffiorano nella mente. La guardo arrabbiata e ferita, immediatamente realizzo
la paura che deve aver provato nel vedere la madre, bruciare legata ad un palo
di legno, in mezzo ad una folla di gente impazzita.
Con un filo di voce dico:
- C-che..che cosa stai cercando
di dirmi?-
- Sto…sto cercando di dirti che
questo posto non è più sicuro come prima, le.. le autorità del villaggio,
stanno setacciando l’intero borgo, è.. è ricominciata la caccia alle streghe
tesoro…. E tra non molto, irromperanno anche qui nella nostra abitazione, e non
ci metteranno molto a portarci via. Erin… devi fuggire finchè sei ancora in
tempo…-
No…no…tutto comincia a girare
intorno a me e sarei sicuramente caduta a terra se le braccia esili di mia
madre non mi avessero afferrato, prima che il mio corpo venisse a contatto con
il pavimento polveroso della mia stanza. La guardo negli occhi, ancora
frastornata, ripensando alle ultime sue parole, con un moto di paura che ben
presto si insinua in me, sussurro:
- Perché..hai parlato al
singolare?? Noi dobbiamo fuggire insieme, tu… tu non puoi abbandonarmi, devi
venire con me!!!-
Lei si morde il labbro inferiore
e prima che io possa continuare con voce ferma dice:
-No Erin, non posso tu.. tu sei
la mia unica figlia e io devo assicurarmi che tu riesca a salvarti e per fare
questo dovrò distrarre le guardie, ora… ora non voglio scene di pianto di alcun
genere… ti ho preparato una sacca, con del cibo, dovrebbe bastarti per quattro
o cinque giorni, dopodiché, dovrai procurarti qualche cosa, con il denaro che
ti ho lasciato nella tasca sinistra della bisaccia. Partirai subito, addentrati
nella foresta e recati da Aghata, la vecchia fattucchiera. Non devi voltarti
hai capito?? Non lo devi fare per nessun motivo, promettimelo!-
Con un lieve tremito nella voce
le rispondo:
- S-si…te lo prometto mamma…-
- Bene….vado a prendere la sacca,
tu intanto vestiti!-
Annuisco e mentre lei lascia la
mia stanza, mi avvicino spedita all’armadio, apro le ante di legno ormai marcio
e ne estraggo un abito dai colori
scuri, abbastanza comodo da poter essere utilizzato in un viaggio che, come
immagino, sarà pericoloso.
Sento i passi di mia madre
salire le scale in fretta. Ormai le guardie sono sempre più vicine.
Mi guardo intorno, per quella
che so per certo sarà l’ultima volta e faccio scorrere gli occhi per tutta la
mia camera. Prima che la porta venga spalancata, noto l’angolo di quello che
pare essere un diario dalla copertina rovinata, ai piedi del mio giaciglio,
deve trovarsi lì da anni. Mi avvicino rapida e lo prendo tra le mani, proprio
nello stesso istante in cui mia mamma irrompe nella mia stanza.
- Forza Erin, ormai sono
vicinissimi- mi dice mentre mi porge la sacca. Io l’afferro, la mia genitrice
si volta e mi fa segno di seguirla verso una piccola apertura nella parete,
nascosta dal mio armadio, dovrò passare di lì per abbandonare la mia casa.
Lei sposta il mobile e con un
gesto frettoloso mi spinge attraverso il passaggio. È basso, penso mentre mi
accingo ad alzarmi, la spinta di mia madre mi ha fatta cadere al suolo. Sento
un rumore, mi volto giusto in tempo per vedere, l’ultimo spiraglio di luce,
sparire dietro l’armadio, il passaggio è stato chiuso.
Delle lacrime, cominciano a
scendermi lungo le guance, non ho nemmeno salutato la mamma.
Nella caduta il diario che
stringevo nella mano destra è finito al suolo, tasto la terra umida per riuscire
a trovarlo e, quando la mia mano sfiora la superficie asciutta dell’oggetto, lo
raccolgo e lo infilo nella sacca che mi rimetto sulle spalle. Comincio ad
avanzare a tentoni, in mezzo a quell’oscurità, l’odore di terra è talmente
forte che mi manca l’aria, man mano che procedo in quel lungo tunnel la mia
vista comincia ad abituarsi al buio, e, dopo svariate curve, riesco a scorgere
una luce fioca in lontananza, comincio a camminare più velocemente, lì sotto
l’aria è praticamente irrespirabile e se ci rimango ancora per molto, rischio
di morire soffocata, me lo sento.
L’uscita della galleria si fa
sempre più vicina e la mia andatura sempre più spedita. Ancora due o tre passi
e sono di nuovo alla luce.
L’impatto con l’ambiente esterno
è più fastidioso di quello che pensavo, sono costretta a chiudere gli occhi
appena metto piede fuori dal tunnel. Dopo pochi attimi, riesco a sollevare le
palpebre e guardarmi intorno, sono proprio al limitare della foresta e
disobbedendo alla raccomandazione di mia madre, mi volto verso il villaggio.
Il cuore mi si stringe in una
morsa quando vedo la nostra casa andare a fuoco, il mio pensiero si rivolge
subito a Sarah, chissà dove si trova adesso. Ho come una brutta sensazione, e
se lei fosse…no! Scuoto il capo per scacciare quel terribile pensiero. No, mi
ripeto nella mente, lei è ancora viva. Lei è…
Un lieve frusciare tra le foglie
degli alti alberi, riesce a spostare la mia attenzione verso il bosco, guardo
in alto, e rimango sorpresa nel trovare tutto calmo. Con un sospiro, torno a
guardare il mio paese, so per certo che non ci tornerò. Con passo lento,
comincio ad addentrarmi tra le querce e i frassini, non c’è un sentiero e più
volte cado per terra, dopo essere inciampata in qualche radice ben nascosta. A
quasi un’ora di cammino decido di fermarmi e bere un po’ d’acqua dalla sorgente
che vedo a pochi metri da me. Mi avvicino e poso la bisaccia su un masso alla
mia destra. Immergo le braccia quasi fino al gomito, levandomi lo sporco della
terra di dosso.
Chiudo le mani a coppa e lasciò
scivolare l’acqua su tutto il mio viso, ripeto una seconda volta quel gesto,
questa volta portandomi le mani alle labbra e assaporando la freschezza del
liquido che, una volta ingerito ha come un effetto benefico sulla mia intera
persona.
Sono stata ferma già troppo a
lungo penso, mentre raccolgo la mia sacca e la posiziono ancora una volta sulle
spalle. Ho la sensazione che qualcuno mi stia seguendo, ma se non ci penso,
forse è meglio.
Sono passati alcuni minuti da
quando mi ero fermata alla sorgente, e in lontananza, posso vedere del fumo,
deve essere la casa della fattucchiera, un barlume di speranza si accende in
me, mentre aumento l’andatura, cominciando a correre.
Adesso, che mi trovo di fronte
alla casa di Aghata, noto che è totalmente diversa, da come l’immaginavo, mi
aspettavo di vedere una costruzione forte e resistente, invece è una vera e
propria catapecchia ricoperta di muschio, mi ritrovo a pensare, che se non si
trovasse al centro di due alberi, sospesa su un resistente pannello di legno,
probabilmente sarebbe già totalmente distrutta. C’è una lunga scala fatta di
corde che conduce all’entrata dell’abitazione, con fare insicuro appoggio il
piede sul primo filo di corda, poi il secondo e così via; in men che non si
dica mi ritrovo in cima alle scale e mi appresto a bussare alla porta.
Dopo solo un colpo, una voce
rauca proveniente dall’interno, mi dice:
- Avanti!-
Spingo lentamente la porta che
girando sui cardini arrugginiti, provoca una fastidioso stridio e sono in casa.
Chiudo la soglia alle mie spalle e, un po’ impaurita, schiarisco la voce e
chiedo:
- Ehm… c’è nessuno?- senza
nemmeno accorgermene mi stringo l’abito addosso.
- Ben arrivata Erin…. ti
aspettavo…- le parole sono state pronunciate così di colpo, che dallo spavento
mentre mi giravo, ho fatto cadere a terra un paio di ciotole.
- Mi scusi..- dico mortificata,
mentre mi abbasso per prendere le scodelle.
- Oh.. non preoccuparti tesoro,
non è nulla!-
Mentre le appoggio sul tavolo,
guardo l’anziana signora e con voce realmente stupita chiedo:
- C-come sa il mio nome? E come
faceva a sapere del mio arrivo?-
- Ti conosco da quando eri molto
piccola cara mia, e per quanto riguarda il tuo arrivo, beh… me lo ha detto
un’amica…-
Sto per chiedere spiegazioni,
quando le ali argentee di un’aquila, catturano i miei occhi, è… è bellissima…!
- Si chiama Arjia, è lei che ti
seguiva mentre venivi qui… spero non ti abbia spaventata!-
Mi riprendo, quell’aquila ha
come la capacità di incantarmi.
- N-no, certo che no! Mi ero
accorta di qualcuno che mi seguiva, ma non immaginavo…-
- Vedo che la mia bestiolina,
sta attirando tutte le tue attenzioni su di lei, sarà meglio che se ne vada a
fare un giretto..!-
Osservo Aghata, mentre spalanca
la finestra e lascia volare via Arjia.
Dopo qualche secondo, che passa
guardando la foresta, si gira nuovamente verso di me, e mi fa segno di
seguirla, mentre si accinge ad entrare in un’altra stanza.
Questa è piena di strani
oggetti, alcuni li ho già visti, ma altri invece non riesco proprio ad
immaginare da dove provengano, né tanto meno cosa siano, la donna si siede su
una sedia e fa accomodare me su un’altra lì vicino.
- Erin…. ascolta… non hai molto tempo per starmi a sentire… tu… non
puoi rimanere qui.. mi dispiace…-
Ed ecco che mi sentivo di nuovo
sola.. quando ero entrata lì, avevo pensato che ci sarei rimasta, fino a che al
villaggio si fosse risolto tutto, invece, ero di nuovo costretta a fuggire, già
non ne potevo più.
Mi alzo e dico:
- Perché???! Perché non posso
stare qui, io… io non so dove andare, non mi sento al sicuro in alcun luogo!
Non conosco nessuno all’infuori di mia madre e di te adesso…-
- So che è difficile, ma se tu
rimanessi qui, non saresti al sicuro! Erin, anche io pratico la magia…-
La interrompo di scatto:
- Ma di che magia parli??! Io
non ho mai fatto niente, perché allora mi stanno cercando? Perché devo
continuare a scappare, se non so nemmeno cosa ho fatto, e qual è la mia
colpa?!-
- Erin, è una cosa difficile da
spiegare, e io non sono la persona più adatta a dirtelo ma… tu.. tu.. hai il
dono… e non sto parlando di magia materiale… io parlo di magia interiore… la
magia… fa parte di te…-
- Scusa ma non ti seguo….-
- Ascolta, adesso non è né il
luogo né il momento adatto per parlarti di questo, adesso stammi a sentire…
devi lasciare la foresta il più in fretta possibile, dirigerti a Nord, e
aspettarmi all’ entrata della Caverna di Ghiaccio. Ci vedremo lì tra quattro
giorni io porterò qualcuno, una guida, dovrebbe riuscire a condurci all’interno
della Grotta senza problemi, è tutto chiaro??-
Sento che mi gira la testa, sta
accadendo tutto troppo, troppo in fretta, tuttavia annuisco e con voce flebile
chiedo:
- T-tu..-
- Io ci sarò.. non
preoccuparti…. ora prendi questa con te e vai!-
Senza che io me ne accorgessi,
ha tirato fuori una pergamena e me la messa in mano. La apro, sopra è tracciato
il sentiero che devo percorrere per arrivare alla Caverna di Ghiaccio, la piego
e me la infilo nella tasca. Guardo Aghata nelle sue iridi verdi, cerco di non
piangere di nuovo e voltandomi verso l’uscita, mi aggrappo al pensiero che
tanto la rivedrò tra pochi giorni.
Mi fido di lei, mentre scendo le
scale penso alle parole che mi detto…. la magia interiore… non riesco proprio a
capire a quale tipo di magia potesse riferirsi; quando poso finalmente il piede
a terra, riesco a sentire delle voci in lontananza, quando sono fuggita dal
villaggio, qualcuno deve avermi visto, e ora le autorità sono venute a
cercarmi, il terrore pervade il mio corpo, mentre avverto le voci farsi più
vicine, ora sento distintamente quello che una di loro sta dicendo:
- Deve essere qui da qualche
parte, trovatela!!! Poi penseremo anche alla vecchia!-
Io sono ancora vicino alla scala
a pioli, della casa di Aghata, devo avvertirla, devo dirle che si trova in
serio pericolo. Sto per risalire, quando un bellissimo falco, spicca il volo
dalla finestra e sia allontana velocemente. Mi è bastato un secondo per capire,
ora sono più tranquilla, per adesso la fattucchiera è salva.
Subito, comincio a correre oltre
la casa, ho il cuore che batte a mille, e una paura che aumenta ad ogni passo,
mi hanno vista, lo capisco dal fatto che li sento correre dietro di me. Non ho
il coraggio di voltarmi, ho troppa paura di ritrovarmi faccia a faccia con uno
di loro, come spinta da una energia misteriosa la mia corsa accelera sempre più
e riesco a distanziare i miei inseguitori.
Ne sono certa, è la forza di mia
madre.
Nella corsa sfrenata, non mi
sono nemmeno accorta che sta ormai calando la sera, rallento l’andatura fino a
fermarmi del tutto, con un certo timore, mi volto per vedere se c’è traccia
delle guardie in lontananza. Nulla, sono salva.
Con un sospiro di sollievo mi siedo su un masso abbastanza nascosto dalle piante circostanti devo rifocillarmi, è da questa mattina che non tocco cibo, penso mentre estraggo del pane dalla mia sacca. Nel movimento che ho fatto per appoggiarmi al sasso, mi è scivolata fuori dalla tasca, la mappa che mi ha dato Aghata. Sempre continuando a mangiare, mi chino a raccoglierla e, dopo averla srotolata osservo attentamente il sentiero che è stato tracciato, la cartina è davvero dettagliatissima, con stupore noto infatti che è segnata anche la presenza della sorgente dove mi sono fermata la mattina per bere. La mia destinazione è ancora distante, Aghata aveva ragione, ci metterò almeno quattro giorni per raggiungerla, anche se mia mamma mi ha aiutato ad avanzare più rapidamente lungo il primo tratto.
Dovrò dormire qui, ma prima sarà
meglio cercare della legna e accendere un fuoco per riscaldarsi. Arrotolo
velocemente la mappa, e questa volta la infilo nella bisaccia, meglio non
smarrirla senza sarei perduta.
Non molto lontano dal luogo nel
quale ho deciso di fermarmi, trovo dei rami spezzati, che possono andare bene,
li raccolgo e li riporto al mio temporaneo accampamento, solo poco dopo, mi
rendo conto che sono umidi… mi lascio scivolare a terra avvilita.
Adesso cosa farò? Il freddo
della sera si sta già facendo sentire e io senza un po’ di calore, rischio di
ammalarmi, e penso proprio che non ho bisogno di un’altra cosa che vada storta.
Sconfitta, piego le gambe e me le stringo forte al petto, cercando di
trattenere le lacrime che sono sicura usciranno tra poco se non trovo una
soluzione.
Penso, penso che vorrei avere un
fuoco caldo e scoppiettante lì vicino a me, e come per magia quando sento una
lieve calore avvolgermi, alzo la testa di scatto e poso lo sguardo sulle
molteplici fiamme che divampano, come in una strana e silenziosa danza.
Ma come è potuto accadere?
Mi guardo intorno nervosamente,
sono sola e comunque se ci fosse stato qualcuno, l’avrei sentito arrivare.
Sconcertata, allungo la mano verso la fonte di calore, e la ritraggo di scatto
quando sento la punta delle dita bruciarmi, allora è vero… non sto avendo
un’allucinazione! Sorrido risollevata da quel pensiero, e ancora un po’
perplessa, rannicchiandomi vicino al falò, chiudo gli occhi.
L’ultimo pensiero prima di addormentarmi è rivolto a mia madre, è morta, ora lo so, ma non smetterò mai di volerle bene, lei rimarrà sempre nel mio cuore.