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Autore: Loki    12/11/2007    3 recensioni
Questa storia e' una one-shot incentrata sulle sensazioni e sulle emozioni di Tom Riddle/Lord Voldemort. Un incontro con un boggart (molliccio) in gioventù fara' intuire al giovane virgulto le sue ambizioni. Introspezione.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tom Riddle/Voldermort, Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Something like a prefazio' this way comes

Attenzione: il nome "Boggart" che leggete in questa fanfiction e' l'equivalente di "Molliccio" nella traduzione italiana. Avendo letto i libri in inglese e non italiano, ho preferito preservare la sensazione che mi dà il nome in originale.
Grazie per leggere questa storia, o almeno per provarci!


Sussulto

I suoi occhi rossi venivano inglobati dall'oscurità. I suoi sensi vagavano per mondi lontani, le sue sensazioni venivano rapite dalla tenebra in cui respirava.
Il suo cuore non batteva forte, non vibrava a ritmo sciolto. Le sue emozioni non si elevavano nella notte, rimanevano ferme, incatenate nelle sue ambizioni, arrestate improvvisamente come un masso in uno stagno.
La sua pallida mano si alzò, lentamente ondeggiò. Giocò con l'aria, poi, stancatosi di quella pallida imitazione d'un passatempo, i suoi piedi toccarono il pavimento. Scese dal letto. I suoi occhi, fermi e immobili, fissarono l'oscurità della notte che si stagliava davanti a lui.
A passo sicuro salì le scale, in cerca di qualcosa d'indefinito. I suoi pensieri vivevano in un nebuloso miscuglio di percezioni. Il buio acuiva i suoi sensi, rendeva il suo mondo un luogo buio e solitario.
Lui era diverso dagli altri. Non voleva la compagnia. Qualunque azione facesse, aveva un fine: nulla era lasciato al caso. Si compiaceva di questo: amava se stesso più della sua stessa vita.
Si addentrò sempre di più verso il tunnel della vuota scala dell'orfanatrofio. Era già stato lì, oltrepassando il tabù che gli odiati adulti gli avevano imposto, ma mai aveva trovato qualcosa di veramente interessante.
Il mondo era piccolo, perchè lui si sentiva enorme. Ora era il padrone, perchè lui camminava nel buio; e, camminando il buio, pensava di diventarne l'unico signore e padrone. Come sempre, non provò un brivido a rompere le regole dettate da chi era più grande di lui. Aveva imparato che nessuno di questi dettami era importante.
C'era qualcosa di cui era tremendamente sicuro, in quegli anni della sua infanzia. Questo pensiero - se così si poteva chiamare - gli dava forza, la coscienza delle sue ambizioni sorreggeva forte il suo animo; si sentiva in diritto di fare ciò che più gli aggradava. Perchè lui camminava.
E, camminando, diventava il padrone di ciò che calpestava; respirando l'aria, diventava padrone dell'aria stessa. Toccando gli oggetti, diventava padrone di questi stessi oggetti. Osservando la notte, ne diventava il signore, perchè l'idea di dominare gli concedeva un piccolo sussulto al cuore, l'emozione che avrebbe tanto cercato, nel silenzio dei suoi anni. Per questo, forse solo per questo, il bambino era sicuro di poter diventare immortale: non c'era niente che poteva temere.

In un interminabile infinità, il piccolo Tom camminava sicuro nella notte.
Sapeva di dover entrare in quella stanza, in quel buio. Chiuse gli occhi, sapeva perfettamente dove doveva appoggiare i piedi.
Davanti a lui, nell'oscurità, più buia, un corpo riverso sul terreno mostrava i segni della morte.
Tom lo fissò, sorridendo. I suoi occhi assomigliarono per un istante a quelli di un serpente, ma forse era il buio che lo rendeva così.
Un altro sussulto accarezzò la sua giovane anima. Non era felice, nè triste: provava emozioni, il suo cuore batteva. Non sapeva cosa fosse; pensava fosse felicità, ma non lo era.
Non si preoccupò mai di capire cosa fosse questa strana sensazione. Ma la trovava piacevole. Si avvicinò meglio per osservare il corpo morto che si stagliava nell'oscurità. Il sorriso scomparve dal suo viso.
Davanti a lui, il suo corpo era rotto, consumato. Riconobbe la sagoma di un uomo adulto con fattezze di serpente.
Seppe subito che si trattava di lui, sebbene spaventoso e mutato nell'anima. I suoi occhi erano gli stessi occhi rossi che brillavano al buio in questo stesso istante. Davanti a lui, Lord Voldemort giaceva, morto. Il piccolo Tom non riusciva a capire, ma fu inorridito; urlò forte.
La paura della morte s'impossessò di lui. Il suo cuore battè velocemente, urlando quasi all'unisono con la sua voce. Non fu una sensazione piacevole, questa volta. Il mondo gli sembrò enorme, non si sentì più padrone, nè del buio, nè di se stesso.
Sarebbe dovuto morire, prima un poi. Ora lo sapeva. Ora ne era certo. E continuò ad urlare, in istanti che gli sembravano una tremenda eternità.
La cortina di sensazioni che aveva dentro di sè svanì: ci fu solo il vuoto. Provò ad immaginarsi come fosse la morte, ne ebbe paura, ne ebbe una tremenda paura.
Tom continuava ad urlare.
Ferite di spada miste alle fiamme azzurre si propagarono in direzione del corpo morto.
L'uomo - serpente fece un sussulto, dalla sua bocca uscì un'inquietante e stridula voce, poi si trasformò in mille altre figure in un secondo, fino a svanire, urlando: era stato ucciso.
Tom smise di urlare. Osservò intorno a lui, le fiamme blu si spensero. Il suo cuore tornò a battere calmo e pacifico.
Il corpo di Lord Voldemort era sparito. Davanti a lui, di nuovo il buio.
"Ho sconfitto la morte", pensò. "Non so come. Ho ucciso la morte.
Ho sconfitto la mia morte."
Sorrise, quasi maliziosamente.
"Sono immortale."

~ ~ ~

Armando Dippet lo guardò con aria seria, quel giorno.
"Riddle, ti è mai capitato di eseguire magia senza volere, prima di arrivare ad Hogwarts? A volte, quando le tue emozioni sono forti e non sai controllare il flusso magico, può capitare che tu produca involontariamente magia."
"Signore" Tom finse un'innocente aria smarrita "una volta credo di aver incontrato un Boggart."
"Oh?" Dippet lo squadrò, sorpreso. "Sei riuscito a fuggire dalla creatura? Non conoscevi il metodo per sconfiggere i Boggart, Riddle?"
Tom sorrise. "Non proprio, signore", rispose. "Quella volta si è stancato di giocare con me. Se ne andò via, prima che potesse far del male a un povero bambino indifeso come me".
Gli occhi di Tom Riddle si assottigliarono, il suo sorriso lasciava trasparire qualcosa di strano.
"Bene", rispose il Preside Dippet.
Notò qualcosa in quegli stessi occhi che si trovava di fronte. Il cuore del Preside sussultò un attimo, una scintilla di timore ferì il suo cuore; ma non disse nulla di questo, fece cadere il discorso, abbandonando forse per sempre quella strana sensazione.
Tuttavia, Riddle continuò a sorridere.


  
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