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Autore: Macy McKee    25/04/2013    4 recensioni
Ambientata dopo la puntata 3x13, non tiene conto di ciò che accade nella quarta stagione.
Fa male non avere Helena lì. Male da togliere il respiro, da accelerare il battito del suo cuore, da chiuderle la gola con un nodo che non si vuole sciogliere. Fa così male da farle desiderare di aprirsi il petto con le dita e strappare fuori quel cuore che ad ogni battito è più dolorante, più sofferente, più stanco. Tutte le cicatrici lasciate dalla morte di Sam bruciano come se un ferro incandescente le stesse stuzzicando.
Myka sogna Helena. Sogna di parlare con lei, di averla accanto, di poterla sentire vicina. Myka non riesce ad accettare il pensiero di dover fingere che Helena non sia mai esistita e che non sia morta per salvarla.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Helena G. Wells, Myka Ophelia Bering
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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And I still wonder why heaven has died

And I still wonder
Why heaven has died
The skies are all falling
I'm breathing but why?
In silence I hold on
To you and

‹‹Tu non sei qui.››
Le gocce di pioggia rimbalzano sulla finestra come palline di gomma impazzite, scivolano lungo i muri, muoiono gorgogliando sul terreno fangoso. Poco lontano un tuono borbotta, lamentando il suo risentimento al cielo nero come il catrame che l’ha lasciato precipitare a terra.

Una notte di tempesta e una chiacchierata con un fantasma. Myka sorride amaramente al pensiero, mordendosi il labbro inferiore.
Stringe un lembo del lenzuolo con le dita, tirandolo verso il mento. Tenta di coprirsi, sperando che sia sufficiente per placare i brividi che le stuzzicano la schiena e fanno increspare la sua pelle sopra le vertebre, ma sa che non servirà a nulla: non è per il freddo che sta tremando, e lo sa bene.
 Affonda il viso nel cuscino, le unghie nel palmo della mano. La federa bianca è striata di nero per il mascara che Myka non ha avuto la forza di lavare via prima di sdraiarsi, la pelle rosata delle sue mani è rigata dai solchi rossastri che lei stessa ha scavato stringendo i pugni troppo forte.
Ed è così che Myka si sente: il suo mondo perfetto è stato violato, macchiato, sporcato. Ci sono chiazze di dolore che deturpano la sua perfetta, armoniosa, utopica felicità, che rovinano l’equilibrio perfetto che così faticosamente aveva costruito.
Dopo la morte di Sam, Myka aveva dovuto raccogliere mattone per mattone le rovine della sua vita che si era sgretolata. L’incarico al Warehouse era stato provvidenziale, la colata di cemento di cui aveva bisogno per cominciare a ricostruire il suo piccolo angolo di gioia: l’aveva salvata dal senso di colpa che la stava annientando, le aveva aperto la strada verso un mondo nuovo, un universo di infinite meraviglie.
E poi, improvvisamente, Helena. Si era insinuata nella vita di Myka e di Pete come un soffio di vento caldo a Dicembre: inaspettata, sconvolgente, indispensabile. Era entrata nella loro esistenza senza bussare, sfondando la porta, ed era diventata parte di loro.
La folle, straordinaria Helena. La mente più brillante che Myka avesse mai conosciuto, cocciuta come una bambina e determinata come un guerriero. Era forte, Helena. Più forte di quanto Myka potesse mai sperare di essere, e per questo perfetta per lei: Helena era le fondamenta di cui Myka aveva bisogno per dare stabilità alla sua vita.
Myka si era fidata di Helena. Aveva dovuto fidarsi di lei, ne aveva auto bisogno. Non aveva avuto scelta: aveva bisogno di credere in qualcosa, in qualcuno. Aveva bisogno di ricominciare a sperare di poter amare di nuovo qualcuno in modo profondo e totale, di poter affidare tutta se stessa a qualcuno senza la paura di perdere tutto.
Myka sussulta, soffocando un singhiozzo nel cuscino.
‹‹Tu non sei qui›› ripete, soffiando fuori le parole come se pronunciarle le provocasse un dolore fisico.
L’ombra seduta sul letto accanto ai suoi piedi si scosta i capelli dal viso, increspando le labbra in una smorfia.
‹‹No, non ci sono.››
Myka scuote piano la testa, stringendo la bocca.
‹‹Non ce la faccio. Mi hai detto di essere coraggiosa, ma non posso. Non sono io quella coraggiosa. Io ho bisogno… ho bisogno… Io non… non riesco. Non posso.›› mormora all’oscurità. La sua voce è coperta dal brontolio del temporale che infuria oltre la finestra, ma Myka sa che Helena può sentirla: dopotutto, Helena è nella sua mente.
Vede Helena aprire la labbra per parlare, ma alza una mano per interromperla.
‹‹Torna. Torna e basta, d’accordo? Solo… torna.›› sussurra, ricominciando ad affondare le unghie nella pelle morbida delle mani.
Fa male non averla lì. Male da togliere il respiro, da accelerare il battito del suo cuore, da chiuderle la gola con un nodo che non si vuole sciogliere. Fa così male da farle desiderare di aprirsi il petto con le dita e strappare fuori quel cuore che ad ogni battito è più dolorante, più sofferente, più stanco. Tutte le cicatrici lasciate dalla morte di Sam bruciano come se un ferro incandescente le stesse stuzzicando. La scomparsa di Sam ha lasciato un solco troppo profondo perché Myka possa sopportare la stessa esperienza di nuovo.
‹‹Torna.›› ripete. Torna, torna, torna. È una cantilena che si ripete nella sua mente, ossessiva e ossessionante. Torna, torna, torna. Come il ticchettio regolare di un orologio che corre nel cuore della notte.
Helena si alza elegantemente con un fruscio di stoffa. Myka la segue con lo sguardo, riempiendosi gli occhi del suo viso. Sa che Helena non è lì, che quelli nei quali sta affogando non sono i suoi occhi, ma non può fare a meno di perdersi nelle linee morbide del suo viso.
‹‹Non puoi arrenderti, Myka. Tu sei coraggiosa, molto più coraggiosa di quanto io sia mai stata. Io sono fuggita, sono fuggita così tante volte da aver perso il conto. Ma tu, Myka, tu devi restare. Il Warehouse ha bisogno di te.››
Myka sbuffa, strizzando gli occhi in una smorfia.
‹‹Ma non è giusto.››
‹‹No, non è giusto. Non lo è mai. In un lavoro come il nostro, non c'è mai il tempo di soffrire. Il Warehouse non concede né lo spazio né la possibilità di affogare nel proprio dolore. Questo lavoro ti assorbe, ormai te ne sei resa conto. Prende le tue emozioni e le chiude a chiave, perché il bene del Warehouse ha la precedenza. È una realtà crudele, credo che tu lo sappia meglio di me. Ma se il Warehouse ha bisogno di te, è necessario che tu accantoni le tue emozioni. E il Warehouse ha bisogno di te. ››
‹‹No. Ha bisogno di noi. Bering e Wells. Ecco di cosa ha bisogno.›› risponde Myka, scivolando un poco lungo il materasso verso Helena. Sa che lei non è lì, sa che non è reale, ma una parte di lei vuole avvicinarsi comunque, vuole credere che questa conversazione non stia avvenendo solo nella sua mente. Ha bisogno che H.G. sia lì più di quanto ha bisogno di respirare: cosa c’è di male nell’illudersi, almeno per un istante, che lei ci sia davvero?
‹‹Wells e Bering.›› risponde la voce di Helena nel buio.
Myka si concede un sorriso senza allegria. ‹‹Come ai vecchi tempi.››
‹‹Come ai vecchi tempi.››
C’è un lungo minuto di silenzio. Fuori dalla camera, le gocce scandiscono il tempo continuando la loro eterna corsa verso terra.
Myka volta il viso, seppellendo le guance nel cuscino. ‹‹Dovevi proprio farlo, vero? Dovevi proprio sacrificarti per noi. Dovevi proprio essere tu a lasciarci tutti da soli, vero? Avresti dovuto fare attivare a me la barriera. Avresti dovuto trovare un modo di attivarla dall’interno. Avresti dovuto salvarti. Non saresti dovuta fuggire. Dovevi proprio andare nell’unico luogo in cui non posso seguirti?››
Nessuna risposta. Myka respira forte nel cuscino un paio di volte prima di trovare il coraggio di alzare gli occhi. Quando solleva la testa, si sente manca il respiro: Helena è sparita.
‹‹No.›› bisbiglia, la voce che lotta contro il nodo che le serra la gola per uscire. ‹‹No. Ti prego, no. Non sono pronta. Non te ne andare. Non…››
Fa scorrere gli occhi da un angolo all’altro della camera, sperando di vedere la pelle chiara di Helena spezzare il buio. Ma lei non c’è. Non è sul letto, non è sulla poltrona, non è in piedi accanto alla finestra.
Non c’è, e non c’è mai stata.
Myka distende braccia lungo i fianchi, lasciando riposare i muscoli stanchi. Non ha più la forza per lottare, per soffrire, per sperare.
‹‹Torna. Torna qui. Torna da me.››

Closer to insanity
Buries me alive
Where's the life we once had
It cannot be denied
Why can't you see what we had?*

 

*Ice and Fire - Within Temptation

   
 
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