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Autore: Claudia Hunter    25/04/2013    1 recensioni
"Fin dal principio, nel mondo regnano odio e amore, sentimenti così contrastanti legati da un unico destino.
Ornati da sfaccettature come paure, sogni speranze, amicizie, tradimenti.
Sentimenti con cui gli shinobi avranno a che fare sotto una verità celata da una menzogna."
Naruto, un ragazzino rimasto orfano, con avente il sogno di diventare Hokage.
Hana, una ragazzina orfana, con degli strani lunghi capelli color porpora, anche lei con un sogno.
E se i due se incontrassero e scoprissero che il loro destino fosse unito?
E se Sasuke rinunciasse alla vendetta appena in tempo, così da cambiare le cose, ma che qualcun altro, avesse seguito, Orochimaru al posto suo?
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Itachi, Naruto Uzumaki, Nuovo Personaggio, Sasuke Uchiha, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio, Naruto prima serie
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Capitolo Uno

C’erano una volta due spiriti malvagi.
Uno aveva le sembianze di una volpe a nove code.
Con il solo movimento delle code, la volpe poteva spianare montagne e creare maremoti.
Il secondo era più debole rispetto in forza, ma ugualmente pericoloso poiché possedeva le arti mediche più potenti del mondo dei ninja, il suo nome era Niton e aveva la forma di un drago.
Per far fronte a quelli spiriti la gente invocò l’aiuto di questi guerrieri.
Un solo di quei ninja, a costo della propria vita, riuscì a imprigionarli.
Quel ninja era il quarto Hokage.


- Arriva Hana! -

Nel Villaggio della Foglia, il sole splendeva non lasciando spazio alle nuvole.
Tra le vie animate dal chiacchiericcio della gente, i mercanti che urlavano la bontà delle proprie merci, verso la periferia sorgeva un orfanotrofio, che ospitavano i bambini orfani o abbandonati.
Un edificio verniciato di un grigio oramai sbiadito, con crepe ai muri circondato da alberi spogli, con solamente qualche vecchia altalena, nella quale al centro c’erano delle scale che conducevano all’entrata, avente un’insegna ornata di luci mal funzionanti non era esattamente un posto adatto in cui vivere.
Al piano di sotto, nel salone principale, una bambina di nome Hana con dei lunghi capelli rossastri, i quali le arrivano fino alla schiena, con occhi blu, correva con il tentativo di fuggire dall’istitutrice Masturi, dopo averne combinata un’altra delle sue.
Non sapeva più, dove andare, disperata e preoccupata guardò attorno a sé.
Odiava quel posto e aveva imbrattato tutti i muri, per far comprendere che quel posto non le piaceva.
A dire il vero, tutti i bambini odiavano stare lì, poiché l’istitutrice era una donna fredda e gelida, con capelli grigi e occhiali spessi, per nulla somigliante a una figura materna.
I suoi passi diventarono più udibili e la bambina si spaventò.
 Due bambini, nell’angolo vicino le scale che conducevano al piano superiore, avevano osservato la scena e con le braccia conserte, ridevano di gusto, con sguardi cattivi.
Di conseguenza, cercò di non badarci.
Era presa in giro per il suo colore di capelli un rosso quasi porpora, di cui non si era mai visto in giro.  
<< Guarda … ora il pomodoro si prenderà una bella strigliata! >> commentò con un ghigno, uno dei due bambini, con capelli scuri e occhiali.
La soprannominavano “ pomodoro” proprio per via dei suoi capelli, soffriva molto per questo.
<< Già ben le sta >> commentò l’amico dai capelli biondi.
<< Zitti! >> rispose gridando, con le mani strette a pugni, delle lacrime iniziarono a sgorgare dai suoi occhi blu.
<< Guarda … si sta per arrabbiare! >> disse il bambino con gli occhiali.
<< Attenzione... da quelle guance ora uscirà salsa! >> rispose l’altro e i due scoppiarono a ridere.
A quel punto Hana, s’infuriò e non ne poté più.
Velocemente, corse, scaraventando un pugno nello stomaco al bambino più grande con gli occhiali, che l’aveva insultato per primo, facendolo atterrare per terra.
Era una bambina tranquilla ma guai, a chi la faceva arrabbiare.
<< Credi che io non soffra eh? >> disse, con le lacrime agli occhi, cercando di recuperare ossigeno.
Poi prima che il bambino si rialzasse, si gettò su di lui, incalzando altri pugni, tra lo stomaco e il viso.
<< Pensi che io sia contenta del colore dei miei capelli? >> domandò chiudendo gli occhi e continuando a menare.
Il bambino, dall’altra parte, cercava inutilmente di divincolarsi con lo sguardo terrorizzato, attorno ai suoi occhi si era formata una macchia violacea.
Stava per tirare un altro pugno, quando fu interrotta da una voce fin troppo riconoscibile, sbiancò in viso, cercando di alzare in aria lo sguardo.
<< E così … dobbiamo ancora capire le regole, eh? >> commentò l’istitutrice, che la scrutava, con aria di disprezzo, priva di compassione.
Il bambino si riuscì a divincolare, rifugiandosi dietro la signorina, piangendo.
<< Io … >> commentò Hana, osservandolo con rabbia.
Sapeva che era un pianto finto.
<< Niente ma … >> ripeté la donna, tirandogli i capelli, la bambina fece una smorfia di dolore. << Ora avrai la punizione che ti meriti! >>
Con uno strattone, la condusse al piano superiore, sotto lo sguardo degli altri bambini, che erano scesi per la cena.
Dopo aver attraversato le scale, svoltarono prima a destra poi a sinistra, attraversando dei vicoli bui, che davano un aspetto lugubre, fino ad arrivare a una stanza, con una porta di ferro, chiusa con un lucchetto.
Con alcuni scatti di chiave, la porta si aprì.
Una stanza spoglia con solamente una candela per metà consumata.
Senza alcuna esitazione, spinse gettando per terra la bambina, richiudendo la porta.
Hana, spaventata, cercò di riaprirla, inutilmente, sbattendo più volte dei pugni, sul ferro blindato.
<< Resterai qui, fino a domani mattina, senza cena >> scandì la donna, detto, questo se ne andò.
La bambina, cercò con lo sguardo a fatica una via d’uscita nel buio, notò solamente attraverso quel poco che i raggi della luna, riuscivano a illuminare, una finestra, con sbarre di ferro.
Era impossibile fuggire.
Iniziò a piangere.
Perché tutti la evitavano?  Perché si sentiva sola? Che cosa aveva fatto di male?
Voleva andarsene da lì … desiderava solamente essere accettata e rispettata da tutti, perché la evitavano senza un motivo.
Strinse le mani a pugni, asciugandosi le lacrime.
<< Statemi bene a sentire … >> scandì nel vuoto. << Sono Hana Uzumaki e un giorno sarò una donna Hokage, chiaro? Dattebane! >> urlò con coraggio, ma nessuno oramai poté udirla.  




  
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